Il reato di maltrattamenti in famiglia, configurando un’ipotesi di reato abituale, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 1 ottobre 2018, n. 43271.

La massime estrapolata:

Il reato di maltrattamenti in famiglia, configurando un’ipotesi di reato abituale, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti; fermo restando che, attesa la struttura persistente e continuativa del reato, ogni successiva condotta di maltrattamento compiuta si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario al quale – allorche’, come nel caso di specie, le condotte maltrattanti si siano protratte sotto la vigenza di due differenti regimi normativi – si applica il nuovo e piu’ grave regime sanzionatorio vigente alla data della cessazione della consumazione.

Sentenza 1 ottobre 2018, n. 43271

Data udienza 13 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. MOGINI Stefan – rel. Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/12/2016 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MOGINI STEFANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PERELLI SIMONE che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
Uditi i difensori:
– avvocato (OMISSIS) del foro di Firenze difensore della parte civile di (OMISSIS) ANCHE N.Q. DI LEGALE RAPPRESENTANTE DEI FIGLI MINORI, il quale conclude riportandosi alle conclusioni scritte depositate.
– avvocato (OMISSIS) del foro di FIRENZE in difesa di (OMISSIS) la quale conclude insistendo per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ricorre per mezzo del proprio difensore di fiducia avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Firenze ha, per quanto di interesse, in parziale riforma di quella di primo grado pronunciata dal Tribunale di Firenze il 15/4/2015, escluso la sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 61 n. 2 cod. pen. e rideterminato la pena a lui inflitta ad esito del giudizio di primo grado per i contestati reati di maltrattamenti in famiglia (capo A), lesioni personali (capo B) e violazione degli obblighi di assistenza familiare (in riferimento all’articolo 570 c.p., comma 2; capo C) in anni due e mesi sei di reclusione, con conseguente revoca della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
2. Il ricorrente censura la sentenza impugnata deducendo i seguenti motivi, di seguito enunciati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Violazione dell’articolo 552 c.p.p., comma 2, articolo 178 c.p.p., lettera b) e c), articolo 179 cod. proc. pen., articoli 24 e 111 Cost. e nullita’ del decreto di citazione a giudizio per mancanza di chiara enunciazione dei fatti contestati, non corrispondenti a quelli emersi dall’istruttoria dibattimentale, l’ultimo dei quali datato 8/1/2013, mentre la contestazione di cui al capo A indica il giugno del 2013 quale momento di cessazione delle condotte maltrattanti, con conseguente violazione dei diritti della difesa.
2.2. Violazione dell’articolo 572 cod. pen. e dell’articolo 25 Cost. per applicazione retroattiva del regime sanzionatorio della fattispecie introdotto con L. n. 172 del 2012, recante tra l’altro ratifica ed esecuzione della Convenzione di Lanzarote, entrata in vigore sul piano internazionale il 1/5/2013.
2.3. Violazione dell’articolo 519 c.p.p., comma 2, e vizi di motivazione, con riferimento al rigetto dell’impugnazione dell’ordinanza emessa dal Tribunale in data 12/3/2015, per mancata assunzione della decisiva testimonianza di (OMISSIS), figlio del ricorrente divenuto maggiorenne nel corso del giudizio di secondo grado.
2.4. Violazione di legge e vizi di motivazione per omessa valutazione delle specifiche doglianze formulate con l’atto di appello circa la mancata assunzione del teste (OMISSIS), l’attendibilita’ delle dichiarazioni rese dalla parte civile (OMISSIS) e la situazione economica dell’imputato, essendosi la sentenza impugnata limitata a motivare per relationem a quella di primo grado.
2.5. Violazione dell’articolo 43 c.p., comma 1, in relazione all’articolo 582 cod. pen. e mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita’ penale per il delitto di lesioni personali ascritto al ricorrente al capo B, essendosi i relativi fatti svolti in un contesto di reciproca conflittualita’ ed avendo in tale occasione il ricorrente riportato anch’egli lesioni, mentre quelle riportate dalla parte civile sono state non volute e del tutto accidentali.
2.6. Motivazione apparente del diniego delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile perche’ generico e meramente reiterativo di censura di merito alla quale la sentenza impugnata ha offerto puntuale e congrua risposta, del tutto immune da vizi logici e giuridici, la’ dove ha rilevato il carattere chiaro, preciso ed analitico dell’imputazione di cui al capo A anche per quanto attiene i termini cronologici delle condotte contestate, nonche’ la piena esplicazione dei diritti della difesa nel corso dei due gradi di merito. La Corte territoriale ha altresi’ evidenziato al riguardo che il decreto di citazione a giudizio era intervenuto dopo l’emissione di misura cautelare per gli stessi fatti, sicche’ su tutte le condotte contestate il ricorrente aveva potuto difendersi – e si era in effetti compiutamente difeso – nel corso dell’istruttoria dibattimentale e, quindi, nel giudizio di appello.
La predicata non corrispondenza all’accusa dei fatti accertati nel corso dell’istruzione dibattimentale non rileva del resto in alcun modo rispetto alla chiarezza e precisione nell’enunciazione del fatto rilevante ai fini della sussistenza dell’invocata nullita’ del decreto di citazione a giudizio di cui all’articolo 552 c.p.p., comma 1, lettera c), e comma 2, posto altresi’ che tutti i fatti che lo stesso ricorrente indica come oggetto dell’accertamento dei giudici di merito rientrano all’evidenza nel periodo cui si riferisce l’imputazione, sicche’ deve escludersi che le conformi pronunce di condanna di primo e secondo grado relative al delitto di cui al capo A riguardino fatti nuovi o comunque non contestati (articolo 522 cod. proc. pen.).
1.2. Il secondo motivo di ricorso reitera censura manifestamente infondata.
Il reato di maltrattamenti in famiglia, configurando un’ipotesi di reato abituale, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti; fermo restando che, attesa la struttura persistente e continuativa del reato, ogni successiva condotta di maltrattamento compiuta si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario (Sez. 6, n. 52900 del 04/11/2016, P., Rv. 268559) al quale – allorche’, come nel caso di specie, le condotte maltrattanti si siano protratte sotto la vigenza di due differenti regimi normativi – si applica il nuovo e piu’ grave regime sanzionatorio vigente alla data della cessazione della consumazione.
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto la’ dove ha osservato che la L. n. 172 del 2012 e’ entrata in vigore nell’ordinamento interno il 23/10/2012, quindi in data antecedente alla cessazione dell’illecito.
Occorre solo aggiungere che l’entrata in vigore della Convenzione di Lanzarote sul piano internazionale rileva ai diversi fini della sussistenza degli obblighi che quello strumento pone a carico degli Stati parte, ma non incide in alcun modo sull’autonoma vigenza del regime sanzionatorio penale che la norma interna di trasposizione di quegli obblighi ha imposto nell’ordinamento giuridico interno.
1.3. Il terzo motivo di ricorso reitera anch’esso censura manifestamente infondata, a fronte di motivazione del tutto congrua evidenziata al riguardo nel provvedimento impugnato (pp. 1213).
Esso si riferisce infatti a condotte compiutamente contestate ai capi A e B, sicche’ del tutto fuori fuoco deve ritenersi il riferimento del ricorso all’articolo 519 c.p.p., comma 2.
Inoltre, la mancata assunzione di una prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – puo’ essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’articolo 495 c.p.p., comma 2, sicche’ il motivo non potra’ essere validamente invocato allorche’, come nel caso di specie, il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’articolo 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (Sez. 5, n. 4672 del 24/11/2016, Fiaschetti ed altro, Rv. 269270).
1.4. Il quarto motivo di ricorso e’ genericamente reiterativo di censure di merito, parzialmente sovrapposte a quelle innanzi trattate, in presenza di motivazione della sentenza impugnata del tutto congrua e immune da vizi logici e giuridici tanto circa la mancata assunzione del teste (OMISSIS), che in ordine alla attendibilita’ delle dichiarazioni rese dalla parte civile (OMISSIS) (pp. 13-15, ove anche precisi riscontri nelle deposizioni di altri testi) e alla ritenuta insussistenza della predicata incapacita’ economica del ricorrente a far fronte agli obblighi a lui imposti dal giudice civile in favore dei figli minori (p. 15, ove puntuale richiamo a specifici, pertinenti passaggi della decisione di primo grado, a fronte di aspecifico motivo di appello).
1.5. Anche il quinto motivo di ricorso e’ genericamente reiterativo di censura di merito, a fronte di motivazione della sentenza impugnata del tutto congrua e immune da vizi logici e giuridici circa la ritenuta responsabilita’ penale per il delitto di lesioni personali ascritto al ricorrente al capo B (pp. 14-15, ove conferma delle dichiarazioni rese dalla persona offesa viene rinvenuta nel narrato della teste (OMISSIS)).
1.6. Aspecifico e meramente reiterativo di doglianza di merito deve anche ritenersi l’ultimo motivo di ricorso, che non si confronta con la sentenza impugnata, la quale evidenzia congrua motivazione in punto di diniego delle attenuanti generiche (p. 16, ove tra l’altro corretto richiamo all’assenza di manifestazioni di resipiscenza e di apprezzabili condotte riparatorie), anche tenuto conto dell’apprezzabile rideterminazione complessiva del trattamento sanzionatorio (p. 17).
2. All’inammissibilita’ del ricorso conseguono a carico del ricorrente le pronunce di cui all’articolo 616 cod. proc. pen., nonche’ la condanna dello stesso ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS), anche nella qualita’ di legale rappresentante dei figli minori, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara’ separatamente liquidata. Il pagamento di tali spese dovra’ avvenire in favore dello Stato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS), anche nella qualita’ di legale rappresentante dei figli minori, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara’ separatamente liquidata, disponendo il pagamento di tali spese in favore dello Stato.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

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