Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 2 agosto 2018, n. 37558.
La massima estrapolata:
Per il giudizio positivo sulla buona fede della banca che “finanzia” l’usuraio non basta che l’istituto di credito abbia rispettati le procedure tipizzate per la concessione dei finanziamenti, ma deve aver rispettato i particolari obblighi, di diligenza professionale qualificata, imposti dagli organismi di vigilanza per la gestione del credito nel sistema socio-economico.
Sentenza 2 agosto 2018, n. 37558
Data udienza 7 febbraio 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOVIK Adet Toni – Presidente
Dott. TARDIO Angela – rel. Consigliere
Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere
Dott. APRILE Stefano – Consigliere
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata;
nei confronti di:
(OMISSIS) s.p.a.;
avverso l’ordinanza del 28/10/2015 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Dott. Angela Tardio;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mazzotta Gabriele, che ha concluso per il rigetto del ricorso con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dello Stato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 28 ottobre 2015 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa, in funzione di giudice dell’esecuzione, ammetteva la (OMISSIS) s.p.a. al pagamento del credito ipotecario nella misura indicata nella istanza, relativamente all’immobile sottoposto a confisca ai danni di (OMISSIS) con la sentenza emessa, ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., il 17 novembre 2009 dallo stesso Ufficio, definitiva il 22 febbraio 2011.
Il Giudice premetteva che:
– con detta sentenza era stata disposta la confisca di diversi immobili riferibili a (OMISSIS), condannato per il delitto di usura, e sequestrati ai sensi del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-sexies, convertito dalla L. n. 356 del 1992, e, tra questi, della unita’ immobiliare sita in (OMISSIS), sulla quale era stata iscritta ipoteca volontaria in virtu’ del contratto di finanziamento fondiario di Euro centomila concesso dalla (OMISSIS), rogato il 17 marzo 2004 e trascritto nei registri immobiliari di Siracusa il 25 marzo 2004;
– la (OMISSIS) s.p.a., avente causa della indicata (OMISSIS), aveva chiesto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 199, l’ammissione al pagamento del credito, garantito dalla suddetta ipoteca, trascritta in data antecedente alla esecuzione e trascrizione nei registri immobiliari del sequestro preventivo finalizzato alla confisca;
– secondo condivisi arresti di legittimita’, l’assimilazione della confisca penale a quella di prevenzione e la diretta applicabilita’ alla stessa delle norme riguardanti l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati consentivano di utilizzare per la salvaguardia delle ragioni creditorie del terzo garantito il mezzo di tutela disciplinato dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52;
– sotto il profilo procedurale, trovava applicazione la L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 200, e quindi il giudice, cui fosse richiesta l’ammissione al pagamento del credito, accertata la sussistenza e l’ammontare dello stesso e la sussistenza delle condizioni di cui all’indicato articolo 52, lo ammetteva al pagamento, dandone comunicazione all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata;
– sotto il profilo sostanziale, in base alla stessa norma, la confisca non pregiudicava i diritti dei terzi risultanti da atti aventi data certa anteriore al sequestro, purche’ nella ricorrenza di determinate condizioni normative espressamente indicate;
– l’Istituto istante aveva fornito adeguata prova della costituzione del rapporto contrattuale di mutuo ipotecario con (OMISSIS), titolare dell’immobile confiscato, con relativo capitale erogato;
– secondo le coordinate ermeneutiche tratte da consolidati principi di diritto, rapportate alla vicenda in esame, per stabilire se l’istituto avesse operato in buona fede sulla base di una oggettiva apparenza di “ordinarieta’” nella gestione della pratica creditizia ovvero fossero ravvisabili profili di addebito qualificabile come ignoranza inescusabile o difetto di diligenza, doveva aversi riguardo a concreti e oggettivi elementi di riscontro, quali: l’essere il (OMISSIS) formalmente incensurato e privo di conclamate relazioni con compagini criminali; il mancato scostamento della banca da procedure operative standardizzate per la concessione dei mutui ipotecari; l’antecedenza della erogazione del credito di quattro anni rispetto alla formale incriminazione del beneficiario del finanziamento; lo svolgimento della istruttoria consistita nell’acquisizione dei documenti anagrafici del (OMISSIS), della perizia di stima tecnica dell’immobile interessato e della corrispondente relazione notarile, attestante tra l’altro la percezione da parte del medesimo di trattamento pensionistico;
– l’osservanza da parte dell’Istituto bancario delle procedure tipizzate per la erogazione del mutuo era da ritenere sufficiente a escludere ogni contestazione di negligenza, in assenza di elementi sintomatici di anomalia riconducenti al sospetto di collusione dolosa.
2. Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione, per mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata, chiedendone l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale denunciava, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione.
2.1. Secondo la ricorrente, che ripercorreva le ragioni della decisione, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa, nella sentenza del 17 novembre 2009, aveva evidenziato la sproporzione tra il patrimonio del condannato e del coniuge e la loro capacita’ reddituale e tra il patrimonio dei singoli componenti del nucleo familiare del condannato (figli e genero) e la loro capacita’ reddituale, tratta dai redditi dichiarati, e aveva rappresentato, condividendo la valutazione del reddito compiuta dal consulente tecnico del Pubblico ministero, la non sufficienza del reddito prodotto dal nucleo familiare per l’acquisto degli immobili.
Tale emergenza, formalizzata in un provvedimento giudiziario avente forza di giudicato, era inconciliabile con la condizione di buona fede e di affidamento incolpevole dell’Istituto istante, avuto riguardo agli elementi di cui doveva tenersi conto, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52, nell’effettuare la verifica della sussistenza di detta condizione, mentre il Giudice dell’esecuzione aveva solo richiamato la circostanza, di per se’ neutra, del “mancato scostamento rispetto alle procedure operative standardizzate per la concessione dei mutui ipotecari”, senza considerare che la banca era un soggetto che finanziava acquisti immobiliari in modo professionale, aveva uno specifico dovere di diligenza circa l’affidabilita’ dei soggetti finanziati e doveva assumere le necessarie informazioni preliminari prima di concedere mutuo a soggetti con redditi non compatibili con la sostenibilita’ dell’impegno finanziario assunto.
Non rilevava che (OMISSIS) non fosse risultato formalmente incriminato, poiche’ il procedimento definito con la sentenza n. 749/2009 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa era relativo a fatti successivi al 1998, e all’epoca del finanziamento (2004) l’attivita’ illecita dello stesso si era consolidata da tempo. La istruttoria bancaria ben avrebbe potuto cogliere la inadeguatezza dei redditi leciti dichiarati in rapporto alla sopportazione del mutuo e all’obbligo della sua restituzione nei tempi e con le modalita’ concordate, anche valutando l’andamento dei conti correnti intestati al richiedente presso altre banche.
2.2. La Banca, invece, aveva solo prodotto l’incartamento del mutuo, ritenuto sufficiente dal Giudice con considerazioni generiche e immotivate, ancorate alla mera rilevata insussistenza di specifiche rilevanti anomalie, senza fornirsi adeguata dimostrazione che l’indagine compiuta in ordine alla capacita’ reddituale del richiedente avesse consentito di accertare “l’esistenza di appositi redditi leciti certamente idonei a consentire una positiva prognosi circa la capacita’ di restituzione e rimborso del mutuo”.
Neppure era sufficiente il riferimento a uno specifico trattamento pensionistico, privo di indicazioni circa la sua compatibilita’ con la sostenibilita’ del mutuo.
3. Il Sostituto Procuratore generale, a mezzo requisitoria scritta, chiedeva il rigetto del ricorso per risolversi le ragioni opposte dall’Agenzia ricorrente, in una alternativa ricostruzione dei fatti inidonea a disarticolare la plausibilita’ degli argomenti posti a fondamento dell’ordinanza.
4. A mezzo memoria difensiva, depositata il 17 gennaio 2017, la (OMISSIS) s.p.a. chiedeva il rigetto del ricorso.
La resistente premetteva di essere creditrice della somma di Euro 47.684,50 per capitale scaduto e a scadere e interessi, oltre gli ulteriori interessi di mora, commissioni, provvigioni e accessori alla data del 26 giugno 2013, in quanto cessionaria del credito nei confronti della (OMISSIS) s.p.a., in forza di contratto di finanziamento fondiario del 17 marzo 2004 erogato in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), garantito da ipoteca iscritta il 25 marzo 2004 sul fabbricato sito in (OMISSIS), definitivamente confiscato il 22 febbraio 2011, e, ripercorsa la ricostruzione della vicenda processuale e richiamato il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52, rappresentava che la concessione del finanziamento fondiario di originarie Euro centomila, finalizzato ad apportare migliorie all’immobile, era stata preceduta da accertamenti tramite notaio della storia del dominio ventennale dell’immobile da assoggettare a ipoteca, con conseguente certa buona fede dell’istituto mutuante e a maggior ragione di essa cessionaria tenuta a recuperare il suo credito; dal tenore del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52 emergeva che la valutazione del requisito soggettivo doveva essere fatta con riferimento al momento in cui era sorto il credito in capo al creditore originario; essa aveva ottemperato all’onere probatorio posto a suo carico, dando conto della istruttoria svolta nella fase precedente la concessione del mutuo e della osservanza delle procedure bancarie tipizzate; dalla documentazione prodotta in allegato alla domanda risultava che si era trattato di una “regolarissima” operazione di finanziamento fondiario; alla data di concessione del mutuo e della iscrizione ipotecaria l’originaria mutuante non poteva conoscere gli illeciti addebitati al (OMISSIS) sette anni dopo; il valore medio dell’immobile (Euro 232.871,00), indicato nella relazione giurata, era compatibile con la somma erogata; dalla relazione notarile preliminare e di aggiornamento era risultato che l’immobile era stato acquistato nel 1988, e quindi sedici anni prima della iscrizione ipotecaria, non preceduta da trascrizioni e iscrizioni pregiudizievoli; il mutuo era stato finalizzato non all’acquisto ma alla ristrutturazione di detto immobile acquistato molto prima; i fatti e le circostanze indicati in sentenza erano stati accertati a seguito di complesse verifiche eseguite nel 2008 dalla Guardia di finanza e da un consulente nominato dal Pubblico ministero; la sua dante causa nel 2004 doveva valutare esclusivamente la capacita’ reddituale dei coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) a pagare la rata di mutuo per la ristrutturazione del loro immobile da adibire ad abitazione principale e, applicando gli ordinari criteri di tecnica bancaria, non poteva conoscere fatti e circostanze successivamente accertate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata e’ ammissibile, essendo la stessa -subentrata all’Agenzia del demanio nella gestione e amministrazione dei beni sottoposti a confisca ai sensi del Decreto Legge n. 4 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 50 del 2010 – legittimata, in quanto interessata, a dolersi del provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione abbia riconosciuto la condizione di terzo di buona fede a un creditore garantito da ipoteca su un bene confiscato ai sensi del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-sexies (Sez. 1, n. 45260 del 27/09/2013, Italfondiario s.p.a., Rv. 257912).
Questa Corte ha, invero rimarcato che il rapporto esecutivo non intercorre esclusivamente tra il pubblico ministero e il soggetto condannato, poiche’ “coinvolge -trattandosi di beni confiscati- i soggetti cui la legge attribuisce compiti gestionali e amministrativi in forza dell’intervenuta confisca”, e “la nozione di interessato (…) identificata nel titolare di posizioni giuridiche, siano esse di diritto pubblico o di diritto privato, (…) non puo’ che riconoscersi in capo all’ANBSC, soggetto che dovrebbe -in ipotesi- occupasi di estinguere, in tutto o in parte, il credito vantato dall’istante” (Sez. 1, n. 45260 del 27/09/2013, citata, in motivazione).
Su tale premessa, la successiva giurisprudenza di legittimita’ ha coerentemente affermato che, in tema di confisca Decreto Legge n. 306 del 1992, ex articolo 12-sexies, per le controversie di natura amministrativa derivanti dalla applicazione delle norme per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati, “il decreto di fissazione dell’udienza camerale fissata per la discussione dell’incidente di esecuzione proposto (…) per il riconoscimento della efficacia della garanzia reale a suo tempo costituita sul bene confiscato” deve essere “notificato all’Agenzia, parte nel processo”, la cui rappresentanza e difesa in giudizio “spetta all’Avvocatura dello Stato, cui, ai sensi del Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, articolo 11, comma 2, devono essere notificati gli atti giudiziali e le sentenze, a pena di nullita’ da pronunciarsi anche d’ufficio” (tra le altre, Sez. 1, n. 21 del 19/09/2014, dep. 2015, Ag. Naz. amm.ne e destin. beni sequestrati, citata, Rv. 261713).
2. Il ricorso e’ anche fondato nel merito nei termini che saranno precisati.
2.1. La domanda di riconoscimento e ammissione del credito ipotecario di Euro 47.684,50, oltre interessi, commissioni, provvigioni e accessori, derivante da finanziamento fondiario di originari Euro centomila, e’ stata avanzata in data 27 giugno 2013 dalla (OMISSIS) s.p.a. a seguito della confisca, definitiva il 22 febbraio 2011, del bene immobile ipotecato (fabbricato in (OMISSIS), descritto in atti), oggetto di sequestro, ai sensi del Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12-sexies, convertito dalla L. n. 356 del 1992, nei confronti di (OMISSIS).
La valutazione del Giudice dell’esecuzione sulla sussistenza e sull’ammontare del credito e’ avvenuta ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52 e della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 190, sulla base della richiamata condivisa giurisprudenza di legittimita’ (tra le altre, Sez. 1, n. 26527 del 20/05/2014, Italfondiario s.p.a., Rv. 259331), che aveva affermato l’estensione ai casi di confisca definitiva penale Decreto Legge n. 306 del 1992, ex articolo 12-sexies (cosiddetta confisca allargata) della disciplina prevista per i sequestri e le confische di prevenzione dal titolo IV del Decreto Legislativo n. 159 del 2011 in tema di tutela dei terzi e di rapporti con le procedure concorsuali.
2.2. Tralasciando la problematica concernente l’effettiva applicabilita’ dell’invocato precedente, contestata nella giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 5, n. 8935 del 20/01/2016, Ag. Naz. amm.ne e destin. beni sequestrati, Rv. 266077), pur nella prevalenza dell’orientamento favorevole (tra le altre, Sez. 1, n. 26527 del 20/05/2014, citata; Sez. 1, n. 21 del 19/09/2014, dep. 2015, Ag. Naz. amm.ne e destin. beni sequestrati, Rv. 261712; Sez. 1, n. 9758 del 13/12/2016, dep. 2017, Sebastiani, Rv. 269278), assume rilievo assorbente nella specie il dato fattuale, pacifico in atti, che la confisca e’ divenuta definitiva in data antecedente a quella (1 gennaio 2013) della entrata in vigore della L. n. 228 del 2012, il cui articolo 1, comma 190 (che ha sostituto il comma 4-bis del ridetto articolo 12-sexies), ha esteso alle confische disposte ai sensi del medesimo articolo 12-sexies, nonche’ “agli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all’articolo 51 c.p.p., comma 3-bis”, l’applicazione del c.d. codice antimafia per quanto concerne “amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati”.
A tanto consegue che -nella piu’ volte affermata mancanza di una disciplina transitoria, tale non potendo ritenersi quella speciale dettata dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, e pertinente alla materia della prevenzione, per le modalita’ del rinvio contenuto nel comma 190 dello stesso articolo alle disposizioni in tema di “amministrazione e destinazione” in quanto tali e non in quanto applicabili (v. giurisprudenza citata) e alla luce degli ordinari criteri di successione delle leggi nel tempo- le norme dettate dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 52 e segg. a tutela dei diritti vantati dai terzi creditori in buona fede sui beni sottoposti a confisca di prevenzione non si applicano alle ipotesi di confisca disposte in sede penale, e in via definitiva, come nella specie, in epoca anteriore al 1 gennaio 2013.
2.3. A dette ipotesi devono, pertanto, ritenersi applicabili i principi di diritto espressi dalla giurisprudenza in materia di tutela dei terzi creditori in costanza della disciplina previgente, gia’ positivamente orientata, nella sua evoluzione posta la necessita’ di contemperare la natura della confisca “speciale”, prevista dalla normativa antimafia, e la tutela del diritto di credito assistito da garanzia reale sulla res confiscata in capo a un terzo potenzialmente estraneo all’attivita’ illecita – “a ritenere che la devoluzione del bene alla mano pubblica non comporta di per se’ la totale cancellazione della storia del bene medesimo e non comporta l’automatica estinzione dei diritti dei terzi gravanti sull’oggetto, a condizione che il terzo, pur se creditore garantito da ipoteca, dimostri in concreto la sua posizione di buona fede e di affidamento incolpevole nei momenti essenziali della intervenuta contrattazione civilistica” (Sez. 1, n. 34106 del 09/04/2015, Banca Nazionale del lavoro in proc. Vitale, n.m.; Sez. 1, n. 24713 del 10/02/2015, Credito Siciliano in proc. Spezia, n.m.).
2.3.1. Si richiamano al riguardo, condividendole e riaffermandole, le pertinenti considerazioni in diritto gia’ espresse da questa Corte di legittimita’ (sentenze da ultimo citate) ripercorrendo gli orientamenti giurisprudenziali maturati, nella prospettiva del ravvisato e rappresentato rapporto tra gli stessi e la intervenuta “formalizzazione normativa” – con la L. n. 159 del 2011, articolo 52 – dei criteri di riconoscimento giuridico della tutelabilita’ del credito in ipotesi di confisca di beni, assoggettati a ipoteca volontaria, nei seguenti ripresi termini:
“Sin dalla nota decisione Sez. U. n. 9 del 28.4.1999 ric. Bacherotti, si e’ affermato (…) che il sacrificio dei diritti vantati da terzi su res oggetto di confisca non puo’ essere ritenuto conforme ai principi generali dell’ordinamento li’ dove il terzo sia da ritenersi estraneo alla condotta illecita altrui (l’orientamento e’ ribadito, tra le molte, da Sez. 1 n. 32648 del 16.6.2009, rv 244816, nonche’ di recente Sez. 1 n. 34039 del 27.2.2014, rv 261192). Si e’ altresi’ precisato che l’essere la confisca un modo autoritativo di acquisto del diritto di proprieta’ non comporta che il trasferimento stesso possa avere un contenuto diverso e piu’ ampio di quello che faceva capo al precedente titolare del bene, li’ dove insistano diritti – non estinti – di terzi estranei. Cio’ che rileva e’, pertanto, l’attenta qualificazione della particolare condizione fattuale e giuridica del terzo che deve connotarsi – per evitare di ricadere nella condizione di soggetto colpevolmente avvantaggiato dall’altrui azione illecita – in termini di buona fede, intesa nella non conoscibilita’ – con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta – del rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dall’attivita’ illecita commessa dal soggetto poi espropriato dei beni a seguito della procedura di prevenzione”.
Si “condivide – in proposito – l’orientamento espresso – tra le molte – da Sez. 1 n. 30326 del 29.4.2011, circa l’identificazione delle condizioni che portano al riconoscimento del diritto del terzo estraneo all’illecito, nel senso che va di certo esclusa una accezione della buona fede che, facendo leva sulla necessita’ di un atteggiamento doloso del terzo, finisca per attribuire alla relativa nozione un ambito estremamente restrittivo, al punto da configurare la posizione soggettiva del detto terzo come necessaria adesione consapevole e volontaria alla altrui attivita’ illecita. (…) rappresenta un principio fondamentale dell’ordinamento, che trascende la ripartizione tra diritto civile e diritto penale, quello per cui la nozione di colpevolezza o di volonta’ colpevole abbraccia sia il dolo che la colpa e che, conseguentemente, un comportamento non puo’ classificarsi come incolpevole non soltanto quando esso sia qualificato dal dolo (vale a dire, dalla consapevolezza e dalla volonta’ della condotta e dell’evento), ma anche quando tale consapevolezza e tale volonta’ siano mancate in dipendenza di un atteggiamento colposo dovuto ad imprudenza, negligenza ed imperizia: sicche’ non puo’ parlarsi di comportamento incolpevole qualora il fatto, pur non essendo stato conosciuto, sia tuttavia conoscibile con l’uso della ordinaria diligenza e prudenza. In buona sostanza, deve ritenersi esistente un nesso di alternativita’ e di reciproca esclusione tra buona fede e affidamento incolpevole, da un canto, e addebitabilita’ della mancata conoscenza dovuta a colpa, dall’altro, di guisa che l’esistenza dell’un requisito deve reputarsi incompatibile con l’altro: con l’ulteriore conseguenza che non puo’ certamente ipotizzarsi una condizione di buona fede e di affidamento incolpevole allorquando un dato fatto illecito non sia stato conosciuto ma risultasse pur sempre conoscibile, se non avesse spiegato incidenza sulla rappresentazione del reale stato soggettivo addebitabile a condotta colposa. In altre parole, per ottenere il riconoscimento del suo diritto correlato ad un bene confiscato in via definitiva, e’ da ritenersi che il soggetto terzo debba allegare elementi idonei a rappresentare non solo la sua estraneita’ all’illecito pregresso (intesa come assenza di accordi sottostanti che svelino la consapevolezza dell’attivita’ illecita realizzata all’epoca dal contraente poi sottoposto ad ablazione) ma anche l’affidamento incolpevole inteso come applicazione, in sede contrattuale, di un livello di media diligenza – da rapportarsi al caso in esame – teso ad escludere rimproverabilita’ di tipo colposo”.
2.3.2. Tali sintetizzate notazioni, ampiamente sviluppate nelle plurime sentenze (tra le altre, Sez. 1, n. 16743 del 02/04/2008, Italfondario spa, Rv. 239625; Sez. 1, n. 301 del 01/12/2009, dep. 2010, P.G. in proc. Capitalia Service J.v. srl, Rv. 246035; Sez. 1, n. 30326 del 29/04/2011, Mps Gestione Crediti Banca Spa, Rv. 250910; Sez. 1, n. 27201 del 30/05/2013, Cali, Rv. 257599) che hanno concorso a consolidarle, hanno anche trovato convincente riscontro nella giurisprudenza della Corte costituzionale (tra le tante, sent. n. 229 del 1974, n. 259 del 1976, n. 22 del 1987, n. 487 del 1995) e nella interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata della legislazione antimafia condotta dalla stessa Corte, che ha rilevato che la configurazione della nozione di estraneita’ al reato su basi esclusivamente oggettive, indipendenti cioe’ dall’affidamento incolpevole, oltre a contrastare con i principi accolti dall’ordinamento in ordine alla circolazione giuridica dei beni mobili, condurrebbe a risultati lesivi del principio di personalita’ della responsabilita’ penale sancito dall’articolo 27 Cost., comma 1, (sent. n. 232 del 1998) e ha puntualizzato che la salvaguardia del preminente interesse pubblico non puo’ giustificare il sacrificio inflitto al terzo, titolare di un diritto reale di godimento o di garanzia, soltanto ed esclusivamente quando esso sia in buona fede, dovendo considerarsi la sua posizione tutelabile quando possa utilmente richiamarsi il “principio della tutela dell’affidamento incolpevole, che permea di se’ ogni ambito dell’ordinamento giuridico” (Corte Cost. n. 1 del 1997).
2.4. Alla stregua di tali premesse le censure che la ricorrente Agenzia ha dedotto sotto il profilo dell’incorso vizio di motivazione in relazione ai criteri applicati per la individuazione della buona fede, appaiono non prive di pertinenza.
2.4.1. La richiesta di ammissione del credito ipotecario e’ stata accolta dal Giudice dell’esecuzione che ha ravvisato la sussistenza dei relativi presupposti fattuali e giuridici, rilevando l’assenza di oggettivi elementi di allarme “ambientale” (formale incensuratezza del soggetto richiedente il finanziamento fondiario, assenza di sue conclamate relazioni con compagni criminali); ritenendo che, in assenza di tali elementi, dovesse valutarsi la diligenza del comportamento dell’Istituto creditore in relazione al “mancato scostamento rispetto alle procedure standardizzate per la concessione dei mutui ipotecari”; giudicando sufficienti per escludere ogni contestazione di diligenza, in esito alla verifica svolta, le emergenze dell’incartamento relativo alla svolta istruttoria, allegato alla domanda (acquisizione dei documenti anagrafici del (OMISSIS), svolgimento della perizia di stima tecnica dell’immobile e della relazione notarile, percezione da parte dell’aspirante mutuatario di trattamento pensionistico); escludendo anche “elementi di anomalia tali da legittimare il sospetto di una collusione dolosa” e la ipotizzabilita’ di un difetto di diligenza per mancato approfondimento di aspetti della pratica di finanziamento oggettivamente problematici.
2.4.2. L’ordinanza impugnata presenta, tuttavia, in tale sviluppo argomentativo, salti logici e vuoti motivazionali, pur procedendo dal presupposto fattuale che il credito aveva data certa anteriore al provvedimento di sequestro, dalla espressa condivisione delle coordinate ermeneutiche tratte dalla richiamata giurisprudenza di legittimita’, e dalla enunciata affermazione di procedere a una verifica della concreta vicenda avendo riguardo a oggettivi elementi di riscontro delle condizioni soggettive legittimanti l’ammissione del credito.
2.4.3. L’ordinanza, invero, omettendo di considerare le ragioni poste a fondamento del provvedimento di sequestro e della successiva confisca, ha del tutto astratto dall’analisi dei pertinenti profili patrimoniali e della proporzionalita’ tra i redditi del condannato e del coniuge, oltre che dei componenti del nucleo familiare, e gli esborsi rateali per il pagamento del mutuo, mentre, se e’ evidente che l’istituto di credito non e’ titolare di autonome prerogative investigative, la dimostrazione, di cui lo stesso e’ onerato, attiene alla verifica svolta in ordine alle caratteristiche soggettive della parte richiedente l’erogazione del mutuo, e segnatamente, nella specie, con riguardo alla sua affidabilita’ e solvibilita’ derivante dalla capacita’ produttiva di un reddito lecito.
Ne’ – mentre e’ rimasto generico il riferimento al trattamento pensionistico del (OMISSIS), la cui percezione e’ indicata come attestata nelle emergenze della istruttoria della Banca, nulla risultando indicato circa la congruenza dello stesso e la sostenibilita’ delle rate di mutuo – la dimostrazione del livello di verifica svolto puo’ inferirsi dal valore dell’immobile indicato nella relazione giurata e dalla sua compatibilita’ con la somma erogata, come sostenuto in memoria, poiche’ il dato evocato, come gia’ affermato da questa Corte (Sez. 1, n. 34106 del 09/04/2015, Banca Nazionale del lavoro, in proc. Vitale, citata), “non assicura affatto che attraverso l’erogazione del mutuo non si realizzi un fenomeno di sostanziale ripulitura di capitali di provenienza illecita utilizzati al fine di sostenere le obbligazioni nascenti dal contratto”.
2.4.4. L’ordinanza, inoltre, esprimendo il giudizio positivo relativo alla buona fede della Banca creditrice, fondato sul solo rilevato rispetto delle procedure tipizzate per la concessione dei finanziamenti, non si e’ confrontata con il tipo di attivita’ svolta dal terzo creditore, che, tenuto ad attenersi alle specifiche direttive emanate dagli organi di vigilanza, e’ soggetto a particolari obblighi di diligenza professionale qualificata per la peculiare posizione rivestita per la gestione del credito nel sistema socio-economico.
Il rispetto di tali obblighi, che la ricorrente Agenzia ha tradotto nello specifico quid pluris – rispetto alla circostanza dell’avvio di procedura priva di anomalie – richiesto per l’assolvimento dell’onere probatorio posto in capo all’Istituto, avrebbe supposto la dimostrazione da parte dello stesso Istituto che la erogazione del mutuo era avvenuta in presenza di un reale controllo della capacita’ finanziaria e delle condizioni patrimoniali del richiedente e della famiglia e della sua affidabilita’ soggettiva, anche alla luce dei rapporti pregressi ovvero pendenti, al momento di tale erogazione, con lo stesso ovvero altri Istituti, refluenti sull’apprezzamento della regolarita’ della condotta contrattuale della parte beneficiaria e della sua capacita’ reddituale.
Ne’ il discorso giustificativo della decisione poteva prescindere dalla spendita di argomenti attinenti alla dimostrazione di dette verifiche, lasciando anche meramente assertivo, e comunque generico, il riferimento alla rilevata assenza di elementi di allarme ambientale e di anomalie e al “mancato approfondimento di aspetti obiettivamente problematici della pratica”.
3. Consegue a dette considerazioni l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio degli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa, che, in diversa composizione, procedera’ a nuovo esame in piena liberta’ di giudizio ma nel rispetto degli indicati principi di diritto e dei formulati rilievi.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa.
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