Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 24 luglio 2018, n. 35290.
La massima estrapolata:
L’eventuale pronuncia di rifiuto della consegna in caso di mancata trasmissione delle informazioni richieste da parte dello Stato di emissione costituisce una decisione “allo stato degli atti” che, in conformità alle indicazioni dettate dalla Corte di Giustizia, deve considerare che, entro un tempo ragionevole, lo Stato di emissione possa adottare, in relazione alla persona richiesta, le misure necessarie per assicurare le condizioni essenziali per la consegna stessa, ovvero il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana, sanciti dalla Carta fondamentale dell’Unione europea. Il che significa che, laddove l’autorità giudiziaria dello Stato di emissione faccia pervenire, successivamente e comunque entro un termine ragionevole, le suddette informazioni, il giudicato allo stato degli atti formatosi sul rifiuto della consegna, se rende irretrattabili le altre questioni già decise, non impedisce la pronuncia di una successiva sentenza favorevole alla consegna, in relazione ai nuovi elementi sopravvenuti sulle condizioni di futura detenzione.
Sentenza 24 luglio 2018, n. 35290
Data udienza 19 luglio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. AGLIASTRO Mirella – Consigliere
Dott. VILLONI Orlando – rel. Consigliere
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere
Dott. SABINA Vigna Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 33/18 della Corte d’Appello di Napoli del 19/06/2018;
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere, Dott. O. Villoni;
sentito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. CANEVELLI P., che ha concluso per l’annullamento senza rinvio;
sentito il difensore del ricorrente, avv. (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Napoli ha disposto la consegna di (OMISSIS) all’autorita’ giudiziaria polacca, che l’aveva richiesta in forza di mandato di arresto Europeo processuale n. II KOP 14/13 del 30/04/2013 emesso dalla Corte Regionale di Koszalin per l’esecuzione dell’ordinanza di cattura n. II KP 212/04 (DS. 238/10) emessa il 03/08/2004 dalla Corte Distrettuale di Kolobrzeg per l’esercizio dell’azione penale in ordine ad una condotta qualificabile ai sensi della legge italiana in termini di insolvenza fraudolenta (articolo 641 cod. pen.).
Il 10/04/2018, peraltro, la stessa Corte territoriale aveva emesso sentenza di rifiuto della consegna in esito alla mancata trasmissione, piu’ volte sollecitata e non evasa, da parte delle autorita’ polacche delle informazioni integrative richieste ai sensi della L. n. 69 del 2005, articolo 16, sentenza che non essendo stata impugnata e’ divenuta irrevocabile.
Successivamente in data 19/04/2018 e’ pervenuta nella cancelleria della Corte napoletana l’indicazione delle fonti di prova a suo tempo sollecitata e su richiesta del P.G. distrettuale e’ stata avviata una nuova procedura di consegna, stavolta definita mediante pronuncia della sentenza impugnata.
Nel merito, la Corte territoriale ha ritenuto sussistenti sia la condizione della doppia punibilita’ prevista dalla L. n. 69 del 2005, articolo 7 sia gravi indizi di colpevolezza del reato ipotizzato, poggianti su dichiarazioni testimoniali e su elementi di natura documentale; ha escluso, infine, la ricorrenza di cause di rifiuto ai sensi dell’articolo 18, lettera p), r) e t) della stessa L. n. 69, indicando la durata della custodia cautelare sofferta dal consegnando nell’ambito della procedura.
2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il difensore dello (OMISSIS), che deduce in via preliminare come la sentenza impugnata sia stata emessa nell’ambito di una procedura di consegna avviata ex officio dalla Corte territoriale, dopo che la stessa Corte napoletana, per il medesimo fatto, aveva gia’ pronunciato sentenza di rifiuto della consegna, non solo immodificabile nei limiti di cui all’articolo 130 cod. proc. pen. ma addirittura irrevocabile ai sensi dell’articolo 648 cod. proc. pen..
Deduce, pertanto, che tale modus procedendi comporta la radicale nullita’ del giudizio cosi’ instaurato, non essendovi alcun motivo per ritenere che alle sentenze pronunciate ai sensi della L. n. 69 del 2005, articolo 17 non debba applicarsi il disposto dell’articolo 649 cod. proc. pen., specie alla luce del dettato interpretativo di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 200 del 31 maggio 2016.
Diversamente opinando, infatti, si esporrebbe il destinatario di un mandato d’arresto Europeo all’arbitrio delle autorita’ dello Stato richiedente la consegna, il quale, semplicemente reiterando la richiesta e sistematicamente omettendo l’invio della prescritta documentazione, costringerebbe l’Autorita’ Giudiziaria del Paese richiesto a ripetuti giudizi contro la medesima persona sulla scorta del medesimo presupposto.
Il ricorrente deduce, inoltre, che nella specie risulta violato non solo il principio del ne bis in idem ma anche quello del ne procedeat iudex ex officio gia’ previsto dall’articolo 700 cod. proc. pen., comma 1 in materia di estradizione – la cui disciplina generale, per pacifica giurisprudenza, deve trovare applicazione anche nelle procedure MAE – previsione che stabilisce che la Corte d’Appello procede su formale istanza, inoltrata secondo precise modalita’, dello Stato estero richiedente.
Nel merito, deduce l’insussistenza del presupposto della doppia punibilita’ di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 7, difettando nella fattispecie in esame il requisito dello stato d’insolvenza, situazione che osta alla configurabilita’ del reato di cui all’articolo 641 cod. pen. ravvisato dalla Corte di Appello di Napoli, del quale difetta anche la condizione concernente l’intervenuta scadenza del termine di adempimento della prestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato e merita accoglimento.
2. La peculiarita’ della presente procedura consiste nel fatto che la sentenza censurata e’ stata emessa dopo che la stessa Corte napoletana aveva gia’ pronunciato decisione di rifiuto della consegna il giorno 10/04/2018 non impugnata da alcuna delle parti e divenuta quindi irrevocabile.
La riattivazione della procedura, pacificamente riferita alla medesima e originaria richiesta di consegna avanzata dalle autorita’ polacche, e’ avvenuta, infatti, dietro formale impulso del Procuratore Generale distrettuale ma non a seguito di nuova e distinta richiesta formulata dall’autorita’ giudiziaria dello Stato di emissione del mandato d’arresto.
Come, pertanto, correttamente rilevato dal ricorrente, non sussiste alcuna ragione di ordine testuale e/o sistematico per non applicare alle sentenze pronunciate ai sensi della L. n. 69 del 2005, articolo 17 il disposto dell’articolo 649 cod. proc. pen. ed il principio del ne bis in idem.
Come pure parimenti evidenziato dal ricorrente, il precedente giurisprudenziale cui la Corte napoletana ha ancorato la propria decisione (Sez. 6 sent. n. 53 del 30/12/2014, Petrescu, Rv. 261804 e conformi Sez. 6, sent. n. 27326 del 13/07/2010, El Moustaid, Rv. 247784; Sez. 6, sent. n. 25829 del 19/06/2008, Baiaram, Rv. 240327) concerneva un caso di ritardo nella trasmissione delle informazioni e della documentazione integrativa richieste di carattere endoprocedimentale, avvenuto si’ oltre la scadenza temporale fissata ma comunque prima che fosse deliberata la decisione da parte della Corte territoriale.
Allo stato attuale dell’elaborazione giurisprudenziale di questa Corte di legittimita’, infatti, e’ dato individuare una sola situazione in cui la sentenza irrevocabile di rifiuto della consegna possa considerarsi alla stregua di una pronuncia meramente processuale ed e’ quella contemplata da Sez. 6, sent. n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, Rv. 267296 in tema di mandato di arresto Europeo c.d. esecutivo, quando venga in rilievo il motivo di rifiuto della consegna di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera h), ricorrente in caso di “serio pericolo” che la persona ricercata venga sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti a causa delle precarie condizioni strutturali carcerarie o da sovraffollamento esistenti nel Paese dello Stato di emissione del MAE, secondo le prescrizioni anche di carattere procedimentale indicate dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza 5 aprile 2016, C404/15, Aaranyosi e C 659/15, Caldararu.
Ebbene, tale pronuncia ha espressamente affermato che l’eventuale pronuncia di rifiuto della consegna in caso di mancata trasmissione delle informazioni richieste da parte dello Stato di emissione costituisce una decisione “allo stato degli atti” che, in conformita’ alle indicazioni dettate dalla Corte di giustizia, deve considerare che, entro un tempo ragionevole, “lo Stato di emissione possa adottare in relazione alla persona richiesta le misure necessarie per assicurare le condizioni essenziali per la consegna stessa, ovvero il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana,sanciti dalla Carta fondamentale dell’Unione Europea. Il che significa che, laddove l’autorita’ giudiziaria dello Stato di emissione faccia pervenire, successivamente e comunque entro un termine ragionevole, le suddette informazioni, alla luce dei parametri sopra indicati, il giudicato allo stato degli atti formatosi sul rifiuto della consegna, se rende irretrattabili le altre questioni gia’ decise, non impedisce la pronuncia di una successiva sentenza favorevole alla consegna, in relazione ai nuovi elementi sopravvenuti sulle condizioni di futura detenzione” (Sez. 6 n. 23277/16, Barbu cit.).
Costituisce, pertanto, frutto di errore l’affermazione contenuta nella decisione impugnata secondo cui, ferma l’eccezione del caso appena indicato, la sentenza irrevocabile di rifiuto della consegna di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 6, comma 6 e articolo 17, comma 5 possiede in via generale natura squisitamente processuale, talche’ il procedimento possa e debba essere riaperto nel caso in cui, come nella specie, lo Stato di emissione trasmetta i documenti o le informazioni necessarie per la decisione la cui mancata trasmissione aveva dato luogo al rifiuto della consegna.
La sentenza emessa al termine della procedura di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 17 e’, infatti, una sentenza che ai fini della sua efficacia soggiace ratione materiae alle consuete regole d’impugnazione dei provvedimenti giurisdizionali penali, integrate dalla disciplina speciale prevista dalla L. n. 69 del 2005, articolo 22, che del resto contempla espressi rinvii a norme ed istituti del codice di procedura penale (procedura camerale di cui all’articolo 127; annullamento con rinvio di cui all’articolo 627 cod. proc. pen.).
E’ inoltre parimenti fondata la deduzione del ricorrente secondo cui anche nella procedura passiva di consegna a seguito di emissione di mandato d’arresto Europeo vige il principio della domanda, codificato per la materia estradizionale passiva dall’articolo 700 cod. proc. pen., comma 1 – disciplina estradizionale oltre tutto espressamente applicabile ai mandati d’arresto emessi per reati commessi prima del 7 agosto 2002 – data di entrata in vigore della Decisione quadro Europea, ai sensi dell’articolo 40, comma 2 L. n. 69 cit.
Ovviamente in tema di mandato d’arresto Europeo, la domanda e’ costituita da quella di consegna formulata dalla autorita’ giudiziaria dello Stato membro di emissione e veicolata per l’appunto attraverso il mandato stesso (L. n. 69 del 2005, articolo 9) e non, come verificatosi nel caso di specie, dalla richiesta del Procuratore Generale distrettuale cui non compete alcun potere d’impulso ne’ in fase di avvio della procedura (v. ancora articolo 9) ne’ nell’ambito del sub procedimento cautelare di cui alla L. n. 69 del 2005, articoli 11, 12 e 13 e cui incombeva l’onere di impugnare entro i termini di cui all’articolo 22, comma 1 la precedente decisione di rifiuto emessa dalla Corte di Appello onde formulare, a prescindere dalla fondatezza, censure in ordine alla rilevanza della pur tardiva trasmissione delle informazioni da parte dell’autorita’ giudiziaria richiedente.
3. Per le ragioni che precedono la decisione impugnata deve, dunque, ritenersi viziata ab origine, dovendo di conseguenza essere annullata senza rinvio; il carattere pregiudiziale del motivo di annullamento assorbe quelli concernenti il merito della decisione stessa; non necessita alcun provvedimento de libertate risultando lo (OMISSIS) attualmente in stato di liberta’.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.
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