La necessità di acquisire presso terzi la documentazione contabile rappresenta una prova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili fosse inidonea a rendere percepibile la reale rappresentazione del patrimonio o del movimento di affari della società

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 16 luglio 2018, n. 32654.

La massima estrapolata

La necessità di acquisire presso terzi la documentazione contabile rappresenta una prova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili fosse inidonea a rendere percepibile la reale rappresentazione del patrimonio o del movimento di affari della società. Ciò sta a significare come nella fattispecie fosse evidenziabile la bancarotta documentale.

Sentenza 16 luglio 2018, n. 32654

Data udienza 21 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo Antoni – Presidente

Dott. DE MARZO Giusepp – rel. Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/12/2016 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;
udito il Procuratore Generale, dott. FELICETTA MARINELLI che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso del (OMISSIS) e la declaratoria di inammissibilita’ dei restanti ricorsi;
udito i difensori, Avv. (OMISSIS) per il (OMISSIS), l’avv. (OMISSIS) per il (OMISSIS) e il (OMISSIS), l’Avv. (OMISSIS) per l’ (OMISSIS), i quali hanno concluso per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi. L’Avv. (OMISSIS) ha chiesto, inoltre, l’annullamento senza rinvio in relazione al capo C, prescritto.

RITENUTO IN FATTO

1. Per quanto ancora rileva, con sentenza del 06/12/2016, la Corte d’appello di Milano, ha confermato l’affermazione di responsabilita’ di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione ai reati di seguito indicati.
In particolare, l’ (OMISSIS) e’ stato ritenuto responsabile: a) dei reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale (capi A1 e A2), nella qualita’ di amministratore di fatto della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita in data (OMISSIS); b) dei reati di bancarotta fraudolenta distrattiva (capi B1 e B2) e documentale (capo B3), nella qualita’ di presidente del consiglio di amministrazione, prima, e di amministratore delegato, poi, della (OMISSIS) s.p.a., dichiarata fallita in data (OMISSIS); c) del reato di ricorso abusivo al credito, nella medesima qualita’ appena indicata (capo C); d) del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva (capo D1) e di bancarotta impropria (capo D2) per avere concorso, commettendo il reato di cui all’articolo 2621 cod. civ., a cagionare il dissesto della (OMISSIS) s.r.l. – dichiarata fallita in data (OMISSIS) -, nella qualita’ di amministratore unico di tale societa’; e) del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in relazione alla (OMISSIS) s.p.a. (capo E), della quale era stato amministratore unico dal 2006 sino alla data del fallimento, dichiarato il (OMISSIS).
Il (OMISSIS), quale presidente del collegio sindacale, e il (OMISSIS), quale amministratore di fatto, sono stati ritenuti responsabili del reato di cui al capo B3; il (OMISSIS) del reato di cui al capo C.
2. Sono stati presentati distinti ricorsi nell’interesse dell’ (OMISSIS), del (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS).
3. Il ricorso proposto nell’interesse dell’ (OMISSIS) e’ affidato ai seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo si lamenta mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, con riguardo alla ritenuta sussistenza della bancarotta fraudolenta patrimoniale.
Si rileva: a) che l’esistenza del gruppo (OMISSIS), ossia di una pluralita’ di imprese facenti capo all’imputato era ben nota al mercato e alle banche e riconosciuta dalla stessa sentenza impugnata, con la conseguenza che il depauperamento nel quale si sostanzia il disvalore del reato attribuito deve essere apprezzato non riguardo alla singola impresa, ma con riferimento al patrimonio complessivo costituente la garanzia dei creditori; b) che, con riferimento alle “somme distratte da (OMISSIS) a titolo di spese personali”, la sentenza impugnata aveva illegittimamente posto a carico dell’imputato l’onere della prova, laddove, al netto della somma di Euro 70.000 – il cui titolo compensativo era giustificato in relazione all’entita’ del fatturato -, delle restanti somme l’imputato aveva indicato la ragione giustificativa, senza che la pubblica accusa dimostrasse la destinazione ad uso personale; c) che analogamente si era ritenuta dimostrata la distrazione, con riguardo alla somma di Euro 684.530,35, in considerazione della non ascrivibilita’ certa della stessa al “pagamento delle quote di (OMISSIS) in favore del (OMISSIS)”; d) che lo stesso vizio argomentativo era ravvisabile nella distrazione degli “altri importi di cui all’imputazione A1”, in quanto, per un verso, il fine dell’imputato di salvaguardare i posti di lavoro – documentato dalle buste paga – non era oggetto di mera e indimostrata affermazione difensiva e, per altro verso, il fine di solidarieta’ sociale e’ incompatibile con il carattere fraudolento ed egoistico della bancarotta distrattiva; e) che, con riguardo alla distrazione dell’argento, la Corte territoriale aveva illogicamente svalutato sia la rilevanza dell’esposto con il quale l’ (OMISSIS) aveva denunciato ai carabinieri le sottrazioni dal magazzino durante la procedura di concordato preventivo sia il fatto che 6.541 kg di argento fossero sequestrati, in quanto di proprieta’ di terzi; f) che, con riferimento alla distrazione di 410.000 Euro, la Corte territoriale aveva illogicamente escluso la rilevanza degli assegni per 400.000 Euro prodotti dall’imputato, in tal modo documentando il mancato incasso della somma, laddove priva di giustificazione era la congetturale spiegazione alternativa della detenzione di tali assegni prospettata dalla sentenza impugnata.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge, sottolineando che l’attribuzione del reato di bancarotta fraudolenta presuppone l’accertamento del nesso eziologico e psicologico tra la condotta e l’insolvenza, da qualificarsi come evento del reato.
Il ricorrente sottolinea il carattere risalente delle condotte – sia di quelle distrattive sia di quelle tradottesi nella violazione dell’articolo 2621 cod. civ. – e le risultanze oggettive che documentano l’immissione nelle societa’ del gruppo di ingenti capitali.
3.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali, sempre con riferimento al necessario accertamento del nesso eziologico e psicologico tra condotte e dissesto, al contrario provocato alla crisi della societa’ (OMISSIS) acquisita dal gruppo, e si aggiunge, con riferimento alla cessione di un credito di Euro 933.848,01 da (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l., che la cessione di un credito infragruppo e’ logicamente inconfigurabile come condotta che cagiona il dissesto del gruppo.
3.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla distrazione di argento in danno della (OMISSIS) s.r.l., alla luce delle dichiarazioni della teste (OMISSIS), impiegata addetta alla contabilita’ del magazzino della societa’, la quale aveva indicato nel (OMISSIS) o nel (OMISSIS) la persona che le aveva dato disposizioni sulla annotazione da eseguire con riferimento alla differenza di argento “tra il contabile e il fisico”.
Si aggiunge: a) che l’imputato agiva nella societa’ come un mero tecnico; b) che le contrarie dichiarazioni del (OMISSIS), quanto al fatto che un quantitativo di circa 200 kg di argento fosse stato caricato sull’autovettura dell’ (OMISSIS), erano state smentite da quanto riferito dal responsabile della sicurezza, il quale aveva escluso che l’ (OMISSIS) avesse le chiavi del magazzino o che potesse accedervi senza lasciare traccia; c) che gli importi incassati dalla vendita erano stati utilizzati per l’amministrazione ordinaria della societa’.
3.5. Con il quinto motivo si lamenta erronea applicazione degli articoli 62-bis e 133 cod. pen., in relazione al diniego della invocata riduzione della pena e della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.
3.6. Nell’interesse dell’ (OMISSIS) sono stati depositati motivi aggiunti che hanno ribadito e sviluppato le ragioni di critica sopra riassunte.
4. Il ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ affidato ai seguenti motivi.
4.1. Con il primo motivo si lamenta motivazione meramente apparente, con riguardo all’affermazione di responsabilita’ per il reato di bancarotta fraudolenta documentale.
Rileva il ricorrente: a) che il meccanismo di fatturazione triangolare o bilaterale era destinato inevitabilmente a chiudersi con un azzeramento delle relative poste contabili, con la conseguenza che poteva facilmente essere ricostruito mediante un esame incrociato della contabilita’; b) che, pertanto, l’utilizzazione, da parte delle curatrici, delle dichiarazioni di alcuni dipendenti era solo uno degli strumenti a disposizione per ricostruire agevolmente il meccanismo di falsificazione.
4.2. Con il secondo motivo si lamenta l’apparenza della motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, sottolineando; a) che il disvalore del reato di bancarotta fraudolenta documentale si coglie nella impossibilita’ o difficolta’ di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari, una volta intervenuto il fallimento, mentre non assumono rilievo le modalita’ di tenuta anteriori, laddove si sia, prima della dichiarazione di fallimento, proceduto alla regolarizzazione della situazione; b) che, nel caso di specie, indiscussa la consapevole partecipazione del (OMISSIS) al meccanismo delle false fatturazioni, si era piuttosto sottolineato che, a seguito della scrittura privata del 02/12/2008, l’imputato aveva rescisso ogni legame con la (OMISSIS) s.p.a. e aveva fatto tutto il possibile per regolarizzare la contabilita’ delle societa’ coinvolte; c) che, in particolare, quando la (OMISSIS) s.p.a. non aveva emesso la concordata nota di accredito nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., societa’ facente capo al (OMISSIS), quest’ultima aveva emesso note di addebito a storno di fatture emesse dalla prima, cosi’ come aveva emesso note di accredito a storno di fatture emesse nei confronti della (OMISSIS) s.p.a.; d) che quest’ultima aveva trascurato di contabilizzare le note di credito emesse nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., altra societa’ facente capo al (OMISSIS); e) che, in definitiva, se la (OMISSIS) s.p.a. avesse agito come richiestole dal (OMISSIS) e come concordato con la scrittura del 02/12/2008, nel momento in cui e’ intervenuto il fallimento della societa’, la curatela avrebbe potuto ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari in modo ancora piu’ agevole.
4.3. Con il terzo motivo si lamenta manifesta illogicita’ della motivazione della sentenza impugnata, la quale, nel disattendere la richiesta di riduzione della pena base, fissata in quattro anni di reclusione, ossia in misura superiore al minimo edittale, aveva valorizzato un dato – l’entita’ del passivo fallimentare del tutto incongruo rispetto alla bancarotta documentale e comunque da considerare alla luce della completa ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
5. Il ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ affidato ai seguenti motivi.
5.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali ed erronea applicazione dell’articolo 164 cod. pen., per non avere l’imputato mai beneficiato della sospensione condizionale della pena.
Si rileva: a) che dall’esame del certificato del casellario giudiziale emergeva che le condanne riportate dal (OMISSIS) ed inizialmente sospese erano state oggetto di richiesta ex articolo 671 cod. pen., accolta dal giudice dell’esecuzione che aveva applicato la disciplina della continuazione, provvedendo alla determinazione della complessiva sanzione di Euro 32.080,00 di multa, non sospesa.
5.2. Con il secondo motivo si lamenta omessa motivazione in relazione alla prognosi negativa formulata, sempre con riguardo alla invocata sospensione condizionale della pena, dalla Corte territoriale che aveva sostanzialmente parafrasato in termini generici la disposizione normativa, eludendo il dovere di indicare le circostanze che sorreggevano siffatta conclusione.
5.3. Con il terzo motivo si sottolinea l’intervenuta prescrizione del reato di ricorso abusivo al credito.
6. Il ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ affidato ai seguenti motivi.
6.1. Con il primo motivo si lamenta erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicita’ della motivazione.
Si rileva: a) che l’affermazione di responsabilita’ dell’imputato, presidente del collegio sindacale della (OMISSIS) s.p.a., riposa sulla sua consapevolezza della prassi di emissione di fatture di comodo concernenti la vendita di metalli nei confronti di societa’ delle quali era o era stato legale rappresentante; b) che l’imputato, resosi conto della particolare gravita’ della situazione nella quale versava la societa’, aveva immediatamente provveduto, d’intesa con gli altri componenti del collegio sindacale, ad imporre all’organo amministrativo una approfondita verifica dei crediti verso i clienti annotati in contabilita’, al fine di accertarne l’effettiva esigibilita’, provvedendo in seguito ad emettere note di credito; c) che il provento derivante dallo sconto in banca delle fatture di vendita si era tradotto in un incremento patrimoniale della (OMISSIS) s.p.a.; d) che, all’esito del “protocollo operativo” utilizzato da quest’ultima societa’, le cui fasi erano esattamente descritte in contabilita’, il patrimonio della stessa non aveva subito alcuna riduzione; e) che, in definitiva, la Corte territoriale si era disinteressata della effettiva potenzialita’ decettiva della annotazione di simili operazioni nelle scritture contabili, le quali non avevano comportato alcuna modifica della consistenza del patrimonio della societa’, ne’ avevano comportato alcuna difficolta’ nella ricostruzione dell’attivita’; f) che, del tutto irrilevante, nella prospettiva della ritenuta bancarotta documentale, era la destinazione impressa da altri al profitto delle operazioni di sconto; g) che, peraltro, accertato che l’annotazione delle fatture di vendita e l’iscrizione del ricavo derivante dal loro sconto non aveva comportato alcuna immutazione quantitativa del patrimonio ne’ determinato una modifica dei dati contabili, non era dato intendere su quali basi riposasse l’attribuzione al (OMISSIS) della volonta’ di danneggiare i creditori.
6.2. Con il secondo motivo si lamenta erronea applicazione della legge penale, rilevando che la Corte d’appello non aveva espresso alcuna valutazione con riferimento alla entita’ del danno correlabile alla condotta attribuita all’imputato, ossia con riguardo a profili rilevanti ai fini della applicazione della circostanza attenuante di cui all’articolo 219, u.c., l. fall..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse dell’ (OMISSIS) e’ inammissibile. Prima di esaminare le singole condotte distrattive attribuite all’imputato, occorre affrontare la questione della rilevanza che puo’ assumere in subiecta materia l’esistenza di un gruppo di imprese, alla luce della natura e della oggettivita’ giuridica del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
La giurisprudenza di legittimita’ e’ consolidata attorno ad alcuni pilastri ricostruttivi.
In particolare, va ribadito: a) che, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non e’ necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attivita’ (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804); b) che l’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione e’ costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non e’ necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, ne’ lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volonta’ di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli cit.; c) che il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare e’ un reato di pericolo concreto, in quanto l’atto di depauperamento, incidendo negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale, deve essere idoneo a creare un pericolo per il soddisfacimento delle ragioni creditorie, che deve permanere fino al tempo che precede l’apertura della procedura fallimentare (Sez. 5, n. 50081 del 14/09/2017, Zazzini, Rv. 271437).
I creditori la cui posizione viene in rilievo, ai fini della valutazione della concretezza del pericolo, sono coloro che possono contare sulla garanzia generica rappresentata, ai sensi dell’articolo 2740 cod. civ., dal patrimonio del proprio debitore.
In tale contesto, l’attuale sistema normativo e’ saldamente ancorato al principio in forza del quale il collegamento societario e’ fenomeno meramente economico che non da’ vita ad un unitario centro imprenditoriale dotato di una sua propria soggettivita’ (Sez. 5, n. 6904 del 04/11/2016 – dep. 14/02/2017, Gandolfi, Rv. 269107, che ne trae la coerente conseguenza che, in tema di reati fallimentari, qualora il fallimento riguardi societa’ appartenenti ad un gruppo ma dotate di autonoma personalita’ giuridica, non e’ ravvisabile un reato unitario di bancarotta ma, ove ne sussistano i presupposti, un’ipotesi di reato continuato), ossia, puo’ aggiungersi, di una unitaria responsabilita’ sulla quale il creditore possa fare affidamento nel momento in cui le sue ragioni sono fatte valere (direttamente o per il tramite del curatore, una volta intervenuto il fallimento).
In tale contesto e’ certamente esatto che la giurisprudenza di legittimita’ si e’ ormai orientata nel senso di ritenere che la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo possa essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la societa’ fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali (v., ad es., di recente, Sez. 5, n. 16206 del 02/03/2017, Magno, Rv. 269702).
In particolare, si e’ rilevato che la previsione di cui all’articolo 2634 cod. civ. – che esclude, relativamente alla fattispecie incriminatrice dell’infedelta’ patrimoniale degli amministratori, la rilevanza penale dell’atto depauperatorio in presenza dei c.d. vantaggi compensativi dei quali la societa’ apparentemente danneggiata abbia fruito o sia in grado di fruire in ragione della sua appartenenza a un piu’ ampio gruppo di societa’ – conferisce valenza normativa a principi – gia’ desumibili dal sistema, in punto di necessaria considerazione della reale offensivita’ – applicabili anche alle condotte sanzionate dalle norme fallimentari e, segnatamente, a fatti di disposizione patrimoniale contestati come distrattivi o dissipativi. Pertanto, ove si accerti che l’atto compiuto dall’amministratore non risponda all’interesse della societa’ ed abbia determinato un danno al patrimonio sociale, e’ onere dello stesso amministratore dimostrare l’esistenza di una realta’ di gruppo, alla luce della quale quell’atto assuma un significato diverso, si che i benefici indiretti della societa’ fallita risultino non solo effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo, ma altresi’ idonei a compensare efficacemente gli effetti immediati negativi dell’operazione compiuta, di guisa che nella ragionevole previsione dell’agente non sia capace di incidere sulle ragioni dei creditori della societa’ (Sez. 5, n. 49787 del 05/06/2013, Bellemans, Rv. 257562; Sez. 5, n. 8253 del 26/06/2015 – dep. 29/02/2016, Moroni, Rv. 271149, che insiste sull’onere dell’interessato di dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la societa’ depauperata; Sez. 5, n. 7079 del 13/10/2015 – dep. 23/02/2016, Roccetti, Rv. 266512, secondo cui, i cd. vantaggi compensativi per la societa’ fallita facente parte di una realta’ di “gruppo” non possono essere successivi al fallimento ne’ possono consistere in una diminuzione dell’entita’ del passivo, conseguente a concordato preventivo cui venga ammessa altra societa’ controllante, appartenente allo stesso gruppo, grazie a mutui fondiari concessi per la destinazione del patrimonio immobiliare della societa’ fallita; Sez. 5, n. 30333 del 12/01/2016, Falciola, Rv. 267883, per la quale, qualora il fatto si riferisca a rapporti fra societa’ appartenenti al medesimo gruppo, il reato deve ritenersi insussistente se, operando una valutazione ex ante, i benefici indiretti per la societa’ fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi e siano tali da rendere il fatto incapace di incidere sulle ragioni dei creditori della societa’).
La veloce rassegna della giurisprudenza di questa Corte mostra, in definitiva, che l’ordinamento non giustifica qualunque operazione infragruppo, ma solo quelle attivita’, immediatamente svantaggiose per un soggetto imprenditoriale, che possano trovare efficace correlazione in vantaggi, economicamente valutabili, per lo stesso soggetto, tali da elidere, prima della dichiarazione di fallimento, il depauperamento realizzato e, in ultima analisi, il pericolo rappresentato dalla originaria iniziativa per le ragioni dei creditori.
Vi e’ un’altra puntualizzazione necessaria, sollecitata dall’analisi delle decisioni di legittimita’ e dallo stesso ricorso, quanto ai profili probatori.
Premesso che la responsabilita’ per il delitto di bancarotta per distrazione richiede l’accertamento della previa disponibilita’, da parte dell’imputato, dei beni non rinvenuti in seno all’impresa (Sez. 5, n. 7588 del 26/01/2011, Buttitta, Rv. 249715), va ribadito che la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della societa’ dichiarata fallita puo’ essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti (Sez. 5, n. 22894 del 17/04/2013, Zanettin, Rv. 255385), in quanto le condotte descritte all’articolo 216, comma 1, n. 1 L. fall., hanno (anche) diretto riferimento alla condotta infedele o sleale del fallito nel contesto della garanzia che su di lui grava in vista della conservazione delle ragioni creditorie. E’ in funzione di siffatta garanzia che si spiega l’onere dimostrativo posto a carico del fallito, nel caso di mancato rinvenimento di cespiti da parte della procedura. Trattasi, invero, di sollecitazione al diretto interessato della dimostrazione della concreta destinazione dei beni o del loro ricavato, risposta che (presumibilmente) soltanto egli, che e’ (oltre che il responsabile) l’artefice della gestione, puo’ rendere (Sez. 5, n. 7588 del 2011 cit., in motivazione).
In altri termini – e quanto detto vale sia con riferimento alla specifica tematica della insussistenza o della sussistenza dei vantaggi compensativi sia con riguardo, in generale, all’accertamento della pericolosita’ o non dell’atto dispositivo rispetto alle ragioni dei creditori -, laddove gli elementi probatori consentano di concludere in termini univoci per l’estraneita’ dell’atto alle finalita’ imprenditoriali, l’imputato ha l’interesse a dedurre verosimili circostanze idonee quantomeno a sollevare un ragionevole dubbio in ordine a tali risultati, rendendo razionale la doverosa attivita’ di accertamento del giudice.
In termini generali, il ricorrente anche in ricorso continua a non indicare quale sarebbe stato il vantaggio conseguito da (OMISSIS) s.r.l. in correlazione con le condotte depauperative che si esamineranno dettagliatamente immediatamente infra (e cio’ puo’ dirsi, sin da ora, salvo tornare sul punto, con riguardo alle confuse indicazioni del secondo motivo di ricorso).
Cio’ posto, si osserva, con riferimento alle singole ipotesi distrattive, quanto segue.
1.1. La prima distrazione attribuita all’imputato nel capo A1, concernente la (OMISSIS) s.r.l., riguarda la somma complessiva di Euro 457.000,00.
Le deduzioni del ricorrente si caratterizzano per assoluta genericita’.
In primo luogo, viene invocato un “titolo compensativo”, con riguardo alla somma di 70.000,00 Euro, del quale non s’intende il fondamento, visto che, secondo l’incontestato accertamento dei giudici di merito, l’ (OMISSIS) non risulta aver ricoperto alcuna carica nella societa’ fallita successiva all’ottobre del 2002. In secondo luogo, si insiste nel dedurre di avere indicato i titoli personali di tutti gli esborsi, ma non li si indica in ricorso e soprattutto non ci si confronta con l’affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale non era stata sollevata alcuna contestazione rispetto alle somme indicate nei numeri (OMISSIS) della tabella allegata al foglio (OMISSIS), in atti, comprensive dell’importo che l’amministratore della (OMISSIS) s.r.l. aveva ricondotto alla garanzia di un mutuo erogato in favore della moglie dell’ (OMISSIS).
In tale contesto, non vi e’ alcun ulteriore onere dimostrativo da parte dell’accusa, giacche’, in difetto di specificazioni delle quali non si intravede traccia in ricorso, e’ del tutto ragionevole avere concluso per l’estraneita’ degli esborsi alle esigenze imprenditoriali.
1.2. Con riguardo alla somma di 684.530,35 Euro, che, secondo il capo di imputazione, sarebbe stata distratta dalle casse di (OMISSIS) s.r.l. per il pagamento delle quote di (OMISSIS) s.r.l. in favore del (OMISSIS), il ricorrente si concentra sull’affermazione della non certa riconducibilita’ dell’esborso a tale titolo, ma omette completamente di confrontarsi sull’ulteriore, decisivo rilievo della Corte territoriale, secondo il quale, anche a voler seguire la prospettazione difensiva, le somme erano state rivolte a vantaggio del medesimo (OMISSIS), che si rendeva titolare delle quote, e non di (OMISSIS) s.r.l..
1.3. Manifestamente infondate e generiche sono le critiche, con le quali si ribadisce che il fine sociale dell’imputato di salvaguardare posti di lavoro sarebbe incompatibile con la bancarotta per distrazione.
In realta’, la fattispecie delittuosa si perfeziona una volta che l’atto di distacco del bene dal patrimonio sociale si sia realizzato con conseguente concreto pregiudizio per le ragioni dei creditori sociali, mentre le direzioni, piu’ o meno nobili, verso le quali il bene sia stato indirizzato restano completamente irrilevanti.
E allora il dato centrale, completamente omesso nel ricorso, e’ che i lavoratori dei quali si discute sono i dipendenti di societa’ diverse dalla (OMISSIS) s.r.l. Tale assorbente rilievo, in punto di diritto, consente di non soffermarsi sulla assoluta genericita’ di formulazione della censura, in punto di fatto.
1.4. La critica successiva del primo motivo investe la distrazione d’argento dalla (OMISSIS) s.p.a. (capo B1) e si caratterizza per l’assoluta genericita’. E’ inutile soffermarsi sulle argomentazioni che la Corte d’appello ha dedicato per illustrare le ragioni in forza delle quali non ha condiviso le conclusioni del Tribunale che ha ridotto, rispetto alle indicazioni del capo di imputazione, in 900 kg, la quantita’ sottratta.
La sentenza impugnata ha, infatti, ribadito di essere vincolata dalla determinazione, piu’ favorevole all’imputato, operata dal Tribunale.
Il punto centrale della motivazione e’ che la tesi difensiva della distrazione ad opera di terzi, durante la procedura di concordato preventivo, quale sarebbe emersa da voci riferite dal dott. (OMISSIS) all’ (OMISSIS), il quale, a sua volta, avrebbe denunciato la circostanza ai carabinieri, e’ stata razionalmente ritenuta del tutto inverosimile.
E cio’ non perche’ si sia chiesto all’ (OMISSIS) di svolgere indagini per dare sostegno alle propalazioni sulle quali la denuncia era fondata – come il ricorso mostra di credere -, ma perche’ le mancanze riferite dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS) risalgono ad un periodo anteriore. E sul punto il ricorso e’ silente.
E cio’ senza dire che proprio il (OMISSIS) ha riferito di varie condotte di sottrazione riconducibili all’ (OMISSIS).
L’appartenenza a terzi di beni non esclude la sussistenza della bancarotta fraudolenta per distrazione, come confermato dal consolidato orientamento di questa Corte, a proposito dei beni entrati nella effettiva disponibilita’ della societa’ fallita in virtu’ di un contratto di leasing: quel che rileva, a tal fine, e’, infatti, la disponibilita’ di fatto, in capo all’utilizzatore, dei beni successivamente distratti, considerato che, comunque, la sottrazione del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene gravata dell’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione (Sez. 5, n. 44350 del 17/06/2016, Guerri, Rv. 268469).
Per ragioni di economia espositiva, i superiori rilievi verranno ripresi infra nella trattazione del quarto motivo di ricorso dedicato a tale vicenda.
1.5. La quinta censura del primo motivo investe specificamente la distrazione in danno della (OMISSIS) s.r.l. della somma, contestata nell’ammontare di Euro 410.000,00. L’operazione, rivolta a vantaggio dell’ (OMISSIS), sarebbe stata resa possibile attraverso il pagamento da parte della (OMISSIS) s.r.l. della fattura n. 3 del 27/12/2006 emessa dalla (OMISSIS) in relazione ad una cessione di immobile, in realta’ mai avvenuta.
Le critiche dell’ (OMISSIS) ruotano attorno all’esistenza di quattro assegni per Euro 400.000,00, da lui esibiti all’udienza del 11/01/2012, in quanto mai incassati. Tuttavia, la reiterazione di tale difesa, si confronta solo genericamente col fatto che, secondo i giudici di merito, tali assegni corrispondevano alla liquidazione, di importo esattamente corrispondente e avvenuta nel 2008, delle quote che l’ (OMISSIS) possedeva, per il tramite della moglie, nella societa’ (OMISSIS), laddove la distrazione concerne il precedente momento dell’ingresso dell’ (OMISSIS), attraverso l’intestazione delle quote, come detto, alla moglie. In quell’occasione, la provvista, fu fornita, secondo l’altro socio della (OMISSIS), (OMISSIS), da (OMISSIS) s.r.l. con quattro assegni di complessivi Euro 410.000,00 aventi come beneficiario proprio la (OMISSIS).
I giudici di merito hanno sottolineato che conferma della vicenda si trae proprio dalla fittizia cessione di un immobile dalla societa’ (OMISSIS) alla (OMISSIS) s.r.l. nel 2006, cessione che determino’ per quest’ultima l’acquisizione di un credito i.v.a. di 300.000 Euro per la Penta e, per quest’ultima, per effetto dello storno parziale del prezzo pattuito (Euro 1.440.000 rispetto agli Euro 1.800.00 di corrispettivo), la sicura acquisizione – perche’ annotata delle scritture contabili della somma di Euro 360.000,00 che figura come acconto.
Il ricorrente torna ad osservare che quest’ultimo importo non coincide con la somma di Euro 410.000, ma trascura di considerare che la traccia contabile della prima somma, derivante proprio da un rapporto negoziale con (OMISSIS) s.r.l., rappresenta una mera conferma delle dichiarazioni del (OMISSIS), che indicano con esattezza l’ammontare della distrazione.
E su tale profilo si registra, ancora una volta, il silenzio del ricorrente.
2. Anche il secondo motivo e’ inammissibile, per manifesta infondatezza e genericita’.
Richiamato quanto osservato supra a proposito della struttura del reato di bancarotta distrattiva e del significato che, rispetto ad esso, puo’ assumere l’esistenza di un gruppo di imprese, deve solo aggiungersi, con riferimento a censure ulteriori: a) che, nella valutazione della concretezza del pericolo per le ragioni creditorie, il dato temporale rappresenta uno dei criteri di valutazione da combinare, evidentemente, con le caratteristiche dell’atto dispositivo; b) che, pertanto, seguendo l’ordine delle critiche, la liquidazione delle quote del (OMISSIS) si e’ tradotta, a voler seguire la prospettazione difensiva che individua tale causale nell’esborso di Euro 684.530,35, in una distrazione di somme ingenti a favore della (OMISSIS) s.r.l., ormai cancellata dal registro dell’imprese, secondo la collocazione cronologica emergente dalla sentenza di primo grado, ossia tra l’agosto 2006 e il marzo 2007 (e cio’ restringe significativamente la distanza dall’epoca della dichiarazione di fallimento: e cio’ senza dire che, sempre dalla sentenza di primo grado, emerge che la concreta operativita’ della (OMISSIS) s.r.l. si era arrestata nella seconda meta’ del 2006); c) che lo stesso ricorrente ammette che analoghi riferimenti temporali valgono per il pagamento di stipendi e contributi assicurativi dei dipendenti di altre societa’ (nel capo di imputazione, l’importo di tali distrazioni e’ quantificato in circa Euro 600.000); d) che in termini meramente asserviti – e smentiti da quanto rilevato supra sub 1 – il ricorrente indica in soli Euro 70.000,00 l’importo delle spese personali.
Altre critiche attengono agli apporti derivanti da varie operazioni, enunciate in termini assertivi e che avrebbero recato “utili notevolissimi” alle societa’ del gruppo. Ma proprio questo generico riferimento rende palese la non concludenza dei rilievi persino sul piano astratto, giacche’ il ricorrente avrebbe dovuto indicare quale concreto vantaggio e’ derivato alla societa’ pregiudicata dal singolo atto distrattivo.
Ulteriore censura investe la contestazione sub D2, che concerne il fallimento della (OMISSIS) s.r.l..
Al riguardo, si osserva che il delitto di cui all’articolo 223, comma 2, n. 1, l. fall. si consuma nel momento in cui la commissione di uno dei fatti ivi indicati (nel caso di specie, quello previsto dall’articolo 2621 cod. civ.) cagiona o concorre a cagionare il dissesto gia’ in atto della societa’ (v., di recente, a tale proposito, Sez. 5, n. 29885 del 09/05/2017, Merlo, Rv. 270877).
In tale prospettiva sono inconferenti, gia’ sul piano astratto, le considerazioni dedicate dal ricorrente al ruolo che, nel fallimento della (OMISSIS) s.r.l., ebbe a giocare l’acquisizione della (OMISSIS) s.p.a., in quanto la fattispecie incriminatrice non sanziona solo la condotta che si ponga come causa esclusiva del dissesto, ma anche la commissione di fatti che concorrono a cagionare il dissesto.
Ne discende che le critiche del ricorrente – invece del tutto assenti – avrebbero dovuto essere indirizzate nei confronti della idoneita’ causale, ritenuta sussistente dai giudici di merito, della iscrizione, all’attivo dello stato patrimoniale, di Euro 1.500.000,00, corrispondente ad un inesistente valore di marchi e brevetti, e di Euro 800.000,00, corrispondenti ad un inesistente valore di macchinari, ossia di dati ragionevolmente ritenuti in grado di rappresentare la societa’ (che aveva chiuso i bilanci dal 2002 al 2004 sempre in perdita) come in espansione e in grado di finanziarsi senza ricorrere al credito bancario.
3. Il terzo motivo e’ inammissibile per manifesta infondatezza e genericita’.
Senza ritornare sui profili generali gia’ esaminati supra sub 1, va solo ribadito: a) che l’accertamento di un nesso di causalita’ e’ richiesto dal legislatore con riguardo alla fattispecie di cui all’articolo 223, comma 2, n. 2, l. fall., non con riferimento alla bancarotta fraudolenta per distrazione; b) che, pertanto, del tutto irrilevante diviene il tema della acquisizione della (OMISSIS) s.p.a.; c) che la collocazione cronologica delle distrazioni e’ stata ponderata dai giudici di merito, considerando l’entita’ delle stesse e l’evidente assenza di qualunque giustificazione delle operazioni.
Un cenno va dedicato alla operazione genericamente indicata in ricorso come di cessione di credito infragruppo, che afferma, in termini meramente assertivi, l’inesigibilita’ del credito di (OMISSIS) s.r.l. verso (OMISSIS) s.r.l. ceduto a (OMISSIS) s.r.l., a fronte di operazioni fittizie.
4. Il quarto motivo e’ inammissibile per genericita’.
Esso concerne la distrazione dell’argento di cui al capo B1 e il suo esame presuppone anche quanto detto supra sub 1, a proposito di alcune critiche svolte in quella sede dal ricorrente.
Per il resto, il ricorrente reitera prospettazioni difensive che, nella migliore delle ipotesi, si traducono nella aspirazione ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, inammissibile in sede di legittimita’.
Al riguardo, occorre considerare: a) che le dichiarazioni della teste (OMISSIS), che ha riferito di ordini a lei impartiti da (OMISSIS) o da (OMISSIS) sono state razionalmente ritenute inidonee ad escludere la responsabilita’ dell’ (OMISSIS), logicamente fondata sul ruolo dominante della societa’ (che assertivamente il ricorrente minimizza nei termini di un mero apporto tecnico, senza indicare in quali atti processuali riposerebbe tale conclusione “chiaramente messa in luce” dall’intera indagine) e sul fatto che il metallo mancante era contabilmente imputato a societa’ riferibili al medesimo (OMISSIS); b) che le dichiarazioni del teste (OMISSIS) – al di la’ dei profili di inattendibilita’ sui quali indugia la sentenza di primo grado – sono smentite da quelle del (OMISSIS); c) che, infine, del tutto generiche, perche’ isolate dal contesto argomentativo della sentenza impugnata, sono le restanti considerazioni, relative alla deposizione della teste (OMISSIS).
5. Il quinto motivo e’ inammissibile, in quanto la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita’ del giudice di merito, che la esercita, cosi’ come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 cod. pen.; ne discende che e’ inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita’ della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), cio’ che nel caso di specie – non ricorre.
Inoltre, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita’ quando, come nella specie, non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la piu’ idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931).
6. In sede di discussione il difensore dell’ (OMISSIS) ha rilevato l’intervenuta prescrizione del reato di cui al capo C.
Al riguardo, deve, tuttavia, osservarsi: a) che l’affermazione di responsabilita’ in relazione a tale fattispecie non e’ stata oggetto di ricorso, con la conseguenza che, in ragione della autonomia dei rapporti processuali, e’ precluso ogni rilievo della prescrizione; b) in ogni caso, tale rilievo non sarebbe consentito, attesa l’inammissibilita’ del ricorso, per le ragioni indicate infra sub 11.
7. I primi due motivi del ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS), esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, sono inammissibili, per manifesta infondatezza e assenza di specificita’.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficolta’ superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, n. 45174 del 22/05/2015, Faragona, Rv. 265682).
Poiche’ viene in questione la bancarotta documentale che scaturisce dalle concrete modalita’ di tenuta delle scritture contabili, e’, del resto, evidente che e’ sufficiente il dolo generico, costituito dalla consapevolezza nell’agente che la confusa tenuta della contabilita’ potra’ rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volonta’ di impedire quella ricostruzione (Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013 – dep. 03/02/2014, Manfredini, Rv. 258881; v., di recente, anche Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi, Rv. 271753).
In tale cornice di riferimento, appare evidente che la ricostruibilita’ del meccanismo di triangolazione sottostante all’emissione di fatture per operazioni inesistenti – al quale il (OMISSIS) ha partecipato in termini incontestati – sarebbe stata resa possibile, anche secondo il ricorso, per effetto di un esame incrociato della contabilita’, ossia attraverso un confronto dei documenti di piu’ societa’.
E, tuttavia, tale deduzione rappresenta proprio la conferma della sussistenza del reato, dal momento che la ricostruzione aliunde della documentazione non esclude la bancarotta fraudolenta documentale, atteso che la necessita’ di acquisire presso terzi la documentazione costituisce la riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era inidonea a rendere percepibile la reale rappresentazione del patrimonio o del movimento di affari della societa’ (Sez. 5, n. 2809 del 12/11/2014 – dep. 21/01/2015, Ronchese, Rv. 262588).
Solo per completezza, deve aggiungersi che la situazione, accertata dalla curatela fallimentare per effetto delle dichiarazioni dell’ (OMISSIS) e dei dipendenti della (OMISSIS) s.p.a., non era affatto stata regolarizzata prima della dichiarazione di fallimento (e, infatti, le curatrici avevano dovuto operare rettifiche in bilancio per oltre sei milioni di Euro).
Tale conclusione della sentenza impugnata rende del tutto prive di conducenza le osservazioni svolte nel secondo motivo.
D’altra parte, le attivita’ contabili che il (OMISSIS) avrebbe svolto con riferimento alle societa’ a lui riferibili, oltre ad essere genericamente dedotte, sono irrilevanti, una volta che si discuta del contributo fornito dall’imputato in relazione al ruolo fattuale svolto nella (OMISSIS) s.p.a..
Per altro verso, la scrittura del 02/12/2008, per come riportata nell’atto di appello allegato al ricorso, indica soltanto un procedimento da svolgersi in contraddittorio tra i contraenti, al fine di arrivare ad una “parificazione dei conti”, per poi determinare i saldi attivi e passivi. Si tratta di espressioni talmente generiche da non consentire di cogliere alcuna condotta concretamente idonea a condurre alla regolarizzazione delle scritture contabili della societa’ fallita.
8. Inammissibile e’ il terzo motivo del medesimo ricorso, giacche’, anche in relazione al reato di bancarotta documentale, assume rilievo la gravita’ del danno correlato alla condotta posta in essere.
Per il resto, va ribadito quanto osservato supra sub 5.
9. Il primo e il secondo motivo del ricorso proposto dal (OMISSIS), esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione logica, sono inammissibili, in quanto l’assorbente riferimento all’assenza di elementi idonei a sorreggere una prognosi favorevole (evidentemente da leggere in correlazione col dato sostanziale delle precedenti condanne inutilmente sofferte), e’ criticato in termini privi di qualunque specificita’.
10. L’inammissibilita’ del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata il 07/01/2017 (al netto di eventuali sospensioni) successivamente alla data (06/12/2016) della sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).
11. Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del (OMISSIS) e’ inammissibile per le medesime ragioni gia’ esposte analizzando la posizione del (OMISSIS), con le ulteriori puntualizzazioni: a) che la registrazione delle operazioni di emissione di false fatture era tutt’altro che neutra, se ha comportato rettifiche per oltre sei milioni di Euro, ed e’ stata ricostruita solo attraverso l’audizione di testi; b) che la posizione del primo e’ caratterizzata anche dal ruolo di presidente del collegio sindacale e dalla frenetica attivita’ di integrazione con firme false dei verbali dai quali emergerebbero le segnalazioni che sarebbero state rivolte all’organo amministrativo; c) che in ogni caso – e la considerazione ha carattere assorbente – siffatte attivita’ sono del tutto genericamente indicate in ricorso, senza alcun concreto riferimento agli atti processuali dai quali esse si desumerebbero.
12. Il secondo motivo del medesimo ricorso e’ inammissibile, giacche’ del tutto razionalmente la Corte territoriale ha valorizzato la gravita’ delle condotte di occultamento della realta’ economica della societa’ e del pregiudizio provocato ai creditori.
13. Alla pronuncia di inammissibilita’ consegue, ex articolo 616 cod. proc. pen., la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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