Sussiste un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tra il giudizio amministrativo sulla validità del decreto di esproprio e sulle conseguenti domande di restituzioni o risarcimento, e il giudizio civile sulla determinazione dell’indennità, il quale presuppone il decreto di esproprio quale condizione dell’azione, rinvenendo nel primo il processo pregiudicante e nel secondo il processo pregiudicato, con conseguente sospensione necessaria di quest’ultimo ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
Sentenza 14 novembre 2017, n. 5237
Data udienza 26 ottobre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7128 del 2008, proposto da Gu. Ma. Be. e Gu. Ro. Gu., rappresentate e difese dagli avvocati Fr. Sc. e Ca. Va., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ca. Va. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pi. Al. e Va. Zi., con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria – n. 248 del 12 maggio 2008, resa tra le parti, concernente risarcimento danni da occupazione abusiva.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2017 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati F. Sc. e V. Zi.
FATTO e DIRITTO
1. La presente controversia concerne un terreno oggetto di procedura ablativa da parte del Comune di (omissis) per la costruzione di un campo sportivo, di proprietà della signora Es. di Fr., dante causa delle signore Ma. Be. Gu. e Ro. Gu. Gu. (d’ora in poi, signore Gu.).
2. Nel 1979 (delibera C.C. 3 dicembre 1979, n. 134) il Comune dichiarò la pubblica utilità ed indifferibilità dell’opera e, ai sensi dell’art. 13, l. n. 2359 del 1865, fissò in quattro anni dalla data della delibera il termine (3 dicembre 1983) per il completamento dei lavori e delle espropriazioni.
2.1. L’occupazione di urgenza fu autorizzata (decreto 24 marzo 1980, n. 2) per cinque anni dall’immissione in possesso (in data 18 aprile 1980).
2.2. Il decreto di esproprio intervenne in data 9 aprile 1986.
2.3. Il Comune, con delibera della Giunta Municipale del 31 dicembre 1982, ratificata con delibera del Consiglio Comunale del 1° dicembre 1986, n. 433, prorogò di quattro anni, decorrenti dalle rispettive scadenze, i termini per il compimento della procedura espropriativa e la realizzazione del campo sportivo.
3. Nel 2007, trascorsi circa 21 anni dalla emanazione del decreto di esproprio, le aventi causa della proprietaria adirono il T.a.r.; invocarono la disapplicazione del decreto in questione per essere stato emesso oltre il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, non trovando applicazione le proroghe legislative concernenti i termini delle occupazioni; chiesero il risarcimento del danno per equivalente da perdita della proprietà, così delimitando nel corso del giudizio (memoria del 12 aprile 2007) l’originaria domanda anche di riduzione in pristino, e l’indennità da occupazione illegittima.
3.1. Con motivi aggiunti impugnarono le delibere comunali di proroga dei termini, prodotte successivamente in giudizio dalla controparte.
4. Il T.a.r. per la Calabria, con la sentenza n. 248 del 12 maggio 2008, ha così statuito:
a) preliminarmente ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo e disatteso la richiesta di sospensione necessaria del giudizio, ex art. 295 c.p.c., avanzata dal Comune in riferimento alla contemporanea pendenza del giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di esproprio, perché: I) è assente il rapporto di pregiudizialità logico-giuridica del giudizio pendente dinanzi al giudice ordinario; II) esiste, piuttosto, la pregiudizialità del presente giudizio, atteso che l’annullamento o la disapplicazione del decreto di esproprio di cui si controverte renderebbe improcedibile il giudizio di opposizione alla stima (tale capi non sono stati impugnati e sono coperti dalla forza del giudicato interno);
b) ha escluso – non condividendo la tesi delle ricorrenti, contrastante con le posizioni già espresse dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, v. sentenze n. 8 del 2002 e n. 4 del 2003, ancorché fondata sulla giurisprudenza della Cassazione civile – che il decreto di esproprio, in tesi emesso fuori termine, sarebbe stato emanato in “carenza di potere in concreto” e, quindi, sarebbe disapplicabile (anche tale capo non è stato impugnato);
c) ha qualificato la domanda proposta in giudizio come annullatoria – in quanto i termini, ex art. 13 cit., per l’emanazione del decreto di esproprio, configurano un precetto posto dalla legge all’amministrazione pubblica al fine di porre un vincolo alla discrezionalità dei suoi poteri e la sua inosservanza va qualificata come violazione di legge, ossia come vizio di legittimità dell’atto amministrativo – e, conseguentemente, ha stabilito che il vizio riscontrato debba farsi valere negli ordinari termini decadenziali; in assenza di impugnazione tempestiva del decreto di esproprio emesso fuori termine, resta escluso che possa essere considerato altro che un atto illegittimo divenuto inoppugnabile, con conseguente divieto di disapplicazione da parte del giudice amministrativo (anche tale capo non è stato impugnato);
d) ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti avverso le delibere comunali di proroga per difetto di interesse, atteso che dall’annullamento degli stessi le ricorrenti non trarrebbero alcuna utilità non avendo impugnato tempestivamente il decreto di esproprio (anche tale capo non è stato impugnato);
e) ha respinto la domanda di risarcimento del danno per equivalente monetario ricusando l’applicabilità della tesi incentrata sulla inesistenza della c.d. “pregiudizialità amministrativa”, facendo proprio l’indirizzo espresso dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenze n. 4 del 2003 e 12 del 2007), secondo il quale la tutela risarcitoria è ammessa solo se sia stata esperita con successo quella demolitoria, risultando altrimenti insindacabile la legittimità dell’atto e, quindi, non dimostrata l’antigiuridicità della condotta ai fini dell’art. 2043 c.c.
5. Avverso la suddetta sentenza le signore Gu. hanno proposto appello (notificato in data 27 agosto 2008).
[…segue pagina successiva]
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