In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo, l’interessato deve fornire la dimostrazione del vantaggio compensativo per il gruppo.
Sentenza 17 ottobre 2017, n. 47834
Data udienza 5 luglio 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUNO Paolo Antoni – Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. CATENA Rossell – rel. Consigliere
Dott. MICHELI Paolo – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/06/2016 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ROBERTO AMATORE;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. SALZANO FRANCESCO che ha concluso per il rigetto;
Il difensore presente sviluppa gli argomenti a sostegno della richiesta di annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa dal G.u.p. del Tribunale di Milano in data 10.3.2010, ha assolto il predetto imputato dal reato di bancarotta impropria documentale perche’ il fatto non sussiste e, concesse le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante di cui alla L. Fall., articolo 219, comma 2, n. 1, ha rideterminato la pena in complessivi anni 1 e 4 mesi di reclusione, confermando, dunque, nel resto la sentenza di condanna dello (OMISSIS) per il diverso reato di bancarotta impropria distrattiva.
Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua impugnativa a quattro motivi di doglianza.
1.1 Denunzia il ricorrente, con il primo motivo, violazione di legge ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 223 e 216 L.F. in riferimento alla ritenuta integrazione dell’elemento oggettivo del reato di bancarotta impropria patrimoniale.
Ricorda la difesa del ricorrente che il fulcro fattuale – intorno al quale ruotava l’intera vicenda ancora oggi sub iudice e sul quale e’ costruita la ipotesi delittuosa contestata – e’ rappresentato dal contratto di “vendita della piattaforma e fornitura di servizi ad essa relativi”, giacche’ lo stesso avrebbe rappresentato, secondo l’ipotesi accusatoria accolta anche da parte della corte meneghina, lo strumento attraverso il quale sarebbe stata consumata la distrazione del controvalore pari ad Euro 1.970.000 pari ai servizi offerti a (OMISSIS) e (OMISSIS), con la ulteriore omissione nella emissione delle fatture e nel pagamento dei corrispettivi, senza una adeguata ragione economica giustificatrice. Osserva sempre la difesa che in realta’ le decisioni di condanna affermate dai due giudici di merito si fondavano su rationes decidendi evidentemente diverse, atteso che, per un verso, il G.u.p. aveva costruito la condotta contestata come una condotta omissiva diretta alla mancata riscossione di crediti esigibili dalla fallenda nei confronti delle predette societa’ facenti parte di un unico gruppo societario controllato dall’imputato e che, per altro, la Corte distrettuale aveva invece riscontrato nelle condotte dello (OMISSIS) gli estremi di una condotta attiva, concretizzatasi nell’utilizzo di risorse per prestare dei servizi alla societa’ controllante gia’ sapendo che i conseguenti crediti cosi’ maturati non sarebbero mai stati pagati.
Osserva ancora la difesa come in realta’ la Corte di merito avesse qualificato la contestata bancarotta patrimoniale come dissipativa, a differenza della precedente qualificazione di distrazione, e che tuttavia tale qualificazione cozzava irrimediabilmente contro gli insegnamenti della Suprema Corte per i quali e’ rintracciabile una condotta dissipativa solo allorquando la condotta stessa si ponga in contrasto ed in rapporto di estraneita’ rispetto agli scopi della societa’ debitrice; che, invero, la stipulazione del predetto contratto di vendita con la societa’ controllante sopra ricordata (e attraverso il quale si sarebbe realizzata la dedotta dissipazione dei beni aziendali) non era affatto estraneo agli scopi sociali e dunque non era ontologicamente riscontrabile una bancarotta dissipativa.
1.2 Con il secondo motivo si deduce la mancanza di motivazione in ordine alla destinazione, estranea agli scopi dell’impresa, impressa dall’imputato alle risorse sociali.
1.3 Con il terzo motivo si deduce la violazione ed erronea applicazione dell’articolo 2634 c.c., comma 3, in relazione all’affermata non applicabilita’ della sussistenza dei vantaggi compensantivi infragruppo. Si osserva, anche sulla scorta della giurisprudenza di legittimita’, che – pur essendo condivisibile che la mera presenza di un gruppo societario non legittima, per se’ solo, qualsivoglia condotta di asservimento di una societa’ all’interesse delle altre societa’ del gruppo – tuttavia la motivazione impugnata si sarebbe limitata ad affermare la mancanza della prova dei predetti vantaggi compensativi laddove invece la complessa operazione posta in essere dalla societa’ capogruppo (OMISSIS), con i suoi prestigiosi partner stranieri, evidenziava invece l’intenzione di tale societa’ diretta al salvataggio di tutte le societa’ del gruppo e dunque anche della societa’ fallita, controllata dalla prima, e cio’ anche in considerazione, da un lato, della circostanza che la mancata emissione delle fatture da parte della societa’ fallenda non dimostrava affatto l’originaria intenzione di non esigere i crediti ventati nei confronti della capogruppo ma piuttosto l’intenzione di non generare un ulteriore credito erariale per l’Iva in mancanza della ricezione del corrispettivo della prestazione offerta e, dall’altro, del fatto che, comunque, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 6 consente la emissione della fattura anche al momento del pagamento del corrispettivo. Peraltro, osserva ulteriormente la difesa – sempre come dimostrazione della intenzione originaria dell’amministratore di riscotere i predetti crediti infragruppo – l’imputato aveva correttamente provveduto alla iscrizione in bilancio degli stessi, con cio’ sconfessando la diversa ed alternativa ricostruzione operata dai giudice del gravame. Conclude pertanto la difesa dell’imputato come, nel caso di specie, il vantaggio compensantivo per la societa’ controllata poi fallita si sarebbe concretizzato in realta’ nella sua stessa sopravvivenza, e cio’ anche in considerazione che il progetto tecnologico “shark” poteva essere commercializzato e veicolato all’estero solo attraverso l’iniziativa della societa’ capogruppo la cui esistenza sarebbe stata messa a repentaglio qualora la fallita avesse reclamato immediatamente il pagamento del corrispettivo pattuito.
1.4 Con il quarto motivo si censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione sempre alla L. Fall., articoli 223 e 216 per la ritenuta sussistenza del dolo.
[…segue pagina successiva]
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