L’ordinario ricorso alla violenza nei confronti di un minore, anche se animato dalla intenzione di educarlo, non rientra nella fattispecie di abuso dei mezzi di correzione ma in quella più grave di maltrattamenti.

CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE
SENTENZA 7 settembre 2017, n.40959

Pres. Ippolito – est. D’Arcangelo
Ritenuto in fatto
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in riforma della ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Calabria in data 23 novembre 2016, ha sostituito la misura coercitiva degli arresti domiciliari con quella interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio per la durata di dodici mesi nei confronti di D.G. , insegnante presso la Scuola Materna (omissis) , gravemente indiziata, in concorso con la collega R.G. , del delitto di maltrattamenti in famiglia posto in essere ai danni degli alunni minorenni alla medesima affidati.
2. L’avv. Francesco Calabrese, difensore della D. , ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento, deducendo tre motivi e, segnatamente:
– la violazione di legge in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. e, segnatamente, la totale carenza di motivazione dell’ordinanza impugnata, che si era limitata a replicare le argomentazioni già espresse dal Giudice per le indagini preliminari nel titolo genetico senza argomentare in ordine alle censure mosse dalla difesa;
– la violazione dell’art. 572 cod. pen., atteso che il Tribunale del riesame di Reggio Calabria non aveva verificato se l’indagata fosse o meno mossa da un personale animus corrigendi ed aveva omesso di motivare in ordine alla idoneità della condotta della persona sottoposta ad indagine ad integrare tale delitto e non già quello di abuso di mezzi di correzione o di disciplina;
– la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari in quanto la già intervenuta sospensione dal servizio dell’indagata disposta dall’Ufficio Scolastico Regionale per la (…) aveva eliso ogni pericolo di recidiva ed il procedimento disciplinare era stato sospeso sino all’esito del processo penale.
Considerato in diritto
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto i motivi nello stesso dedotti si rivelano manifestamente infondati.
2. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione di legge in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. e, segnatamente, la integrale carenza di motivazione dell’ordinanza impugnata, che si era limitata a replicare le argomentazioni già espresse dal Giudice per le indagini preliminari nel titolo genetico, senza argomentare in ordine alle censure formulate dalla difesa in ordine alla carenza della connotazione della abitualità nelle condotte della indagata.
La ordinanza impugnata aveva, inoltre, obliterato la doverosa distinzione tra le condotte attribuite alla D. ed alla R. , violando il principio della personalità della responsabilità penale, tanto più in una situazione nella quale la distinzione tra i contegni attribuiti ai diversi concorrenti avrebbe potuto consentire di addivenire ad una più blanda qualificazione giuridica, se non addirittura al riconoscimento della loro irrilevanza penale.
Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, inoltre, non aveva verificato la sussistenza per ciascuna condotta addebitata alla ricorrente di tutti gli elementi costitutivi del delitto di maltrattamenti in famiglia, sia nella componente materiale, che in quella psicologica.
2.1. La censura si rivela, invero, generica e non scalfisce la logicità e la correttezza giuridica della trama motivazionale della ordinanza impugnata.

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