L’art. 54, comma 1, lett. g) C.d.S., correlato all’elencazione contenuta nell’art. 203, comma 2 regolamento al codice, nell’indicare i presupposti necessari per il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’Iva e alla deduzione dei costi prevede che sono autoveicoli per uso speciale i “veicoli caratterizzati dall’essere muniti permanentemente di speciali attrezzature e destinati prevalentemente al trasporto proprio. Su tali veicoli è consentito il trasporto del personale e dei materiali connessi col ciclo operativo delle attrezzature e di persone e cose connesse alla destinazione d’uso delle attrezzature stesse”. La norma agevolatrice, attribuendo rilevanza ai fini delle agevolazioni fiscali all’installazione permanente delle attrezzature montate per rendere il veicolo ad uso ufficio, rende irrilevante la eventuale situazione psicologica di buona fede dell’utilizzatore, ma, in relazione alla lettera e alla ratio del beneficio, prende in esame la condizione oggettiva del veicolo
Corte di Cassazione
sez. Tributaria
ordinanza 20 giugno – 6 ottobre 2017, n. 23362
Presidente Bielli – Relatore Novik
Svolgimento del processo
1. La Commissione Tributaria Regionale dell’UMBRIA (di seguito, CTR), con sentenza 27/01/09 del 17 settembre 2009 rigettava l’appello presentato dalla società Centrale Metano Foligno S.r.l. (di seguito, la società verificata) avverso la sentenza del 24 maggio 2007 della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia (di seguito, CTP), compensando le spese. Il giudice di appello premetteva che: a) l’Agenzia delle Entrate (di seguito, l’Agenzia) aveva emesso avviso di accertamento per l’anno di imposta 2003 con cui aveva proceduto alla rettifica della dichiarazione dei redditi, recuperando a tassazione i costi indebitamente dedotti e l’Iva indebitamente detratta in relazione Ad un veicolo immatricolato come auto aziendale ad uso speciale ufficio; b) la società verificata aveva impugnato l’avviso di accertamento affermando di aver acquistato il veicolo ad uso ufficio, che era stato come tale immatricolato, e di averlo impiegato ad uso aziendale. Su queste premesse la CTR motivava il rigetto dell’appello con i seguenti rilievi: a) il veicolo non possedeva fin dall’origine le caratteristiche previste dalla legge per essere impiegato “ad uso speciale ufficio”; b) i veicoli adibiti a tale uso dovevano essere dotati di una attrezzatura permanente che li identificasse come tali; c) il veicolo acquistato dalla società verificata, di cui non era discussa l’inerenza all’esercizio dell’attività d’impresa, non aveva queste caratteristiche in quanto il kit di cui la vettura era dotata era rimovibile; d) l’immatricolazione ad uso ufficio era illegittima e il veicolo non aveva le caratteristiche che legittimavano la detraibilità dell’IVA.
2. Avverso questa sentenza ricorre per cassazione la società verificata sulla base di due motivi, cui l’Agenzia resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 54, comma 1, lett. g) e art. 75 C.d.S., art. 203 relativo regolamento, L. n. 212 del 2000, art. 10, art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c.. Secondo la società verificata, che riporta la risoluzione 12.11.2001 n. 179/E del Ministero delle Finanze, era inconsistente il richiamo al requisito della rimovibilità o meno del dispositivo (Kit) ai fini della deducibilità dei costi e della detraibilità dell’IVA. I benefici fiscali erano collegati soltanto all’effettiva utilizzazione del veicolo ad uso ufficio, e, avendo la CTR riconosciuto che l’autovettura era stata acquistata in buona fede dalla società, corredata dalle certificazioni omologative rilasciate dall’ufficio competente, avrebbe dovuto dare la prova della inidoneità del kit montato a rendere il veicolo ad “uso speciale ufficio”.
1.2. Il secondo motivo censura l’omessa motivazione di fatti decisivi e controversi in relazione alla documentazione pubblica che corredava l’autovettura e la mancata valutazione del procedimento penale pendente innanzi all’A.G. di Bologna, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Il veicolo era stato dotato fin dall’origine del kit necessario a renderlo ad uso speciale ufficio e l’amministrazione non aveva mai annullato le certificazioni omologative o riclassificato il veicolo. La CTR aveva fatto riferimento ad atti facenti parte di una indagine penale che non aveva coinvolto la società verificata. Il principio dell’autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale imponeva una autonoma ricostruzione della vicenda. Rileva che altra sentenza resa dalla CTR di Perugia in vicenda analoga aveva annullato l’accertamento tributario.
2. I motivi di ricorso sono infondati, nei sensi qui di seguito indicati ed il ricorso va, perciò, rigettato.
2.1. In ordine alla prima doglianza si osserva che l’art. 54, comma 1, lett. g) C.d.S., correlato all’elencazione contenuta nell’art. 203, comma 2 regolamento al codice, nell’indicare i presupposti necessari per il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’Iva e alla deduzione dei costi prevede che sono autoveicoli per uso speciale i “veicoli caratterizzati dall’essere muniti permanentemente di speciali attrezzature e destinati prevalentemente al trasporto proprio. Su tali veicoli è consentito il trasporto del personale e dei materiali connessi col ciclo operativo delle attrezzature e di persone e cose connesse alla destinazione d’uso delle attrezzature stesse”. La norma agevolatrice, attribuendo rilevanza ai fini delle agevolazioni fiscali all’installazione permanente delle attrezzature montate per rendere il veicolo ad uso ufficio, rende irrilevante la eventuale situazione psicologica di buona fede dell’utilizzatore, ma, in relazione alla lettera e alla ratio del beneficio, prende in esame la condizione oggettiva del veicolo. Non merita censura quindi sotto il profilo dell’interpretazione e applicazione delle norme la sentenza della CTR che ha ritenuto che l’installazione di un kit removibile non aveva il carattere della permanenza richiesto dall’art. 54 cit. per l’applicazione delle agevolazioni fiscali. La giurisprudenza della Corte ha chiarito che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Non è, infine, ravvisabile alcuna violazione dell’onere della prova, considerato che la rimovibilità del kit non era mai stata contestata.
2.2. Anche la seconda censura è infondata. La CTR ha dato atto che la rimovibilità del kit risultava dalle indagini della GdF che erano state ritenute sufficienti dall’Agenzia e trasfuse nel l’avviso di accertamento in rettifica. La sentenza ha quindi ritenuto l’inesistenza dei presupposti applicativi dell’agevolazione e ha disapplicato il provvedimento omologativo emesso dalla Motorizzazione Civile, siccome contra legem. Dal canto suo, la società verificata non indica quali elementi di giudizio siano stati pretermessi dalla CTR, nè contesta che le speciali attrezzature installate a bordo del veicolo erano rimovibili.
La soccombenza della ricorrente ne comporta la condanna al pagamento delle spese in favore della controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a versare all’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 2.200 per compensi oltre spese prenotate a debito.
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