Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 11 luglio 2017, n. 33797

Nel caso in cui il titolo cautelare riguardi i reati indicati nell’articolo 275 cpp la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari deve ritenersi salvo prova contraria integrare i caratteri di attualità e concretezza del pericolo

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV penale

sentenza 11 luglio 2017, n. 33797

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente

Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro – rel. Consigliere

Dott. CENCI Daniele – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA;

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 17/02/2017 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. CENCI Daniele;

Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.

Udito il difensore l’avvocato (OMISSIS) del Foro di Roma chiede il rigetto della impugnazione del P.M..

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale per il riesame di Roma, adito ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., il 17 febbraio 2017, per quanto in questa sede rileva, ha annullato l’ordinanza con la quale il G.i.p. del Tribunale di Roma il 15 novembre 2016 aveva applicato la custodia cautelare in carcere – anche – nei confronti di (OMISSIS), indagato per i reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo A) e articolo 73 (capi Y-bis, E-ter ed F-ter).

2. Ha, in particolare, ritenuto il Tribunale sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati contestati ad (OMISSIS) (pp. 5-8 e 10-11 dell’ordinanza impugnata), ma insussistenti le esigenze cautelari, in quanto non vi sarebbe prova, nonostante la contestazione “aperta” (capo A: “dall’ottobre 2014 ad oggi”), della protrazione della condotta dell’indagato oltre il mese di aprile 2015 ed inoltre a carico di (OMISSIS) vi sarebbe un unico precedente, per la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, risalente nel tempo all’anno 2008 (pp. 11-15 dell’ordinanza impugnata) Ha ritenuto, in particolare, il Collegio di Roma che l’innovazione apportata al testo dell’articolo 274 c.p.p. dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, avrebbe “normativizzato” la necessaria sussistenza dei requisiti di concretezza e di attualita’ del pericolo di reiterazione, con particolare riferimento al decorso del tempo dal fatto, e inoltre che, anche con riferimento alla presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, “In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in relazione a condotte risalenti nel tempo, la sussistenza delle esigenze cautelari deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualita’; cio’ in quanto per tale fattispecie associativa, qualificata unicamente dai reati fine, non puo’ essere applicata la regola di esperienza valida per le associazioni di tipo mafioso, della tendenziale stabilita’ del sodalizio, in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo”, come affermato da Sez. 3, n. 17110 del 19/01/2016, Schiariti, Rv. 267160 e, in conformita’, da Sez. 6, n. 1406 del 02/12/2015, dep. 2016, Rubini, Rv. 265917, e da Sez. 6, n. 44129 del 22/10/2015, Vitali, Rv. 265457 (v. specc. pp. 13-14 dell’ordinanza impugnata).

3. Ricorre tempestivamente per la cassazione dell’ordinanza impugnata il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Roma che denunzia, come unico motivo, violazione di legge, cioe’ dell’articolo 275 c.p.p., comma 3, norma che pone – anche – per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 la doppia presunzione, di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere per fronteggiare le stesse, presunzione che – secondo il P.M. – non sarebbe stata scalfita dall’entrata in vigore della L. n. 47 del 2015.

Richiamata al riguardo giurisprudenza di legittimita’ stimata pertinente (Sez. 3, n. 33051 del 03/08/2016, Barra e altri, Rv. 268664, secondo cui “La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, e’ prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’articolo 274 c.p.p.; ne consegue che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’articolo 275 c.p.p., comma 3, detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualita’ e concretezza del pericolo.”), parte ricorrente domanda l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

4. Con due memorie difensive, depositate il 21 aprile 2017 e l’11 maggio 2107, la difesa di (OMISSIS) si e’ opposta all’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Pubblico Ministero e’ fondato e deve essere accolto.

Si rileva, in effetti, come sottolineato anche dal Procuratore generale della S.C. nell’udienza camerale, un errore di diritto del giudicante di merito, che ha ritenuto, in buona sostanza, la presunzione, sia pure relativa, posta dall’articolo 275 c.p.p., comma 3, per i reati richiamati dall’articolo 51 c.p.p., comma 3-bis, tra i quali, appunto, la partecipazione ad associazione finalizzata al narcotraffico, se non gia’ superata, comunque, in qualche modo “intaccata” dalla nuova formulazione dell’articolo 274 c.p.p., in tema di esigenze cautelari, quale risultante dopo l’entrata in vigore della L. n. 47 del 2015.

Tale assunto e’, tuttavia, incondivisibile.

Quanto all’aspetto del decorso del tempo e della sua significativita’ in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, infatti, non ha tenuto adeguatamente conto il Tribunale di Roma della previsione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, terzo periodo, che prevede – anche – per la contestazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, richiamato dall’articolo 51 c.p.p., comma 3-bis, una duplice presunzione, per quanto attenuata e relativa, sia di sussistenza delle esigenze cautelari sia di indispensabilita’ della custodia in carcere, testualmente specificando, poi, “salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure”.

Cio’ posto, il Collegio non ignora – e, anzi, condivide e fa proprio l’orientamento, al quale aderisce anche il Tribunale di Roma (p. 13 dell’ordinanza impugnata), che e’ espressione dei canoni fondanti dell’ordinamento, secondo il quale “In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in relazione a condotte risalenti nel tempo, la sussistenza delle esigenze cautelari deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualita’; cio’ in quanto per tale fattispecie associativa, qualificata unicamente dai reati fine, non puo’ essere applicata la regola di esperienza valida per le associazioni di tipo mafioso, della tendenziale stabilita’ del sodalizio, in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo” (cosi’ Sez. 3, n. 17110 del 19/01/2016, Schiariti, Rv. 267160; in conformita’, cfr. Sez. 3, n. 23367 del 17/12/2015, dep. 2016, Marzoli, Rv. 267341; Sez. 6, n. 1406 del 02/12/2015, dep. 2016, Rubini, Rv. 265917; Sez. 6, n. 44129 del 22/10/2015, Vitali, Rv. 265457; Sez. 4, n. 26570 del 11/06/2015, Flora, Rv. 263871), rispetto al quale si impone, tuttavia, nel caso in esame, il seguente, necessario, passaggio ulteriore: ferma la indiscutibile maggiore pervasivita’ e pericolosita’ del fenomeno mafioso, non soltanto nessun elemento dimostra l’essere venute meno le esigenze cautelari (relativamente) presunte quanto alla posizione di (OMISSIS), ma inoltre, accanto alla contestazione apicale a carico dell’indagato, sottolineata dal P.M. di di Roma nel proprio ricorso, si registra, secondo le informazioni che si traggono dalla stessa ordinanza impugnata (v. p. 14), la presenza di un precedente specifico per droga, ancorche’ risalente nel tempo, a carico dell’indagato.

Non corretto risulta, allora, entro tale cornice fattuale, il ragionamento svolto dai giudici di merito circa il ritenuto superamento, nel caso di specie, delle presunzioni (relative) di pericolosita’ e di, correlativa, adeguatezza della custodia in carcere, dovendosi al riguardo confermare l’interpretazione del rapporto esistente tra articolo 274 c.p.p. ed articolo 275 c.p.p., comma 3, gia’ fatta propria da Sez. 3, n. 33051 del 03/08/2016, Barra e altri, in motivazione (sub n. 3.2. del “considerato in diritto”), ove si e’, persuasivamente, puntualizzato quanto segue:

“Va, inoltre, evidenziato che il titolo cautelare concerne altresi’ l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (…); ebbene, in ordine a tale reato e’ sancita anche la “doppia” presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza, prevista dall’articolo 275 c.p.p., comma 3, (ribadisce la duplice dimensione della presunzione Corte Cost., n. 231 del 22/07/2011, proprio a proposito dell’associazione finalizzata al narcotraffico, laddove parla, con riferimento alla disciplina precedente alla declaratoria di parziale illegittimita’ costituzionale pronunciata con la stessa sentenza, di “una duplice presunzione: relativa, quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari; assoluta, quanto alla scelta della misura, reputando il legislatore adeguata, ove la presunzione relativa non risulti vinta, unicamente la custodia cautelare in carcere, senza alcuna possibile alternativa” (§ 3.1.).

In tale ipotesi, dunque, e’ la stessa presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, salvo “prova contraria”, sancita dall’articolo 275 c.p.p., comma 3, a fondare un giudizio, formulato in astratto ed ex ante dal legislatore, di attualita’ e concretezza del pericolo; tale, cioe’, da fondare una valutazione di costante ed invariabile pericolo “cautelare”, salvo “prova contraria”.

L”antinomia’ tra l’articolo 275 c.p.p., comma 3 e articolo 274 c.p.p., non puo’ essere risolta, interpretativamente, in favore della prevalenza della seconda norma, che e’ generale, laddove la prima norma, che sancisce la presunzione relativa, e’ speciale; secondo il tradizionale criterio interpretativo cronologico lex specialis derogat legi generali, lex posterior generalis non derogat priori speciali, dunque, la presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, sia nella dimensione della “sussistenza delle esigenze cautelari”, sia nella dimensione della “adeguatezza della custodia in carcere”, deve ritenersi prevalente sulla norma di cui all’articolo 274 c.p.p., nel senso che l’ “attualita’” e la “concretezza” delle esigenze cautelari deve intendersi, salvo “prova contraria”, insita proprio nel giudizio di astratta e costante “pericolosita’ cautelare” formulato ex ante dal legislatore.

Di conseguenza, nel caso in cui il titolo cautelare riguardi i reati indicati nell’articolo 275 c.p.p., comma 3, (tra i quali l’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico), la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari deve ritenersi, salvo “prova contraria” (recte, salvo che emergano elementi di segno contrario), integrare i caratteri di attualita’ e concretezza del pericolo”.

2. Facendo applicazione del principio richiamato, discende, di necessita’, la pronunzia in dispositivo: il Tribunale di Roma valutera’, nella propria autonomia giurisdizionale, approfonditi tutti i dati di fatto a disposizione, si vi siano o meno ragioni per derogare alla regola di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma.

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