Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 13 luglio 2017, n. 3442

Il peso da attribuire nella valutazione complessiva della professionalità del magistrato al precedente disciplinare è rimesso alla esclusiva competenza del Consiglio (superiore della magistratura: n.d.e., sulla base di valutazioni “di carattere eminentemente discrezionali operate dall’Organo di autogoverno”, sindacabili in sede giurisdizionale amministrativa di legittimità solo “per vizi logici di contraddittorietà e di illogicità.

Consiglio di Stato

sezione V 

sentenza 13 luglio 2017, n. 3442

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3325 del 2016, proposto da:

El. Ta., rappresentata e difesa dagli avvocati Ro. Ri. e Fr. Pa., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, viale (…)

contro

Ministero della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura, rispettivamente in persona del ministro in carica e del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, Sez. I quater, n. 720/2016, resa tra le parti, concernente la delibera del Consiglio superiore della magistratura di diniego di riconoscimento del conseguimento della IV valutazione di professionalità del magistrato.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Consiglio superiore della magistratura;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Ro. Ri. e An. Ve., dell’Avvocatura generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio la d.ssa El. Ta., magistrato ordinario, impugnava il giudizio “non positivo” reso dal Consiglio superiore della Magistratura in occasione della quarta valutazione di professionalità svolta nei suoi confronti per il quadriennio dall’8 luglio 2007 all’8 luglio 2011 e il conseguente mancato riconoscimento della relativa qualifica (delibera dell’organo di autogoverno in data in data 13 novembre 2013), unitamente all’atto di recepimento ministeriale (decreto del Ministro della Giustizia del 26 novembre 2013, ai sensi dell’art. 11, comma 15, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 – Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a Norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della Legge 25 luglio 2005, n. 150).

2. Il giudizio non positivo era fondato sul parametro della diligenza. Il Consiglio superiore riteneva decisivo a questo fine il precedente disciplinare a carico della d.ssa Ta., mai valutato in occasione di precedenti valutazioni di professionalità, consistente nella sentenza della propria sezione competente n. 124 del 21 luglio 2010, con cui al magistrato era stata inflitta la sanzione dell’ammonimento per ritardi nei depositi delle sentenze civili in materia di lavoro (in numero di 270, con ritardi di oltre 1.000 giorni in 151 casi e un ritardo massimo di 2.387), oltre a 4 sentenze civili monocratiche (ritardi compresi tra 1.559 e 2.001 giorni).

3.. Nel proprio ricorso la d.ssa Ta. formulava censure dirette a contestare il rilievo “assolutizzante” attribuito dal Consiglio superiore a fini valutativi al precedente disciplinare, e il fatto che l’organo di autogoverno si era discostato sul punto dal prodromico parere del Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di Firenze. La ricorrente si doleva in particolare che tale condanna fosse stata valutata benché relativa a fatti non compresi nel quadriennio oggetto di giudizio, ma riferiti ad un periodo di tempo estendentesi fino al novembre 2004, mentre con specifico riguardo al parametro della diligenza nel periodo in valutazione non erano state rilevate criticità.

4. Con la sentenza in epigrafe il tribunale adito respingeva il ricorso.

In sintesi, il giudice di primo grado rilevava che:

– i precedenti disciplinari sono valutabili in sede di giudizio di professionalità, ex art. 11 d.lgs. n. 160 del 2006, quali elementi che concorrono “a delineare in modo complessivo la professionalità” del magistrato, a prescindere dalla loro mancata considerazione in sede di rilascio del parere del competente Consiglio giudiziario, come nel caso di specie;

– sebbene relativo a fatti antecedenti al quadriennio in valutazione, la condanna disciplinare era intervenuta nel corso di quest’ultimo, per cui nel caso di specie non si pone “un problema di ultrattività degli effetti della sanzione irrogata”;

– il peso da attribuire nella valutazione complessiva della professionalità del magistrato al precedente disciplinare è rimesso “alla esclusiva competenza del Consiglio (superiore della magistratura: n. d.e.)”, sulla base di valutazioni “di carattere eminentemente discrezionali operate dall’Organo di autogoverno”, sindacabili in sede giurisdizionale amministrativa di legittimità solo “per vizi logici di contraddittorietà e di illogicità (sic)”, non ravvisabili nel caso di specie.

5. Per la riforma della sentenza di primo grado la d.ssa Ta. ha proposto appello.

6. Dopo il rinvio dell’udienza del 12 gennaio 2017 al 22 giugno 2017, al fine di verificare la valida instaurazione del contraddittorio, all’udienza pubblica del 22 giugno 2017 la causa è stata trattenuta in giudizio, essendosi nelle more il Consiglio superiore della magistratura e il Ministero della giustizia costituiti in giudizio.

DIRITTO

1. La costituzione in giudizio del Ministero della giustizia e del Consiglio superiore della magistratura, avvenuta il 17 giugno 2017, consente di superare la questione della regolare instaurazione del contraddittorio nel presente grado d’appello, ragione per la quale l’udienza di discussione del 12 gennaio 2017 era stata rinviata al 22 giugno 2017.

2. Peraltro la documentazione depositata in giudizio dalla d.ssa Ta. in seguito al rinvio ha consentito anche di accertare che le notifiche degli appelli erano andate a buon fine.

L’appellante ha infatti depositato la distinta di recapito degli utenti con registro personalizzato di Poste Italiane s.p.a., con timbro di ricezione dell’Avvocatura generale dello Stato in data 26 aprile 2016, recante un elenco numerico di raccomandate con avviso di ricevimento. In questo elenco figurano anche le raccomandate nn. 76692327778-5 e 76692327776-3, le cui ricevute di spedizione sono allegate all’appello, indirizzate rispettivamente al Ministero e al Consiglio superiore, presso la medesima avvocatura.

3. Da questa documentazione si ricava, da un lato, che l’appello è stato validamente notificato e che pertanto esso è esaminabile nel merito, e dall’altro lato che la costituzione delle amministrazioni competenti è tardiva rispetto ai termini per il deposito degli scritti conclusionali ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm. – perché avvenuta il 17 giugno 2017, a fronte di un’udienza fissata per il 22 del medesimo mese – per cui le argomentazioni ivi contenute non possono essere esaminate.

Peraltro, le stesse amministrazioni avrebbero potuto svolgere difese orali alla citata udienza, stante il carattere ordinatorio dei termini di costituzione nel giudizio amministrativo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2013, n. 5), ma nondimeno si sono rimesse in decisione nei preliminari.

4. Passando all’esame dell’appello, con il primo motivo la d.ssa Ta. sostiene che i limiti di sindacato giurisdizionale nei confronti degli atti del Consiglio superiore della magistratura tracciati dal tribunale amministrativo nella sentenza impugnata sarebbero contrari al principio di effettività della tutela giurisdizionale sancito dall’art. 1 cod. proc. amm., oltre che privi di base normativa. L’appellante sottolinea che gli unici limiti di diritto positivo sono relativi al giudizio di ottemperanza (si citano al riguardo le novità introdotte con riguardo al conferimento degli incarichi direttivi in magistratura ordinaria dall’art. 2 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari; e in sede di legge di conversione, 11 agosto 2014, n. 114), mentre l’attività di valutazione dei magistrati demandata all’organo di autogoverno non è qualificabile come discrezionale “poiché nel nostro diritto amministrativo ciò attiene tradizionalmente alla valutazione e ponderazione di interessi”.

Questa errata premessa – conclude la d.ssa Ta. – avrebbe indotto il Tribunale amministrativo ad un atteggiamento di self restraint nei confronti della delibera impugnata.

5. Con il secondo motivo d’appello l’originaria ricorrente ripropone la censura di violazione dell’art. 11, comma 8, d.lgs. n. 160 del 2006, secondo cui il Consiglio superiore della magistratura procede alla valutazione di professionalità “sulla base del parere espresso dal consiglio giudiziario”. La d.ssa Ta. assume violata questa disposizione dell’ordinamento giudiziario nella misura in cui l’organo di autogoverno ha valutato il precedente disciplinare a proprio carico, che invece non era stato oggetto del prodromico parere del consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di Firenze (parere in data 22 novembre 2012). L’appellante soggiunge che per effetto di ciò il Consiglio superiore avrebbe emesso una decisione “a sorpresa”, vietata espressamente dalla circolare dello stesso organo di autogoverno in materia (circolare n. 20691 dell’8 ottobre 2007).

6. Con il terzo motivo d’appello la d.ssa Ta. censura la sentenza di primo grado per avere attribuito rilievo alla condanna disciplinare in ragione dell’epoca in cui essa è stata emessa e per avere invece trascurato che lo stesso Consiglio superiore aveva rilevato che i ritardi nel deposito delle sentenze, oggetto di incolpazione, erano tutti relativi al periodo dal 1999 al 2004, estraneo a quello in valutazione. Quindi, premesso che “il profilo rilevante della vicenda” è il peso da attribuire alla condanna in questione, l’appellante ribadisce al riguardo che essa “non poteva condurre di per se ad una valutazione di professionalità non positiva soltanto perché non era stato precedentemente considerato”.

7. Secondo la d.ssa Ta. in questo modo verrebbe inoltre introdotto un automatismo a fini valutativi che avrebbe reso il giudizio di professionalità finale motivato in modo insufficiente solo su questo elemento. Sul punto è richiamato il precedente di questo Consiglio di Stato costituito dalla sentenza della IV Sezione n. 4397 del 21 settembre 2015, in cui è stato ritenuto irragionevole e sproporzionata il rilievo indiscriminato di precedenti disciplinari risalenti nel tempo e non più indicativi dell’attuale personalità del magistrato. Quindi, la d.ssa Ta. evidenzia a questo fine che il periodo oggetto di valutazione ai fini del riconoscimento della quarta valutazione di professionalità non è stato oggetto di alcun rilievo critico nel citato parere del consiglio giudiziario, né tanto meno dal Consiglio superiore in sede di giudizio finale, con la sola eccezione della condanna disciplinare e dei suoi riflessi in ordine al parametro della diligenza.

8. L’errore dell’organo di autogoverno sarebbe dunque consistito – secondo l’originaria ricorrente – nel valutare “come ex se prevalente” un fatto estraneo rispetto al quadriennio in valutazione, in cui non sono emerse altre criticità nei confronti del magistrato; fatto, peraltro, che avrebbe potuto essere conosciuto in precedenza e che è per giunta maturato in una situazione di obiettiva sofferenza organizzativa dell’ufficio giudiziario in cui i ritardi nel deposito delle sentenze sono maturati.

9. Il terzo motivo d’appello è fondato ed assorbente.

10. Deve premettersi che nella delibera impugnata il Consiglio superiore, dopo avere esaminato il parere del consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di Firenze, positivo sotto tutti i parametri di valutazione, e il precedente disciplinare da cui la d.ssa Ta. risulta gravata, passa a formulare il proprio giudizio finale.

Sul punto, viene dato innanzitutto atto che “il periodo oggetto di valutazione non è stato caratterizzato da alcuna criticità” e si specifica a questo riguardo che la condanna in sede disciplinare è riferita a fatti “tutti collocabili nel periodo compreso tra il 1999 e il 2004”. Tuttavia, il Consiglio superiore rileva che i ritardi per i quali l’odierna appellante è stata sanzionata non sono mai stati oggetto di precedenti valutazioni di professionalità (e non avrebbero potuto esserlo, data l’epoca cui risale la condanna pronunciata dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura) e perviene alla conclusione che tale valutazione deve essere svolta “in questa sede, al fine di esprimere un compiuto giudizio sulla professionalità del magistrato”.

11. Su questo specifico punto l’organo di autogoverno esclude che sia praticabile la soluzione contraria. Ciò sulla base delle seguenti considerazioni: “verrebbero ingiustificatamente esclusi dall’ambito della valutazione di professionalità tutti i comportamenti del magistrato posti in essere nel periodo in valutazione ed accertati in sede disciplinare in epoca successiva al quadriennio oggetto di valutazione di professionalità, ma non conosciuti o conoscibili dal Consiglio Superiore della Magistratura al momento in cui ha espresso il giudizio per la progressione in carriera del magistrato”.

Nel ribadire questa presa di posizione, il Consiglio superiore evidenzia poi che la tesi dell’irrilevanza del precedente disciplinare in ragione del fatto che esso non è riconducibile temporalmente al periodo oggetto di valutazione di professionalità “determinerebbe il risultato paradossale che alcuni comportamenti rilevanti” a questi fini “rimarrebbero definitivamente sottratti al sindacato del CSM”.

12. Sennonché, il ragionamento del Consiglio superiore può essere rovesciato sulla base della considerazione che è irragionevole che nell’ambito di un quadriennio in cui lo stesso organo di autogoverno ha riscontrato l’assenza di criticità sotto ogni parametro di valutazione della d.ssa Tarquindi, nondimeno lo stesso magistrato sia giudicato non positivo sotto il profilo della diligenza per ritardi non commessi in questo periodo temporale e che, dunque, non esprimono più il suo effettivo profilo professionale.

13. L’argomento utilizzato dal Consiglio superiore è quindi illogico ed assume connotati para-sanzionatori estranei agli aspetti di (pur complessiva) valutazione professionale che vengono in rilievo nella presente fattispecie contenziosa.

L’organo di autogoverno si limita infatti a constatare che questa occasione è la prima in cui potere apprezzare sul piano della professionalità il precedente disciplinare. Tuttavia, come dedotto dall’appellante, in questo modo si attribuisce rilievo assoluto a tale condanna, benché la stessa non corrisponda più al livello di diligenza espresso dal magistrato nel periodo in valutazione. Il giudizio finale risulta dunque asincrono rispetto a quest’ultimo.

14. Inoltre, come puntualmente dedotto nell’appello, in questo modo si introduce un automatismo estraneo alla logica del nuovo ordinamento della carriera della magistratura, di cui la periodicità delle valutazioni di professionalità ex art. 11 d.lgs. n. 160 del 2006 costituisce un elemento caratterizzante.

15. Pertanto, oltre che illogica la motivazione del giudizio risulta anche inficiata da contraddittorietà e difetto di presupposti, nella misura in cui eleva a unico profilo rilevante l’epoca in cui la condanna disciplinare è stata pronunciata.

Da un lato si svaluta infatti la circostanza, invece decisiva a fini valutativi, che i fatti per i quali la medesima condanna è stata emessa non hanno alcuna attinenza con il quadriennio in considerazione. Dall’altro lato si perviene a contraddire il riscontro operato dallo stesso Consiglio superiore che nel medesimo periodo temporale la d.ssa Ta. non ha fatto registrare nessuna criticità con riguardo in generale al parametro della diligenza ed in relazione allo specifico indicatore dei tempi di deposito dei provvedimenti giurisdizionali.

16. L’esito finale è quindi una sorta di bis in idem del precedente disciplinare, in nome di una pretesa esigenza di ristabilire la giustizia del caso concreto estranea alla funzione valutativa. Ciò è dimostrato dal rilievo assolutizzante che il Consiglio superiore è costretto ad attribuire alla condanna disciplinare, come “prima volta buona” per addebitare al magistrato l’illecito disciplinare anche sotto il profilo del giudizio di professionalità, a prescindere dalla resa del medesimo nel quadriennio in valutazione.

In questo modo tale giudizio finisce quindi per dipendere da un elemento del tutto erratico – i tempi di avvio e definizione del procedimento disciplinare – e per giunta si addossano al magistrato ritardi occorsi in quest’ultima sede (nel caso di specie l’avvio risale al 2009) a lui in alcun modo imputabili.

17. In base alle considerazioni da ultimo svolte non può essere condiviso il ragionamento del tribunale volto ad annettere rilevanza all’epoca in cui è stata pronunciata la condanna disciplinare e l’inesistenza di questioni di ultrattività degli effetti della stessa.

Deve infatti ribadirsi che ai fini del giudizio di professionalità del magistrato ai sensi dell’art. 11 d.lgs. n. 160 del 2006 più volte richiamato non è rilevante l’epoca in cui la condanna disciplinare è stata emessa, poiché essa dipende dall’impulso degli organi preposti. Lo è per contro l’epoca cui si riferiscono i fatti oggetto di incolpazione a carico del magistrato medesimo.

18. Il Consiglio superiore è quindi certamente legittimato a valutare tali fatti, ma solo nei limiti in cui gli stessi si collochino nel periodo in valutazione, perché il compito che la citata disposizione di ordinamento giudiziario assegna è quello di svolgere tale attività nei confronti di ogni magistrato per “ogni quadriennio a decorrere dalla data di nomina fino al superamento della settima valutazione di professionalità” (art. 11, comma 1) e non già di esprimere un “compiuto giudizio sulla professionalità del magistrato” (così la delibera impugnata).

19. Va quindi ridimensionato l’ulteriore rilievo del giudice di primo grado secondo cui il peso da attribuire nella valutazione complessiva della professionalità del magistrato al precedente disciplinare è rimesso alla esclusiva competenza del Consiglio superiore della magistratura, sulla base di valutazioni discrezionali.

20. Certamente tali valutazioni sono discrezionali, perché sono espressive di una facoltà di apprezzamento del profilo professionale del magistrato sotto tutti i profili di valutazione previsti dalla legge e dalla normativa di emanazione consiliare (in particolare la citata circolare n. 20691 dell’8 ottobre 2007). Ma nel nostro ordinamento giuridico e nel sistema di tutela nei confronti degli atti della pubblica amministrazione delineato dalla Costituzione (artt. 24 e 113) la discrezionalità è sindacabile “a mezzo del canone parametrico dell’eccesso di potere” (Cass., SS.UU., 5 ottobre 2015, n. 19787, relativa anch’essa ad una delibera del Consiglio superiore della magistratura). Ed in particolare questo sindacato è ammesso attraverso le figure sintomatiche “della motivazione insufficiente, dell’errore di fatto, dell’ingiustizia grave e manifesta, della contraddittorietà interna ed esterna (…), nonché, più radicalmente, dello sviamento di potere…” (così ancora la sentenza della Suprema Corte ora richiamata; in senso analogo: Cass., SS.UU., 8 marzo 2012, n. 3622).

21. Per contro, in base alla giurisprudenza di legittimità ora richiamata – che questa Sezione condivide – il sindacato in questione non si può estendere alla scelta tra diverse possibili opzioni valutative legittime, il cui coefficiente più o meno ampio di opinabilità le colloca nel merito dell’attività amministrativa.

Tuttavia, la delibera consiliare impugnata nel presente giudizio è risultata illegittima perché non ha superato il vaglio sintomatico poc’anzi descritto, ma è risultata inficiata dai profili di eccesso di potere per motivazione illogica, contraddittorietà e difetto dei presupposti sopra esposti.

22. Per queste considerazioni l’appello deve essere accolto. In riforma della sentenza di primo grado deve pertanto essere accolto il ricorso della d.ssa Ta. ed annullati gli atti con esso impugnati.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso della d.ssa El. Ta. ed annulla gli atti impugnati.

Condanna il Ministero della giustizia e il Consiglio superiore della magistratura, in solido tra loro, a rifondere alla ricorrente le spese del doppio grado di giudizio, liquidate in complessivi € 6.000,00 (seimila), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli – Presidente

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere, Estensore

Raffaele Prosperi – Consigliere

Alessandro Maggio – Consigliere

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