Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 30 marzo 2017, n. 1465

 

 Nel caso di ricorso proposto avverso il giudizio di anomalia dell’offerta il giudice amministrativo può pertanto sindacare le valutazioni compiute dall’Amministrazione sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell’istruttoria, ma non può effettuare autonomamente la verifica della congruità dell’offerta presentata e delle sue singole voci, sostituendo così la sua valutazione al giudizio formulato dall’organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell’interesse pubblico nell’apprezzamento del caso concreto. Sotto altro profilo, la verifica delle offerte anomale non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma mira, invece, ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque, se sia o meno in grado di offrire serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 30 marzo 2017, n. 1465

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4110 del 2016, proposto da:

So. Az. Ge. Ae. To. – S.A. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati En. So., ed altri, con domicilio eletto presso lo studio Enr. So. in Roma, via (…);

contro

Al. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Ro. In. e Ma. Pr., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Pr. in Roma, via (…);

Si. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Pr. e Ro. In., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Pr. in Roma, via (…);

nei confronti di

In. Se. Se. Vi. – I.S. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Pa. Ma., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…)2;

Te. Vi. S.p.a., non costituita in giudizio;

Ci. De. S.r.l., non costituita in giudizio;

nonché sul ricorso in appello numero di registro generale 5833 del 2016, proposto da:

In. Se. Se. Vi. – I.S. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Ma. e Lu. Va., con domicilio eletto presso lo studio Pa. Ma. in Roma, viale (…);

contro

Al. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Ro. In. e Ma. Pr., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Pr. in Roma, via (…);

Si. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Pr. e Ro. In., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Pr. in Roma, via (…);

So. Az. Ge. Ae. To. – S.A. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati En. So., ed altri, con domicilio eletto presso lo studio En. So. in Roma, via (…);

Te. Vi. Spa, non costituita in giudizio;

Ci. De. S.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

sia quanto al ricorso n. 5833 del 2016, sia quanto al ricorso n. 4110 del 2016:

della sentenza del T.a.r. Piemonte – Torino, Sezione I, n. 00677/2016, resa tra le parti, depositata il 13 maggio 2016, concernente l’aggiudicazione del servizio di controllo sicurezza di passeggeri e bagagli nell’Aeroporto di Torino per quarantasei mesi;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle imprese Al. S.p.a. e Si. S.p.a., della In. Se. Se. Vi. – I.S. S.p.a. e della So. Az. Ge. Ae. To. – Sa. S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2017 il Cons. Paolo Troiano e uditi per le parti gli avvocati So., In. e Ma.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.1.Con ricorso proposto dinanzi al T.a.r. per il Piemonte le imprese Al. S.p.a. e Si. S.p.a. (nel prosieguo Al. e Si.) chiedevano l’annullamento dell’atto 2 novembre 2015, prot. 2015/2435, di aggiudicazione in favore dell’impresa In. Se. Se. Vi. – I.S. S.p.a. (nel prosieguo IS.) del servizio di controllo di sicurezza di passeggeri e bagagli nell’Aeroporto di Torino per “quarantasei mesi”; nonché: dell’avviso di aggiudicazione 2 novembre 2015, prot. 2015/2437; della lettera di aggiudicazione 2 novembre 2015, prot. 2015/2436; dei verbali di gara e del “verbale di verifica offerte anormalmente basse congruità dell’offerta”; oltre agli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, inclusi il bando, il capitolato d’appalto e il disciplinare, l’atto di nomina della Commissione di gara 16 settembre 2015, prot. 2015/2071, l’atto di nomina della Commissione tecnica 17 settembre 2015, prot. 2015/2072, il verbale del Consiglio di amministrazione di SA. 23 luglio 2015 n. 8 e tutti gli atti successivamente adottati, anche non noti alle ricorrenti.

In particolare, le società Al. e Si., in quanto costituende in raggruppamento temporaneo di imprese, impugnavano gli atti relativi alla gara ad evidenza pubblica, bandita nel 2015 dalla So. Az. Ge. Ae. To.- S.A. s.p.a. (nel prosieguo SA.), per l’affidamento del predetto servizio, gara per la quale era stato stabilito il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, esponendo che la gara, dopo apposita verifica della non anomalia di alcune delle offerte presentate, si era conclusa con l’aggiudicazione in favore della IS., prima classificata con il punteggio complessivo di 97,82 punti, mentre il raggruppamento delle ricorrenti si era piazzato al terzo posto con 89,68 punti, alle spalle del raggruppamento secondo classificato formato dalle imprese Te. Vi. s.p.a. e Ci. De. s.r.l. con punteggio di 94,26 punti. Le ricorrenti domandavano l’annullamento, previa sospensione cautelare, degli atti impugnati, argomentando in via principale l’illegittimità dell’ammissione in gara delle prime due concorrenti in graduatoria (ciò, sia per vizi inerenti ai necessari requisiti soggettivi di partecipazione, sia per allegata anomalia delle offerte di entrambe le controinteressate a causa del mancato rispetto del costo orario della manodopera) per ottenere l’affidamento in loro favore (con domanda di caducazione del contratto di appalto eventualmente stipulato, insieme alla condanna dell’amministrazione aggiudicatrice in forma specifica o, in subordine, per equivalente), ed in via subordinata sollevando alcuni vizi di legittimità afferenti alla nomina della commissione di gara, in vista del soddisfacimento del proprio interesse strumentale alla ripetizione della procedura.

Si costituivano in giudizio la SA. e la controinteressata IS., entrambe depositando documenti e chiedendo, previa articolata disamina delle avversarie censure, il rigetto del gravame.

Con la sentenza appellata il tribunale adito accoglieva il ricorso giudicandolo fondato con riguardo sia alla censura concernente l’oggettiva non idoneità dell’offerta avanzata dall’aggiudicataria IS. (primo motivo), sia alla censura (di cui al quarto motivo) sul giudizio di non anomalia riguardante i ribassi offerti dalle prime due classificate rispetto all’importo del costo orario medio del lavoro indicato nella lex specialis per i servizi di controllo di sicurezza (ciò, pur a prescindere dagli ulteriori profili sulla “anomalia” dedotti tardivamente ed irritualmente dalle ricorrenti con la memoria depositata il 26 marzo 2016), mentre respingeva tutti i restanti motivi di ricorso.

In particolare, quanto al primo motivo, il T.a.r. ha precisato che emergeva dagli atti che l’affitto del ramo di azienda, che garantiva all’aggiudicataria i necessari requisiti soggettivi di partecipazione (su tutti, il possesso della necessaria autorizzazione di polizia per l’esercizio dell’attività di vigilanza anche sul territorio della Regione Piemonte: cfr., al riguardo, l’autorizzazione prefettizia prot. n. 117933, del 24 aprile 2015 – doc. n. 37 delle ricorrenti – rilasciata proprio in virtù di quell’affitto), aveva una durata contrattuale fissata non oltre il 17 novembre 2018, mentre era pacifico che la durata dell’appalto andava oltre tale termine; sulla base di tale premessa ha concluso che, pertanto, l’impresa avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, non avendo fornito alla stazione appaltante la garanzia di poter effettivamente disporre, per tutta la durata dell’appalto, dei mezzi e/o delle risorse necessari all’esecuzione della commessa, messi a disposizione dall’impresa terza (cfr. Corte di Giustizia CE, sez. V, sent. 2 dicembre 1999, causa C-176/98, Holst Italia).

Quanto alla censura sul giudizio di anomalia, è stato ricordato che, secondo la giurisprudenza amministrativa, pur se – di regola – lo scostamento dal costo del lavoro, rispetto ai valori ricavabili dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi, non può comportare di per sé un giudizio di anomalia dell’offerta, era tuttavia ammissibile un sindacato del giudice amministrativo sulla congruità complessiva dell’offerta qualora emerga una discordanza considerevole e palesemente ingiustificata (cfr., tra le tante, di recente: Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 854 del 2016; Id., sez. III, sent. n. 5597 del 2015; TAR Piemonte, questa I sez., sent. n. 197 del 2015) e che, nel caso di specie, era la stessa lex specialis a stabilire (art. 10.4, penultimo comma, del capitolato) l’impegno dell’appaltatore di “assorbire, nei limiti organizzativi richiesti dal servizio e dal presente Capitolato, il personale adibito ai Servizi stessi dal precedente Affidatario, come risultante dall’elenco fornito in sede di gara, secondo le disposizioni di legge o contrattuali applicabili”, con ciò peraltro rinviando ad analoga norma del contratto collettivo di settore (il quale, all’art. 24, tutela la “salvaguardia occupazionale delle guardie giurate” nelle ipotesi dei cambi di appalto: doc. n. 18 delle ricorrenti). In relazione a tali premesse il giudice di prime cure ha ritenuto che costituiva nella specie preciso obbligo dell’aggiudicatario quello di garantire al personale uscente lo stesso livello salariale già goduto, nella specie pacificamente pari ad euro 19,34 orari (come indicato dall’impresa uscente, nonché ricorrente in primo grado, all’interno dei propri documenti giustificativi sull’offerta presentata: doc. n. 7c delle ricorrenti). Nella sentenza è stato altresì considerato, al riguardo, che l’impresa prima classificata (IS.), nelle proprie giustificazioni (doc. n. 7a delle ricorrenti in primo grado) aveva indicato in euro 18,25 il costo orario totale (medio) per la manodopera, al contempo precisando che avrebbe mantenuto “circa 60 risorse” già impiegate dall’impresa uscente, “integrate ed affiancate da un nucleo aggiuntivo di 40 unità” e che il costo medio orario da lei offerto “è quindi determinato dal costo medio ponderato dalle risorse già impegnate nell’appalto, e dal costo medio ponderato delle risorse già in organico della IS.”; mentre, quanto al raggruppamento di imprese secondo classificato, il costo medio orario per la manodopera, era stato indicato in misura di poco superiore agli euro 17,00 orari (cfr. la tabella riepilogativa, suddivisa per le singole qualifiche, sub doc. n. 17b delle ricorrenti in primo grado), senza peraltro alcuna indicazione in ordine alla salvaguardia delle risorse già occupate. E’ stato poi ricordato che la stazione appaltante aveva ritenuto congrue queste voci di costo, riconducendone la differenza rispetto alle tabelle ministeriali “al diverso utilizzo degli istituti previsti dal CCNL di settore e dalle disposizioni di legge applicabili”, quindi richiamando, sul punto, le giustificazioni fornite dalle singole concorrenti.

In relazione a tale premesse ha concluso il primo Giudice che “…tuttavia, in tal modo, con riguardo anzitutto all’offerta dell’impresa aggiudicataria (la IS. s.p.a.), anche a voler ammettere il rispetto del livello salariale già goduto per le 60 unità di lavoratori da riassorbire (ossia euro 19,34), per le altre 40 unità si avrebbe un costo del lavoro enormemente più basso (stimato dalle ricorrenti in euro 12,69 orari, dato non contestato dalle controparti) e nettamente inferiore ai minimi tabellari (che stimano, per il livello retributivo più basso di categoria, euro 14,49 orari: doc. n. 18 delle ricorrenti), come tale non compensabile per effetto di un mero e non circostanziato richiamo alle “specificità” dell’organizzazione aziendale e del servizio da rendere (sul punto, in particolare, le giustificazioni presentate dalla controinteressata si riferiscono anche ad eventi, come malattie, infortuni e maternità, i quali non rientrano nella disponibilità dell’impresa e che necessiterebbero pertanto non solo di una rigorosa dimostrazione circa l’effettivo andamento storico di siffatti eventi ma anche di una stima prudenziale, elementi tuttavia non rinvenibili nel caso di specie: cfr., analogamente, TAR Toscana, sez. I, sent. n. 1656 del 2015); che, con riguardo al raggruppamento di imprese secondo classificato, l’offerta ha indicato un costo orario medio ancora più basso, senza neanche il riferimento alle risorse già occupate da riassorbire (e senza, quindi, indicazioni sull’effettivo rispetto dei salari già goduti), a nulla potendo giovare il generico (anche qui) richiamo a “condizioni di particolare favore o eventuali maggiori oneri” di cui le imprese in questione potevano beneficiare anche per effetto di una affermata (ma non adeguatamente dimostrata) “attenta selezione e gestione delle risorse umane” (cfr., in particolare, la nota di giustificazioni del 15 ottobre 2015: sub doc. n. 7b delle ricorrenti); che queste considerazioni, nel tradursi in un evidente vizio di illogicità del complessivo giudizio di non anomalia condotto dalla stazione appaltante con riguardo ad entrambe le offerte (e, quindi, nel determinare la sicura ammissibilità della relativa censura, per ciò solo utilmente sindacabile dal giudice amministrativo), determinano la fondatezza della censura in esame per manifesta violazione del costo orario minimo del lavoro; che, di conseguenza, per effetto dei riscontrati vizi di legittimità, dalla procedura de qua avrebbero dovuto essere escluse sia l’offerta della prima classificata (per mancanza di un necessario requisito soggettivo e, comunque, per anomalia dell’offerta) sia l’offerta del raggruppamento secondo classificato (per anomalia dell’offerta)”.

Per l’effetto la sentenza appellata: ha annullato il provvedimento di aggiudicazione del 2 novembre 2015 nonché, per le parti di interesse delle ricorrenti, i verbali di gara e quelli di verifica dell’anomalia delle offerte; ha dichiarato l’inefficacia del contratto di appalto già stipulato con l’impresa aggiudicataria, con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza; ha disposto il risarcimento in forma specifica “in favore del raggruppamento formato dalle imprese ricorrenti, raggruppamento che dovrà quindi essere individuato quale nuovo aggiudicatario della commessa per cui è causa, con conseguente stipula del nuovo contratto di appalto”.

1.2. Con il ricorso n. 4110 del 2016 la SA. ha proposto appello avverso la predetta sentenza, chiedendone la riforma per i seguenti motivi:

1) Error in judicando rispetto al primo motivo di ricorso dedotto in primo grado da Al. e accolto dal T.a.r.

Si deduce che la IS., diversamente da quanto ritenuto dal primo Giudice, ha partecipato alla gara senza avvalersi di requisiti di terzi soggetti, né tanto meno avvalendosi del ramo d’azienda di SE., disponendo quale impresa singola di autonoma autorizzazione prefettizia a operare nella Provincia di Torino rilasciata ai sensi dell’art. 134 T.U.L.P.S. Si aggiunge, inoltre, che il requisito del possesso dell’autorizzazione di polizia costituisce un requisito di idoneità professionale, da possedere e dimostrare al momento della partecipazione alla gara, salva la possibilità di rinnovo dell’atto abilitativo in corso di durata del rapporto. Si lamenta, infine, che, anche ove la Prefettura avesse rilasciato l’autorizzazione per il territorio piemontese in ragione della sussistenza di un contratto di affitto di ramo di azienda tra IS. e l’impresa SE., comunque alla scadenza del contratto IS. potrebbe comunque continuare ad operare in Piemonte qualora “acquisti l’azienda di SE. ovvero maturi in proprio i requisiti per ottenere l’autorizzazione prefettizia”.

2) Error in judicando rispetto al quarto motivo di ricorso dedotto in primo grado da Al. e accolto dal T.a.r.; violazione degli artt. 4 e 5, Allegato E, della l. 2248/1865.

2.1) Deduce l’appellante che, nella denegata ipotesi in cui avesse correttamente ritenuto illogico e carente sotto il profilo della relativa istruttoria il giudizio di anomalia condotto da SA., il T.a.r. si sarebbe dovuto limitare ad annullare l’aggiudicazione, consentendo così a SA. di emendare l’eventuale vizio e di giungere ad un nuovo giudizio di congruità, senza disporre la stipula del nuovo contratto d’appalto in favore delle ricorrenti in primo grado, in quanto, in caso di inadeguatezza della verifica di congruità, non deve essere disposta l’esclusione dell’offerta sospetta di anomalia, ma solo la regressione della procedura alla fase di verifica dell’anomalia.

2.2) Si lamenta, infine, che la sentenza impugnata è viziata anche laddove ha ritenuto che le offerte IS. e TE. fossero incongrue. Il giudice di prime cure avrebbe confuso i concetti di livello salariale e quello di costo orario del servizio, mentre gli euro 19,34 orari indicati da Al. non costituiscono il livello salariale minimo che deve essere garantito alle guardie giurate, bensì il costo complessivo del lavoro che l’impresa Al. ha storicamente e complessivamente sostenuto per garantire il servizio. Il T.a.r., infatti, non avrebbe considerato che il costo del personale, a parità di retribuzione salariale, inderogabile rispetto ai minimi previsti dai Contratti collettivi nazionali di lavoro, può variare da impresa a impresa in funzione di svariati fattori che dipendono dalle singole organizzazioni aziendali, quali ad esempio l’incidenza del lavoro straordinario nell’organizzazione aziendale, l’incidenza delle festività non godute, le assenze per malattia, ecc. Proprio nella prospettiva della distinzione fra minimi retributivi inderogabili e costo medio effettivo orario del servizio si richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’anomalia dell’offerta non può essere automaticamente desunta, per ciò che concerne il costo del lavoro, dal mancato rispetto delle tabelle ministeriali richiamate dall’art. 87, comma 2, lett. g) del d.lgs. n. 163/2006, considerato che i costi medi del lavoro, indicati nelle predette tabelle predisposte dal Ministero del Lavoro, in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva, non costituiscono parametri inderogabili, ma sono indici di adeguatezza dell’offerta che costituiscono oggetto della valutazione dell’amministrazione. E’, quindi, rimarcato l’errore in cui sarebbe incorso il T.a.r. laddove ha ritenuto che l’unico costo orario sostenibile per l’esecuzione dell’appalto in questione fosse quello di euro 19,34 sostenuto dalla Al. nell’appalto precedente. Per contro, erano da ritenere adeguate le giustificazioni resa da IS. a SA. in data 9 ottobre 2015 e con note del 15 e del 21 ottobre 2015 laddove, partendo dal valore della paga base tabellare, erano state prese in esame le singole voci di costo indicate dalle tabelle ministeriali adeguandole ai propri dati statistici aziendali interni, così determinando il costo complessivo sia per le guardie già operanti per IS. sia per il personale riassorbito dalla Al. sulla base di “valutazioni statistiche ed analisi condotte sull’effettiva situazione aziendale” e trasmettendo “copia dei dati ufficiali estrapolati dal programma di elaborazione paghe riguardanti le voci di assenza, relative all’anno 2015 della filiale di Torino”.

Si è costituita in giudizio d’appello la Al. che, in relazione al primo motivo di appello, ha ribadito, con diffusa argomentazione, che, avendo IS. contrattualmente limitato l’affitto del citato ramo d’azienda ad un tempo inferiore a quello dell’esecuzione contrattuale dell’appalto e, non disponendo per l’intera durata contrattuale dei mezzi necessari all’esecuzione, non poteva aggiudicarselo. Con riguardo al primo profilo del secondo motivo d’appello ha dedotto che il T.a.r., avendo constatato anche la effettiva, palese e ingiustificata insostenibilità delle offerte prime due graduate (cosa che non avrebbe potuto che portare alla loro esclusione), avrebbe operato entro i confini delineati dalla giurisprudenza amministrativa disponendo direttamente l’esclusione delle offerte presentate da IS. e TE.. Quanto al secondo profilo del secondo motivo di appello, relativo al giudizio di anomalia, ne ha chiesto la declaratoria di inammissibilità o il rigetto con conferma della sentenza appellata; in particolare ha controdedotto che IS. e TE. avevano presentato offerte i cui ribassi (rispettivamente del 9,89% e del 13,17%) e utili (rispettivamente del sei per mille e del due per mille) erano già ex se chiaro indice di anomalia; derogavano vistosamente ai costi minimi tabellari senza preoccuparsi di documentarne le ragioni; rivendicavano a sostegno delle proprie stime di costo specificità aziendali non meglio precisate nei loro contenuti e comunque sfornite di ogni riscontro probatorio.

Si è costituito in giudizio anche IS. chiedendo la declaratoria di inammissibilità del primo motivo del ricorso di primo grado ed esponendo deduzioni a sostegno dell’accoglimento dei motivi di gravame. In ragione della corrispondenza fra tali deduzioni ed i motivi dispiegati dalla IS. con il proprio autonomo ricorso in appello si rinvia, per l’esame di tali difese, alla illustrazione di tali motivi.

1.3. Con altro autonomo ricorso, n. 5833 del 2016, anche la IS. ha proposto appello avverso la ricordata sentenza, chiedendone la riforma per i seguenti motivi:

1.1) Inammissibilità del primo motivo del ricorso di primo grado, accolto dal T.a.r. per difetto di interesse della Al.. Si deduce che non sussiste per la ricorrente in primo grado un’utilità diretta e immediata dall’accoglimento della prima censura, visto che la Al. non potrebbe ugualmente essere dichiarata aggiudicataria dell’appalto essendosi posizionata terza dietro il costituendo raggruppamento di imprese tra TE. Vi. S.p.a. e Cittadini dell’ordine S.r.l.

1.2) Si chiede poi la riforma della sentenza appellata nella parte in cui è stato accolto il primo motivo del ricorso di primo grado, deducendosi che la IS. è titolare di un’autorizzazione in proprio e non si avvale dell’autorizzazione trasmessale dall’affittante SE. con il contratto di affitto di azienda; inoltre, anche se così non fosse, comunque, al termine del triennio IS. poteva acquistare il ramo di azienda SI. in forza di un’opzione per l’acquisto contenuta nel contratto di affitto ovvero rinnovare il contratto di affitto o maturare i requisiti in proprio.

2.1) Con il primo profilo del secondo motivo di gravame anche IS. lamenta che l’eventuale riscontro di vizi di illogicità o carenze istruttorie in relazione al giudizio sulla anomalia avrebbe dovuto comportare solo l’annullamento dell’aggiudicazione con regressione della procedura alla fase di verifica dell’anomalia.

2.2) Col secondo profilo del secondo motivo di appello, relativo al giudizio di congruità sull’offerta avanzata dalla medesima, IS. deduce che il T.a.r. è incorso in un errore non cogliendo la differenza tra livello salariale e costo del lavoro (composto non solo dal salario, ma anche da voci tra loro variabili). In particolare, nel già menzionato passaggio della sentenza appellata, ove si afferma che “anche a voler ammettere il rispetto del livello salariale già goduto per le 60 unità di lavoratori da riassorbire (ossia euro 19,34), per le altre 40 unità si avrebbe un costo del lavoro enormemente più basso (stimato dalle ricorrenti in euro 12,69 orari, dato non contestato dalle controparti) e nettamente inferiore ai minimi tabellari (che stimano, per il livello retributivo più basso di categoria, euro 14,49 orari: doc. n. 18 delle ricorrenti)” il T.a.r. ha erroneamente qualificato quale “livello salariale” storico del personale riassorbito l’importo di euro 19,34, che invece era solo il costo orario medio storico delle suddette unità di personale. In realtà se si prendono a riferimento dati omogenei, il costo salariale medio indicato nell’offerta IS. era pari a euro 16,68, superiore al livello retributivo più basso di categoria, mentre il costo orario medio del lavoro (e non del salario) indicato da IS. nell’offerta era pari a euro 18,25, come da giustificazione del 5 ottobre 2015, pag. 7. Inoltre, anche se si seguisse il ragionamento del T.a.r. e si facesse riferimento per il personale riassorbito (60 unità) al costo orario medio storico di euro 19,34, il costo orario medio per le 40 unità di personale che IS. affianca a quelle riassorbite sarebbe stato pari a euro 16,61 e non a euro 12,69, come erroneamente ritenuto dal giudice di prime cure.

2.3) Si lamenta, poi, l’erroneità della sentenza anche nel punto in cui sostiene che il costo del servizio offerto da IS. sarebbe stato illegittimamente ritenuto congruo da SA., nonostante si discostasse dalle cennate tabelle ministeriali, sulla base di giustificazioni generiche legate alla specificità dell’organizzazione aziendale e del servizio da rendere, mentre “le giustificazioni presentate dalla controinteressata si riferiscono anche ad eventi, come malattie, infortuni e maternità, i quali non rientrano nella disponibilità dell’impresa e che necessiterebbero pertanto non solo di una rigorosa dimostrazione circa l’effettivo andamento storico di siffatti eventi ma anche di una stima prudenziale, elementi tuttavia non rinvenibili nel caso di specie”. Deduce, in senso contrario l’appellante che il costo orario medio può variare da impresa a impresa, sicché anche per il personale riassorbito il costo indicato da IS. era giustificato in modo non generico, ma estremamente preciso, dalla singola organizzazione e dalla specificità aziendale, in relazione ad elementi quali, per es., “l’incidenza del lavoro straordinario nell’organizzazione aziendale, l’incidenza delle festività non godute, le assenze per malattia ecc.”.

In relazione a tali elementi IS. deduce – illustrando in modo analitico e puntuale le giustificazioni rese in corso di gara rispetto alle singole voci del costo del lavoro – di aver, invece, ampiamente giustificato la propria offerta e tale giustificazione è stata ritenuta congrua e soddisfacente dalla stazione appaltante con un giudizio che è espressione di stretta discrezionalità tecnica, e come tale non sindacabile se non per manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza, nel caso di specie insussistenti.

2.4) Inoltre la sentenza del T.a.r. andrebbe riformata, perché si fonda esclusivamente sull’asserita incongruità dei costi del lavoro e sulla sostanziale inaffidabilità sotto questo profilo dell’offerta della società appellante, senza effettuare una necessaria valutazione complessiva dell’eventuale anomalia dell’offerta, verificando cioè se, anche alla luce delle giustificazioni, osservazioni e controdeduzioni fornite dalla società interessata, se le discordanze concernenti i costi del lavoro potessero in concreto trovare giustificazioni o compensazioni in altre voci dell’offerta proposta.

Si è costituita in giudizio la SA., chiedendo l’accoglimento del gravame.

Si è costituita in giudizio anche la Al. che ha eccepito in via pregiudiziale l’irricevibilità dell’appello della IS., in quanto notificato, da una parte cui era stato già notificato l’appello principale della SA., oltre il termine previsto dall’art. 96, comma 5 c.p.a. e nella forma dell’appello autonomo anziché dell’appello incidentale. In subordine ha chiesto il rigetto dei motivi di appello dispiegati dalla IS..

All’udienza del 2 febbraio 2017 i due giudizi erano trattenuti in decisione.

2. In primo luogo deve essere disposta la riunione degli appelli in trattazione (n. 5833 del 2016 e n. 4110 del 2016), ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a., essendo rivolti avverso la medesima sentenza.

3. La Sezione ritiene, poi, di poter prescindere dall’esame della eccezione pregiudiziale di irricevibilità dell’appello proposto dalla IS., in quanto l’appello proposto dalla cointeressata SA. si fonda su motivi di ricorso sostanzialmente coincidenti con quelli proposti dalla IS. e gli effetti dell’eventuale accoglimento del gravame proposto dalla stazione appaltante SA. si produrrebbero, comunque, anche in favore della IS., avuto riguardo all’ambito soggettivo di efficacia del giudicato rispetto a rapporti soggettivamente inscindibili. Per la medesima ragione si esamineranno congiuntamente i motivi di gravame proposti da SA. e IS..

4. Nel merito l’appello è fondato nei termini e nei limiti di seguito precisati.

5. Va, in primo luogo, accolto, il motivo di gravame con cui le appellanti chiedono la riforma del capo della sentenza appellata che ha giudicato fondato il primo motivo di ricorso di primo grado ed ha accertato la sussistenza di una causa di esclusione di IS. dalla gara per non aver fornito alla stazione appaltante la garanzia di poter effettivamente disporre, per tutta la durata dell’appalto, dei mezzi e/o delle risorse necessari all’esecuzione della commessa, ed in particolare del ramo di azienda SE. il cui affitto scade circa un anno prima del termine di durata quadriennale dell’appalto.

In senso contrario le appellanti hanno evidenziato che il contratto di affitto di azienda concluso dalla IS. con la SE. prevedeva la possibilità di acquisto del ramo di azienda da parte della IS. al termine del rapporto contrattuale, includendo una clausola che attribuisce alla IS. un diritto di opzione (art. 10.2 del contratto di affitto).

Poiché l’opzione conferisce al titolare un diritto potestativo alla conclusione del contratto, per il cui esercizio non è più richiesta alcuna collaborazione della controparte – che versa in una situazione di mera soggezione -, IS., inserendo nel contratto di affitto anche una clausola attribuiva del diritto di opzione in suo favore per l’acquisto del ramo di azienda alla scadenza, si era già assicurata ab origine la piena disponibilità giuridica del contratto di compravendita e, mediatamente, dei mezzi che rinvengono dall’esercizio dell’opzione. IS. aveva, pertanto, dato adeguata dimostrazione di poter effettivamente disporre, per tutta la durata dell’appalto, dei mezzi necessari all’esecuzione della commessa, fermo restando la valutabilità in termini di inadempimento dell’eventuale mancato esercizio del diritto di opzione.

Per l’effetto, in riforma sul punto della sentenza del T.a.r., deve essere respinto il primo motivo del ricorso di primo grado dedotto dalla Al., potendosi pertanto superare l’esame della eccezione di inammissibilità dispiegata dalla IS. con riguardo a tale censura.

6. Seguendo l’ordine logico di esame delle questioni, deve procedersi poi all’esame dei motivi di appello (innanzi indicati come motivo 2.2. dell’appello SA. e motivi 2.2., 2.3. e 2.4. dell’appello IS.) con cui le appellanti chiedono la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui annulla l’aggiudicazione in conseguenza dei profili di illegittimità del giudizio di congruità dell’offerta anomala presentata dalla IS. ed accerta analoghe illegittimità rispetto al giudizio di congruità dell’offerta anomala presentata dalla seconda classificata TE..

I motivi di appello sono infondati.

Preliminarmente e in linea generale, occorre ricordare che per giurisprudenza consolidata nelle procedure per l’aggiudicazione di appalti pubblici la valutazione delle giustificazioni presentate dal soggetto tenuto a dimostrare che la propria offerta non è da considerarsi anomala rientra nell’ampio potere tecnico-discrezionale della stazione appaltante, così che detta valutazione è sindacabile in sede di legittimità soltanto in caso di macroscopiche illogicità, vale a dire di errori di valutazione evidenti e gravi, oppure di valutazioni abnormi o affette da errori di fatto.

Nel caso di ricorso proposto avverso il giudizio di anomalia dell’offerta il giudice amministrativo può pertanto sindacare le valutazioni compiute dall’Amministrazione sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell’istruttoria, ma non può effettuare autonomamente la verifica della congruità dell’offerta presentata e delle sue singole voci, sostituendo così la sua valutazione al giudizio formulato dall’organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell’interesse pubblico nell’apprezzamento del caso concreto (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 16 gennaio 2015, n. 89; id., sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154; id., sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5530). Sotto altro profilo, va, altresì, ricordato che la verifica delle offerte anomale non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma mira, invece, ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque, se sia o meno in grado di offrire serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta (Consiglio di Stato, sez. III, 29 aprile 2015, n. 2186; id., sez. V, 23 marzo 2015, n. 1565).

Con specifico riferimento alle giustificazioni relative alle voci di costo va, altresì, ribadito che un’offerta non può ritenersi anomala ed essere esclusa da una gara per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi, occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata (ex multis, Cons. St., III, 09 dicembre 2015, n. 5597; Cons. St., V, 18 giugno 2015, n. 3105).

Alla luce di tali consolidati principi si osserva che, diversamente da quanto sostenuto dalle appellanti, le valutazioni operate da SA. appaiono effettivamente affette da profili di irragionevolezza e illogicità evidente, in un contesto in cui la discordanza rispetto ai valori di costo orario medio risultante dalle tabelle ministeriali risulta, in concreto, considerevole e palesemente ingiustificata e tale da inficiare potenzialmente la complessiva attendibilità dell’offerta.

Va premesso, infatti, che nella gara in esame la componente del costo del lavoro rivestiva un ruolo di particolare rilievo e che il costo orario medio del lavoro complessivo dichiarato dalla aggiudicataria IS., pari a euro 16,68, che arrivano a euro 18,25 includendo anche costi per la sicurezza, spese generali, tassazione e utile, era notevolmente inferiore al costo orario medio indicato per il personale dipendente da istituti di vigilanza privati dalle tabelle ministeriali approvate dal Ministero del Lavoro, pari, senza includere i costi derivanti da disposizioni di legge, a euro 17,57 per il livello IV, a euro 18,33 per il livello IVS e a euro 19,31 per il livello III (livello cui i dipendenti assunti con inquadramento al livello precedente passano dopo il primo scatto biennale, ossia in corso di durata dell’appalto) e pari, rispettivamente, a euro 20,88 per il livello IV, a euro 21,64 per il livello IVS e a euro 22,62 per il livello III, includendo i costi derivanti da disposizioni di legge.

Questo scostamento era giustificato in sede di gara dalla IS. in quanto il numero di ore annue mediamente lavorate dai dipendenti che avrebbe utilizzato per eseguire il contratto (pari a ore 2036) era nettamente superiore a quello medio individuato nel citato D.M. (pari a ore 1578), perché, oltre ad un maggior ricorso allo straordinario, la media pro capite di assenze stimate dalla IS. era pari a 476 ore a fronte di una media tabellare pari a 550 ore. Tale ultimo dato era giustificato dalla IS. dimostrandosi che l’analisi storica delle assenze relative al personale IS. della filiale di Torino, calcolate sui primi 9 mesi del 2015, indicava un valore medio pro capite di 10 giornate di assenza l’anno, dato prudenzialmente innalzato a 11 giornate in sede di offerta, ossia un valore di ore non lavorate, soprattutto per malattia, infortunio e maternità, notevolmente inferiore a quello medio tabellare.

Tale giustificazione, tuttavia, se poteva essere spesa per dare conto del totale di ore non lavorate stimato per il personale già in forza della IS. e utilizzato per rendere il servizio oggetto di gara (10 unità, inquadrate nel livello IV), risultava illogica se riferita alle circa 60 unità di personale assorbite dal precedente appaltatore Al. (inquadrate al livello IVS). Queste ultime unità di personale avevano, infatti, un proprio tasso storico di assenze, ad esempio, per malattie, infortuni, maternità, tasso che non era dipendente dall’organizzazione dell’impresa, ma dalle caratteristiche individuali dei singoli dipendenti e che non necessariamente coincideva con quello del personale in servizio presso la IS.. Era, pertanto, manifestamente incongruo utilizzare il dato storico IS. anche per il personale riassorbito dalla Al., per il quale doveva utilizzarsi o il rispettivo dato storico effettivo di ore annue medie lavorate, se disponibile, o, in difetto, il valore medio di sistema risultante dalle tabelle ministeriali.

In proposito la giurisprudenza di questo Consiglio (Cons. St., V, 28 giugno 2011, n. 3865) ha avuto modo di rimarcare in relazione ad analoga fattispecie che “se è vero che le tabelle ministeriali recanti il costo della manodopera espongono dati non inderogabili, si deve altresì convenire che le medesime assolvono ad una funzione di parametro di riferimento dal quale è possibile discostarsi, in sede di giustificazione dell’anomalia, solo sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa. E tanto nella specie se si considera che il dato delle ore annue mediamente lavorate dal personale coinvolge eventi (malattie, infortuni, maternità) che non rientrano nella disponibilità dell’impresa e che quindi, per definizione, necessitano di stima di carattere prudenziale”. Con la citata pronuncia è stato precisato pertanto che “la semplice produzione dei modelli di pagamento INPS relativi ai dati dell’ultimo triennio non è idonea ad assolvere a detta funzione dimostrativa in quanto, per un verso, reca dati aziendali indistinti e disaggregati che non tengono nel debito conto del personale specifico da adibire all’appalto, per altro verso non introduce dati significativi in relazione all’esecuzione di un contratto per il quale, ai sensi del contratto collettivo di settore, è prevista l’assunzione del personale in servizio presso la società precedentemente deputata all’espletamento del servizio. L’inadeguatezza di detta documentazione risulta ancor più significativa in rapporto alla rilevante misura dello scostamento, che avrebbe richiesto una dimostrazione particolarmente rigorosa”.

Il giudizio di congruità dell’offerta IS. da parte della Stazione appaltante si presta, poi, ad un’ulteriore censura di manifesta illogicità ed erroneità – parimenti dedotta con il quarto motivo del ricorso di primo grado accolto dal T.a.r. -, nella misura in cui la Stazione appaltante ha ritenuto giustificata l’offerta della IS., benché l’offerente non avesse dato adeguato conto della mancata inclusione nel calcolo del costo orario medio del lavoro di alcune voci, di rilevante peso, da considerare obbligatoriamente in base alla contrattazione integrativa regionale, quali ad esempio, i buoni pasto (art. 19 c.i.r.), i premi di produzione (art. 16 c.i.r.) e l’indennità di presenza giornaliera, ossia specifiche voci ordinarie di costo del personale che non possono farsi refluire nelle spese generali. Per contro, il calcolo del costo orario medio avrebbe dovuto dare adeguata evidenza, in sede di giustificazioni, di tutte le componenti di costo del lavoro previste non solo dalla contrattazione nazionale, ma anche da quella integrativa regionale.

In relazione a tali premesse, la sentenza impugnata deve ritenersi corretta sul punto in relazione al suo dispositivo e al nucleo centrale della sua motivazione, mentre la confusione tra livello salariale e costo del lavoro, in cui incorre il giudice di prime cure nella sua ricostruzione della fattispecie, non inficia la complessiva esattezza delle conclusioni cui perviene il T.a.r..

Parimenti meritevole di conferma si appalesa la sentenza appellata nella parte in cui accerta l’illegittimità della valutazione positiva di congruità dell’offerta presentata dalla seconda classificata TE., che indica un costo orario medio, di euro 17,58, ancora più basso di quello indicato dalla IS., con uno scostamento ancor più notevole dal costo orario medio di cui alle tabelle ministeriali (cfr. la tabella riepilogativa, suddivisa per le singole qualifiche, sub doc. n. 17b delle ricorrenti in primo grado) in difetto di adeguate giustificazioni.

7. Merita, invece, accoglimento il motivo di gravame (che si è indicato come motivo 2.1. dell’appello SA. e 2.1. dell’appello IS.) secondo cui il T.a.r. si sarebbe dovuto limitare ad annullare l’aggiudicazione, consentendo così a SA. di giungere ad un nuovo giudizio di congruità, da effettuarsi in conformità alle statuizioni poste dalla sentenza, senza disporre direttamente la stipula del nuovo contratto d’appalto in favore delle ricorrenti in primo grado.

La Sezione rileva, infatti, che, una volta accertato che nella specie l’effettiva incidenza degli oneri per il costo del lavoro sull’equilibrio complessivo dell’offerta non è stata correttamente verificata nella sede propria, tale omissione non può essere “surrogata” da una verifica in sede giudiziale, tenuto conto anche dei noti limiti al sindacato giurisdizionale sulle valutazioni rimesse all’amministrazione in subiecta materia. In caso di inadeguatezza della verifica di congruità per carenze istruttorie non deve, quindi, essere disposta l’esclusione dell’offerta sospetta di anomalia, ma solo la regressione della procedura alla fase di verifica dell’anomalia (Cons. St., IV, 13 aprile 2016, n. 1448; Cons. St., V, n. 4323/2003). L’annullamento dell’aggiudicazione, nonché, per le parti di interesse delle ricorrenti in primo grado, dei verbali di gara e di quelli di verifica dell’anomalia delle offerte, e la declaratoria dell’inefficacia del contratto di appalto già stipulato con l’impresa aggiudicataria, di cui ricorrono i presupposti previsti dall’art. 122 c.p.a. in ragione del fatto che residua ancora un lungo periodo di esecuzione del servizio e la possibilità di subentro delle ricorrenti in primo grado, sono, pertanto, disposti con salvezza degli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione porrà in essere, nel rispetto della sentenza in esame.

8. La peculiarità della controversia e la sua complessità, oltre che la solo parziale fondatezza degli appelli, giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, dopo averli riuniti, li accoglie in parte nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto: a) accoglie il primo motivo di appello proposto dalle appellanti e, in riforma sul punto della sentenza appellata, respinge il primo motivo del ricorso di primo grado; b) respingendo i relativi motivi di appello, conferma la sentenza impugnata nei termini di cui in motivazione, nella parte in cui dispone l’annullamento dell’aggiudicazione, nonché, per le parti di interesse delle ricorrenti in primo grado, dei verbali di gara e di quelli di verifica dell’anomalia delle offerte, e dichiara l’inefficacia del contratto di appalto già stipulato con l’impresa aggiudicataria ricorrendo i presupposti previsti dall’art. 122 c.p.a.; c) in accoglimento dei relativi motivi di appello, annulla la sentenza appellata nella parte in cui dispone il risarcimento in forma specifica in favore del raggruppamento formato dalle imprese ricorrenti in primo grado e prescrive che tale raggruppamento debba, quindi, essere individuato quale nuovo aggiudicatario della commessa per cui è causa, con conseguente stipula del nuovo contratto di appalto.

Compensa tra le parte le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli – Presidente

Paolo Troiano – Consigliere, Estensore

Roberto Giovagnoli – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere

Stefano Fantini – Consigliere

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