In tema di giudizio abbreviato condizionato, il giudice del dibattimento che ha respinto in limine litis la richiesta di accesso al rito alternativo, deve applicare anche d’ufficio la riduzione di un terzo della pena se riconosce che quel rito si sarebbe dovuto invece celebrare
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 20 febbraio 2017, n. 7937
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere
Dott. SOCCI Angelo M. – rel. Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 25/06/2014 della CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/06/2016, la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto Procuratore Generale FULVIO BALDI che ha concluso per: “annullamento con rinvio”;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) per le parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS): “rigetto”; Avv. (OMISSIS) per l’imputato:
“Accoglimento”.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Messina con sentenza del 25 giugno 2014, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Patti del 29 aprile 2011 dichiarava estinti per prescrizione i reati sub B e C dell’imputazione e rideterminava la pena a carico di (OMISSIS) in anni 8 e mesi 6 di reclusione per i reati, unificati con la continuazione:
capo A – di cui agli articoli 609 bis e 609 ter cod. pen. perche’ con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, poste in essere con cadenza quasi giornaliera, mediante violenze e minacce, (consistite sia nel vincere fisicamente la resistenza della persona offesa sia nel dirle che – ove non avesse soddisfatte le proprie voglie – non l’avrebbe piu’ trattata bene, non le avrebbe dato i soldi per andare a scuola nonche’, nei casi in cui la vittima si era opposta, effettivamente colpendola con degli schiaffi o impedendole di uscire di casa e di frequentare regolarmente la scuola), costringeva ripetutamente la figlia minorenne (OMISSIS) a compiere atti sessuali – consistiti nel farsi praticare reiterati atti orali e di masturbazione – e a subire tentativi di penetrazione, toccamenti degli organi genitali nonche’ palpamenti del seno e del sedere. Con l’aggravante del fatto commesso dal genitore nei confronti della figlia minore di anni 16 (per i fatti commessi fino al (OMISSIS)). In (OMISSIS);
capo D – articolo 609 bis c.p. e articolo 609 ter c.p., n. 5 per aver costretto la figlia minorenne (OMISSIS) a subire atti sessuali consistiti nel palpamento del seno. Con l’aggravante del fatto commesso dal genitore nei confronti della figlia minore di anni 16. In (OMISSIS) in data da accertare nel corso dell’anno (OMISSIS);
capo E – articolo 572 cod. pen. per aver ripetutamente maltrattato le figlie minori (OMISSIS) e (OMISSIS), compiendo nei loro confronti le condotte dei capi A, B, C e D, nonche’ sottoponendole a reiterate vessazioni ed umiliazioni, sia psicologiche che materiali (ad es. imponendo loro di eseguire duri lavori casalinghi come il lavare i pavimenti inginocchiate a terra e con le mani nude a pulire l’interno del water. In (OMISSIS).
2. (OMISSIS) ha proposto ricorso, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. cod. proc. pen., comma 1.
2. 1. Inosservanza della legge penale o di altre norme di cui si deve tener conto, in particolare violazione dell’articolo 438 c.p.p., comma 5.
Il Tribunale ha escluso il rito abbreviato condizionato (audizione protetta delle minori, consulenza sulle stesse, audizione dell’imputato e di (OMISSIS)), sul presupposto di un’attivita’ istruttoria eccesiva. L’istruttoria aveva incidenza decisiva sulla complessita’ fattuale e quindi illegittimo e’ stato il diniego.
2. 2. Mancata assunzione di una prova decisiva, mancata ammissione di una perizia sulle minori.
La perizia sulle minori diretta ad accertare la loro capacita’ di testimoniare, sotto il profilo intellettivo e affettivo e la loro credibilita’, andava disposta per la sua decisivita’. Infatti le uniche prove di colpevolezza sono le testimonianze delle due minori, e la perizia avrebbe potuto inficiare la loro attendibilita’ con un giudizio diverso, favorevole al ricorrente.
2. 3. Mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione.
Le due sentenze di merito si sono fondate solo ed esclusivamente sulle testimonianze delle minori senza minimamente considerare le prove contrarie portate dalla difesa, senza motivazione adeguata dei motivi di non considerazione delle altre prove.
Sia le testimonianze delle assistenti sociali sia quelle del consulente di parte configgono con le testimonianze delle minori e di questo la Corte di appello non fornisce adeguata motivazione, anzi motivazione palesemente illogica.
Il Tribunale e la Corte di appello inoltre non valutano le testimonianze di (OMISSIS) e (OMISSIS), e quella acquisita agli atti di (OMISSIS) (nel ricorso si allegano le deposizioni dei tre testi, 2 verbali dibattimentali e un verbale ex articolo 391 bis cod. proc. pen.).
Ha chiesto quindi l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il primo motivo di ricorso risulta fondato.
Il Tribunale aveva escluso il rito abbreviato, regolarmente chiesto dal ricorrente, rito gia’ non ammesso dal Giudice per l’udienza preliminare di Patti, ritenendo lo stesso non ammissibile perche’ “l’integrazione probatoria richiesta dalla parte non risulta necessaria ai fini della decisione e che appare assolutamente incompatibile con le finalita’ di economia processuale proprie del procedimento prescelto”.
La Corte di appello rigettava il motivo di appello sul punto ritenendo che “la richiesta di definizione del processo con le forme del rito abbreviato condizionato, stante l’evidente incompatibilita’ con la natura di tale rito della complessa attivita’ istruttoria richiesta”.
Ai fini dell’ammissione al giudizio abbreviato condizionato, la necessita’ dell’integrazione probatoria non deve essere valutata facendo riferimento ai criteri indicati nell’articolo 190 cod. proc. pen., ovvero alla complessita’ o alla lunghezza dei tempi dell’accertamento probatorio come fatto nel nostro caso dal Tribunale e poi dalla Corte di appello -, ne’ si identifica con l’assoluta impossibilita’ di decidere o con l’incertezza della prova, ma presuppone, da un lato, l’incompletezza di un’informazione probatoria in atti, e, dall’altro, una prognosi di oggettiva e sicura utilita’, o idoneita’, del probabile risultato dell’attivita’ istruttoria richiesta ad assicurare il completo accertamento dei fatti del giudizio. (Sez. 5, n. 600 del 14/11/2013 – dep. 09/01/2014, V, Rv. 25867601).
In tema di giudizio abbreviato, la prova sollecitata dall’imputato con la richiesta di accesso al rito, che deve essere integrativa e non sostitutiva rispetto all’altro materiale gia’ raccolto ed utilizzato, puo’ considerarsi necessaria quando risulta indispensabile ai fini di un solido e decisivo supporto logico – valutativo per la deliberazione in merito ad un qualsiasi aspetto della vicenda in giudizio (vedi Sez. U, n. 44711 del 27/10/2004 – dep. 18/11/2004, Wajib, Rv. 22917501).
Queste valutazioni mancano nei provvedimenti di rigetto del rito abbreviato, che si sono limitati a ritenere incompatibile con l’abbreviato le prove richieste (audizione protetta delle minori, consulenza sulle stesse, audizione dell’imputato e di (OMISSIS)). Il rigetto quindi deve ritenersi illegittimo. Sul punto la decisione deve annullarsi con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio, relativamente alla valutazione delle prove richieste, non per la complessita’ o lunghezza dei tempi dell’accertamento probatorio – come fatto nel nostro caso dal Tribunale e poi dalla Corte di appello -, ma sull’incompletezza di un’informazione probatoria in atti, e, su una prognosi di oggettiva e sicura utilita’, o idoneita’, del probabile risultato dell’attivita’ istruttoria richiesta ad assicurare il completo accertamento dei fatti del giudizio, anche alla luce dell’istruttoria espletata, come ritenuto dalla Cassazione a Sezioni Unite: “Il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata dall’imputato all’assunzione di prove integrative, quando deliberato sull’erroneo presupposto che si tratti di prove non necessarie ai fini della decisione, inficia la legalita’ del procedimento di quantificazione della pena da infliggere qualora si pervenga, in esito al dibattimento, ad una sentenza di condanna. Ne consegue che il giudice dibattimentale il quale abbia respinto “in limine litis” la richiesta di accesso al rito abbreviato “rinnovata” dopo il precedente rigetto del giudice per le indagini preliminari ovvero proposta per la prima volta, in caso di giudizio direttissimo o per citazione diretta – deve applicare anche d’ufficio la riduzione di un terzo prevista dall’articolo 442 cod. proc. pen., se riconosca (pure alla luce dell’istruttoria espletata) che quel rito si sarebbe dovuto invece celebrare”. (Sez. U, n. 44711 del 27/10/2004 – dep. 18/11/2004, Wajib, Rv. 22917301).
Puo’ pertanto affermarsi il seguente principio di diritto: “Ai fini dell’ammissione al giudizio abbreviato condizionato, la necessita’ dell’integrazione probatoria non deve essere valutata facendo riferimento ai criteri indicati nell’articolo 190 cod. proc. pen., ovvero alla complessita’ o alla lunghezza dei tempi dell’accertamento probatorio, ne’ si identifica con l’assoluta impossibilita’ di decidere o con l’incertezza della prova, ma presuppone, da un lato, l’incompletezza di un’informazione probatoria in atti, e, dall’altro, una prognosi di oggettiva e sicura utilita’, o idoneita’, del probabile risultato dell’attivita’ istruttoria richiesta ad assicurare il completo accertamento dei fatti del giudizio. Ne consegue che il giudice dibattimentale il quale abbia respinto “in limine litis” la richiesta di accesso al rito abbreviato – “rinnovata” dopo il precedente rigetto del giudice per le indagini preliminari ovvero proposta per la prima volta, in caso di giudizio direttissimo o per citazione diretta – deve applicare anche d’ufficio la riduzione di un terzo prevista dall’articolo 442 cod. proc. pen., se riconosca (pure alla luce dell’istruttoria espletata) che quel rito si sarebbe dovuto invece celebrare”.
In questa parte il motivo va accolto e quindi – dichiarate irrevocabili le parti della decisione relative alle responsabilita’ per i reati di cui agli articoli 609 bis e 609 ter cod. pen. (capo A) e agli articoli 609 bis e 609 ter cod. pen. (capo D) – va rideterminata la relativa pena ad opera del giudice di rinvio.
4. Il reato sub E, articolo 572 cod. pen. risulta prescritto per decorso del termine massimo di prescrizione di anni 7 e mesi 6, ex articolo 157 c.p. e articolo 161 cod. pen.. Reato commesso fino al (OMISSIS), prescritto, valutando le sospensioni, al 5 dicembre 2014.
L’unificazione del reato con la continuazione agli altri reati impone la dichiarazione di prescrizione senza neanche valutare se i motivi di ricorso relativi al reato di cui all’articolo 572 cod. pen. siano o no inammissibili.
Sul punto e’ intervenuta la decisione delle S.U. della Corte di Cassazione, del 25 maggio 2016, ric. Aiello, RG 39909 del 2015 (nota solo con l’informazione provvisoria), che ha ritenuto preclusa l’operativita’ della prescrizione per i reati in ordine ai quali il ricorso per Cassazione, per autonomi capi di imputazione, risulti inammissibile. La Sentenza delle S.U. si riferisce solo ai reati riguardanti plurimi ed autonomi capi di imputazione; infatti l’ordinanza di rimessione del 12 febbraio 2016, sesta sezione, n. 7730, relativa al caso di due reati di falsa testimonianza una in un processo civile lavoro ed una in un processo penale, conteneva la seguente questione di diritto: “se, in presenza di un ricorso cumulativo per diversi e autonomi capi di imputazione, per i cui reati sia intervenuta la prescrizione dopo la deliberazione d’appello, l’accoglimento di motivi afferenti un capo imponga o meno la dichiarazione di prescrizione anche per i distinti ed autonomi capi di imputazione, pur quando i pertinenti motivi siano invece giudicati originariamente inammissibili”.
reati unificati con il vincolo della continuazione, invece, hanno sorte processuale comune, non possono separarsi per ritenere inammissibili i ricorsi (in appello od in Cassazione) contro alcuni e invece fondato per altri, infatti il relativo capo non puo’ ritenersi definitivo poiche’ la pena e’ ancora in discussione, in quanto irrogata in relazione alla ritenuta continuazione.
Poiche’ la cosa giudicata si forma sui capi della sentenza (nel senso che la decisione acquista il carattere dell’irrevocabilita’ soltanto quando sono divenute irretrattabili tutte le questioni necessarie per il proscioglimento o per la condanna dell’imputato rispetto a uno dei reati attribuitigli), e non sui punti di essa, che possono essere unicamente oggetto della preclusione correlata all’effetto devolutivo del gravame e al principio della disponibilita’ del processo nella fase delle impugnazioni, in caso di condanna la mancata impugnazione della ritenuta responsabilita’ dell’imputato fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non basta a far acquistare alla relativa statuizione l’autorita’ di cosa giudicata, quando per quello stesso capo l’impugnante abbia devoluto al giudice l’indagine riguardante la sussistenza di circostanze e la quantificazione della pena, sicche’ la “res iudicata” si forma solo quando tali punti siano stati definiti e le relative decisioni non siano censurate con ulteriori mezzi di gravame. Ne consegue che l’eventuale causa di estinzione del reato deve essere rilevata finche’ il giudizio non sia esaurito integralmente in ordine al capo di sentenza concernente la definizione del reato al quale la causa stessa si riferisce. (Fattispecie relativa a prescrizione del reato). (Sez. U, n. 1, del 19/01/2000 – dep. 28/06/2000, Tuzzolino A, Rv. 21623901).
La rideterminazione della pena non consente, pertanto, di ritenere la definitivita’ dell’accertamento.
Il reato continuato, infatti, ai fini della pena viene considerato un solo reato (unita’ giuridica fittizia): “La continuazione non da’ luogo ad una figura autonoma di reato, ma configura soltanto un’unita giuridica fittizia, inspirata al principio del favor rei, con la quale si e voluto, per ragioni di equita’, mitigare il rigore relative al concorso di reati. Il legislatore, in sostanza, per esigenze pratiche e precipuamente quoad poenam ed ad altri determinati effetti, (decorrenza della prescrizione, competenza territoriale, abitualita’ e professionalita’ nel reato, recidiva, eccetera) finge di trovarsi di fronte ad un reato unico, mentre per tutti gli altri effetti, resta integra l’autonomia e la struttura delle violazioni singole, che debbono considerarsi come reati distinti”; (Sez. 3, n. 5444 del 10/11/1975 – dep. 29/04/1976, LATINI, Rv. 13399301).
In sede di giudizio di rinvio si provvedera’ alla rideterminazione della pena con l’esclusione del reato sub E dell’imputazione.
5. Il ricorso risulta infondato nel resto, e deve rigettarsi. Il secondo motivo riguarda l’omessa assunzione di una prova decisiva, la perizia sulle minori diretta ad accertare la loro capacita’ a testimoniare.
In tema di violenza sessuale nei confronti di minori, il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacita’ a testimoniare non determina l’inattendibilita’ della testimonianza della persona offesa, poiche’ tale accertamento non costituisce un presupposto indispensabile per la valutazione di attendibilita’, ove non emergano elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacita’. (Nella specie, la Corte ha evidenziato che la motivazione del giudice di merito dava pienamente conto delle ragioni sulla base delle quali era stata dedotta l’attendibilita’ del racconto della vittima). (Sez. 3, n. 25800 del 01/07/2015 – dep. 22/06/2016, C, Rv. 26732301; vedi anche Sez. 3, n. 38211 del 07/07/2011 – dep. 24/10/2011, C., Rv. 25138101).
Inoltre la perizia non rientra nel concetto di prova decisiva, e la stessa non risulta sia stata richiesta nell’appello (e pertanto non puo’ costituire oggetto di ricorso in sede di legittimita’, inammissibile quindi la sua proposizione). Sul punto, inoltre – oltre alla questione dell’inammissibilita’ per omesso motivo di appello -, la giurisprudenza della Cassazione e’ costante, nel ritenere che: “La perizia non rientra nella categoria della “prova decisiva” ed il relativo provvedimento di diniego non e’ sanzionabile ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, e’ insindacabile in Cassazione”. (Sez. 6, n. 43526 del 03/10/2012 – dep. 09/11/2012, Ritorto e altri, Rv. 25370701).
6. Anche l’ulteriore motivo sulla mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione risulta infondato.
In tema di reati sessuali, poiche’ la testimonianza della persona offesa e’ spesso unica fonte del convincimento del giudice, e’ essenziale la valutazione circa l’attendibilita’ del teste; tale giudizio, essendo di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene il modo di essere della persona escussa, puo’ essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre e’ precluso in sede di legittimita’, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria. (Sez. 3, n. 41282 del 05/10/2006 – dep. 18/12/2006, Agnelli e altro, Rv. 235578).
Le dichiarazioni della persona offesa (o delle persone offese) possono da sole, senza la necessita’ di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell’affermazione di responsabilita’ penale dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita’ soggettiva del dichiarante e dell’attendibilita’ intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere piu’ penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. A tal fine e’ necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo cosi’ l’individuazione dell’iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata; mentre non ha rilievo, al riguardo, il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame qualora si tratti di deduzione disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, non essendo necessaria l’esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese ed essendo, invece, sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione senza lasciare spazio ad una valida alternativa. (Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014 – dep. 14/01/2015, Pirajno e altro, Rv. 261730); le regole dettate dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilita’ dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita’ soggettiva del dichiarante e dell’attendibilita’ intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere piu’ penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012 – dep. 24/10/2012, Bell’Arte ed altri, Rv. 253214).
Inoltre in tema di reati sessuali nei confronti di minori, il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacita’ a testimoniare non rende per cio’ stesso inattendibile la testimonianza della persona offesa, giacche’ un tale accertamento, seppure utile laddove si tratti di minori di eta’ assai ridotta, non e’ tuttavia un presupposto indispensabile per la valutazione dell’attendibilita’, ove non emergano elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacita’. (Sez. 3, n. 38211 del 07/07/2011 – dep. 24/10/2011, C., Rv. 251381).
Nel nostro caso le analisi delle due decisioni, conformi, sono precise, puntuali e rigorose nell’affrontare l’attendibilita’ delle persone offese (le figlie del ricorrente (OMISSIS) e (OMISSIS)), e individuano anche precisi riscontri, quali ad esempio la testimonianza di (OMISSIS) (madre della compagna di banco della (OMISSIS) che aveva ascoltato la (OMISSIS) sugli abusi del padre, anche perche’ non la considerava sua figlia, ma figlia di un altro uomo), ed inoltre in una circostanza i congiunti rientrarono a casa improvvisamente, e videro il ricorrente “uscire dalla camera da letto con i pantaloni slacciati e chiudersi frettolosamente in bagno, seguito da (OMISSIS) con il volto turbato ed il trucco sbavato dalle lacrime”.
Le critiche alla decisione sono del resto generiche e si limitano a sostenere l’omessa analisi di alcune testimonianze ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) senza rappresentare, specificamente, i motivi per ritenere la decisivita’ delle testimonianze per un diverso giudizio.
In tema di impugnazioni, il vizio di motivazione non puo’ essere utilmente dedotto in Cassazione solo perche’ il giudice abbia trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiche’ cio’ si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimita’. (Sez. 1, n. 3385 del 09/03/1995 – dep. 28/03/1995, Pischedda ed altri, Rv. 20070501).
Il ricorso, quindi, deve rigettarsi nel resto, e ai sensi dell’articolo 624 c.p.p., comma 2, si dichiarano irrevocabili le parti della decisione relative alla responsabilita’ per i reati di cui agli articoli 609, bis e 609 ter cod. pen. – capo A – e articoli 609 bis e 609 ter cod. pen. capo D -.
Oscuramento dati come previsto dalla legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata quanto al reato di cui al capo E (articolo 572 cod. pen.) perche’ estinto per prescrizione;
accoglie il primo motivo di ricorso e annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria;
rigetta nel resto e dichiara l’irrevocabilita’ della sentenza quanto all’affermazione della responsabilita’, per i reati di cui ai capi A (articoli 609 bis e 609 ter cod. pen.) e D (articoli 609 bis e 609 ter cod. pen.).
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati significativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.
Leave a Reply