Corte di Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 13 febbraio 2017, n. 3719

Non è stata riconosciuta la responsabilità dell’Anas in un incidente stradale che ha visto coinvolta una moto per un contrasto nella ricostruzione dei fatti, secondo cui il chiodo filettato che avrebbe fatto sbandare la moto si sarebbe trovato prima nella corsia di sorpasso poi in quella di emergenza

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI civile

ordinanza 13 febbraio 2017, n. 3719

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24439/2015 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona del suo institore elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS) SPA, in persona della sua procuratrice speciale, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1538/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del 23/07/2014, depositata il 23/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’11/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti; udito l’Avvocato (OMISSIS) (delega avvocato (OMISSIS)) difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

FATTO E DIRITTO

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’articolo 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’articolo 380 bis c.p.c., di seguito trascritta, proponendo il rigetto del ricorso ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5).

Premesso:

La Corte d’appello di Firenze con sentenza 23.9.2014 n. 1538 ha rigettato l’appello incidentale proposta da (OMISSIS) n.q. di procuratore speciale di (OMISSIS) e (OMISSIS), volta ad affermare la concorrente responsabilita’ dell'(OMISSIS) ex articoli 2051 e 2055 c.c. (in relazione a difetto di manutenzione della strada sulla quale si erano accumulati detriti, fango e non era stato rimosso un chiodo filettato) per le gravi lesioni subite dalla Manistereanu sbalzata dal motoveicolo condotto da (OMISSIS), sul quale viaggiava come trasportata, incidentatosi a causa di una improvvisa sbandata mentre percorreva la corsia di sorpasso. I Giudici hanno ritenuto che gli elementi probatori acquisiti al giudizio non fornivano la prova di anomalie del tratto stradale, tali da incidere sull’evento dannoso;

– Il ricorrente impugna, ritualmente, la sentenza con un unico motivo deducendo vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in punto di accertamento del concorso causale;

– Resistono (OMISSIS) s.p.a. e UNIPOL SAI s.p.a. che assicura la responsabilita’ civile del proprietario dei motoveicolo (OMISSIS) che non ha svolto difese.

si osserva quanto segue:

Occorre premettere che, alla presente controversia, trova applicazione la norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134 (recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”), che ha sostituito dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (con riferimento alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pubblicate successivamente alla data dell’11 settembre 2012). Il controllo del vizio di legittimita’ (fino ad allora esteso anche al processo logico argomentativo fondato sulla valutazione dei fatti allegati assunti come determinanti in esito al giudizio di selezione e prevalenza probatoria, potendo essere censurata la motivazione della sentenza, oltre che per – omessa – considerazione di un fatto controverso e decisivo dimostrato in giudizio, anche per “insufficienza – e per – contraddittorieta’” della argomentazione) rimane, pertanto, circoscritto alla verifica del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte formatasi in materia di ricorso straordinario – secondo cui tale requisito minimo non risulta soddisfatto esclusivamente qualora ricorrano quelle stesse ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorieta’; motivazione perplessa od incomprensibile) che si risolvono nella violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 e che determinano la nullita’ della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validita’. Al di fuori delle ipotesi indicate (attinenti alla – esistenza – del requisito motivazionale del provvedimento giurisdizionale) residua ormai soltanto l’omesso esame di un “fatto storico” (principale o secondario) controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia “decisivo” ai fini di una diversa decisione, non essendo piu’ consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo giustificativo della decisione adottata sulla base di elementi fattuali acquisiti al rilevante probatorio ritenuti dal Giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (cfr. Corte Cass. SS.UU. in data 7.4.2014 n. 8053; id. Sez. 3, Sentenza n. 11892 de/ 10/06/2016).

Ne segue che la censura di vizio di motivazione deve essere veicolata dai seguenti elementi indefettibili:

– individuazione di un “fatto storico” – ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, ritualmente accertato mediante verifica probatoria – che abbia costituito oggetto di discussione in contraddittorio tra le parti;

– incidenza di tale fatto su uno o piu’ degli elementi costitutivi della fattispecie normativa disciplinatrice del diritto controverso, rivestendo quindi carattere di decisivita’ ai fini della decisione di merito;

– “omesso esame” di tale fatto da parte del Giudice di merito, inteso come mancata rilevazione ed apprezzamento del dato probatorio tale da tradursi in una carenza argomentativa inficiante la relazione di dipendenza logica tra le premesse in fatto e la soluzione in diritto adottata dal Giudice, che deve essere evidenziata dallo stesso testo motivazionale (come ad es. nel caso in cui il Giudice formuli la “regula juris” – del rapporto controverso omettendo, a monte, di considerare la prova acquisita al giudizio – di uno degli elementi costituivi della fattispecie, ovvero di un fatto incompatibile con la realizzazione della fattispecie, che sia stato oggetto di verifica probatoria: cfr. Corte Cass. Sez. L, Sentenza n. 15205 del 03/07/2014) rendendo per conseguenza l’argomentazione priva del pur minimo significato giustificativo della decisione e dunque affetta da invalidita’.

Rimane dunque estranea al predetto vizio di legittimita’ qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il Giudice si e’ formato, ex articolo 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale probatorio, valutando la maggiore o minore attendibilita’ delle fonti di prova, ed operando quindi il conseguente giudizio di prevalenza (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016 che, icasticamente, afferma come il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non essendo, pertanto, censurabile con il vizio in questione errori attinenti alla individuazione di “questioni” o le “argomentazioni” relative all’esercizio del potere discrezionale di apprezzamento delle prove (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21152 del 08/10/2014), risultando in ogni caso precluso nel giudizio di cassazione l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori (cfr. Corte Cass. Sez. L, Sentenza n. 21439 del 21/10/2015).

Tanto premesso la sentenza d’appello:

a) ha esaminato puntualmente la situazione dei luoghi, come descritta nei rilievi tecnici della Polstrada (da cui risultava anche il rinvenimento sul manto stradale di un “chiodo filettato”: peraltro il Giudice di appello lo indica rinvenuto sulla “corsia di sorpasso” -percorsa dal motoveicolo-, mentre dal verbale tecnico-descrittivo, riportato virgolettato nel ricorso per cassazione, risulta che il chiodo e’ stato rinvenuto “sulla corsia di soccorso”: cfr. ricorso pag. 17) valutando le complessive prove (anche orali) assunte, rilevando, da un lato, che alcun elemento istruttorio consentiva di relazionare causalmente, “in concreto”, l’improvviso sbandamento della moto alla presenza del chiodo (la tesi difensiva secondo cui lo pneumatico della ruota posteriore della moto, senza subire foratura, sarebbe slittato a causa del chiodo, vien quindi relegata dalla Corte d’appello a mera stratta ipotesi priva di necessari riscontri indiziari, come qualsiasi altra alternativa ipotesi – astrattamente possibile – di fatti generatori della perdita di controllo del veicolo: manovra di sorpasso imprudente od imperita del conducente, negligente distrazione del conducente); dall’altro effettuando una valutazione comparativa tra le risultanze probatorie e ritenendo – in base al giudizio di prevalenza – recessive le dichiarazione rese dai testi rispetto ai dati emersi dai rilievi tecnici, in quanto “nessuna menzione si rinviene nel verbale in ordine a brecciolino, detriti o residui fangosi” (cfr. sentenza, in motivazione, pag. 9)

b) ha altresi’ evidenziato come il precedente richiamato dai danneggiati (Corte Cass. 21508/2011) non fosse pertinente, in quanto in quella causa risultava accertata in concreto – diversamente dal caso in esame – “la descrizione del manto stradale e la carenza di manutenzione”.

Gli indicati elementi di valutazione, posti a sostegno dell’argomentazione che fonda la decisione, pervengono quindi a soddisfare al “minimo costituzionale” del requisito motivazionale della sentenza, e la censura mossa dalla parte ricorrente, volta a fornire una diversa prospettiva di valutazione del complesso probatorio gia’ compiutamente esaminato dalla Corte d’appello, viene a risolversi sul piano della logica delle spiegazioni alternative che, se per un verso, non smentiscono la differente ricostruzione dei fatti adottata dal Giudice di merito, dall’altro viene a contestare la asserita “insufficienza” del discorso argomentativo, non integrante il vizio di legittimita’ come definito dal nuovo paradigma normativo, come puntualizzato da questa Corte Cass. SS.UU. 22.9.2014 n. 19881 – richiamata dalla stessa parte ricorrente – secondo cui “Il controllo previsto dell’articolo 360 c.p.c., nuovo n. 5), concerne, invece, l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti” (cfr. in motivazione, paragr. 4.7).

La Corte, riunita in Camera di consiglio, ha condiviso i motivi di diritto esposti nella relazione e la soluzione proposta, dovendosi precisare quanto alla doglianza consistente nel vizio di nullita’ della sentenza per carenza assoluta della motivazione che la relazione ha dato atto della rispondenza della motivazione ai requisiti minimi motivazionali richiesti dall’articolo 111 Cost., comma 6, come elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’ in materia di ricorso straordinario per cassazione e che definiscono anche l’ambito di invalidita’ del provvedimento giurisdizionale individuato dall’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4) e articolo 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2, atteso che la sentenza impugnata prende in considerazione, come si e’ visto, gli elementi fattuali acquisiti al giudizio, effettuando una ricostruzione della fattispecie concreta che se, da un lato, espunge la ipotesi della “motivazione apparente” (tale dovendosi ritenere l’argomentare auto-giusti ficativo, secondo la costruzione tautologica – “e’ vero……perche’ e’ vero” – o secondo la costruzione “falsamente” assiomatica, ovvero quando manca del tutto nello schema logico il momento epistemico non essendo evidenziabile tra premessa e conclusione il terzo-medio della relazione inferenziale – es. diritto sussiste perche’ la domanda e’ fondata”-) dall’altro, non evidenzia a livello testuale e sintattico, nello sviluppo logico argomentativo, un contrasto tra proposizioni inconciliabili o contraddittorie tale da impedire la comprensione del “dictum” del Giudice di merito: su tali specifici aspetti della carenza del requisito di validita’ della sentenza la censura si limita al richiamo della giurisprudenza di legittimita’, risultando pertanto prospettato soltanto formalmente (mediante indicazione della norma processuale in rubrica) il vizio di nullita’ dell’atto processuale, atteso che la esposizione critica del motivo risulta, invece, interamente incentrata a contestare la valutazione di singoli elementi probatori compiuta dal Giudice di appello ritenuta “inadeguata” rispetto alla diversa ricostruzione dei fatti prospettata dai ricorrenti, secondo uno schema estraneo tanto al vizio di invalidita’ per carenza assoluta di motivazione (non venendo in questione alcuna delle ipotesi – elaborate dalla giurisprudenza di questa Corte – di gravita’ tale da ritenere insussistente il requisito motivazionale), quanto al vizio motivazionale nella nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della parte ricorrente alla rifusione in favore dell'(OMISSIS) s.p.a. delle spese del giudizio di legittimita’ liquidate in dispositivo, dichiarate compensate le spese di lite tra le altre parti.

Sussistono i presupposti per l’applicazione il Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 7, che dispone l’obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 (cfr. Corte Cass. SU 18.2.2014 n. 3774).

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in favore di (OMISSIS) s.p.a. in Euro 5.00000 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% dei compensi ex articolo 2, comma 2 Tariffa, ed accessori di legge; dichiara compensate le spese di lite tra le altre parti;

– dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater

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