Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 16 novembre 2016, n. 23348

Legittimo il licenziamento del dipendente che viola la clausola di esclusiva con la Rai lavorando per un’ emittente concorrente più volte e anche durante la malattia.

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 16 novembre 2016, n. 23348

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere
Dott. SPENA Francesca – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16060-2015 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

nonche’ da:

(OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 3555/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/04/2015 R.G.N. 4668/14;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/06/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca che ha concluso per l’inammissibilita’ e rigetto del ricorso principale ed incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.Con sentenza depositata il 23 aprile 2015 la Corte d’appello di Roma, decidendo a seguito di reclamo L. n. 92 del 2012, ex articolo 1, comma 58, proposto da entrambe le parti, confermo’ la decisione del giudice di primo grado che, previa conversione da licenziamento per giusta causa in licenziamento disciplinare per giustificato motivooggettivo, aveva dichiarato legittimo il recesso intimato da Societa’ (OMISSIS) s.p.a. al dott. (OMISSIS) a seguito di contestazioni disciplinari inerenti ad alcune partecipazioni del predetto a trasmissioni dell’emittente televisiva concorrente (OMISSIS), una delle quali svoltasi in concomitanza di assenza dal lavoro per malattia ed un’altra allorche’ risultava in servizio e in possesso di autovettura aziendale.

2.La Corte rilevo’ che la disciplina collettiva e il contratto di lavoro prevedevano l’obbligo di esclusiva del giornalista con rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno, con necessita’ che l’espletamento di altri incarichi fosse autorizzato dal direttore, d’accordo con l’editore, e che non fossero autorizzabili altri incarichi in contrasto con gli interessi aziendali, fatta salva la liberta’ di manifestazione delle proprie opinioni in pubblicazioni culturali, religiose, politiche o sindacali. Ritenne che la partecipazione del (OMISSIS) a tre trasmissioni (oggetto delle tre contestazioni disciplinari ritenute tempestive), concretizzatasi nel commento di notizie di attualita’, comprese recenti elezioni regionali, in qualita’ e con la professionalita’ del giornalista, risultava diretto esercizio di attivita’ giornalistica lesiva degli interessi dell’azienda, piuttosto che manifestazione di opinioni.

3. La stessa Corte respinse il reclamo incidentale proposto dalla Rai e volto a censurare le statuizioni in forza delle quali erano state ritenute tardive le altre contestazioni disciplinari nei confronti del (OMISSIS) ed era stata esclusa la sussistenza di una giusta causa di licenziamento.

4. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il (OMISSIS) sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso la (OMISSIS), proponendo ricorso incidentale sulla base di tre motivi, a sua volta resistito con controricorso. La (OMISSIS) ha prodotto memorie ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. 15 luglio 1966, n. 604, articoli 1 e 3, ex articolo 360, n. 3 per licenziamento disposto in assenza di una giusta causa e di un giustificato motivo soggettivo; violazione e falsa applicazione ex articolo 360, n. 3 dell’articolo 21 Cost. per limitazione del diritto alla liberta’ di opinione; violazione e falsa applicazione dell’articolo 8 del CNLG ex articolo 360, n. 3 per insussistenza della contestata violazione del vincolo di esclusiva del rapporto giornalistico; violazione e falsa applicazione degli articoli 1262, 1363, 1365 e 1366 ex articolo 360, n. 3 per erronea interpretazione del patto di esclusiva ex articolo 8 del CCNLG e del regolamento di disciplina; violazione e falsa applicazione della L. 15 luglio 1966, n. 604, articolo 5 e dell’articolo 2697 c.c. ex articolo 360, n. 3 per mancato assolvimento dell’onere probatorio in merito a tutti gli elementi costitutivi della fattispecie posta alla base della contestazione disciplinare e del recesso; violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 42, lettera b ex articolo 360, n. 3 e pertanto del principio della tipizzazione contrattuale in tema disciplinare; violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. ex articolo 360, n. 3; omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360, n. 5 Osserva che la Corte d’appello ha ritenuto la violazione dell’articolo 8 del CNLG partendo da un’errata interpretazione dell’attivita’ giornalistica, confondendo la partecipazione estemporanea a trasmissioni televisive con gli incarichi professionali caratterizzati da ruolo e impegno professionale continuo e con inserimento in seno all’organizzazione di una impresa editoriale. Rileva che l’autorizzazione non era necessaria, pena la violazione dell’articolo 21 Cost., poiche’ l’articolo 8 CCNL citato consente al giornalista di manifestare le proprie opinioni attraverso pubblicazioni di carattere culturale, religioso, politico e sindacale.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce insussistenza di condotte inadempienti esercizio del diritto costituzionale di manifestare la propria opinione; violazione e falsa applicazione della L. 15 luglio 1966, n. 604, articolo 12 ex articolo 360, n. 3 per non aver applicato le condizioni di miglior favore ai prestatori di lavoro; violazione e falsa applicazione dell’articolo 21 Cost. ex articolo 360, n. 3 per violazione del diritto di manifestare liberamente la propria opinione; violazione e falsa applicazione del regolamento aziendale adottato con accordo decentrato (OMISSIS) del 29/6/2009 ex articolo 360, n. 3 perche’ in parte piu’ favorevole nel caso di violazione dell’obbligo di esclusiva ex articolo 8 cnl e in parte piu’ sfavorevole per cio’ che concerne i presupposti e i limiti contrattuali al diritto di manifestare la propria opinione; violazione e falsa applicazione dell’articolo 8 del CNLG ex articolo 360, n. 3 perche’, seppure piu’ favorevole, non e’ stato applicato rispetto alle circolari (OMISSIS) e al contratto integrativo in pejus; omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c., n. 5. Rileva che la Corte d’appello ha ritenuto applicabile il regolamento di disciplina (OMISSIS) in luogo dell’articolo 50 CNLG in quanto contenente disposizioni di maggior favore relativamente alla modulazione delle sanzioni. Osserva, inoltre, che la violazione del dovere di esclusiva, quale causa di licenziamento prevista dal CNLG, secondo il regolamento di disciplina (OMISSIS) rientra tra le infrazioni sanzionabili in via conservativa. Evidenzia che alla ricorrente e’ stata contestata la mancata autorizzazione per le partecipazioni a trasmissioni televisive di emittenti diverse, ai sensi della circolare 24/1/2003, la quale introduce condizioni peggiorative rispetto all’articolo 8 CNLG ed e’ priva di effetto giuridico rispetto al disposto contrattuale in tema di liberta’ di espressione della propria opinione. Osserva che, in ogni caso, la circolare distingue tra collaborazioni e incarichi, da una parte, e partecipazioni a trasmissioni di emittenti diverse, dall’altra. Rileva che al ricorrente e’ stata contestata la mera partecipazione alle suddette trasmissioni, nel corso delle quali egli si era limitato a esprimere la propria opinione senza mai ledere alcun vincolo di esclusiva; evidenzia, inoltre, che la partecipazione a una trasmissione non puo’ essere considerata “stessa prestazione giornalistica”.

3. Il ricorrente deduce, ancora, abnormita’ del licenziamento violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363 e 1366 c.c. e ss ex articolo 360 n. 3 – violazione e falsa applicazione ed erronea interpretazione del regolamento di disciplina e del disposto normativo ex articolo 2106 c.c. ex articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione ed erronea interpretazione del contratto e del codice disciplinare e delle circolari esplicative ex articolo 360, n. 3; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c., n. 5. Premesso che la disciplina collettiva prevede sanzioni conservative per il caso di collaborazione, incarico e contributo resi a qualsiasi titolo a imprese giornalistiche, qualora dette prestazioni siano in contrasto a quanto previsto dall’articolo 8 ccnl, fatta salva l’applicazione di sanzioni piu’ gravi in relazione all’entita’ dell’inosservanza e delle sue conseguenze, osserva che le condotte contestate, sia valutate individualmente che complessivamente, non avrebbero mai potuto determinare la sanzione del licenziamento.

4. Con l’ultimo motivo il ricorrente deduce, infine, violazione e falsa applicazione dell’articolo 6 ex articolo 360, n. 3 per mancata proposizione del recesso da parte del direttore di testata e conseguente illegittimita’, nullita’ e annullabilita’ inesistenza e inefficacia del recesso per carenza di legittimazione e violazione della procedura; violazione e falsa applicazione dell’articolo 50 CNLG ex articolo 360, n. 3 qualora ritenuto applicabile per non aver sentito il direttore di testata prima del recesso e conseguente illegittimita’ nullita’ e annullabilita’, inesistenza e inefficacia del recesso per carenza di legittimita’ e violazione della procedura; violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 ex articolo 360, n. 3 per non avere la (OMISSIS) provato di aver sentito il direttore di testata prima di irrogare il licenziamento; omessa valutazione di fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione ex articolo 360, n. 5. Osserva che il licenziamento e’ stato irrogato dal direttore Risorse Umane in violazione dell’articolo 6 del CNLG, in assenza di proposta del direttore di testata, il quale non e’ stato neppure sentito ex articolo 50 del CNLG. Rileva che il direttore per esercitare il suo ruolo di garante dell’autonomia del giornalista dei diritti di liberta’ e di cronaca e di pensiero deve essere messo nelle condizioni di poter esercitare il diritto di proporre o meno il licenziamento.

5. Vanno esaminati preliminarmente i rilievi d’inammissibilita’ formulati con il ricorso incidentale. Lasciando alla successiva trattazione dei singoli motivi le questioni sub A.1. (improcedibilita’ del ricorso ex articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4), sub A.2. (inammissibilita’ del ricorso perche’ afferente a questioni di merito non proponibili in sede di legittimita’) e sub A.4. (inammissibilita’ del ricorso per violazione del principio di autosufficienza ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), vengono in esame, preliminarmente, i rilievi formulati sub A.3.

(inammissibilita’ del ricorso per violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4) e sub A.S. (inammissibilita’ del ricorso per cassazione per l’operativita’ del filtro selettivo della doppia conforme ex articoli 348 bis e ter c.p.c.). Quanto a tale ultimo profilo, il rilievo e’ privo di fondamento. Va osservato, infatti, che la norma invocata riguarda i vizi di motivazione, mentre nel caso in disamina le censure investono prevalentemente vizi di violazione di legge, al piu’ commisti con vizi di motivazione. E’ fondato, invece, il rilievo attinente alla violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, ove si consideri la formulazione stessa delle censure da 1 a 3, effettuata mediante affastellamento commisto e confuso di plurime violazioni di legge e vizi motivazionali, e la circostanza che “Il giudizio di cassazione e’ un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassativita’ e della specificita’ ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’articolo 360 cod. proc. civ., sicche’ e’ inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicita’ di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito” (cosi’ Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19959 del 22/09/2014, Rv. 632466).

6. Venendo all’esame degli aspetti salienti relativi i punti che possono essere ricavati dalla pur carente formulazione dei primi tre motivi di ricorso, gli stessi attengono alla violazione della clausola di esclusiva di cui all’articolo 8 CCNL e, in genere, della disciplina collettiva, oltre che alla presunta insussistenza del giustificato motivo di licenziamento. Al riguardo va tenuto presente, in primo luogo, il principio enunciato da Cass. Sez. L, Sentenza n. 6848 del 22/03/2010, Rv. 612262: “In tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, il giudizio di proporzionalita’ o adeguatezza della sanzione all’illecito commesso – rimesso al giudice di merito – si sostanzia nella valutazione della gravita’ dell’inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto, e l’inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo rispetto alla regola generale della “non scarsa importanza” di cui all’articolo 1455 cod. civ., sicche’ l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto” (conforme Cass. N. 25743 del 2007, Rv. 601361).

In tale prospettiva si evidenzia che le critiche svolte con i motivi di ricorso concernono non gia’ la verifica in ordine ai criteri ermeneutici di applicazione della clausola generale di cui all’articolo 1455 c.c., ma, piuttosto, l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi ritenuti dai giudici del merito idonei a integrare il giustificato motivo di licenziamento. E’ da ricordare che la Corte territoriale ha fondato il suo giudizio su “la pluralita’ delle partecipazioni in periodo di tempo breve (meno di un mese), la partecipazione a trasmissioni di impresa giornalistica concorrente nell’ambito regionale, il contesto non pluralista di dette trasmissioni, la partecipazione alla trasmissione del 21/2/2013 in giornata nella quale il lavoratore era assente dal servizio per malattia, la partecipazione alla trasmissione del 25/2/2013 in giornata ed orario nel quale il lavoratore era di turno in redazione, la presenza di precedenti disciplinari, la consapevolezza della violazione della clausola evincibile dalla richiesta di autorizzazione formulata in occasione di altri eventi”, da cio’ traendo la sussistenza del giustificato motivo di licenziamento secondo i parametri indicati dalla contrattazione collettiva. Allo stesso modo la Corte territoriale ha dato conto dei fattori, quali l’elemento intenzionale, che qualificano la condotta contestata anche in termini di gravita’ del comportamento e proporzionalita’ della sanzione. La critica svolta dal ricorrente, pertanto, trascurando gli indicati elementi presi in considerazione dalla sentenza, appare rivolta non gia’ verso i criteri di applicazione della clausola generale, ma piuttosto verso la sussunzione, effettuata dai giudici del merito sulla base delle risultanze istruttorie, della situazione di fatto nei parametri indicati dalla clausola medesima. Di conseguenza, al di la’ della formulazione delle censure quali violazioni di legge, le stesse finiscono con l’investire la valutazione delle risultanze istruttorie sulla cui base e’ stato formulato il predetto giudizio di sussunzione, proponendo a questa Corte questioni di mero fatto non esaminabili in sede di legittimita’ (v. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014, Rv. 633335: “la Corte di cassazione non e’ mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalita’ e logicita’ della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non puo’ limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti”). Alle svolte argomentazioni si aggiunga che tutte le censure fanno riferimento alla norma contrattuale collettiva, sicche’ sono sanzionate da improcedibilita’ per difetto di autosufficienza, non risultando prodotto per intero il contratto collettivo di riferimento. Va richiamato in proposito il principio piu’ volte affermato nella giurisprudenza di legittimita’ secondo il quale “L’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda – imposto, a pena di improcedibilita’, dall’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nella nuova formulazione di cui al Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 – non puo’ dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendosi ritenere che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo dell’intervento legislativo di cui al citato Decreto Legislativo n. 40 del 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dagli articoli 1362 cod. civ. e ss. e, in ispecie, con la regola prevista dall’articolo 1363 cod. civ., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa” (Sez. L., Sentenza n. 15495 del 02/07/2009. Rv. 609037).

7. In ordine all’ultimo motivo di ricorso si evidenzia che la censura non investe utilmente la rado sottesa alla decisione sul punto: la Corte territoriale, infatti, aveva evidenziato che il richiamo all’articolo 6 CNLG non era pertinente, giacche’ la suddetta procedura era stabilita per i licenziamenti tecnico professionali, operando negli altri casi, in relazione ai casi di licenziamento disciplinare, la procedura ordinaria di cui alla L. n. 300 del 1970, articolo 7. La critica del ricorrente non concerne l’evidenziato profilo.

8. Con ricorso incidentale la societa’ deduce, con il primo motivo, violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c. e articolo 118 disp. att. c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva che la Corte d’appello si e’ limitata a motivare per relationem alla sentenza di primo grado mediante mera adesione ad essa, malgrado le specifiche censure dedotte nei motivi d’impugnazione. Rileva che mancano sia l’illustrazione delle critiche mosse, sia le considerazioni che hanno indotto a disattenderle.

9. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c. e articolo 118 disp. att. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva che la Corte d’appello ha offerto una motivazione inidonea a chiarire le ragioni giuridiche a base dell’adesione alla decisione del giudice di prime cure.

10. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c. e articolo 118 disp. att. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva che la decisione ha pretermesso l’indicazione degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento o li ha indicati senza compiere alcuna approfondita disamina logica e giuridica.

11. I motivi di ricorso incidentale si appuntano tutti sulle statuizioni in forza delle quali sono state ritenute tardive le altre contestazioni disciplinari nei confronti del (OMISSIS) ed e’ stata esclusa la sussistenza di una giusta causa di licenziamento. Gli stessi, pertanto, possono essere trattati congiuntamente. Al riguardo osserva la Corte che non sono ravvisabili le dedotte violazioni di legge, giacche’ le argomentazioni svolte al riguardo contengono un nucleo motivazionale minimo idoneo a fornire spiegazione adeguata delle ragioni sottese alla decisione, seppure mediante adesione alle argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado riguardo alla distanza temporale tra i fatti del 2011 e 2012 e la relativa contestazione, all’applicabilita’ delle sanzioni di cui al regolamento di disciplina (OMISSIS) quale normativa di maggior favore, alla possibilita’ di prosecuzione provvisoria del rapporto in relazione alle violazioni contestate. In ordine al vizio motivazionale, pure rilevato, si osserva che anche tale censura e’ infondata, poiche’ non risultano denunciati vizi sussumibili nell’ambito dei limiti della doglianza come enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte in relazione alla nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., risultante dall’intervento della L. n. 134 del 2012, vigente ratione temporis (“La riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

12. In base alle svolte argomentazioni devono essere rigettati tanto il ricorso principale, quanto quello incidentale. Le spese del giudizio di legittimita’ sono compensate tra le parti in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis

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