Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 4 novembre 2016, n. 22413

I redditi provenienti da prostituzione non rappresenta reddito esente o non imponibile e neppure provento da attività illecita ma rientra tra i redditi diversi tassabili ex articoli 6 e 67 lettera l) Dpr 917/1986

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

sentenza 4 novembre 2016, n. 22413

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere
Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5894-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;

– controricorrente –

sul ricorso 6241-2010 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3/2008 della COMM.TRIB.REG. TOSCANA, depositata il 22/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/06/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito per il ricorrente r.g. n. 5894/10 l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto;

udito per il ricorrente r.g. n. 6241/10 l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita che ha concluso per il n. r.g. 5894/10 l’accoglimento del ricorso, per il n. r.g. 6241/10 il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate eseguiva una verifica nei confronti di (OMISSIS), che, pur non avendo mai presentato dichiarazione dei redditi (tranne che per l’annualita’ 2003), risultava intestataria di numerose autovetture anche di lusso, acquirente di un appartamento, titolare di vari contratti di locazione immobiliare; inoltre dagli accertamenti bancari eseguiti risultava intestataria di dieci conti correnti attivi e di gestioni patrimoniali. Sulla base dei versamenti rilevati dalle indagini bancarie, l’Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento per gli anni di imposta dal 1996 al 2003 con i quali recuperava a tassazione, ai fini Irpef, redditi diversi per importi annuali varianti da Euro 39.850 ad Euro 97.997, oltre al reddito da fabbricati, l’unico denunciato dalla contribuente.

Contro gli avvisi di accertamento (OMISSIS) proponeva ricorso, sostenendo la non tassabilita’ dei redditi accertati in quanto provento dell’attivita’ di prostituzione da lei esercitata.

La Commissione tributaria provinciale di Firenze con sentenza n.146 del 2006 accoglieva parzialmente il ricorso: riconosceva rilevanza reddituale ai proventi dell’attivita’ di meretricio, ma riteneva che essi fossero soltanto quelli risultanti dai versamenti sui conti correnti effettuati in contanti, escludendo quelli effettuati mediante versamento di assegni.

(OMISSIS) proponeva appello e l’Agenzia delle Entrate si costituiva proponendo appello incidentale. Con sentenza n.3 del 22.1.2009 la Commissione tributaria regionale di Firenze rigettava l’appello principale della contribuente, confermando che il reddito da meretricio non costituisce reddito esente o non imponibile e neppure provento da attivita’ illecita, ma rientra tra i redditi diversi, tassabili a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 6 e articolo 67, lettera l), derivanti da lavoro autonomo non esercitato abitualmente ovvero dalla assunzione di obblighi di fare o permettere; accoglieva parzialmente l’appello incidentale dell’Ufficio, qualificando come reddito tassabile, provento dell’attivita’ di prostituzione, anche una parte dei versamenti in assegni tra i quali quelli emessi da tale (OMISSIS); riteneva “giustificati”, poiche’ non connessi con l’attivita’ di prostituzione, i restanti versamenti in assegni, con particolare riguardo agli assegni emessi dalla societa’ F.lli (OMISSIS), valorizzando la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorieta’ resa dall’amministratore unico della societa’, il quale riferiva di avere consegnato gli assegni ricevuti in pagamento dai clienti a (OMISSIS) perche’ li depositasse sul proprio conto correnti, restituendogli l’equivalente in contanti; riteneva valide le giustificazioni fornite da (OMISSIS) con riferimento agli assegni emessi con traenza (OMISSIS), Comune di Firenze e (OMISSIS).

Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articoli 32 e 41 e articolo 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riguardo ai versamenti di assegni ritenuti giustificati ed in particolare degli assegni emessi dalla ditta f.lli (OMISSIS) e degli assegni con traenza (OMISSIS), Comune di Firenze e (OMISSIS); 2) violazione del Decreto Legge 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 7, comma 4 in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4 nella parte in cui ha ammesso la prova costituita dalla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorieta’ rilasciata dall’amministratore unico della F.lli (OMISSIS), in violazione del divieto di prova testimoniale nel processo tributario, ed ha conferito a tale atto valenza di prova piena anziche’ di prova indiziaria; 3) vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione nella parte in cui ha ritenuto giustificati i versamenti di assegni provenienti dalla ditta F.lli (OMISSIS), nonostante dagli accertamenti riportati nel processo verbale di constatazione non risultasse alcuna restituzione delle somme ricevute.

La contribuente resiste con controricorso.

Contro la medesima sentenza anche (OMISSIS) propone ricorso per i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione di una norma di legge ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; 2) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 con riguardo alla indicazione della norma per la quale si e’ proceduto all’accertamento e conseguentemente al metodo applicato; 3) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui ha ricompreso i proventi della prostituzione una volta nell’attivita’ di impresa, una volta nell’attivita’ di lavoro autonomo; ha ritenuto occasionale l’attivita’ di prostituzione svolta dalla contribuente e poi ha definito la stessa quale prostituta “di lusso” con clienti abituali; 4) violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 38, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

CONSIDERATO IN DIRITTO

A norma dell’articolo 335 c.p.c., si procede preliminarmente alla riunione dei ricorsi contro la medesima sentenza, separatamente proposti dall’Agenzia delle Entrate e dalla contribuente.

A). Il ricorso della Agenzia delle Entrate (n.5894/2010), da qualificarsi ricorso principale in quanto notificato per primo, deve essere accolto nei termini di seguito indicati.

1. Il primo motivo e’ inammissibile per inidoneita’ del quesito. La ricorrente deduce il vizio di violazione di legge previsto dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento agli articoli di legge indicati nella enunciazione del motivo, mentre nel quesito di diritto formula censure attinenti al diverso vizio di carenza di motivazione con riguardo alla genericita’ ed aspecificita’ delle giustificazioni fornite dalla contribuente. Deve pertanto applicarsi la regola secondo cui costituisce causa di inammissibilita’ del motivo di ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c., l’erronea sussunzione del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimita’ nell’una o nell’altra delle fattispecie previste dall’articolo 360 cod. proc. civ. (Sez. 3, Sentenza n. 21099 del 16/09/2013, Rv. 628624; Sez. 3, Sentenza n. 21165 del 17/09/2013, Rv. 628690).

2. Il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente, sono fondati. In materia di utilizzabilita’ delle prove dichiarative nel processo tributario, questa Corte ha stabilito che, fermo restando il divieto di assunzione della prova testimoniale sancito dal Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 7, anche al contribuente deve essere riconosciuta la facolta’ di avvalersi di dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale; tuttavia esse non possono costituire prova piena dei fatti affermati, ma hanno il valore probatorio piu’ limitato “proprio degli elementi indiziari, i quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione”, secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 18 del 2000. (Sez. 5, Sentenza n. 11785 del 14/05/2010, Rv. 612990; Sez. 5, Sentenza n. 8369 del 05/04/2013, Rv. 626308).

La sentenza impugnata si e’ discostata da tale regola di valutazione probatoria, omettendo di indicare quali siano gli ulteriori elementi idonei a conferire valenza di prova alle dichiarazioni extraprocessuali rese dall’amministratore della srl F.lli (OMISSIS) circa la causale dei versamenti effettuati sui conti della contribuente (OMISSIS), estranea alla societa’. Sussiste il vizio di carenza di motivazione nella parte in cui il giudice di appello recepisce acriticamente le dichiarazioni in oggetto, omettendo qualunque vaglio di attendibilita’ delle affermazioni dell’amministratore della societa’ laddove riconduce la cospicua movimentazione di denaro effettuata su conto intestato a soggetto estraneo alla societa’ ( (OMISSIS)) a meri rapporti di “gentilezza e disponibilita’”, e ad una non meglio precisata “impossibilita’ di negoziare presso il sistema bancario gli assegni ricevuti dalla clientela”; il giudice di appello omette di rispondere alle controdeduzioni svolte dall’Ufficio nell’appello incidentale in ordine alla assenza, nelle movimentazioni bancarie esaminate, di ogni traccia contabile della asserita retrocessione delle somme in contanti da parte di (OMISSIS) in favore della societa’ F.lli (OMISSIS).

In accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso della Agenzia delle Entrate, la sentenza deve essere cassata, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

B) Il ricorso incidentale della contribuente e’ infondato.

1. Il primo motivo e’ inammissibile, a norma dell’articolo 366 bis c.p.c., per inidoneita’ del quesito. La ricorrente deduce il vizio di violazione di legge senza specificare, nella enunciazione del motivo o nella formulazione del quesito, quale sia la norma o le norme di legge che assume violate dalla sentenza impugnata. Il quesito contiene una interrogazione astratta circa la natura reddituale o meno dei proventi dell’attivita’ di prostituzione, che prescinde da qualunque collegamento con le concrete argomentazioni svolte sul punto nella sentenza impugnata. Il quesito e’ ulteriormente inammissibile perche’ irrilevante, nella parte in cui pone l’interrogativo circa la qualificazione dei proventi dell’attivita’ di prostituzione quale “reddito di impresa”, atteso che la sentenza impugnata, nella fattispecie concretamente esaminata, ha ricondotto i proventi della prostituzione esercitata dalla contribuente alla categoria dei “redditi diversi”, assimilabili al reddito da lavoro autonomo. (sulla inammissibilita’ di quesiti di diritto di carattere generale ed astratto, Sez. U, Sentenza n. 26020 del 30/10/2008, Rv. 605378).

2. Il secondo motivo e’ infondato. Il giudice di appello ha correttamente rilevato che l’Ufficio ha proceduto all’accertamento d’ufficio ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 41 con riferimento alle annualita’ per le quali non e’ stata presentata denuncia dei redditi; con riferimento all’annualita’ per la quale e’ stata presentata dichiarazione, ha proceduto a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 38 riguardante la rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche, che espressamente richiama le metodologie previste dall’articolo 39 stesso D.P.R., tra le quali “l’utilizzo dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32” (nella specie accertamenti bancari).

3.11 terzo motivo e’ inammissibile poiche’ non attiene ad un punto decisivo della controversia. Il giudice di appello non ha qualificato i proventi dell’esercizio dell’attivita’ di prostituzione quale “redditi di impresa”, ma li ha qualificati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, articolo 6 e articolo 67, lettera l) quali “redditi diversi derivanti dall’attivita’ di lavoro autonomo non esercitata abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare”. La pretesa contraddittorieta’ della motivazione, nella parte in cui afferma che la contribuente svolgeva attivita’ di prostituzione in forma occasionale pur avendo clienti abituali, e’ comunque circostanza irrilevante: l’esercizio della attivita’ di prostituzione, occasionale o abituale che sia, genera comunque un reddito imponibile ai fini Irpef, trattandosi in ogni caso di proventi rientranti nella categoria residuale dei redditi diversi prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 6, comma 1 lettera f); il requisito della abitualita’ e’ rilevante ai diversi fini dell’assoggettamento dei proventi dell’attivita’ di prostituzione anche alle imposta indirette (Iva) a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 5, secondo cui costituisce esercizio di arti o professioni, soggette all’Iva, l’esercizio per professione abituale di qualsiasi attivita’ di lavoro autonomo (in tal senso Sez. 5, Sentenza n. 10578 del 13/05/2011, Rv. 618085).

4. Il quarto motivo e’ inammissibile per inidoneita’ del quesito formulato a norma dell’articolo 366 bis c.p.c.: nella prima parte non viene censurata la sentenza ma si pone un interrogativo sulle corrette modalita’ di motivazione degli atti impositivi; la seconda parte contiene un quesito circa la qualificazione dei proventi derivanti dall’attivita’ di prostituzione svolta con abitualita’, non pertinente al caso in esame posto che il giudice di merito ha ritenuto che la contribuente svolgesse attivita’ di prostituzione in forma non abituale.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale della Agenzia delle Entrate ed accoglie il secondo ed il terzo; cassa sul punto la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione. Rigetta il ricorso incidentale della contribuente

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