Scatta il reato di tentata truffa per chi spacciandosi per avvocato si faccia consegnare una somma di denaro per condurre accertamenti presso Equitalia

Suprema Corte di Cassazione

sezione II penale

sentenza 19 settembre 2016, n. 38752

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente
Dott. GALLO Domenico – Consigliere
Dott. VERGA Giovanna – Consigliere
Dott. AIELLI Lucia – rel. Consigliere
Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1072/14 della Corte d’appello di Firenze del 24/3/2015;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
sentita la relazione del Consigliere dott. Lucia Aielli;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BALDI Fulvio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. (OMISSIS) che si e’ riportata ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24/3/2015 la Corte d’Appello di Firenze in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Firenze il 19/3/2013, che aveva condannato (OMISSIS) per i delitti di esercizio abusivo della professione forense e tentata truffa, rideterminava la pena irrogata in primo grado, escludendo la circostanza aggravante della recidiva.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione (OMISSIS) personalmente il quale deduce la violazione di legge (articolo 348 c.p.) e la mancanza, manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione, per travisamento della prova, poiche’ l’attivita’ da lui posta in essere non integrava il reato di esercizio arbitrario della professione di avvocato, come ritenuto dai giudici di merito, di cui mancherebbero atti tipici (giudiziali o stragiudiziali), essendosi essa sostanziata in una forma di pubblicita’ delle competenze di altri professionisti, tantopiu’ che la principale fonte di prova, rappresentata dalle dichiarazioni del teste (OMISSIS), non e’ stata adeguatamente vagliata, tenuto conto del suo persistente interesse economico, come ricavabile dalla costituzione di parte civile, mentre le dichiarazioni e la dazione del denaro (Euro 1.500,00) da parte del teste (OMISSIS), all’imputato, si collocavano al di fuori della prospettata prestazione forense.
3. Quanto al delitto di truffa tentata (cosi’ derubricata l’originaria imputazione), il ricorrente contesta la sentenza per violazione di legge ed illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione essendo stata travisata la prova della dazione materiale della somma di denaro destinata a dirimere la vertenza del (OMISSIS) con (OMISSIS), non indicativa del pericolo per la liberta’ patrimoniale della p.o., avendo l’atto un significato del tutto equivoco e non essendo certa la direzione finalistica dello stesso.
4. Infine il ricorrente contesta la violazione di legge e l’illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione relativamente alle circostanze attenuanti generiche che, a suo avviso, immotivatamente sarebbero state negate ed erroneamente ritenute oggetto di motivi nuovi non ammissibili.
5. In ultimo il ricorrente contesta l’eccessivita’ della pena in quanto non parametrata ai criteri di cui all’articolo 133 c.p., tenuto conto della resipiscenza del ricorrente e della necessita’ di attenuare il giudizio sulla pena gia’ inflitta.
6. Con separato ulteriore ricorso del 9/5/2015 il (OMISSIS) deduce la violazione di legge e la contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione non essendosi la Corte avveduta, che il (OMISSIS) era difeso da un avvocato sospeso dall’albo (avv. (OMISSIS)), sicche’ non sarebbe stata apprestata la dovuta difesa, ne’ sarebbero state correttamente eseguite le notifiche presso la sorella convivente del ricorrente, il quale deduce di non essere stato giudicato incompatibile con lo svolgimento dell’attivita’ forense poiche’ era ancora in corso il relativo procedimento amministrativo e anzi in un caso analogo il Giudice monocratico del Tribunale di Santa Maria Vetere lo aveva assolto.
7. Il difensore avv. (OMISSIS), a sua volta, proponeva ricorso per cassazione ripercorrendo le censure sollevate dal ricorrente (OMISSIS), personalmente, ai punti 2 e 4.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto dal difensore avv. (OMISSIS) e’ inammissibile trattandosi di ricorso proposto da soggetto non legittimato non potendosi ritenere valida la procura speciale conferita al difensore e pervenuta via fax in cui non si comprende a chi sia riferibile la sottoscrizione, peraltro non autenticata ai sensi dell’articolo 122 c.p.p..
2. Quanto al ricorso proposto da (OMISSIS) personalmente, vanno preliminarmente esaminate le censure riportate nel ricorso del 4/5/2015, afferenti alla nullita’ del giudizio di secondo grado. Esse sono infondate riscontrandosi la compiuta assistenza del ricorrente, in grado di appello, da parte di due difensori dei quali l’avv. (OMISSIS), rimaneva assente mentre l’avv. (OMISSIS), asseritamente sospeso, era sostituto da altro avvocato, con il che puo’ ritenersi che non si sia concretizzata alcuna lesione del diritto di difesa dell’imputato, ne’ nella pianificazione della strategia difensiva essendo l’imputato, assistito (anche) da professionista abilitato (avv. (OMISSIS)), ne’ nell’assistenza apprestata in udienza ove il predetto avv. (OMISSIS), era assente e veniva sostituito.
3. Quanto alla correlata eccezione relativa alla irregolarita’ della notifica, del decreto di citazione in appello in quanto effettuata a mani della sorella dell’imputato con lui non convivente, l’eccezione e’ infondata atteso che la notifica venne eseguita a mani proprie dell’imputato, ovvero nella forma piu’ sicura per portare l’atto a conoscenza del destinatario (Sez. 2, 6910/2011, rv. 249360).
Il ricorso proposto e’ invece parzialmente fondato avuto riguardo alla configurabilita’ del delitto di cui all’articolo 348 c.p..
4. Oggetto della tutela predisposta dall’articolo 348 c.p., e’ costituito dall’interesse generale, riferito alla pubblica amministrazione, che determinate professioni, richiedenti particolari requisiti di probita’ e competenza tecnica, vengano esercitate soltanto da chi, avendo conseguito una speciale abilitazione amministrativa, risulti in possesso delle qualita’ morali e culturali richieste dalla legge. Ne deriva che la tutela in esame si estende soltanto agli atti “propri” o “tipici” delle suddette professioni in quanto alle stesse riservati in via esclusiva e non anche agli atti che, pur essendo in qualche modo connessi all’esercizio professionale difettano di tipicita’ nel senso sopra indicato, perche’ suscettibili di essere posti in essere da qualsiasi interessato (Sez. 6, n. 1207/1982 rv. 167698; Sez. 6, 42790/2007, rv. 238088).
5. Nel caso di specie (OMISSIS) poneva in essere, tanto nel rapporto con Laura (OMISSIS), quanto con Giuseppe (OMISSIS), atti carenti del detto requisito di tipicita’, non potendo lo stesso ravvisarsi nella manifestazione di volonta’ di assumere la (OMISSIS) quale collaboratrice di studio, ovvero nella firma di una delega per acquisire documenti contabili presso (OMISSIS), rilasciata dal (OMISSIS) al (OMISSIS), trattandosi, in entrambi i casi, di attivita’ praticabile da chiunque.
6. Quanto ai motivi di ricorso afferenti al tentativo di truffa (come derubricato in sentenza) non v’e’ dubbio, invece, che la prospettazione della propria qualita’ di avvocato, invero inesistente, abbia costituito il motivo per cui il (OMISSIS) decideva di affidare gli accertamenti, da eseguirsi presso (OMISSIS), al ricorrente, trattandosi di una qualita’ rassicurante circa il buon esito delle verifiche, che lo induceva a consegnargli l’assegno di Euro 1.500,00 quale acconto della maggior somma finale, corrisposta a titolo onorario, sicche’ correttamente la Corte di merito ha ravvisato, nel caso in esame, il reato di truffa tentata (cfr. per casi analoghi: Sez. 6 4682/2005, 232534; Sez. 3645/1989, rv. 183704).
5. Quanto infine alle residuali doglianze circa la errata o omessa motivazione in punto di determinazione della pena e al diniego della circostanze generiche, deve osservarsi che trattasi di censure in fatto posto che la Corte di merito ha dato adeguatamente conto degli argomenti utilizzati per determinazione della sanzione, richiamando i parametri di cui all’articolo 133 c.p., e non essendo consentito sindacare l’esercizio del potere discrezionale del giudice quando non affetto da arbitrii o manifeste illogicita’. Deve richiamarsi, in proposito, il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’articolo 62 bis c.p., e’ oggetto di un giudizio di fatto, e puo’ essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talche’ la stessa motivazione, purche’ congrua e non contraddittoria, non puo’ essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 7707 del 4/12/2003, rv. 229768; Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, rv. 249163). Nel caso di specie il giudice di merito ha dato conto di tale giudizio, della sussistenza di un precedente penale specifico che dimostrava la pervicacia del (OMISSIS) nel continuare a qualificarsi come avvocato, ritenendolo immeritevole di un trattamento sanzionatorio di minor rigore.
8. Alla luce di quanto complessivamente detto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio con riferimento ai capi b) e c) ed eliminato il relativo quantum di pena che va rideterminata, per la sola tentata truffa, ex articolo 620 c.p.p., lettera l), in mesi tre di reclusione ed Euro 100,00 di multa.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai capi b) e c) dell’imputazione perche’ i fatti non sussistono ed elimina le relative pene in continuazione.

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