La libertà di formare una nuova famiglia dopo la separazione o il divorzio costituisce l’espressione di un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione e dall’ordinamento sovranazionale e se è vero altresì che la stessa giurisprudenza non riconduce automaticamente alla formazione di un nuovo nucleo familiare l’effetto di determinare una riduzione degli oneri di mantenimento dei figli nati precedentemente alla nuova unione familiare è altresì pacifico che la formazione di una nuova famiglia e la nascita di figli dal nuovo partner, determinando la nascita di nuovi obblighi di carattere economico, deve essere valutata come circostanza sopravvenuta che può portare alla modifica delle condizioni stabilite nella separazione o nel divorzio ovvero nel provvedimento del giudice in merito al mantenimento dei figli nati da una unione di fatto
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI civile
ordinanza 12 luglio 2016, n. 14175
Fatto e diritto
Rilevato che:
1. Il Tribunale di Roma, a seguito del riconoscimento in Italia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario di M.F. e L.G. , ha dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda di separazione e ha posto a carico di L.G. una indennità ex art. 129 bis c.c. di 300 Euro mensili e un contributo mensile al mantenimento della figlia L.E. di 500 Euro comprensivo delle spese straordinarie.
2. Con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 6 marzo 2012 il Tribunale di Roma ha respinto la domanda di L.G. di riduzione del contributo al mantenimento della figlia sulla base delle sopravvenute circostanze, relative al suo nuovo matrimonio, intervenuto nel 2011, e alla nascita di due figli gemelli, circostanze che, incidendo fortemente sulle sue disponibilità economiche, renderebbero a giudizio del L. insufficiente il suo stipendio a fronteggiare il contributo mensile in favore della figlia E. nella misura fissata di 500 Euro mensili.
3. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 7036/14, ha accolto parzialmente l’appello principale di L.G. riducendo a 400 Euro mensili il contributo mensile e ha rigettato l’appello incidentale di M.F. e L.E. volto a ottenere un aumento del contributo.
4. Ricorrono per cassazione M.F. e L.E. affidandosi a tre motivi di impugnazione.
5. Si difende con controricorso L.G. .
Ritenuto che:
6. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 702 bis e quater c.p.c. Le ricorrenti lamentano che la Corte di appello ha qualificato arbitrariamente il procedimento di primo grado, come proposto e condotto, ex art. 702 c.p.c. mentre esso aveva ad oggetto la domanda di modifica delle condizioni di mantenimento della prole e doveva pertanto soggiacere alle norme del giudizio ordinario. L’applicazione del rito ordinario avrebbe consentito alle odierne ricorrenti di formulare, nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c., la richiesta di esibizione delle dichiarazioni fiscali di D.L.A.R. , attuale coniuge del L. . Le ricorrenti insistono: a) nella eccezione di inammissibilità dell’appello proposto ex art. 702 quater c.p.c. poiché il giudizio di primo grado non è stato e non poteva essere un giudizio sommario di cognizione e ritengono rilevante la mancanza di qualsiasi riferimento alle norme di cui all’art. 702 e segg. c.p.c., sia nel corso del procedimento che nell’ordinanza conclusiva; b) subordinatamente nell’eccezione di nullità dell’ordinanza che ha definito il giudizio di primo grado per mancata adozione del giudizio ordinario di cognizione.
7. Il motivo deve ritenersi infondato. La trattazione della controversia, da parte del giudice adito, con un rito diverso da quello previsto dalla legge non determina alcuna nullità del procedimento e della sentenza successivamente emessa e non è suscettibile di impugnazione, se la parte non deduca e dimostri che dall’erronea adozione del rito le sia derivata una lesione del diritto di difesa o che il cambiamento del rito abbia inciso sul contraddittorio o sul regime delle prove (Cass. civ. sez. III n. 1201 del 27 gennaio 2012, Cass. civ. S.U. n. 25304 del 24 novembre 2006). Nella specie le ricorrenti, come si è detto, lamentano di non aver potuto formulare, nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c, la richiesta di esibizione delle dichiarazioni fiscali di D.L.A.R. , attuale coniuge del L. . Tale deduzione è già stata esaminata e respinta dalla Corte di appello la quale ha rilevato che la richiesta di esibizione era stata già avanzata in comparsa di costituzione e il giudice aveva ben avuto modo di valutarla e di non ritenerla rilevante alla luce delle acquisizioni agli atti, come risulta del resto dalla motivazione sul merito della controversia. Pertanto va ribadito quanto già affermato dalla Corte di appello e cioè che non vi è stata alcuna deduzione di concreto pregiudizio subito dalle odierne ricorrenti per l’adozione e la non conversione del rito sommario di cognizione. Allo stesso modo va ribadito quanto affermato dalla Corte distrettuale romana quanto alla dedotta ma infondata inammissibilità dell’appello per essere il ricorso sufficientemente articolato e specifico nei motivi di impugnazione e per essere stato proposto ex art. 702 quater c.p.c..
8. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 316 bis e 337 ter c.c. e degli artt. 147, 148, 155 c.p.c. Le ricorrenti rilevato che la giurisprudenza (Cass.civ. n. 1595/2008) esclude che la formazione di un nuovo nucleo familiare con gli oneri che ne derivano possa determinare un allentamento dei doveri genitoriali nei confronti dei figli nati in precedenza, rilevano che alla luce della comparazione delle situazioni economiche dei due genitori risulta evidente la insussistenza dei parametri previsti dalla legge per la modifica del contributo al mantenimento della figlia L.E. così come statuito dalla sentenza passata in giudicato citata al punto 1.
9. Il motivo è infondato. Se è vero che la giurisprudenza riconosce che la libertà di formare una nuova famiglia dopo la separazione o il divorzio costituisce l’espressione di un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione e dall’ordinamento sovranazionale e se è vero altresì che la stessa giurisprudenza non riconduce automaticamente alla formazione di un nuovo nucleo familiare l’effetto di determinare una riduzione degli oneri di mantenimento dei figli nati precedentemente alla nuova unione familiare è altresì pacifico che la formazione di una nuova famiglia e la nascita di figli dal nuovo partner, determinando la nascita di nuovi obblighi di carattere economico, deve essere valutata come circostanza sopravvenuta che può portare alla modifica delle condizioni stabilite nella separazione o nel divorzio ovvero nel provvedimento del giudice in merito al mantenimento dei figli nati da una unione di fatto (cfr. Cass. civ. sezione I n. 6289 del 19 marzo 2014). è quanto ha fatto la Corte di appello che ha verificato una serie di circostanze sopravvenute e in particolare l’aumento del reddito della M. in proporzione maggiore rispetto all’aumento del reddito del L. , la nascita di due figli gemelli dall’unione matrimoniale del L. con la D.L. , con conseguenti obblighi di mantenimento gravanti sul L. , l’incremento delle esigenze di spesa da parte di L.E. e, in base alla motivata comparazione di tali circostanze sopravvenute, ha rideterminato l’obbligo contributivo del L. a favore della figlia E. riducendolo del 20%. Trattasi di una valutazione di merito che non può essere censurata in questa sede se non per inesistenza o mera apparenza della motivazione (cfr. Cass. civ. S. U. n. 8053 del 7 aprile 2014) che, come si è detto, nel caso in esame è da escludere.
10. Con il terzo motivo di ricorso si deduce omessa e apparente motivazione in merito alla sussistenza dei presupposti per la revisione del contributo al mantenimento della figlia E. .
11. Il motivo è formulato in modo del tutto generico e pertanto deve ritenersi inammissibile.
12. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso.
La Corte condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere respinto con condanna delle ricorrenti alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 1.600, di cui 100 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
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