Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 30 marzo 2016, n. 12878
Ritenuto in fatto
1.Con I’ ordinanza in epigrafe, il Tribunale della Libertà di Firenze ha dichiarato inammissibile la richiesta dì riesame ex art. 309 cod. proc. pen. proposta a mezzo di posta certificata in data 3/7/2015 dal difensore di L.A. avverso l’ordinanza applicativa della misura degli arresti domiciliari emessa nei confronti della predetta indagata dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Grosseto per i reati di concorso in rapina e violazione della legge sulle armi.
2.Ricorre per Cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagata, deducendo il vizio violazione di legge in relazione agli artt. 311, 568, 606, comma 1, lett. c) e il difetto di motivazione ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. Rileva, al riguardo il difensore che avrebbe errato il Tribunale allorquando ha ritenuto non ritualmente proposta la richiesta di riesame della misura cautelare spedita mediante posta certificata. Deduce infatti, che la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la trasmissione di atti difensivi mediante posta elettronica, con l’unico limite che grava in questo caso sul mittente l’onere di dimostrare che l’istanza sia tempestivamente pervenuta all’esame dei Giudice. 2.1. Tanto premesso, osserva il ricorrente che la PEC trova una precisa disciplina normativa nell’art. 27 I. 3/2003 e nel D.Ivo 82/2005, alla stregua della quale dovrebbe ritenersi ammissibile la trasmissione alle pubbliche amministrazioni di ogni atto e documento con l’uso conforme alle prescrizioni di legge di tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’atto di impugnazione trasmesso con le modalità ritenute irrituali dal Tribunale, darebbe poi la certezza dell’identificazione dei mittente, atteso che l’invio tramite PEC richiede la digitazione di un nome utente e di una password.
2.2. Infine, sarebbe ravvisabile nel sistema processuale un generale obbligo dei Giudice di provvedere sulle istanze che, in ultima analisi, hanno raggiunto lo scopo, così come previsto per la trasmissione a mezzo fax, e tanto dovrebbe ritenersi anche per l’istanza di riesame in oggetto comunque tempestivamente pervenuta al Tribunale che, per l’appunto, ne ha dichiarata l’inammissibilità.
Considerato in diritto
II ricorso non è fondato.
1.Questa Corte Suprema, con assunti condivisi anche dall’odierno Collegio, ha già avuto modo di precisare in più dl un’occasione che “nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata.. (Fattispecie relativa ad istanza di rimessione in termini avanzata a mezzo PEC dal difensore di fiducia dell’imputato)” (Cass, Sez. 1, sent. n, 18235 dei 28/01/2015, dep. 30/04/2015, Rv. 263189; Sez. 3, seni n. 7058 del 11/02/2014, dep. 13/02/2014, Rv. 258443).
1.1. Si è anche ulteriormente precisato che “è inammissibile l’impugnazione cautelare proposta dal P.M. mediante l’uso della posta elettronica certificata (c.d. PEC), in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 cod. proc. pen. – esplicitamente indicato dall’art. 309, comma quarto, a sua volta richiamato dall’art. 310, comma secondo, cod. proc. pen. – e applicabili anche al pubblico ministero sono tassative e non ammettono equipollenti, potendosi ammettere soltanto la possibilità di spedizione dell’atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l’autenticità della provenienza e la ricezione dell’atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l’uso della PEC” (Cass. Sez. 5, sent. n. 24332 del 05/03/2015, dep. 05/06/2015, Rv. 263900).
1.2. L’utilizzo della PEC è stato consentito, ma a partire dal 15/12/2014, solo per le notificazioni per via telematica da parte delle cancellerie nei procedimenti penali a persona diversa dall’imputato – a norma dell’art. 148 c.p.p., comma 2 bis, artt. 149 e 15Oc.p.p., e art. 151 c.p.p. comma 2 (L. n. 228 del 2012 art. 1 comma 19); D,L. 18ottobre 2O12, n. 179, art. 16, commi 9 e 10).
2.Allo stato, quindi, la notifica via PEC è deputata soltanto ad integrare l’ordinario regime delle notifiche, ponendosi come alternativa privilegiata rispetto alle comunicazioni telefoniche, telematiche e via telefax attualmente consentite in casi determinati a nei confronti di specifiche categorie di destinatari. Si tratta in particolare:
a) delle comunicazioni richieste i pubblico ministero ex art. 151 c.p.p.
b) le notificazioni e gli avvisi ai difensori disposte dall’Autorità giudiziaria (giudice o pubblico ministero), “con mezzi tecnici idonei”, secondo !H dettato dell’art. 148 c.p.p., comma 2 bis;
c) degli avvisi e delle convocazioni urgenti disposte dal giudice nei confronti di persona diversa dall’imputato, per }e quali è stata finora consentita la notifica a mezzo dei telefono confermata da telegramma (ovvero, in caso di impossibilità, mediante mera comunicazione telegrafica dell’estratto), da eseguirsi ai recapiti corrispondenti ai luoghi di cui all’art. 157, commi primo e secondo e nei del destinatario o di suo convivente (art. 149 c.p.p.);
d) delle notificazioni di altri atti disposte dal giudice sempre nei confronti di persona diversa dall’imputato, mediante l’impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell’atto (art. 150 c.p.p.). 3.Non è poi condivisibile il richiamo dei ricorrente alla disciplina normativa della PEC, mai estesa alle modalità di proposizione delle impugnazioni in sede processuale penale,
3.1. Né è conferente il richiamo alla possibilità di trasmissione di atti difensivi mezzo telefax ammissibile, secondo gli indirizzi i legittimità ricordati in ricorso, solo con riguardo ai deposito memorie o richieste delle parti ex art. 121 cod. proc. pen., mentre nel caso delle impugnazioni si applica una normativa specifica senza che rilevi la garanzia della riferibilità dell’atto al suo apparente estensore assicurata dall’utilizzo della posta elettronica certificata.
3.2. Nemmeno può dirsi, poi, che la tassatività delle forme in materia di impugnazioni sia superabile alla luce dei disposto dei D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 48 che sancisce la equiparazione della trasmissione di un documento informatico con \a posta elettronica certificata, alla notificazione a mezzo posta.
Infatti, tale norma fa salva comunque la specialità delle normative di settore ed inoltre equipara i due sistemi come altrettanti “mezzi di notificazione”, attribuendovi quindi il valore di un meccanismo di conoscenza legale dell’atto notificato da parte dei destinatario, ma non anche l’effetto legale della certezza dell’identificazione dell’autore.
4. La tassatività delle forme di presentazione delle impugnazioni elencate dagli artt. 582 e 583 C.p.p., vale infine, come si è accennato, anche per le impugnazioni cautelari, in virtù dei richiamo operato alle norme generali dall’art.. 309 c.p.p., comma 4, a sua volta richiamato dall’art. 310 c.p.p., comma 2,, dovendosi conclusivamente ribadire che le uniche alternativa alla presentazione personale dell’atto di impugnazione consistono nella spedizione con telegramma o con raccomandata, in quest’ultimo caso con la necessaria autentica della sottoscrizione della parte privata.
Alla stregua delle precedenti considerazioni, li ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese ai sensi dell’art. 616 cod. proc. Pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Leave a Reply