Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 4 marzo 2016, n. 4299
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4610-2011 proposto da:
(OMISSIS) S.a.s. c.f. (OMISSIS), in persona del socio accomandatario e legale rappresentante Sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a. c.f. (OMISSIS), in persona delle amministratici e legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato D’ONOFRIO GIAN FRANCO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1724/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 22/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2015 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore della ricorrente, che si riporta agli atti depositati;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore della resistente, che ha chiesto l’inammissibilita’ del ricorso, in subordine il rigetto del ricorso, deposita atti di trasformazione della soc. (OMISSIS) da S.p.a. a (OMISSIS) S.r.l.;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine, per il rigetto del ricorso.
FATTO E RAGIONI DELLA DECISIONE
1) In accoglimento della domanda spiegata nel 2004 da (OMISSIS) spa, il tribunale di Pinerolo nel maggio 2008 dichiaro’ risolto per grave inadempimento della convenuta (OMISSIS) sas il contratto di agenzia in corso tra le parti.
Ritenne provato il fatto dell’avvenuta promozione, da parte di (OMISSIS), di affari per conto di tre imprese direttamente concorrenti di (OMISSIS), nell’ambito territoriale di vigenza del contratto. Respinse la riconvenzionale relativa al pagamento di provvigioni pretese da (OMISSIS) sas, nonche’ le richieste di indennita’ relative all’interruzione del rapporto.
La Corte appello Torino con sentenza 22 dicembre 2009 ha rigettato l’appello.
(OMISSIS) ha reagito con unico motivo di ricorso per cassazione, notificato il 7 febbraio 2011.
Parte intimata ha resistito con controricorso.
Memoria di parte ricorrente.
2) Il Collegio ha deliberato che la sentenza sia redatta in forma semplificata.
Dopo una puntuale rassegna delle acquisizioni processuali e una dettagliata valutazione delle contrapposte difese, la Corte dia appello ha confermato “la legittimita’ della risoluzione in tronco disposta da parte appellata, sia per l’assunzione di mandati vietati da patti di non concorrenza; sia per la vendita di prodotti in concorrenza con quelli della (OMISSIS); sia per la conclamata consapevolezza -tale da sfiorare il dolo dell’inadempimento; sia perche’ tali circostanze interano, per la loro gravita’ e determinazione, con sicurezza una giusta causa di risoluzione; sia, infine per l’inottemperanza all’ordine probatorio circa la prova liberatoria”.
3) Il ricorso non riesce ad attaccare l’insieme di queste rationes decidendi e si rivela infondato.
Parte ricorrente denuncia omessa ed insufficiente motivazione e sostiene che la clausola di non concorrenza contenuta nel contatto del 1993 si riferiva solo a prodotti realizzati direttamente da (OMISSIS) spa e non all’intera gamma di quelli prodotti da terzi e commercializzati da (OMISSIS) anche se con marchio (OMISSIS).
Lamenta che il giudice di appello abbia esteso la portata del patto facendo riferimento all’articolo 1362 codice civile, ma abbia in tal modo trascurato l’articolo 1371 codice civile, che prevede un equo contemperamento di interessi delle parti.
Deduce che secondo la ricostruzione dei giudici di appello la (OMISSIS) sas sarebbe stato un “semplice oggetto soggiogato al libero arbitrio della (OMISSIS)”; che il contratto, predisposto per un agente plurimandatario sarebbe stato nella sostanza “un contratto monomandatario”, con facolta’ della mandante di modificare prodotti oggetto dell’incarico per far risultare inadempiente la (OMISSIS); che tale prospettazione sarebbe in contrasto con l’articolo 2 Cost. perche’ comprometterebbe “le liberta’ fondamentali” e la liberta’ “di iniziativa economica”.
Infine afferma di avere sempre informato la (OMISSIS) spa dei vari contratti di mandato sottoscritti, senza aver mai ricevuto alcuna contestazione. Si duole del fatto che due documenti prodotti in appello per dimostrare tale informazione a controparte, siano stati ritenuti inammissibili in quanto non indispensabili.
3.1) Il Collegio rileva in primo luogo che il ricorso non consente di scrutinare alcuni profili, perche’ privo di specificita’.
Il generico rinvio a due documenti e il vago richiamo all’articolo 345 codice procedura civile svolti: senza precisare esattamente il contenuto di tali documenti (data, provenienza, destinazione, effettiva portata del testo); senza precisare con quale atto fossero stati prodotti (numero di indice, atto al quale erano allegati); senza precisare se venivano riprodotti ex articolo 366, n. 6, impedisce l’esame dell’ultima censura.
Essa peraltro, per quanto si puo’ valutare, sarebbe stata infondata, giacche’ non viene dimostrato, salvo l’apodittica affermazione di parte, perche’ sarebbe stata decisiva, nel senso proprio di cui all’articolo 345 codice procedura civile nel testo vigente, cioe’ in termini di indispensabilita’ dei documenti, la comunicazione di cui ivi si parla.
3.2) Altrettanto puo’ dirsi per quanto concerne l’interpretazione della portata dell’obbligo di non concorrenza, che e’ stato scrupolosamente condotto dalla Corte di appello analizzando la clausola contrattuale anche alla luce del quadro probatorio ricostruito nelle prime 29 pagine della sentenza.
A fronte di questa analisi, la accusa di mancato rispetto del dovere di equo contemperamento appare del tutto velleitaria. Manca infatti il presupposto dell’oscurita’ della clausola, rivelatasi di semplice rilievo: i prodotti a marchio (OMISSIS) non dovevano essere insidiati dall’agente con la promozione di altri prodotti di altre marche.
Questo il senso elementare della clausola ricostruita in sentenza, che corrisponde a quell’impegno di non interessarsi, “in proprio o per conto di terzi, della vendita di articoli in concorrenza con i nostri”, che e’ il nucleo della clausola riportata a pag. 12 del ricorso.
Rispetto all’operazione interpretativa condotta, lineare e letterale, l’invocazione del criterio sussidiario e’ fuor di luogo.
3.3) E’ ancor piu’ impropria e’ la censura riferita al diritto di libera iniziativa economica, che non e’ certo pregiudicato se un agente assume un ordinario, comune impegno di non concorrenza con il preponente.
Giova comunque ricordare che in tema di interpretazione del contratto il sindacato di legittimita’ non puo’ investire il risultato interpretativo in se’, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicita’ della motivazione addotta, con conseguente inammissibilita’ di ogni critica alla ricostruzione della volonta’ negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (in tal senso espressamente, fra le numerose altre, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2465 del 10/02/2015).
3.4) Da ultimo mette conto rilevare che, una volta confermata la portata della clausola, rimane senza censura, e consolida definitivamente la sentenza impugnata, il rilievo relativo al mancato assolvimento dell’onere probatorio.
La corte di appello ha infatti evidenziato che gravava sulla odierna ricorrente (OMISSIS) l’onere di dimostrare che il dedotto inadempimento – dimostrato secondo la Corte di appello da “una monumentale istruttoria di tipo penalistico” – non era imputabile a se’.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in euro 400 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
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