Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 28 gennaio 2016, n. 3741
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MILO Nicola – Presidente
Dott. TRONCI A. – rel. Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
Dott. SCALIA Laura – Consigliere
Dott. PATERNO’ RADDUSA Benedet – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 4971/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 25/02/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/12/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. TRONCI ANDREA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IACOVIELLO F. M.,
che ha concluso per la declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 25.02.2014, la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza con cui il precedente 17.06.2010 il Tribunale di S. Maria C.V. – sezione di Carinola aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole del contestato reato di cui all’articolo 570 c.p. – per essersi sottratto agli obblighi inerenti alla propria qualita’ di coniuge, non versando alla moglie separata, (OMISSIS), la somma destinata al suo mantenimento, inizialmente pari ad euro 361,00 mensili e di poi ridotta, a far tempo dal (OMISSIS), ad euro 160,00 – per l’effetto condannandolo, con le concesse attenuanti generiche ed il beneficio della sospensione condizionale, alla pena di giustizia di mesi due di reclusione ed euro 69,00 di multa, nonche’ al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, in favore della costituita parte civile, cui era assegnata la provvisionale di euro 500,00.
Il giudice distrettuale, premesso che la natura permanente del reato escludeva che potesse dirsi maturata la pur eccepita prescrizione, senza che fosse a cio’ di ostacolo la circostanza che il capo d’accusa indicasse la data del 04.11.2002, essendo specificato come la stessa coincidesse con il mero accertamento dell’illecito de quo, rilevava come la sola doglianza di merito sviluppata nell’interesse dell’imputato, relativa alla sua pretesa incapacita’ patrimoniale, non fosse stata in alcun modo dimostrata dall’interessato – a nulla valendo, ovviamente, la sua mera condizione di coltivatore diretto – tanto piu’ alla luce delle rigorose caratteristiche che devono connotare detta incapacita’, tale da integrare, in conformita’ all’insegnamento del giudice di legittimita’, “una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilita’ di introiti”.
2. Avverso la menzionata pronuncia il difensore di fiducia del (OMISSIS), avv. (OMISSIS), interponeva tempestivo ricorso, sulla scorta di un unico motivo con cui deduceva “violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), per inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 570 e 157 e 158 c.p. e articolo 125 c.p.p. e per mancanza o manifesta illogicita’ della motivazione”. Tanto in ragione della omessa considerazione, da parte della Corte territoriale:
a) che la permanenza cessa con il compimento dell’azione che pone fine alla condotta antigiuridica, ovvero per sopravvenuta impossibilita’ della prestazione, ovvero ancora per effetto del venir meno dello stato di bisogno dell’alimentando, con conseguente necessita’ di verifica di siffatte circostanze, in senso contrario non potendo ritenersi sufficiente la mera dichiarazione della persona offesa, in sede di esame dibattimentale, relativa al protrarsi ancora nel 2009 dello stato di inadempienza dell’odierno ricorrente, essendo anzi sintomatico che il primo giudice avesse indicato nel 29 luglio 2010 la data di maturazione della prescrizione;
b) che il (OMISSIS), dopo l’iniziale adempimento dell’obbligazione a suo carico, aveva poi cessato di farvi fronte a seguito della sopravvenuta impossibilita’ economica, “ampiamente documentata in atti ed emersa dall’istruttoria dibattimentale”;
c) che il contrario convincimento del giudice di merito era frutto di “una semplice deduzione priva di motivazione adeguata”;
d) che, non potendo ipotizzarsi che la (OMISSIS) fosse in grado di sostentarsi con la modesta somma di euro 161,00 posta a carico del (OMISSIS), doveva logicamente reputarsi che la stessa avesse iniziato a lavorare e si fosse trasferita presso i genitori, avendo cosi’ “paradossalmente dal 2002 … migliorato la sua condizione”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nulla quaestio per cio’ che concerne la natura di reato permanente propria della fattispecie per cui e’ processo – sulla quale conviene, del resto, lo stesso ricorrente – essendo solo il caso di precisare che, proprio perche’ tale, la sua consumazione “si protrae unitariamente per tutto il periodo in cui perdura l’omesso adempimento, con la conseguenza che, anche con riferimento alla fase iniziale della condotta illecita, il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione della permanenza, coincidente con il sopraggiunto pagamento o con l’accertamento della responsabilita’ nel giudizio di primo grado” (cosi’ Cass. Sez. 6 , sent. n. 51499 del 4-19.12.2013, Rv. 258504; adde anche Cass. Sez. 6 , sent. n. 33220 del 22-28.07.2015, Rv. 264429).
Del tutto correttamente, pertanto, il giudice distrettuale ha escluso potesse dirsi maturata la prescrizione invocata sub a), avendo ritenuto protratta la condotta illecita dell’agente “quantomeno fino alla data dell’anzidetto esame dibattimentale” della parte lesa, ossia fino al 14.01.2009, a nulla evidentemente valendo, in senso contrario, che il primo giudice avesse indicato nel 29.07.2010 (tenuto conto delle sospensioni intervenute nel corso della celebrazione del dibattimento) l’epoca di maturazione dell’anzidetta causa estintiva, malamente assumendo la data di accertamento del reato, quale risultante dal capo d’imputazione, ai fini della individuazione del dies a quo, da cui iniziare il computo del termine di legge.
Del pari, non riveste alcun fondamento la contestazione del ricorrente circa la pretesa, acritica accettazione della dichiarazione della parte lesa, in ordine al protrarsi dell’inadempimento del marito ed imputato ancora alla data della sua audizione dibattimentale: l’assunto, infatti, non solo e’ totalmente apodittico, di talche’ mai potrebbe integrare alcuna delle denunciate violazioni, ma risulta, a monte, intrinsecamente contraddittorio, stante l’addotta impossibilita’ economica, a giustificazione della condotta tenuta dall’imputato.
2. Non maggior fondamento riveste la doglianza relativa all’omesso apprezzamento, da parte della Corte territoriale – e, a monte, da parte, del primo giudice – della prova, pur asseritamente fornita, della sopravvenuta impossibilita’ economica del (OMISSIS), onde il contrario convincimento dei giudici di merito sarebbe frutto – come gia’ si e’ avuto modo di rilevare – unicamente di “una semplice deduzione priva di motivazione adeguata” v. sopra, punti b) e c).
Trattasi, ancora una volta, di un’allegazione del tutto generica ed indimostrata, come tale non suscettibile di scalfire in alcun modo – tanto piu’ alla luce dei limiti propri della presente sede di legittimita’ – la corretta affermazione che leggesi nella sentenza impugnata, secondo cui, in ossequio all’insegnamento di questa Corte, l’incapacita’ economica dell’imputato deve essere assoluta, si’ da “integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilita’ di introiti”: il che non risulta esser stato minimamente dimostrato, essendo anzi stata acquisita la prova – debitamente posta in luce nella sentenza di prime cure – che, a seguito dell’azione esecutiva intrapresa dalla succitata (OMISSIS), il (OMISSIS) consegno’ in contanti all’ufficiale giudiziario la somma di euro 1.000,00, a riprova della sicura gratuita’ del comportamento tenuto dall’imputato, sostanziatosi nell’assoluta cessazione della corresponsione di ogni supporto economico in favore della moglie separata.
Inconsistente, infine, e’ il rilievo critico di cui al precedente punto d), atteso che il pur ipotetico miglioramento delle condizioni di vita della (OMISSIS), grazie all’ausilio dei genitori, non incide in alcun modo sulla persistenza, in capo al prevenuto, dell’obbligo, la cui violazione integra la fattispecie prevista e punita dall’articolo 570 c.p., (cfr., in senso conforme, fra le tante, Cass. Sez. 6 , sent. n. 46060 del 22.10.2014, Rv. 260823 e n. 40823 del 21.03.2012, Rv. 254168). Per altro verso, poi, del tutto generico e’ il riferimento all’esercizio di attivita’ lavorativa da parte dell’avente diritto, che lo stesso ricorso prospetta in termini meramente ipotetici (“Certamente la (OMISSIS) dal 2002 in poi ha dovuto procurarsi i mezzi di sostentamento, ha iniziato a lavorare …”).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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