Consiglio di Stato
sezione III
sentenza 2 ottobre 2015, n. 4617
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE TERZA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2693 del 2015, proposto dalla società PA. s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo d’imprese (r.t.i.) con la società S. s.p.a. e con la società AU. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. , in proprio e quale mandante del predetto raggruppamento, rappresentati e difesi dagli Avv.ti An.Ma. e d.St., ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo, in Roma, Via (…);
contro
La A.S.L. di Bari, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Gi.Co., con domicilio eletto presso l’Avv. Al.Pl., in Roma, Via (…);
nei confronti di
società DONATO TRASPORTI s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Sa.Na. e Gi.Na., con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Al.Pl., in Roma, Via (…);
per la riforma
della sentenza n.108/2015 del T.A.R. PUGLIA – BARI: SEZIONE I n. 00108/2015
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della ASL di Bari e della società DO. s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Nominato Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 maggio 2015 il Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti gli Avv.ti An.Ma. ed altri (…);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I. Con deliberazione n.535 del 22.3.2012, la ASL di Bari indiceva una procedura aperta per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del “servizio di trasporto assistito utenti diversamente abili presso o centri riabilitativi della Provincia di Bari”, suddiviso in quattro lotti.
Per il lotto n.4 (di importo annuo pari ad Euro.2.009,100,00 (i.v.a. esclusa) presentavano l’offerta quattro imprese e precisamente:
– la società DO. s.r.l.,
– il r.t.i. fra PA. s.r.l. (capogruppo mandataria), la società S. s.r.l. e la società AU. s.r.l., (d’ora in poi denominato – per maggior semplicità espositiva – “r.t.i. SC.”);
– l’a.t.i. AU. s.a.s. con SP. s.r.l. e con SA.;
– la ditta TU. s.r.l.
Il Bando di gara richiedeva ai concorrenti:
– di essere in possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art.38 del D.Lgs. n.163 del 2006;
– di essere in possesso del’attestato di idoneità di cui al D.M. 20.12.1991 n.488;
– di aver avuto rilasciata l’autorizzazione allo svolgimento dei servizi pubblici (non di linea) di cui alla L. n.21 del 1991, ovvero della L. n.281 dell’11.8.2003;
– di aver avuto, nel triennio 2008-2010, un fatturato globale pari al 50 per cento dell’importo complessivo triennale, i.v.a. esclusa, del lotto (per la cui aggiudicazione si chiedeva di partecipare alla gara).
Con riferimento al lotto n.4, il fatturato richiesto nel triennio 2008-2010 era, dunque, pari ad Euro.3.000.000,00.
Espletata la fase di valutazione delle offerte tecniche ed a seguito dell’apertura di quelle economiche, in data 12.9.2013 il Seggio di gara formulava la graduatoria, in seno alla quale la prima classificata risultava la DO., che pertanto si aggiudicava l’appalto del servizio.
Con nota prot. 224335 del 21.10.2013 il R.U.P. comunicava – però – di aver riscontrato che “le offerte presentate dalle ditte classificatesi al primo posto in graduatoria per ciascuno dei lotti oggetto di gara hanno superato la soglia dell’anomalia, calcolata ai sensi dell’art.86, comma 2, D.Lgs. n.163/2006” e di aver affidato le valutazioni del caso alla Commissione giudicatrice.
Quest’ultima chiedeva alla DO. le ‘giustificazioni’ in ordine alle varie offerte; e in data 12.11.2013, avendole ritenute plausibili, procedeva all’aggiudicazione provvisoria in suo favore.
Infine, con determinazione n.932 del 26.5.2014 l’Amministrazione pronunziava l’aggiudicazione definitiva in favore della predetta ditta.
A questo punto, il r.t.i. SC., classificatosi al secondo posto, chiedeva all’Amministrazione di escludere la ditta aggiudicataria e di pronunziare l’aggiudicazione in suo favore.
Ma la richiesta rimaneva senza effetto.
II. Con ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo regionale per la Puglia, il r.t.i. SC. impugnava, pertanto, l’aggiudicazione in questione e gli atti relativi alla procedura di gara.
Lamentava, al riguardo:
1) violazione ed erronea applicazione dell’art.49 del D.Lgs. n.163 del 2006, dell’art.88 del DPR n.207 del 2010, violazione della lex specialis, nonché eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta, contraddittorietà, perplessità e sviamento, deducendo che il c.d. contratto di avvalimento (stipulato dall’aggiudicataria con la società AU.) è eccessivamente generico (circa l’indicazione delle risorse); che da esso non si evince il quantum “prestato” e che (contrariamente a quanto prescritto) è stato sottoscritto unicamente dal Presidente;
2) violazione e falsa applicazione dell’art.86 del D.Lgs. n.163 del 2006, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, erronea presupposizione, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, contraddittorietà, perplessità e sviamento, deducendo che l’offerta della DO. doveva essere considerata inammissibile, e pertanto esclusa, in quanto era insufficiente sia il numero dei mezzi di trasporto messi a disposizione per l’espletamento del servizio, sia il numero dei dipendenti messi a disposizione (non essendo stati indicati i “sostituti” che sarebbero dovuti intervenire nel caso di impedimenti o malattie);
3) violazione ed erronea applicazione degli artt. 84, 86, 87 ed 88 del D.Lgs. n.163 del 2006 e dell’art.121 del DPR n.207 del 2010, incompetenza ed eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta, travisamento, contraddittorietà,perplessità e sviamento, deducendo che la Commissione di gara non aveva il potere di effettuare la valutazione dell’offerta in luogo del R.U.P.
Con ricorso per motivi aggiunti, il r.t.i. SC. lamentava, inoltre, violazione dell’art.38, comma 1, lett.’e’, del D.Lgs. n.163(2006, deducendo che la dichiarazione dell’aggiudicataria (DO.) in ordine al possesso dei requisiti morali era incompleta.
Il r.t.i. SC. giustificava la proposizione del ricorso per motivi aggiunti affermando di aver potuto prendere visione della dichiarazione resa dalla DO. solamente a seguito della pubblicazione dell’ordinanza n.4322 del 25.9.2014 di questa Sezione, emessa in altro giudizio.
Ritualmente costituitesi, sia l’Amministrazione che la DO. si opponevano all’accoglimento del ricorso.
Con ordinanza n.438 del 2014, confermata in appello (con ordinanza n.4012/2014 di questa Sezione) il Tribunale Amministrativo regionale per la Puglia respingeva la domanda cautelare proposta dal r.t.i. ricorrente.
Con ricorso incidentale la DO. contestava anche la fondatezza nel merito del ricorso proposto dal r.t.i. SC..
Lamentava al riguardo:
1) violazione e falsa applicazione dell’art.13 del DL 4.7.2006 n.223, convertito in L. 4.8.2006 n.248, e violazione di principi generali in tema di concorrenza, deducendo che nel raggruppamento temporaneo di imprese del quale la società SC. s.r.l. è capogruppo vi è anche la società S. che è una società pubblica i cui soci sono la Provincia di Bari, il Comune di Trani e l’AM. (avente come socio unico il Comune di Trani); e che pertanto Essa (id est: la società SC. s.r.l.) non avrebbe potuto associarsi in r.t.i. con altri soggetti e partecipare con essi alla gara;
2) violazione dell’art.17 del Disciplinare di gara, deducendo che tale specifica disposizione non consente l'”avvalimento” (rectius: alle ditte partecipanti alla gara di avvalersi) di altre ditte per utilizzarne i requisiti di cui ai numeri 8 e 9 dell’art.3 (id est: possesso di attestato dell’idoneità dei mezzi all’esercizio del trasporto; possesso di autorizzazione per lo svolgimento di servizi pubblici non di linea; possesso di autorizzazione per il trasporto di disabili); e che pertanto il r.t.i. SC. avrebbe dovuto comunque essere escluso;
3) violazione e falsa applicazione dell’art.73 del D:lgs. n.163 del 2006, deducendo che la domanda di partecipazione della mandante S. è stata sottoscritta dall’Amministratore Delegato, il quale non aveva i poteri di impegnare la società per importi superiori ad Euro.100.000,00.
III. Con sentenza n.108 del 16.12.2014, pubblicata il 21.1.2015, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sez. I, ha respinto il ricorso principale e dichiarato improcedibile quello incidentale.
IV. Con il ricorso in appello in esame, il r.t.i. SC. ha impugnato la predetta sentenza e ne chiede l’annullamento o la riforma per le conseguenti statuizioni reintegratorie e/o risarcitorie, per i motivi esposti nella successiva parte (relativa al “diritto”) della presente sentenza.
Ritualmente costituitisi sia l’Amministrazione che l’aggiudicataria DO. hanno eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto con vittoria di spese,
La DO. oltre ad aver depositato memorie, ha anche proposto un appello incidentale, lamentando che la sentenza è ingiusta in quanto il Giudice di primo grado:
– non ha esaminato il ricorso incidentale da Essa proposto (ed i cui motivi ripropone in appello);
– ha esaminato il ricorso per motivi aggiunti proposto dal r.t.i. SC., non ostante la sua tardività
Nel corso del giudizio le parti hanno insistito con ulteriori scritti difensivi nelle rispettive domande, eccezioni e controdeduzioni.
Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito dell’appello, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato.
1.1. Con il primo motivo di gravame, la società appellante si duole dell’asserita ingiustizia della sentenza appellata, lamentando che erroneamente il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia ha respinto il primo motivo del ricorso proposto in primo grado.
Con esso la ricorrente (oggi appellante) lamentava – e con l’appello in esame reitera tale doglianza – violazione ed erronea applicazione dell’art.49 del D.Lgs. n.163 del 2006, dell’art.88 del DPR n. 207 del 2010, nonché violazione del bando ed eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta, contraddittorietà, perplessità e sviamento, deducendo:
a) che il c.d. contratto di avvalimento sottoscritto dalla società aggiudicataria DO. s.r.l. (con la società AU.), è eccessivamente generico (circa l’indicazione delle risorse); anche perché da esso non si evince il quantum prestato;
b) e che il predetto contratto di avvalimento è stato sottoscritto – contrariamente a quanto prescritto – unicamente dal Presidente della predetta società e senza l’autorizzazione dell’Assemblea dei soci.
L’articolata doglianza non merita accoglimento.
1.1.1. Quanto al primo profilo (sub a), non può non concordarsi con quanto ritenuto dal Giudice di primo grado; e cioè che il contratto di avvalimento sottoscritto dalla società controinteressata (aggiudicataria), non è affatto generico.
La Stazione appaltante aveva richiesto di dimostrare la esistenza di un fatturato globale, relativo al triennio corrente dal 2008 al 2010, pari (o superiore) a Euro.3.000.000,00.
Nel contratto di avvalimento stipulato dalla società DO. con la società AU. è chiaramente stabilito che quest’ultima presta alla (rectius: mette a disposizione della) prima “la sua capacità economico-finanziaria, nonché tutte le risorse, nessuna esclusa, per consentire l’esecuzione del servizio”.
Il contratto in questione precisa altresì che le risorse messe a disposizione sono costituite:
– dal “fatturato globale di impresa conseguito nel triennio 2008-2010 di importo economico pari ad Euro.13.493.060,00 (i.v.a. esclusa)”;
– nonché dalle “risorse, mancanti all’avvalente, di qualsiasi genere o tipo nella disponibilità dell’impresa ausiliaria ivi comprese eventuali consulenze”.
Non appare revocabile in dubbio, pertanto, che il contenuto del contratto e della obbligazione è chiaro e sufficientemente specifico; e che la dichiarazione negoziale è idonea ad impegnare tutte le risorse della società ausiliaria (precisamente e letteralmente: la sua “intera capacità economico-finanziaria, nonché tutte le risorse, nessuna esclusa, per consentire l’esecuzione del servizio”); ed a garantire in pieno la c.d. società “ausiliata”.
D’altra parte la Sezione ha già chiarito – in un analogo precedente – che allorquando unimpresa intenda avvalersi (mediante stipula di un c.d. contratto di avvalimento) dei requisiti finanziari di un’altra, la prestazione (oggetto specifico dell’obbligazione) è costituita non già dalla messa a disposizione da parte dell’impresa ausiliaria di strutture organizzative e mezzi materiali, ma dal suo impegno a “garantire” con le proprie complessive risorse economiche – il cui indice è costituito dal fatturato – l’impresa ausiliata (munendola, così, di un requisito che altrimenti non avrebbe e consentendole di accedere alla gara nel rispetto delle condizioni poste dal Bando) (C.S., III, 6.2.2014 n. 584)
In altri termini ciò che la impresa ausiliaria presta alla (rectius: mette a disposizione della) impresa ausiliata è il suo valore aggiunto in termini di “solidità finanziaria” e di acclarata “esperienza di settore”, dei quali il fatturato costituisce indice significativo.
Ne consegue che non occorre che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o ad indici materiali atti ad esprimere una determinata consistenza patrimoniale (dunque alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare), essendo sufficiente che da essa (dichiarazione) emerga l’impegno (contrattuale) della società ausiliaria a ‘prestare’ (ed a mettere a disposizione della c.d. società ausiliata) la sua complessiva solidità finanziaria ed il suo patrimonio esperienziale, e garantire con essi una determinata affidabilità ed un concreto supplemento di responsabilità.
E poiché dal contratto di avvalimento esaminato emerge che la volontà negoziale dei contraenti è orientata nel senso sopra descritto, il provvedimento impugnato resiste, sotto il profilo in esame, alla censura.
1.1.2. Del pari infondata si appalesa il secondo profilo (sub b) del motivo in esame, con cui l’appellante lamenta che il Presidente della società aggiudicataria non aveva i necessari poteri (cc.dd. “poteri di rappresentanza”) per sottoscrivere il contratto di avvalimento, non essendo stato espressamente autorizzato dall’Assemblea dei soci.
La giurisprudenza afferma, al riguardo, che gli Amministratori (ed il Presidente del Consiglio di Amministrazione) delle società di capitali possono compiere tutti gli atti che rientrano nell'”oggetto sociale” della società amministrata (Cass., I, 3.3.2010 n.5152).
Ne consegue che tutti gli atti di tal genere (rientranti, cioè, nell’oggetto sociale in quanto fisiologicamente orientati al raggiungimento degli obiettivi statutari), vanno considerati “ordinari”.
E proprio perché compiuti nell’esercizio dell'”ordinaria” gestione dell’impresa, costituiscono, per essa, “atti di ordinaria amministrazione”, che – perciò stesso – ben possono essere compiuti dai soggetti che esercitano poteri di amministrazione e che hanno la rappresentanza del soggetto giuridico che esercita l’attività d’impresa.
Sicchè, essendo evidente che l’atto di sottoscrizione di un contratto di avvalimento per la partecipazione ad una gara costituisce un atto di ordinaria amministrazione nel senso teste indicato – in quanto fisiologicamente volto a realizzare, quale “fatto di ordinaria gestione”, gli obiettivi statutari – non appare revocabile in dubbio che il Presidente del CdA ben potesse sottoscriverlo nell’ordinario esercizio dei suoi poteri di rappresentanza e senza alcuna specifica autorizzazione al riguardo da parte dell’Assemblea dei soci.
Se a ciò si aggiunge che nella fattispecie non risulta che fossero operanti espresse limitazioni statutarie agli ordinari poteri di amministrazione e che in pendenza di giudizio (in data 25.11.2014) è stata prodotta la delibera del CdA che autorizzava il Presidente della società a sottoscrivere il contratto di avvalimento, non resta che concludere che la condotta della Stazione appaltante resiste sotto ogni profilo alla doglianza in esame..
1.2. Con il secondo mezzo di gravame, l’appellante si duole dell’asserita ingiustizia della sentenza appellata, lamentando che erroneamente il Giudice di primo grado ha respinto il secondo motivo di gravame del ricorso introduttivo del giudizio.
Con esso la ricorrente (oggi appellante) lamentava – e con l’appello in esame reitera tale doglianza – violazione e falsa applicazione dell’art. 86 del D.Lgs. n.163 del 2006, nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, erronea presupposizione, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, contraddittorietà, perplessità e sviamento, deducendo che l’offerta della DO. doveva essere considerata inammissibile (e pertanto esclusa):
a) sia in quanto il numero dei mezzi di trasporto messi a disposizione per l’espletamento del servizio, era indeterminato e comunque insufficiente;
b) sia in quanto era insufficiente il numero dei dipendenti messi a disposizione (non essendo stati indicati i “sostituti” che sarebbero dovuti intervenire nel caso di impedimenti o malattie).
L’articolata doglianza non può essere condivisa.
1.2.1. Quanto al profilo (sub a), il Giudice di primo grado ha ritenuto che il positivo giudizio di affidabilità espresso dalla Stazione appaltante nei confronti dell’aggiudicataria – con specifico riferimento proprio alla questione del numero dei mezzi offerti – non sia viziato da illogicità o da incongruenze o contraddittorietà; e ha pertanto escluso che fosse sindacabile in sede giurisdizionale per profili attinenti al merito.
Tale statuizione appare condivisibile.
Ed invero in sede di verifica della supposta anomalia dell’offerta tecnica, l’aggiudicataria ha spiegato che le prestazioni sanitarie relative alla “platea massima” dei disabili non vanno erogate quotidianamente e che pertanto i mezzi a disposizione sono perfettamente sufficienti ad assicurare l’espletamento del servizio di trasporto.
L’Amministrazione ha condiviso tale giustificazione.
E poiché essa appare non illogica e razionalmente convincente, la condotta del Seggio di gara sfugge alle critiche avanzate dall’appellante.
E così pure, nella parte che la ha condivisa, la sentenza appellata.
1.2.2. Con il secondo profilo di doglianza (sub b), l’appellante lamenta che l’Amministrazione e lo stesso Giudice di primo grado non hanno tenuto in giusta considerazione la circostanza che la società aggiudicataria non ha indicato, nell’offerta, i soggetti che avrebbero dovuto “sostituire” gli impiegati in caso di malattia, legittimo impedimento o assenza giustificata (ferie, permessi etc); e che pertanto l’offerta si appalesa imprecisa ed oltremodo indeterminata posto che il numero dei dipendenti della società aggiudicataria non appare individuato con la dovuta precisione né, comunque, sufficiente a garantire l’efficienza del servizio.
La doglianza non può essere condivisa.
Va preliminarmente osservato e sottolineato, al riguardo, che c.d. “clausola sociale” inserita nel bando non imponeva (e non impone) affatto l’assunzione in blocco di tutto il personale in servizio presso la ditta precedentemente incaricata di erogare il servizio.
La clausola in questione obbliga l’aggiudicataria ad assumere un numero di lavoratori tale da assicurare il servizio.
L’appellante non critica tale assunto, ma sostiene che proprio al fine di provare la congruità del numero di lavoratori impiegati nell’espletamento del servizio, l’aggiudicataria avrebbe dovuto indicare il numero dei lavoratori eventualmente utilizzabili in qualità di sostituti di quelli temporaneamente impossibilitati a svolgere servizio.
Ma l’osservazione non coglie nel segno.
Come specificato dall’aggiudicataria – con argomentazione ritenuta convincente dal Giudice di primo grado – nell’offerta da essa presentata il costo medio orario per il personale impiegato è stato calcolato in modo da contenere in sé anche il costo che l’impresa è tenuta a sopportare per la copertura del servizio in ipotesi di assenza del dipendente per ferie, malattie, permessi ed assenze comunque giustificate.
Sicchè è evidente che il fatto di aver tenuto conto del costo per il pagamento delle retribuzioni dei sostituti è di per sé sufficiente ed assorbente ai fini di garantire l’Amministrazione in ordine alla continuità ed efficienza del servizio; e che pertanto non era ulteriormente necessario indicare espressamente anche il numero dei sostituti.
Dal che la incensurabilità della giustificazione fornita in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta; e la conseguente incensurabilità anche della parte della sentenza appellata che tale giustificazione ha condiviso.
1.3. Con il terzo motivo di gravame, l’appellante si duole dell’asserita ingiustizia della sentenza appellata, lamentando che erroneamente il Giudice di primo grado ha respinto il terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio.
Con esso la ricorrente (oggi appellante) lamentava – e con l’appello in esame reitera tale doglianza – violazione ed erronea applicazione degli artt. 84, 86, 87 ed 88 del D.Lgs. n. 163 del 2006 e dell’art.121 del DPR n. 207 del 2010, incompetenza ed eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta, travisamento, contraddittorietà,perplessità e sviamento, deducendo che la Commissione di gara non aveva il potere di effettuare la valutazione dell’offerta in luogo del R.U.P..
La doglianza non merita accoglimento.
Il Disciplinare di gara – atto a contenuto provvedimentale, non impugnato – stabiliva espressamente (alla pag.14) la possibilità che il Responsabile Unico del Procedimento si avvalesse, per la verifica della congruità delle giustificazioni fornite dalle ditte in sede di verifica dell’anomalia delle offerte, proprio della Commissione per la Valutazione delle offerte tecniche all’uopo istituita.
E poiché ciò è quanto è accaduto, ancora una volta la condotta dell’Amministrazione ben resiste alla doglianza.
1.4. Con il quarto motivo di gravame (proposto mediante ricorso per motivi aggiunti) l’appellante si duole dell’asserita ingiustizia della sentenza appellata, lamentando che erroneamente il Giudice di primo grado ha respinto il quarto motivo di doglianza, introdotto in primo grado mediante ricorso per motivi aggiunti.
Con esso la ricorrente (oggi appellante) lamentava – e con l’appello in esame reitera tale doglianza – violazione e falsa applicazione violazione dell’art. 38, comma 1, lett. e, del D.Lgs. n. 163 (2006, deducendo che la dichiarazione dell’aggiudicataria (DO.)) in ordine al possesso dei cc.dd. requisiti morali era incompleta in quanto espressa con formula sintetica ed “omnicomprensiva”.
La doglianza è inammissibile oltreccchè infondata.
1.4.1. Inammissibile per tardività in quanto sollevata con ricorso per motivi aggiunti oltre il termine di trenta giorni dalla scadenza del termine (di dieci giorni successivo alla comunicazione di cui all’art.79 del codice degli contratti pubblici) per la visione degli atti di gara.
1.4.2. La doglianza è comunque infondata nel merito per varie ragioni.
1.4.2.1. Innanzitutto per una ragione di carattere logico-linguistico di elementare percezione.
Posto che è incontrovertibile – come ben rappresentato da un proverbiale detto (atto ad esprimere con sintetica semplicità una intuitiva verità) – che “nel più sta il meno”, appare evidente che la dichiarazione attestante l’assenza – in capo al soggetto controllato – di qualsiasi reato grave che incida sulla moralità e sulla capacità professionale (dichiarazione che comporterebbe, nel caso di opposto contenuto, un onere di valutazione da parte della Stazione appaltante), non può non includere, seppur implicitamente (dunque: non può che implicare), anche l’affermazione dell’assenza – in capo al medesimo soggetto – dei più gravi fatti di reato, tassativamente menzionati dall’art.38 cit. (nella specie: partecipazione ad una organizzazione criminale, corruzione, frode e riciclaggio), per i quali è prevista la c.d. esclusione automatica.
1.4.2.2. Ma anche a prescindere da tale considerazione, non può essere ignorato che nella fattispecie dedotta in giudizio era lo stesso Disciplinare di gara (all’art.10 lett. C) che consentiva di formulare la dichiarazione di cui all’art. 38 del codice degli appalti “in modo omnicomprensivo”; utilizzando, cioè, una pericope attestante la inesistenza di tutte le cause di esclusione previste dalla norma.
Il che appare tranciante.
1.4.2.3. E ciò non senza sottolineare:
a) che la questione relativa all’asserita invalidità o inefficacia delle dichiarazioni rese dalle Sig.re An. e Ro.Mo. (nelle succedutesi qualità di “legali rappresentanti” o di “legali rappresentanti cessati dalla carica di Amministratore Unico”, oltre che di socie), ben poteva ritenersi – come correttamente ha fatto l’Amministrazione – definitivamente superata in considerazione dell’avvenuta formulazione (in sede di produzione della documentazione per l’accesso alla gara) di una più analitica, dettagliata e completa dichiarazione resa per loro (e sul loro conto) dalla società aggiudicataria;
b) e che anche la questione relativa all’asserita invalidità o inefficacia delle dichiarazioni rese dai soggetti che avevano ceduto all’aggiudicataria rami d’azienda di loro società (nella specie: i Sig.ri Ma.Gi., Iv.Re. e Ro.Mo.), ben poteva ritenersi – come ha fatto l’Amministrazione – non costitutiva di alcun reale intralcio all’aggiudicazione, posto che per analoga fattispecie (relativa a cessione di ramo d’azienda) l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (C.S., AD.PL. 16.10.2013 n.23) aveva già statuito – vista la non univocità della normativa (ingenerante incertezza in ordine alla sussistenza dell’obbligo a carico dei suddetti soggetti cedenti) – che finanche la totale omissione della dichiarazione (condotta più grave di quella dedotta in giudizio, consistente nell’aver formulato la dichiarazione in maniera asseritamente troppo generica) non giustifica l’esclusione dalla gara.
E che pertanto nei casi di tal fatta (lo si ribadisce: di cessione di ramo d’azienda) deve applicarsi il principio secondo cui l’esclusione va disposta non già per il fatto (puramente formale) della mera omissione della dichiarazione, ma solamente in ragione ed a cagione dell’acclarata assenza (fatto rilevante e dirimente in quanto sostanziale) dei requisiti di moralità (C.D., Ad.Pl., 16.10.2013 n.23).
1.4.2.4. Principio, quest’ultimo, che è informato a criteri di sostanziale giustizia.
E che, ad avviso del Collegio, ben può essere esteso a tutte le fattispecie; non apparendo giusto né equo – ed è questa un’ulteriore ed assorbente ragione per ritenere infondata la doglianza dell’appellante – che un soggetto che possa dimostrare – eventualmente anche mediante strumenti procedimentali di c.d. “soccorso istruttorio” – di avere tutti i prescritti requisiti morali (oltre agli altri richiesti dal bando), e che abbia inteso dichiarare in buona fede di esserne in possesso, sia escluso da una procedura concorsuale per il solo e semplice fatto di aver errato nella esposizione delle sue affermazioni al riguardo (o per il semplice fatto di essersi discostato dalla pedissequa e formale riproduzione del modello di dichiarazione prescritto nel bando).
Ovvero – ciò che è peggio – che venga escluso dalla gara (lo si ribadisce: non ostante il possesso di tutti i requisiti) per il solo e semplice fatto di aver reso una dichiarazione che pur se sostanzialmente omnicomprensiva delle informazioni richieste dalla PA, sia stata espressa in forma sintetica (ma – si badi – non per questo linguisticamente e sintatticamente meno completa) anzicchè in forma analitica.
Essendo ben noto – come teorizzato ed affermato in ogni sistema speculativo che si basi su criteri logici – che le formule definitorie ‘sintetiche’ non sono – per il semplice fatto di essere tali – fisiologicamente (e strutturalmente) meno efficaci e meno complete di quelle analitiche.
2. In considerazione delle superiori assorbenti osservazioni, l’appello principale va respinto; e, conseguentemente, l’appello incidentale va dichiarato improcedibile.
La delicatezza delle questioni dibattute, che ha visto impegnate le parti in difese tecniche ed in operazioni ermeneutiche particolarmente analitiche e dettagliate, giustifica pienamente la compensazione delle spese processuali fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez. III – respinge l’appello e dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Compensa le spese fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2015 con l’intervento dei Signori Magistrati:
Pier Giorgio Lignani – Presidente
Salvatore Cacace – Consigliere
Bruno Rosario Polito – Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere
Carlo Modica de Mohac – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 2 ottobre 2015.
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