Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 28 luglio 2015, n. 15841
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Presidente
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28826/2011 proposto da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale per Notaio 2015 Dott.ssa (OMISSIS) di (OMISSIS) – Rep.n. 39123 del 21.11.2012 e procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (E ALTRI OMISSIS)
– controricorrenti –
contro
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– intimati –
avverso la sentenza n. 645/2011 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 15/07/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/05/2015 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per i controricorrenti (OMISSIS) + ALTRI,
l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso;
udito, per i controricorrenti (OMISSIS) + ALTRI, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del quarto motivo del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello dell’Aquila con sentenza del 15 luglio 2011 ha confermato la decisione del Tribunale di Pescara, il quale aveva dichiarato inammissibile l’azione promossa da (OMISSIS), gia’ socia della (OMISSIS), societa’ titolare dell’azienda (OMISSIS) in (OMISSIS), volta alla declaratoria di nullita’ o all’annullamento del lodo arbitrale irrituale del 6 dicembre 2004 – che, a fronte della impugnazione della deliberazione della sua esclusione dalla societa’, aveva semplicemente dichiarato sciolto il rapporto sociale che la riguardava – ed all’accertamento della nullita’ od all’annullamento della deliberazione societaria di esclusione ai sensi dell’articolo 2287 c.c..
La corte territoriale ha ritenuto che: a) il Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 34, consente il regime del c.d. doppio binario, onde restano valide anche le clausole compromissorie contenute negli statuti preesistenti alla riforma, sebbene non adeguati alla prescrizione della nomina esclusivamente da parte di soggetto esterno alla societa’, divenendo irrilevante se la relativa eccezione fosse stata sollevata dall’impugnante tempestivamente; b) e’ inammissibile la censura relativa alla violazione dei limiti del giudizio equitativo – si deduca l’indebita decisione secondo equita’ in difetto di autorizzazione delle parti o la violazione dei principi informatori della materia – che possono essere formulati unicamente nei confronti del lodo arbitrale rituale, in quanto il giudizio di equita’ ha carattere meramente correttivo o integrativo, e non gia’ sostitutivo e formativo, solo nell’arbitrato rituale, ma non in quello irrituale, che ha l’efficacia tipica del negozio giuridico.
Propone ricorso la soccombente, sulla base di quattro motivi, depositando pure la memoria ex articolo 378 c.p.c..
Resistono con due distinti controricorsi gli intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, la ricorrente deduce la insufficiente e contraddittoria motivazione, per non avere la corte del merito rilevato la nullita’ del lodo arbitrale irrituale, posto che gli arbitri avevano deciso secondo il loro mero arbitrio, e non secondo diritto ne’ secondo equita’, in ispregio dell’articolo 2286 c.c., non essendo prevista dalla norma, ne’ dallo statuto sociale, la causa di esclusione del socio consistente nel dissidio con gli altri soci.
Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’articolo 13 st., articoli 1322, 1362, 1418 e 2286 c.c., articolo 822 c.p.c., perche’ lo statuto prevedeva una decisione arbitrale secondo diritto, non secondo equita’, ed avendo gli arbitri violato il principio dell’autonomia negoziale delle parti.
Con il terzo motivo, censura la violazione degli articoli 1349 e 2286 c.c., articoli 2 e 3 Cost., articoli 6, 8, 11, e 13 CEDU, in quanto gli arbitri avevano deciso senza il rispetto dei principi regolatori della materia, desumibili dall’articolo 2286 c.c., mentre il lodo arbitrale irrituale e’ impugnabile per manifesta iniquita’ in applicazione dell’articolo 1349 c.c..
Con il quarto motivo, deduce la violazione degli articolo 1418 e 1421 c.c., Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 1, comma 4, articoli 34 e 35, articolo 41, comma 1, per essere divenuta nulla la clausola compromissoria di cui all’articolo 13 dello statuto societario, non adeguata alle nuove prescrizioni in tema di arbitrato societario, in particolare quanto alla nomina dell’arbitro da parte di soggetto estraneo alla societa’: onde il giudice ordinario non avrebbe potuto pronunciare in sede rescissoria sul merito della causa.
2. – Il quarto motivo, da esaminare per primo per ragioni di priorita’ logico-giuridica, e’ fondato.
Va premesso che, contrariamente a quanto hanno dedotto i controricorrenti, il motivo non rileva solo ai fini dell’ipotetico giudizio rescissorio che potrebbe aprirsi solo qualora il lodo fosse dichiarato nullo o annullato per le ragioni dalla ricorrente addotte nei motivi precedenti: giacche’, viceversa, la questione posta con questo motivo, se fondata, travolgerebbe necessariamente di per se’ il lodo, e quindi ha rilievo gia’ ai fini della fase rescindente del giudizio.
Orbene, la clausola compromissoria contenuta nello statuto della (OMISSIS) e’ nulla, perche’ non conforme alla previsione del Decreto Legislativo 5 del 2003, articolo 34.
La corte d’appello ha disatteso l’eccezione in esame aderendo alla tesi del c.d. doppio binario in tema di arbitrato societario: ma tale conclusione non puo’ essere condivisa alla stregua del piu’ recente orientamento di legittimita’, secondo cui la clausola compromissoria contenuta nello statuto societario, la quale non preveda che la nomina degli arbitri debba essere effettuata da un soggetto estraneo alla societa’, e’ nulla anche ove si tratti di arbitrato irrituale, ed e’ affetta, sin dalla data di entrata in vigore del citato Decreto Legislativo n. 5 del 2003, da nullita’ sopravvenuta rilevabile d’ufficio (Cass. 17 febbraio 2014, n. 3665; v. pure ord., 10 ottobre 2012, n. 17287).
Inoltre, la circostanza che la citata normativa non fosse ancora entrata in vigore quando il procedimento arbitrale ha preso avvio non vale ad elidere tali principi. E’ vero che la disposizione transitoria del Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 41, rende inapplicabile la medesima normativa ai “giudizi pendenti”: ma, nella specie, trattandosi di arbitrato irrituale, non si tratta di tale fattispecie, bensi’ del compimento di un’attivita’ negoziale che, al momento in cui il lodo fu pronunciato nel mese di dicembre 2004, risultava ormai gia’ inficiata dalla sopravvenuta nullita’ della clausola che ne era a fondamento.
Invero, la norma del Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 41, per come formulata nello specifico riferimento ai “giudizi pendenti”, e’ intesa a fare salvi gli eventuali giudizi arbitrali, cosi’ qualificabili, in corso alla data di entrata in vigore della normativa, ma non gia’ gli effetti della clausola arbitrale preesistente, che costituisce negozio e non gia’ atto processuale (cfr. Cass. 17 febbraio 2014, n. 3665).
Quanto alla questione, reputata irrilevante dalla sentenza impugnata ma che torna allora ad emergere, secondo cui l’eccezione di nullita’ in discorso sarebbe stata sollevata tardivamente, deve ancora osservarsi come, trattandosi di nullita’ rilevabile anche d’ufficio, la tardivita’ dell’eccezione non avrebbe conseguenze, alla luce dei principi di recente affermati dalle Sezioni unite (Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242), le quali hanno statuito come il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullita’ contrattuale deve comunque rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di quest’ultima diversa da quella allegata dall’istante, essendo la domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicche’ e’ individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio; inoltre, nel giudizio di appello ed in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullita’ contrattuale, ha sempre facolta’ di procedere ad un siffatto rilievo; mentre, laddove sia stata a domanda di nullita’ contrattuale, il giudice deve rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di quest’ultima diversa da quella allegata dall’istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicche’ e’ individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio. Ha aggiunto la citata sentenza che la “rilevazione” ex officio delle nullita’ negoziali (anche diverse da quelle allegato dalla parte) e’ sempre obbligatoria, purche’ la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione piu’ liquida”.
3. – I primi tre motivi restano di conseguenza assorbiti.
4. – In conclusione, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte d’appello dell’Aquila, in diversa composizione, perche’, ferma la nullita’ del lodo per la ragione sopra esposta e dunque caduto il medesimo, esamini la domanda volta all’impugnazione dell’esclusione di (OMISSIS) dalla (OMISSIS).
Alla corte del merito si demanda pure la liquidazione delle spese di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo, di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di legittimita’, innanzi alla Corte d’appello dell’Aquila, in diversa composizione.
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