Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 8 luglio 2015, n. 14176
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario – Presidente
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9063/2013 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo Studio Legale Tributario (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 119/20/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO del 13/07/2012, depositata l’08/l0/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore del ricorrente che si riporta agli scritti.
FATTO E DIRITTO
La Corte:
ritenuto che, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati;
osserva:
La CTR di Milano ha accolto l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n. 43/03/2011 della CTP di Pavia che aveva accolto il ricorso di (OMISSIS) – ed ha cosi’ confermato l’avviso di accertamento con cui si assumevano imponibili ai fini IRPEF in capo al (OMISSIS) (in proporzione alla di lui quota di partecipazione nella societa’), siccome presuntivamente distribuiti, in considerazione della ristretta base partecipativa, i maggiori utili gia’ accertati ai fini IRPEG ed IRAP in capo alla ” (OMISSIS) srl” per l’anno 2002.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che l’appello doveva ritenersi meritevole di accoglimento “alla luce di quanto sopra esposto” e cioe’ che dovesse considerarsi reddito da capitale ai fini IRPEF quello derivante dalla partecipazione alla societa’ in proporzione all’utile extracontabile non entrato nelle casse sociali che “e’ legittimo presumere” attribuito pro’ quota ai soci.
E cio’ alla luce della presunzione di distribuzione dei maggiori utili non contabilizzati da parte di societa’ di capitali composta da una ristretta base di soci.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia s e’ difesa con controricorso.
Il ricorso – ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’articolo 376 c.p.c. – puo’ essere definito ai sensi dell’articolo 375 c.p.c..
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’articolo 112 c.p.c., in combinazione con altre norme), nonche’ con il terzo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’articolo 295 c.p.c., e da esaminarsi prima del secondo perche’ preliminare in senso logico) la parte ricorrente propone due mezzi manifestamente inammissibili.
Il primo perche’ (essendo rimasto non costituito in grado di appello) l’odierno ricorrente si duole di omesso esame di una censura proposta dalla appellante Agenzia, cosi’ inammissibilmente (articolo 100 c.p.c.) facendo valere un interesse che non le appartiene e cioe’ quello di dolersi dell’omesso esame di una domanda (volta ad ottenere la riforma della pronuncia di primo grado) proposta da altra parte. Il secondo perche’ la parte ricorrente non ha fornito dimostrazione alcuna della attuale pendenza della lite (quella concernente l’impugnazione dell’accertamento rivolto nei confronti della societa’ e che si assume pregiudiziale rispetto a quello rivolto nei confronti del socio) che in tesi sarebbe pregiudicante la decisione della presente causa, si’ da imporne la sospensione necessaria.
Con il secondo mezzo (centrato sulla violazione dell’articolo 5 TUIR e degli articoli 2727 e 2729 c.c., nonche’ su omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, quest’ultimo profilo essendo manifestamente inammissibile, alla luce del fatto che i ricorso e’ stato proposto in periodo di vigenza della nuova formula dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) la parte ricorrente si duole, poi, del fatto che il giudicante abbia fondato la propria decisione sull’assunto che “in caso di accertamenti di utili non contabilizzati opera la presunzione di attribuzione pro’ quota ai soci degli utili stessi”, nel caso di societa’ di capitali a ristretta base sociale, senza prima avere chiarito (e nonostante le contrarie deduzioni e prove offerte dalla parte contribuente nel primo grado di giudizio) se nella specie di causa effettivamente si vertesse in ipotesi di applicabilita’ della menzionata presunzione e cioe’ se sussistesse nella compagine sociale “quel vincolo di solidarieta’ e di reciproco controllo che normalmente in questi casi caratterizza la gestione sociale”. Il motivo appare manifestamente fondato e da accogliersi.
Codesta Suprema Corte ha numerose volte ritenuto ammissibile la presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati, ma ha chiarito che, perche’ tale presunzione possa operare, occorre pur sempre che la “ristrettissima base sociale o familiare”, cioe’ il “fatto noto” alla base della presunzione, abbia costituito oggetto di uno specifico accertamento probatorio: ed invero solo una volta che sia stato stabilito che la titolarita’ delle azioni e l’organizzazione aziendale sono concentrate in una stretta cerchia personale o familiare, il giudice di merito non puo’ escludere la distribuzione ai soci di utili non contabilizzati, limitandosi a prender atto della inapplicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 5, (cfr. Cass. n. 3254/2000, Cass. n. 2390/2000).
Nel caso di specie, non risulta dalla motivazione della sentenza impugnata che il giudice del merito – al quale e’ istituzionalmente riservata la valutazione circa l’attitudine probatoria del “fatto noto”, non solo quanto alla preferenza accordatagli rispetto ad altre possibili fonti di convincimento, ma anche in ordine all’esistenza dei requisiti di gravita’, precisione e concordanza – abbia specificamente indagato circa la sussistenza del presupposto della ristrettezza della base azionaria o della natura familiare della Societa’, sicche’ non resta che concludere per la violazione dei principi (arg. ex articolo 2727 c.c.) che presiedono all’utilizzo delle prove presuntive in giudizio.
Consegue da cio’ che la cassazione della pronuncia dara’ luogo alla rimessione della lite al giudice del merito affinche’ quest’ultimo – in funzione di giudice del rinvio – rinnovi l’esame del materiale probatorio dedotto, alla luce dei corretti principio di diritto che vi presiedono.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
Roma, 30 novembre 2014.
ritenuto inoltre:
che la relazione e’ stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, ne’ memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo ed il terzo. Cassa la decisione impugnata in relazione a quanto accolto e rinvia alla CTR Lombardia che, in diversa composizione, provvedera’ anche sulle spese di lite del presente giudizio.
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