cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 16 giugno 2015, n. 25012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENTILE Mario – Presidente

Dott. CAMMINO Matilde – Consigliere

Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Consigliere

Dott. RAGO Geppino – Consigliere

Dott. ALMA Marco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la ordinanza n. 202-R/14 in data 10/12/2014 del Tribunale di Reggio Calabria in funzione di giudice del riesame;

visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. VIOLA Alfredo Pompeo che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito il difensore dell’imputato, Avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza in data 10/12/2014 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’appello ex articolo 310 c.p.p. presentato dalla difesa dell’imputato (OMISSIS) avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Palmi in data 22/7/2014 di rigetto della richiesta di revoca o riduzione di sequestro preventivo. Il decreto genetico del sequestro preventivo de qua (relativo a somme di denaro ed altri beni) era stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palmi in data 29/10/2010 in ragione dell’entita’ del profitto illecitamente conseguito dagli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) chiamati a rispondere di plurime ipotesi di malversazione e truffa aggravata ai danni dello Stato.

Ricorre per Cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’imputato, deducendo con motivo unico la violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) in relazione all’articolo 322-ter c.p..

Rileva la difesa del ricorrente che i presupposti su quali si e’ fondata la decisione del Tribunale del riesame sono infondati.

Infatti, a seguito dell’intervenuta pronuncia di sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione emessa dal Tribunale di Palmi in data 30/4/2014, residua a carico dell’imputato altra sola imputazione in relazione alla quale il profitto del reato ammonterebbe a 4.398.818,50 euro.

Poiche’ pero’ al coimputato (OMISSIS) e’ stata sequestrata la somma di poco piu’ di 4.525.000 euro ne conseguirebbe che in ipotesi di un’eventuale condanna dell’odierno ricorrente la somma utile a soddisfare le ragioni dello Stato risulterebbe gia’ accantonata con conseguente inutilita’ del mantenimento in sequestro di altri beni o denaro.

A cio’ si aggiunga che il valore del manufatto della (OMISSIS) sottoposto a sequestro e’ superiore al valore del finanziamento erogato dallo Stato e che la circostanza che i due sequestri siano stati eseguiti l’uno ai sensi dell’articolo 322-ter c.p. e l’altro ai sensi dell’articolo 321 c.p.p. appare puramente formale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato.

Innanzitutto, come ha correttamente evidenziato il Tribunale del riesame ed e’ stato ribadito anche in tempi successivi da questa Corte Suprema, “in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, il provvedimento cautelare puo’ interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entita’ del profitto accertato. (Fattispecie in materia di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche)” (Cass. Sez. 2, sent. n. 2488 del 27/11/2014, dep. 20/01/2015, Rv. 261852).

Cio’ e’ coerente con le linee interpretative indicate dalla Corte di legittimita’ in materia di sequestro in caso di reato concorsuale atteso che secondo quanto condivisibilmente sostenuto da Cass. sez. un. 26654/2008, nel caso di illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che implica l’imputazione dell’intera azione e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e pertanto, una volta perduta l’individualita’ storica del profitto illecito, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca puo’ interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entita’ del profitto accertato, fermo restando che l’espropriazione non potra’ essere duplicata o comunque eccedere nel “quantum” l’ammontare complessivo dello stesso.

In linea con tale impostazione, i giudici del riesame hanno effettuato il controllo tra valore dei beni in sequestro e profitto, come emergente dagli elementi presenti in atti, adempiendo all’onere imposto dalla Corte di legittimita’ in punto di chiarificazione dei criteri utilizzati.

Il Tribunale del riesame ha infatti congruamente indicato i parametri di valutazione offrendo una motivazione dettagliata circa gli elementi a propria disposizione che non risulta certo arbitraria.

In particolare ha evidenziato che nel caso in esame risultano coinvolte nell’attivita’ illecita sia persone fisiche che persone giuridiche e che non sarebbe possibile una “scissione” tra le varie responsabilita’ in quanto “l’ente collettivo e’ capace di essere centro autonomo di imputazione di effetti giuridici solo grazie all’agire dei soggetti fisici che lo rappresentano” con la conseguenza che “il profitto diretto ed immediato del reato puo’ essere conseguito solo dal soggetto fisico che agisce come organo e rappresentante dell’ente a nulla rilevando che esso sia riversato a favore di quest’ultimo”.

Cio’ ha portato il Tribunale del riesame alla conclusione che poiche’ il nesso che lega la responsabilita’ della persona giuridica e quella della persona fisica ha origine nel reato presupposto commesso nell’interesse o vantaggio dell’ente”, cio’ “deve essere inteso come fatto unico riferibile ad entrambi i soggetti”. Orbene, calando detti principi nel caso in esame, il Tribunale ha evidenziato:

a) che lo stabilimento produttivo della (OMISSIS) S.r.l. e’ stato sottoposto a sequestro ex articolo 321 c.p.p., commi 1 e 2 il che gia’ di per se’ non incide sul lamentato rapporto di sproporzione tra il profitto illecitamente conseguito dagli indagati nell’interesse ed in vantaggio della persona giuridica;

b) che, in ogni caso, essendo si’ stato dichiarato estinto per prescrizione uno dei reati in contestazione all’odierno ricorrente (OMISSIS) ma non essendo travolto dalla prescrizione anche l’illecito amministrativo dipendente da reato, stante il principio di unitarieta’ degli illeciti de quibus il valore complessivo del profitto derivante dal delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato deve ritenersi quello di euro 8.357.407,50 con la conseguenza che quanto sequestrato al coimputato (OMISSIS) non e’ sufficiente a coprire le eventuali pretese dello Stato essendo all’evidenza inferiore al profitto illecitamente locupletato dagli imputati.

Ritiene l’odierno Collegio che le argomentazioni espresse dal Tribunale del riesame nell’ordinanza impugnata e sopra nel dettaglio indicate siano condivisibili in quanto conformi a diritto.

Del resto questa Corte Suprema ha gia’ avuto modo di chiarire che “il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato di truffa aggravata puo’ incidere contemporaneamente od indifferentemente sui beni dell’ente che dal medesimo reato ha tratto vantaggio e su quelli della persona fisica che lo ha commesso, con l’unico limite per cui il vincolo cautelare non puo’ eccedere il valore complessivo del suddetto profitto” (Cass. Sez. 2, sent. n. 21227 del 29/04/2014, dep. 26/05/2014, Rv. 259716) all’evidenza rientrando nel concetto di “valore complessivo” sia quello locupletato dal privato che quello locupletato dall’ente.

A cio’ si aggiunga che, contrariamente a quanto asserito dalla difesa del ricorrente, il fatto che l’immobile costituente l’unita’ produttiva della (OMISSIS) S.r.l. sia stato sottoposto a sequestro preventivo ai sensi dell’articolo 321 c.p.p., commi 1 e 2 in luogo di quello ex articolo 322-ter c.p. rappresenta tutt’altro che un questione puramente formale essendo i due provvedimenti cautelari fondati su presupposti diversi ed asserventi a finalita’ differenti con la conseguenza che appare allo stato legittimo non considerare il valore di tale bene nell’ambito della valutazione di proporzionalita’ legata al sequestro per equivalente.

Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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