Suprema Corte di Cassazione
sezioni unite
sentenza 12 giugno 2015, n. 12182
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f.
Dott. CICALA Mario – Presidente di Sez.
Dott. RORDORF Renato – Presidente di Sez.
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26440-2011 proposto da:
COMUNE DI PORCIA ((OMISSIS)), in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 303/2010 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 30/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/05/2015 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;
uditi gli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 7.5.2007, (OMISSIS) conveniva in giudizio il Comune di Pordenone dinanzi al Tribunale della stessa citta’, al fine di sentire in via principale accertato l’intervenuto acquisto della proprieta’ del proprio fondo (individuato al F. 13 Mapp. 172 part. 9104) a titolo originario in capo al predetto Comune, al momento della scadenza del periodo di occupazione, con condanna del convenuto a pagamento del danno patito, quantificato in complessivi euro 227.299,87 salva diversa moderazione giudiziale, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, ovvero al fine di sentire in via subordinata accertare l’illegittimita’ della procedura espropriativa seguita dal Comune e la conseguente illegittima occupazione dell’immobile stesso, con condanna alla restituzione dei terreni soggetti ad espropriazione ovvero, in via alternativa, al pagamento del prezzo Commerciale degli stessi, nonche’ all’integrale risarcimento dei danni, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
Si costituiva in giudizio il comune convenuto, eccependo in via preliminare ed in principalita’ l’inammissibilita’ delle domande per difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario adito e chiedendo in via subordinata di merito il rigetto della domande perche’ infondate.
Con sentenza non definitiva n. 797/2008 il Tribunale, qualificata la fattispecie concreta come occupazione illegittima o usurpativa, stante il mancato rispetto del termine massimo fissato ex lege per l’inizio dei lavori, e cio’ sul presupposto che sebbene il Comune di Porcia con Delib. 31 maggio 1999, n. 168, divenuta esecutiva il 18 giugno 1999, avesse approvato il progetto definitivo dei lavori di sistemazione ed arredo del piazzale della (OMISSIS), l’inizio dei lavori dato dalla Decreto Legge all’impresa era avvenuto solo in data 3.9.2001 ossia ben oltre i 24 mesi previsti dalla Legge Regionale 31 ottobre 1986, n. 46, articolo 18, norma che doveva trovare applicazione in luogo della Legge n. 1 del 1978, articolo 1, comma 3, stante la potesta’ legislativa esclusiva spettante alla Regione Friuli Venezia Giulia in materia urbanistica rigettava l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune convenuto e con separata ordinanza rimetteva la causa in istruttoria, riservando alla sentenza definitiva ogni ulteriore decisione, anche in ordine alle spese di lite. Avverso la predetta sentenza proponeva appello – affidato ad un unico motivo – il Comune di Porcia, chiedendo accogliersi le conclusioni in epigrafe trascritte.
Si costituiva in giudizio l’appellata e resisteva al gravame, chiedendone il rigetto con il favore delle spese.
La Corte d’appello di Trieste con sentenza 303/10 rigettava l’appello.
Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione il comune di Porcia sulla base di un solo articolato motivo. Resiste con controricorso la (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il Comune di Porcia deduce la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
In particolare censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che rivesta carattere usurpativo, in quanto in carenza di potere, l’occupazione di un immobile in caso di sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilita’ (nel caso di specie per mancato inizio dei lavori nel termine legislativamente fissato) mentre, invece, il provvedimento in questione dovrebbe ritenersi illegittimo ma non gia’ inesistente.
Contesta inoltre l’applicazione al caso di specie della Legge Friuli Ven. Giulia n. 46 del 1986, articolo 18 ritenuta applicativa della Legge statale n. 1 del 1978, articolo 1; contesta comunque che la detta norma stabilisca a pena di decadenza il termine di 24 mesi per l’inizio dei lavori; contesta infine che il termine per l’inizio dei lavori rivesta carattere perentorio e non ordinatorio.
Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilita’ del ricorso sollevate dalla controricorrente.
Con la prima si deduce la tardivita’ del ricorso per decorso del termine annuale di cui all’articolo 327 c.p.c..
L’eccezione e’ infondata.
La sentenza impugnata e’ stata depositata il 30.7.10 mentre il ricorso e’ stato presentato all’ufficio postale per la notifica il 28.10.11, e dunque nei termini tenuto conto del periodo di sospensione feriale.
Con la seconda eccezione la controricorrente deduce l’inammissibilita’ del ricorso per violazione dell’articolo 366 c.p.c. per mancata indicazione e produzione dei documenti su cui il ricorso si fonda nonche’ per genericita’.
Anche tale eccezione e’ infondata.
Invero il ricorso non e’ basato su documenti in quanto le circostanze di fatto sono tutte pacifiche. La doglianza investe infatti esclusivamente questioni di diritto astrattamente valutabili senza che sia necessario alcun riferimento a documenti. Il ricorso risulta inoltre adeguatamente circostanziato e specifico sia in riferimento alle questioni decise dalla Corte d’appello che alle censure che vengono a tale proposito avanzate. Venendo all’esame del ricorso, lo stesso si rivela fondato. Nel caso di specie trova applicazione ratione temporis la Legge n. 1 del 1978, articolo 1, comma 3, che e’ stato successivamente abrogato dal Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 327 e successiva modifiche a partire dal 1 luglio 2003 e che stabilisce che “gli effetti della dichiarazione di pubblica utilita’ e di urgenza ed indifferibilita’ cessano se le opere non hanno avuto inizio nel triennio successivo all’approvazione del progetto”. Il comma 1 dell’articolo in esame stabilisce che l’approvazione dei progetti di opere pubbliche da parte degli organi regionali, provinciali e comunali equivale a dichiarazione di pubblica utilita’ e di urgenza ed indifferibilita’ delle opere stesse. Nel caso di specie l’approvazione del progetto di opera pubblica da parte del Comune di Porcia e’ intervenuta il 18 giugno 1999.
Un primo problema che si pone riguarda i rapporti intercorrenti tra la Legge n. 1 del 1978, sovra descritto articolo 1 e la Legge n. 2359 del 1865, articolo 13 che stabilisce che nella dichiarazione di pubblica utilita’ devono essere indicati i termini entro i quali devono iniziarsi e compiersi le espropriazioni ed i lavori e che l’inutile trascorrere dei termini in questione comporta l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilita’. L’articolo in questione prevede, peraltro, la possibilita’ di prorogare i detti termini per causa di forza maggiore o per altre cagioni indipendenti dalla volonta’ del concessionario. Sul punto questa Corte ha gia’ chiarito che l’indicazione dei termini di inizio e compimento dei lavori e delle espropriazioni, ai sensi della Legge n. 2359 del 1865, articolo 13, non va confuso con il termine introdotto dalla Legge n. 1 del 1978, articolo 1, comma 3, del tutto autonomo rispetto ai precedenti, che – come gia’ detto – prevede un limite massimo (triennale) entro il quale devono essere iniziati i lavori (a pena di cessazione degli effetti della dichiarazione di pubblica utilita’ e di urgenza e indifferibilita’ dell’opera). Tale termine ha natura acceleratoria dell’esecuzione delle opere pubbliche e va raccordato con quelli di cui all’articolo 13, nel senso che solo ove detti termini siano regolarmente apposti e la dichiarazione di p.u. risulti esistente, si pone il problema (logicamente successivo) di stabilire se la stessa abbia conservato o no efficacia per l’osservanza (anche) del termine perentorio richiesto dalla Legge del 1978, articolo 1 per l’inizio dell’opera. (Cass. 21389/11 – sulla perentorieta’ del termine triennale v. anche Cass. 14461/04).
Nel caso in esame e’ sopravvenuta la Legge Regionale Friuli Venezia Giulia n. 46 del 1986, articolo 18 che ha stabilito che “per i procedimenti espropriativi da effettuarsi nell’ambito del territorio regionale, il periodo utile per l’esecuzione dei lavori e delle espropriazioni e’ fissato in mesi 24 per il loro inizio e in mesi 36 per la loro ultimazione a decorrere dalla data della dichiarazione espressa o implicita di pubblica utilita’”. L’articolo in questione prevede poi che i termini in questione possono essere prorogati o fissati diversamente per motivate circostanze da parte delle autorita’ competenti a cui spetta altresi’ il potere di stabilire i detti termini nelle ipotesi in cui la dichiarazione di pubblica utilita’ sia direttamente contenuta in una disposizione di legge.
Il quarto comma dell’articolo in esame stabilisce infine, per quel che qui interessa, che, in ogni caso, i lavori e le espropriazioni debbono avere inizio entro tre anni dalla data della dichiarazione di pubblica utilita’.
Nel caso di specie, come si evince dalla sentenza impugnata, e’ pacifico che, in assenza della proroga prevista dalla legge regionale, i lavori sono iniziati dopo i 24 mesi stabiliti dalla legge regionale, ma prima dello scadere del termine dei tre anni. Una prima contestazione che avanza il ricorrente e’ che la legge regionale non puo’ trovare applicazione nel caso di specie nella parte in cui ha stabilito un termine per l’inizio dei lavori inferiore a quello stabilito dalla legge statale e quindi in difformita’ da questo. Tale prospettazione e’ erronea.
Non e’ dubbio che nel caso di specie si verte in tema di legislazione concorrente poiche’ l’articolo 5 n. 11 dello Statuto della regione Friuli Venezia Giulia espressamente prevede tra le materie rientranti nella legislazione concorrente l’espropriazione per pubblica utilita’ non riguardanti opere a carico dello Stato.
Cio’ comporta che la legislazione regionale in materia resta comunque subordinata ai principi ed interessi generali della legislazione dello Stato ai sensi dell’articolo 117 Cost., comma 3. (Cass. 7364/12 – 13167/14) ma che, in osservanza dei predetti principi, possa comunque prevedere una normativa che si discosti da quella statale.
Nel caso di specie, costituisce principio della legislazione dello Stato il fatto che la dichiarazione di pubblica utilita’ debba contenere termini di inizio e fine dei lavori, ma non gia’ quello della durata di detti termini, come si evince del resto anche dallo stesso fatto che la Legge n. 2365 del 1865, articolo 13 (norma di carattere generale all’epoca vigente) prevedeva la possibilita’ di proroga dei termini in questione e, dunque, una loro diversa modulazione rispetto al dettato normativo da parte delle autorita’ competenti.
Cio’ posto quello che resta da valutare e’ se il termine biennale stabilito dalla legge regionale, piu’ breve rispetto a quello triennale previsto dalla legge statale costituisca, come quest’ultimo un termine perentorio oppure no.
Va in primo luogo osservato che la legge regionale in esame non stabilisce che il mancato rispetto del termine biennale per l’inizio dei lavori da essa stabilito comporti l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilita’.
Peraltro, dopo avere previsto la possibilita’ di prorogare il termine in questione da parte dell’autorita’ competente stabilisce che, in ogni caso, la detta proroga non possa portare al superamento del termine di tre anni dall’inizio dei lavori.
Cio’ porta a ritenere che la legge regionale, in osservanza delle finalita’ di carattere acceleratorio di cui alla norma in esame, abbia attribuito al termine in questione natura ordinatoria. Porta a queste conclusioni l’ampio potere discrezionale di concessione delle proroghe (motivate circostanze) previsto da parte dell’autorita’ competente cui appare ostare il principio generale (non privo invero di eccezioni) secondo cui i termini perentori non sono di regola suscettibili di proroghe (v. in tema di termini processuali ex articolo 154 c.p.c. Cass. 1054/05), nonche’ il fatto che l’articolo 18 in esame stabilisce, comunque, che anche in caso di proroga il termine non possa superare i tre anni.
Cio’ lascia intendere che la legge regionale ha confermato la natura perentoria del termine triennale stabilito dalla legge statale, in cio’ interamente conformandosi a quest’ultima, ma che ha inteso al tempo stesso, proprio per finalita’ acceleratorie, prevedere un termine inferiore di carattere ordinatorio che potesse comunque essere modulato secondo le adeguate circostanze rimanendo pur sempre all’interno del predetto limite perentorio triennale.
Cio’ comporta che nel caso di specie la dichiarazione di pubblica utilita’ non ha perso di efficacia per il superamento del detto termine biennale, per cui deve dichiararsi la giurisdizione nella presente controversia del giudice amministrativo alla luce della costante giurisprudenza di queste Sezioni Unite che hanno ripetutamente affermato che nel contesto ermeneutico delle sentenze della Corte costituzionale (n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006), dichiarative della illegittimita’ costituzionale di nuove ipotesi legislative di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistico-edilizia ed espropriativa, se estese a comportamenti non riconducibili nemmeno mediatamente all’esercizio di un pubblico potere, devono ascriversi a tale giurisdizione le controversie in tema di risarcimento del danno da comportamenti, causativi di danno ingiusto, che, pur se illegittimi, costituiscano esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi e che quindi siano riconducibili all’esercizio della P.A. come nel caso in cui ci si trovi in presenza di una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilita’, per effetto della quale la posizione soggettiva del proprietario e’ trasformata in interesse legittimo. (Cass. 27190/06 sez. un.).
Il ricorso va quindi accolto, la sentenza impugnata va cassata e va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo. La peculiarita’ e la novita’ della questione giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; compensa le spese di giudizio.
Leave a Reply