Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 12 giugno 2015, n. 12232

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3724/2012 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 243/2011 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, SEZIONE AGRARIA, depositata il 07/11/2011, R.G.N. 222/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/03/2015 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) e (OMISSIS) agivano nei confronti di (OMISSIS) chiedendo la risoluzione per inadempimento della conduttrice di un contratto di affitto del 2001 relativo a due distinti fondi rustici, uno di proprieta’ delle due attrici ed all’epoca del contratto anche del fratello (OMISSIS) che successivamente aveva ceduto loro la sua quota di proprieta’ e l’altro di proprieta’ di (OMISSIS) (nonna della (OMISSIS)).

Il Tribunale accoglieva la domanda e pronunziava la risoluzione per inadempimento dell’affittuaria, con condanna della stessa al rilascio dei fondi.

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, su eccezione di difetto dell’integrita’ del contraddittorio sollevata solo con memoria depositata in appello dalla appellante (OMISSIS), dichiarava la nullita’ della sentenza di primo grado e rimetteva la causa dinanzi al Tribunale di Palmi, sezione specializzata agraria, ritenendo sussistesse un difetto di litisconsorzio necessario non essendo stati evocati in causa (OMISSIS) e (OMISSIS), in quanto, non essendo (OMISSIS) piu’ comproprietario di uno dei due fondi e non essendo le attrici comproprietarie del fondo della (OMISSIS), non risultava applicabile nel caso di specie il principio (applicabile esclusivamente nell’ambito della comunione) in virtu’ del quale uno dei comunisti puo’ agire da solo anche per la risoluzione del contratto di locazione sulla presunzione del mandato tacito conferitogli dagli altri.

(OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione articolato in due motivi per la riforma della sentenza n. 243 del 2011 emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria.

Resiste (OMISSIS) con controricorso.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, le ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’articolo 102 c.p.c., sostenendo che nella fattispecie non sia configurabile il difetto di litisconsorzio necessario ravvisato dalla corte d’appello.

Sottolineano che nel caso concreto era stato concluso un unico contratto di locazione in cui erano stato dati in locazione due fondi distinti, di proprietari diversi, ma unitariamente considerati anche quanto alla determinazione del canone. Del primo fondo erano proprietari all’epoca (OMISSIS) e (OMISSIS) ed anche (OMISSIS), del secondo fondo solo la (OMISSIS), madre degli altri locatori e nonna della conduttrice. Le ricorrenti sostengono innanzitutto che non e’ stato provato che la (OMISSIS) fosse la proprietaria esclusiva del secondo fondo e che, in ogni caso, si dovrebbero applicare gli stessi principi di diritto utilizzabili per i contratti di locazione aventi ad oggetto un fondo in comunione, in cui ciascuno degli stipulanti e’ legittimato ad agire anche per gli altri esercitando le azioni che derivano dal contratto di locazione e quindi all’occorrenza anche l’azione di risoluzione senza necessita’, ai fini della integrita’ del contraddittorio, che tutti gli intestatari dei terreni oggetto della locazione siano evocati in causa.

Il motivo e’ fondato.

Si deve ritenere definitivamente superata la giurisprudenza esistente fino agli inizi degli anni 80, secondo cui tra i vari locatori, in caso di pluralita’, esistesse un litisconsorzio necessario (Cass. n. 6504 del 1984).

Si e’ fin da allora venuto affermando il diverso principio secondo il quale nelle vicende del rapporto locatizio, l’eventuale pluralita’ di locatori integra una parte unica, nel cui interno i diversi interessi vengono regolati secondo i criteri che presiedono alla disciplina della comunione. Conseguentemente, si e’ affermato che ciascuno dei condomini-locatori puo’ svolgere le azioni che derivano dal contratto, presumendosi il consenso degli altri alla proposizione dell’azione giudiziaria e salva la possibilita’ per costoro, ove rappresentino nell’ambito della comunione una quota maggioritaria, di opporsi all’azione medesima (in questo senso gia’ Cass. n. 1582 del 1985 e Cass. n. 7471 del 1986).

La corte d’appello mostra di essere ben consapevole di tale consolidato orientamento giurisprudenziale, che richiama ma ritiene circoscritto quanto alla sua applicabilita’ all’ipotesi di locazione di bene comune da parte di uno dei comproprietari, in cui l’eventuale pluralita’ di locatori integra una parte unica al cui interno i diversi interessi sono regolati secondo i criteri che presiedono alla disciplina della comunione.

Tuttavia, essa non lo ritiene applicabile alla fattispecie in esame in virtu’ della sua particolarita’, costituita dal fatto che nel caso di specie oggetto del contratto di locazione erano piu’ fondi in relazione ai quali i primi tre locatori erano comproprietari del primo fondo mentre la quarta era proprietaria esclusiva del secondo fondo.

La giurisprudenza di questa Corte ha pero’ piu’ volte affermato che nella locazione non rileva la proprieta’ o comproprieta’ del bene, ma solo il potere di disporne; tale gestione comune del bene prescinde dal titolo di proprieta’ ed investe solo la disponibilita’ dell’uso del bene, con la conseguenza che se questa vi e’ (rimanendo irrilevante se essa dipenda dalla proprieta’ comune o da altra causa), tra tutti i soggetti che dispongono di quel bene opera la presunzione di mandato tacito, fino a prova contraria e quindi non vi e’ necessita’ di integrare il contraddittorio, perche’ colui che agisce lo fa anche su mandato tacito degli altri (v. tra le altre Cass. n. 5077 del 2010, Cass. 17504 del 2003).

Il principio cardine sopra enunciato, per cui ai fini della validita’ del contratto di locazione si prescinde dalla titolarita’ o contitolarita’ del bene in capo a chi ne dispone, dovendosi far riferimento solo all’esistenza del potere di disporre, sia per la conclusione del contratto che poi per il suo scioglimento si applica pertanto anche nel caso di pluralita’ di locatori che non siano anche comproprietari del bene, (o che, come nella specie, siano proprietari ciascuno di un bene tra quelli oggetto del contratto di locazione).

Anche in questo caso infatti non sussiste litisconsorzio necessario in quanto si presume l’esistenza di un mandato tacito, rilasciato da ciascun locatore in favore degli altri.

Essi possono agire anche a nome degli altri sulla base del rapporto di solidarieta’, attiva e passiva, esistente, che non da luogo a litisconsorzio necessario, secondo il principio di diritto gia’ espresso da questa Corte, secondo il quale qualora in un contratto di locazione la parte locatrice sia costituita da piu’ locatori, ciascuno di essi e’ tenuto, dal lato passivo, nei confronti del conduttore alla medesima prestazione, cosi’ come, dal lato attivo, ognuno degli stessi puo’ agire nei riguardi del locatario per l’adempimento delle sue obbligazioni, applicandosi in proposito la disciplina della solidarieta’ di cui all’articolo 1292 c.c., che non determina, tuttavia, la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e non da luogo, percio’, a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati o creditori (v. Cass. n. 14530 del 2009).

Non avendo la corte territoriale fatto corretta applicazione di questo principio, la sentenza impugnata va cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso.

Con il secondo motivo di ricorso, le ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1458 c.c., rilevante sia in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 che al n. 5, per aver la decisione ignorato il profilo della risoluzione parziale del contratto in una ipotesi in cui oggetto dell’accordo era costituito da due fondi ben distinti.

L’accoglimento del primo motivo del ricorso esime dall’esame del secondo, che rimane assorbito.

In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa rimessa alla Corte d’Appello di Reggio Calabria che, in diversa composizione, decidera’ anche sulle spese facendo applicazione del principio di diritto sopra richiamato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Reggio Calabria che, in diversa composizione, decidera’ anche sulle spese.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *