Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 22 giugno 2015, n. 26201
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente
Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere
Dott. GAZZARA Santi – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Catania in data 14/2/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14/2/2014, il Tribunale di Catania applicava a (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 444 cod. proc. pen., la pena di due anni di reclusione in ordine ai reati di cui agli articoli 81 cpv., 609-undecies e 600-quater cod. pen.; allo stesso era ascritto di aver compiuto atti di adescamento di minorenni, nonche’ di aver detenuto materiale pedopornografico.
2. Propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, deducendo – con unico motivo – la violazione di legge penale. Il Tribunale avrebbe applicato, tra le pene accessorie di cui all’articolo 609-nonies cod. pen., anche la sospensione, per la durata della pena, dall’esercizio della professione di regista e di artista teatrale, sebbene le stesse – attivita’ svolte dal ricorrente – non abbiano alcun legame con le condotte contestate. La misura, inoltre, inciderebbe in modo arbitrario – e negativo – sull’unica fonte di reddito e di sostentamento del (OMISSIS).
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ fondato.
La Legge 1 ottobre 2012, n. 172 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a (OMISSIS), nonche’ norme di adeguamento dell’ordinamento interno) ha introdotto nell’articolo 609-nonies cod. pen. – pene accessorie ed effetti penali – la nuova previsione di cui al n. 5), relativa alla “sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte”, che deve esser disposta in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta.
Orbene, ritiene la Corte che il carattere cogente della norma debba esser comunque armonizzato con la sua ratio, specie alla luce del tenore delle altre pene accessorie previste nel medesimo articolo e del chiaro fondamento giustificativo che le sostiene con riferimento ai delitti di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies cod. pen., cui le stesse “accedono”.
In particolare, le prime tre disposizioni indicate nell’articolo 609-nonies cod. pen. (1 – perdita della responsabilita’ genitoriale, quando la qualita’ di genitore e’ elemento costituivo o circostanza aggravante del reato; 2 – interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno; 3 – perdita del diritto agli alimenti ed esclusione dalla successione della persona offesa) si evidenziano per l’immediato collegamento con la figura della persona offesa dal reato, e solo con questa (1-3), oppure con il riferimento all’esercizio di uffici pubblici che richiedono una particolare cura nei confronti di soggetti in evidente incapacita’ di provvedere a se’ stessi, che l’ordinamento intende tutelare evitando che gli uffici medesimi siano comunque coperti da chi si e’ reso responsabile di gravissimi reati in materia sessuale (2). Negli stessi termini – e con la medesima, generalizzata finalita’ di tutela, anche al di la’ della specifica persona offesa – si pone poi la previsione del comma 2 dello stesso articolo, che commina agli autori dei reati di cui sopra – in ogni caso se commessi a danno di minori – l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonche’ da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori; al punto che questa Corte ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale della previsione, proposta in relazione agli articoli 3 e 27 Cost., evidenziando che detta sanzione puo’ efficacemente contribuire all’emenda del condannato e al suo reinserimento nel consorzio civile, inducendolo a mantenere la buona condotta richiesta per conseguire la riabilitazione, che estingue le pene accessorie (Sez. 3, n. 7902 dell’8/1/2015, V., Rv. 262491). Da ultimo, si sottolinea la disposizione di cui al n. 4) dell’articolo in esame (interdizione temporanea dai pubblici uffici), che richiama quella particolare forma di indegnita’ “pubblica” che l’ordinamento riconosce comunque, in via presuntiva, a carico di coloro che siano stati puniti con pene di una certa rilevanza (da tre a cinque anni di reclusione); indegnita’ che si estrinseca – giusta articolo 28 c.p., comma 3 – nella perdita della capacita’ di acquistare o di esercitare o di godere, durante l’interdizione, i diritti, uffici, servizi, qualita’, gradi, titoli ed onorificenze – tutti pubblici – menzionati nel medesimo articolo, al comma 2.
Orbene, a parere della Corte alcuna di queste rationes e’ possibile scorgere con riguardo alla pena accessoria indicata nel presente ricorso, laddove applicata nello stretto senso letterale proposto dal Tribunale di Catania e tale, quindi, da imporre – sempre ed in ogni caso – la sospensione dell’autore del delitto dall’esercizio della propria professione o della propria arte. Una pena accessoria, quindi, che prescinderebbe del tutto dal legame tra queste attivita’ ed il reato, cosi’ come dalla necessita’ che le stesse abbiano favorito od agevolato l’illecito o, comunque, ne abbiano costituito indubbia occasione; ancora, una pena che prescinderebbe dalla figura della persona offesa e da eventuali legami o rapporti tra questa e l’attivita’ sospesa; da ultimo, una pena che non risponderebbe in alcun modo a quella pubblica indegnita’ che l’ordinamento commina, anche temporaneamente, a soggetti che abbiano violato norme di particolare gravita’.
Il che, all’evidenza, non risponde ad alcuna logica. Specie considerando, peraltro, che l’applicazione ordinaria della medesima pena accessoria – di cui agli articoli 30 e 31 cod. pen. – segue alla condanna per delitti commessi con l’abuso dei poteri, o con la violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione o al pubblico servizio, ovvero con l’abuso della professione, arte, industria o con la violazione dei doveri ad essi inerenti; casi nei quali, dunque, si impone la verifica di un collegamento concreto tra la condotta di reato e la professione, giustificandosi la pena de qua soltanto quando l’autore abbia fatto di quest’ultima strumento indebito per la realizzazione di un illecito.
Quel che deve esser accertato anche nel caso di cui all’articolo 609-nonies c.p., n. 5)), pena l’irrazionalita’ – anche nell’ottica dell’articolo 3 Cost. – della previsione medesima.
La sentenza, pertanto, deve essere annullata con rinvio, perche’ il Giudice motivi circa l’applicazione della pena accessoria della sospensione dall’attivita’ di i regista ed artista teatrale, ravvisando l’eventuale collegamento tra questa ed i reati ascritti al (OMISSIS).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania limitatamente alla pena accessoria.
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