Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 1 luglio 2015, n. 13506

 
Rilevato che

l. I1 30 luglio 2009 L.M. ha depositato ricorso al Tribunale per i minorenni di Firenze con il quale ha chiesto l’affidamento del figlio F.E.C. M., nato a Siena il 26 giugno 2006 dall’unione con G.B., esponendo i seguenti fatti.
2. Già dal 2007 erano insorti fra i genitori gravi conflitti che avevano portato alla rottura dell’unione e alla proposizione di una serie di azioni giudiziali per ottenere l’affidamento del piccolo F.. Nel 2008 G.B. e L.M. avevano sottoscritto un accordo che prevedeva l’affidamento condiviso del figlio, l’impegno di partecipare a un percorso di mediazione familiare e la possibilità per G.B. di vivere con il minore presso l’abitazione di proprietà di L.M.. Tale accordo però non aveva avuto una piena esecuzione e si dimostrava impossibile una sua modifica consensuale che lo rendesse pienamente attuabile.
3. Si è costituita G.B. che ha chiesto l’affidamento condiviso del figlio con collocazione presso di lei, assegnazione della casa familiare, regolamentazione del diritto di visita e determinazione del contributo del padre al mantenimento.
4. I1 Tribunale per i minorenni di Firenze ha disposto consulenza tecnica affidata al servizio sociale e all’esito, con decreto del 15 marzo 2011, ha disposto l’affidamento condiviso di F. con collocamento presso il padre, dando facoltà a G.B. di tenere con sé il figlio secondo la disciplina descritta nella motivazione del decreto, prescrivendo ai genitori di rivolgersi al servizio sociale per ricevere informazioni e farsi indirizzare verso un percorso di mediazione familiare, dando mandato al servizio sociale e alla U.O.P. di Siena di seguire la situazione del minore con interventi di sostegno, orientamento e controllo mirati alla diminuzione del conflitto genitoriale e alla ricerca di ulteriori accordi che terranno conto della crescita del minore.
5. Avverso il decreto hanno proposto separati ricorsi la B. e il M.. Quest’ultimo ha richiesto l’affidamento esclusivo del figlio.
6. La Corte di appello, riuniti i procedimenti, ha disposto nuova CTU. Il 3 luglio 2012 è stata depositata la relazione del consulente tecnico cui è stata allegata una bozza di accordo sottoscritto dalle parti in cui viene previsto l’affidamento condiviso con collocamento presso il padre, percorso di mediazione a sostegno della genitorialità, organizzazione del regime di visita, previsione di un periodo di monitoraggio da parte della Corte di appello. La Corte di appello ha affidato al CTU il compito di depositare una relazione sull’esito del monitoraggio. La nuova relazione del CTU ha dato atto dell’esito negativo del percorso di mediazione a causa della immaturità della coppia genitoriale, ancora troppo coinvolta nel conflitto personale che rende impossibile un confronto autonomo tra i due genitori e necessario un percorso di sostegno e cura per entrambi, al fine di giungere a un reciproco rispetto dei ruoli, essenziale per garantire la loro collaborazione necessaria per la cura e l’educazione del figlio. Per altro verso la relazione del consulente ha dato atto del rispetto degli accordi assunti dalle parti e della mancanza di disagi da parte del minore ascrivibili alla collocazione prevalente presso il padre.
7. La Corte di appello, con decreto del 18 aprile 2013, ha confermato le statuizioni del T.M. relative all’affidamento condiviso e alla collocazione e domiciliazione prevalente presso il padre ribadendo la indicazione per cui, laddove, il pomeriggio, il padre sia impegnato nell’attività lavorativa e non possa occuparsi personalmente del figlio, si rivolga prioritariamente alla madre, verificandone la disponibilità, prima di chiedere l’ausilio di altri familiari o di terzi estranei. E’ stato confermato anche il mandato ai servizi sociali di monitorare il rispetto delle statuizioni e la condizione del minore.
8. Ricorre per cassazione L.M. affidandosi a due motivi di impugnazione con i quali deduce: a) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 155 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; b) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 13, 32, 111 della Costituzione e dell’art. 155 sexies c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
9. Si difende con controricorso G.B. che propone a sua volta ricorso incidentale basato su due motivi di impugnazione con i quali deduce: a) la violazione e falsa applicazione degli artt. 155 c.c., 111 Cost., 8 C.E.D.U. nonché vizio di motivazione comportante la violazione di legge del giusto processo ai sensi dell’art. 111 Cost.; b) violazione e falsa applicazione di legge, violazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 360 n. 5 c.p.c. e dell’art. 195 c.p.c.
10. L.M. replica con controricorso al ricorso incidentale.
11. Con il primo motivo del ricorso principale L.M. contesta la statuizione che lo obbliga a contattare preventivamente la B. per verificare la disponibilità ad occuparsi del figlio qualora egli sia impegnato nell’attività lavorativa senza poterlo tenere con sé, seppure coadiuvato dalla nonna o dalla baby-sitter.
12. Con il secondo motivo del ricorso principale contesta la legittimità della statuizione che obbliga i genitori a sottoporsi a un percorso psicoterapeutico individuale.
13. Con il primo motivo del ricorso incidentale G.B. rileva che il collocamento del figlio F. Emanuele presso il padre è, a tutt’oggi, sfornito di una motivazione logico-giuridica definibile come tale. Inoltre lamenta che alla dichiarazione della Corte di parziale accoglimento del suo reclamo corrisponda in realtà una sostanziale conferma degli spazi di tempo del figlio riservati alla madre. Il provvedimento che la preferisce rispetto ad altri soggetti, nel caso in cui il padre collocatario sia impedito a stare con il figlio, perché impegnato in attività lavorativa, è del tutto inattuabile, secondo la ricorrente incidentale, data la forte conflittualità dei genitori e la volontà del M. di allontanare il figlio da lei cosicché tale regolamentazione inattuabile si trasforma in un sostanziale affido esclusivo al padre il quale limita ai soli giorni rigorosamente indicati nel provvedimento il diritto di visita della madre.
14. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione del principio del contraddittorio e del giusto processo in quanto il consulente, dopo aver prospettato nella relazione una volontà delle parti di definire consensualmente il conflitto e dopo essersi reso conto del fallimento della mediazione, avrebbe dovuto rispettare il diritto di difesa e consentire alle parti di formulare le proprie osservazioni come esplicitamente richiesto dalla consulente di parte.

Ritenuto che

  1. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile in quanto investe una disposizione non decisoria né definitiva e, pertanto, non ricorribile per cassazione. La prescrizione impugnata, infatti, è sottoponibile in qualsiasi momento dalle parti al riesame del giudice competente, il quale ben potrà revocarla o modificarla nel corso e all’esito del mandato conferito al Servizio Sociale e all’UOP di Siena. Inoltre, la disposizione che si ritiene violata con il motivo in esame, è volta prioritariamente alla tutela dell’interesse del minore. È dunque chiaro che, in base a questa necessaria lettura dell’art. 155 c.c., con la prescrizione impugnata – che peraltro si autodefinisce come indicazione – si chiede esclusivamente ai genitori una collaborazione, volta al superamento della persistente conflittualità che contraddistingue il loro rapporto, al solo fine di assicurare al minore la possibilità di crescere con un rapporto sereno e costante con entrambi i genitori, specificamente con riguardo alle situazioni in cui la possibilità per il genitore non collocatario di occuparsi del figlio è facilmente realizzabile. Né può ritenersi che la indicazione della Corte di appello debba essere interpretata come una rigida imposizione di un obbligo di consultazione, volta per volta, a carico del genitore collocatario come è stato prospettato dal ricorrente ovvero come una inutile previsione rimessa alla volontà del genitore collocatario, come è stato rilevato dalla ricorrente incidentale, proprio perché l’indicazione della Corte di appello si inquadra nel mandato conferito al Servizio sociale e all’UOP di Siena, finalizzato al rispetto delle disposizioni in materia di frequentazione madre-figlio e all’osservazione delle condizioni del minore con interventi di sostegno, orientamento e controllo, mirati alla riduzione del conflitto. Evidente pertanto che il rispetto della disposizione presuppone una cooperazione fra i genitori da realizzare con l’ausilio e il controllo del Servizio sociale e che in questa prospettiva solo una reciproca programmazione dell’attività professionale e del tempo aggiuntivo da dedicare al figlio potrà consentire l’operatività di una indicazione finalizzata a garantire un’ampia frequentazione fra la madre e il figlio e la piena fruizione da parte del minore del suo diritto alla bi-genitorialità. Infine il motivo di ricorso non coglie la ratio decidendi perché la Corte di appello ha determinato con precisione il tempo di permanenza del minore con i suoi genitori e non ha affatto escluso che il genitore collocatario possa rivolgersi a terzi per essere coadiuvato nella cura del figlio quando è impegnato nella sua attività professionale ma ha prescritto, come si è detto, a entrambi i genitori una cooperazione finalizzata all’interesse del minore e affidata al controllo e al sostegno del Servizio sociale.
  2. I1 secondo motivo del ricorso principale è invece fondato in quanto la prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme è lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito e alla disposizione che vieta l’imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari. Tale prescrizione, pur volendo ritenere che non imponga un vero obbligo a carico delle parti, comunque le condiziona ad effettuare un percorso psicoterapeutico individuale e di coppia confliggendo così con l’art. 32 della Costituzione. Inoltre non tiene conto del penetrante intervento, affidato dallo stesso giudice di merito, al Servizio sociale che si giustifica in quanto strettamente collegato all’osservazione del minore e al sostegno dei genitori nel concreto esercizio della responsabilità genitoriale. Laddove la prescrizione di un percorso psicoterapeutico individuale e di sostegno alla genitorialità da seguire in coppia esula dai poteri del giudice investito della controversia sull’affidamento dei minori anche se viene disposta con la finalità del superamento di una condizione, rilevata dal CTU, di immaturità della coppia genitoriale che impedisce un reciproco rispetto dei rispettivi ruoli. Mentre infatti la previsione del mandato conferito al Servizio sociale resta collegata alla possibilità di adottare e modificare i provvedimenti che concernono il minore, la prescrizione di un percorso terapeutico ai genitori è connotata da una finalità estranea al giudizio quale quella di realizzare una maturazione personale dei
    genitori che non può che rimanere affidata al loro diritto di auto-determinazione.
  3. Il ricorso incidentale è infondato in quanto la decisione dei giudici della Corte d’Appello di Firenze di confermare la collocazione del minore presso il padre dipende dall’esito positivo che il CTU ha riferito circa il periodo di monitoraggio relativamente a detto collocamento, che peraltro era stato oggetto di uno specifico accordo tra le parti. Tale decisione, pertanto, non implica un giudizio negativo circa l’adeguatezza genitoriale della madre o circa la possibilità di collocare il minore presso la stessa, bensì afferma – con una motivazione per relationem al decreto emesso in primo grado nonché fondata sull’esito della CTU disposta in secondo grado – che non sussistono i presupposti per una modifica della previsione del collocamento del minore presso il padre, tenuto conto delle informazioni positive sul periodo trascorso con domiciliazione prevalente presso il padre durante il quale non risultano essere stati ostacolati in alcun modo gli incontri con la madre. Inoltre non sussiste la dedotta indeterminatezza del rinvio alla regolamentazione degli incontri madre-minore così come indicata in motivazione.
  4. Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato sia perché dalla stessa esposizione della ricorrente non risulta la concessione di un termine ex art. 195 c.p.c. con specifico riferimento all’elaborato peritale finale. Per altro verso non risulta contestata l’affermazione della difesa del M. per cui non è stata tempestivamente sollevata alcuna eccezione di nullità della C.T.U. da parte della B. che conseguentemente in ipotesi deve ritenersi comunque sanata (cfr. Cass. Civ. sezione II n. 1744 del 24 gennaio 2013 e Cass. Civ. sezione I, n. 24966 del 10 dicembre 2010, secondo cui l’eccezione di nullità della consulenza tecnica d’ufficio, dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito, per tale intendendosi anche l’udienza successiva al deposito, nella quale il giudice abbia rinviato la causa per consentire l’esame della relazione, poiché la denuncia di detto inadempimento formale non richiede la conoscenza del contenuto della relazione).
  5. Va pertanto dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso principale, accolto il secondo motivo dello stesso ricorso con conseguente cassazione del decreto impugnato e decisione nel merito di revoca della prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psico-terapeutico individuale oltre a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme. Va infine respinto il ricorso incidentale.
  6. In considerazione dell’oggetto e dell’esito del giudizio le spese processuali devono essere interamente compensate.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo motivo e decidendo nel merito, cassa il decreto impugnato nei limiti del motivo accolto. Rigetta il ricorso incidentale. Spese compensate. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.

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