Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 21 maggio 2015, n. 21025
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
Dott. SAVINO Mariapia G – rel. Consigliere
Dott. GAZZARA Santi – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 5350/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del 28/11/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/12/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. F. Salzano, che ha concluso per il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
(OMISSIS) e (OMISSIS) venivano rinviati a giudizio per rispendere: A) del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 81, 2 co 1, perche’, quali legali rappresentanti della (OMISSIS) srl con sede in (OMISSIS), rispettivamente, (OMISSIS), nel periodo dal 31.12.04 al 1.3.207, (OMISSIS) dal 1.3.2007 al 19.2.2008, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture relative ad operazioni commerciali inesistenti emesse da (OMISSIS), con sede in (OMISSIS), (OMISSIS) con sede in (OMISSIS), annotavano nella contabilita’ e indicavano nella dichiarazione annuale dei redditi periodo di imposta 2006 2 2007, elementi passivi fittizi derivanti dall’utilizzazione delle predette fatture, oggettivamente inesistenti; B) reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 81, 2 co 1, perche’, nelle predette qualita’, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, emettevano, ciascuno per il periodo di competenza, fatture relative ad operazioni commerciali inesistenti nei confronti delle societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS), C) il solo (OMISSIS) del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4, perche’, quale legale rappresentante della (OMISSIS) srl, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, nella dichiarazione modello unico SC 2007, periodo di annualita’ 2006, presentata il 28.9.007, relativa a dette imposte, indicava elementi attivi inferiori nella misura di : maggior imposta IVA dovuta euro 1.537,962, 71 maggiore imposta IRAP dovuta: euro 284.498,00 e maggiore imposta IRES dovuta euro 3.687.660,00.
Con sentenza in data 18.3.2013 del Tribunale di Milano ha dichiarato (OMISSIS) responsabile dei reati ascrittigli ai capi A e B, uniti dal vincolo della continuazione e lo ha condannato alla pena di anni tre di reclusione, oltre alle pene accessorie di legge, lo ha invece assolto dal reato di cui al capo C) perche’ il fatto non sussiste ed ha assolto il (OMISSIS) da tutti i reati ascrittigli perche’ il fatto nono costituisce reato.
La Corte di Appello di Milano ha confermato la pronuncia con sentenza in data 28.11.013 avverso la quale ha proposto ricorso per Cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore, per i seguenti motivi.
1- Erronea applicazione della legge penale, illogicita’ della motivazione e travisamento della prova con riguardo all’accertata sussistenza dei reati addebitati, sotto il profilo dell’elemento soggettivo. Assume la difesa del ricorrente che nel periodo in cui sono state presentate le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA, 28.9.2007 e 11.11.2008, il predetto non era piu’ amministratore della (OMISSIS) essendo decaduto da tale carica il 1.3.2007, allorche’ era intervenuta una modifica della compagine societaria e conseguentemente un cambiamento nell’assetto della governance della predetta societa’. Sebbene dalle prove testimoniali e documentali assunte nel giudizio di primo grado fosse risultata la modifica dell’assetto societario in data 1.3. 07 a seguito della acquisizione nel 2006 del gruppo di telecomunicazioni di cui faceva parte la (OMISSIS), e che con la modifica della compagine societaria, il (OMISSIS) aveva cessato la carica di amministratore a far tempo dal 1.3.07 con subentro di (OMISSIS), che aveva provveduto alla sottoscrizione delle dichiarazioni IVA e dei redditi oggetto della contestazione, la Corte di appello ha ritenuto di confermare la sentenza di primo grado, in contrasto col dato normativo e con l’interpretazione giurisprudenziale che non consente di ascrivere all’imputato, in quanto non piu’ amministratore della societa’ al momento della presentazione delle dichiarazioni fiscali, il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, trattandosi di reato istantaneo che si perfeziona al momento della dichiarazione infedele o fraudolenta.
Censura la difesa la motivazione addotta dai giudici di merito a sostegno della ritenuta responsabilita’, ravvisabile nell’essere (OMISSIS) responsabile della ideazione e strutturazione del meccanismo delle false fatturazioni, ragione per cui egli concorrerebbe nel reato di cui all’articolo 2, cit. Decreto Legislativo, con l’amministratore delegato della societa’, sottoscrittore delle dichiarazioni, pur mancando una contestazione in tal senso.
Ritiene la difesa che tale motivazione si pone in contrasto con l’articolo 9, stesso Decreto Legislativo, che impedisce di estendere la punibilita’ ad eventuali intermediari, intervenuti nel corso della predisposizione delle false fatturazioni e con la consolidata giurisprudenza sull’argomento secondo cui non risponde del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, l’amministratore della societa’ che, dopo aver acquisito e registrato fatture per operazioni inesistenti, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale, per la cui redazione la medesima fattura venga poi utilizzata dal suo successore.
Censura inoltre la difesa la motivazione della sentenza impugnata anche con riguardo al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, pure contestato al (OMISSIS). Assume in proposito che detta fattispecie criminosa si deve considerare a struttura unitaria nel caso in cui l’agente realizzi diverse condotte omogenee. E poiche’ e’ stata contestata come ultima operazione l’emissione di una fattura il 7.3.2007, momento in cui l’imputato risultava gia’ esautorato dalla carica di amministratore della (OMISSIS) srl, il momento consumativo del reato non e’ stato correttamente individuato dai giudici di appello, pur in presenza di specifica censura sul punto. Rileva la difesa l’assenza dell’elemento soggettivo in quanto e’ impossibile che l’imputato avesse la coscienza e volonta’ di emettere documenti ideologicamente falsi, non potendo piu’ incidere sulla governance della societa’ sin dalla fine del 2006.
2- Carenza contraddittorieta’ della motivazione.
Lamenta la difesa l’assenza di motivazione da parte dei giudici di appello sulla censura del travisamento della prova da parte del primo giudice consistita nell’erronea valutazione della illiceita’ della condotta dell’imputato laddove l’istruttoria dibattimentale espletata aveva evidenziato le corrette modalita’ di gestione delle operazioni di compravendita del traffico telefonico operata dalla (OMISSIS).
In definitiva la Corte di Appello non avrebbe motivato su nessuna delle censure mosse al costrutto argomentativo del primo giudice, recependolo acriticamente, non ha dato giustificazione delle ragioni per cui ha ritenuto di non accogliere i motivi di gravame, ha disatteso le prove orali comprovanti la corretta gestione sia contabile che contrattuale dei clienti esteri ed italiani.
3- Erronea applicazione della legge penale, difetto illogicita’ della di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Lamenta la difesa del ricorrente la insussistenza di motivazione con riguardo alle attenuanti generiche, negate dal primo giudice sulla base della “assenza di elementi positivamente valutabili ai fini della concessione delle attenuanti generiche” e disattese dalla corte territoriale con riferimento alla gravita’ del fatto desunta dalla dimensione notevole del giro di false fatturazioni” senza alcun riferimento alla pericolosita’ sociale dell’imputato, che e’ invece l’elemento di cui deve basarsi il riconoscimento delle attenuanti ex articolo 62 bis c.p., non essendo da solo sufficiente il rilievo della gravita’ del fatto per escludere dette attenuanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo e’ fondato.
La Corte di appello, recependo la tesi del primo giudice, ha ritenuto sussistere la responsabilita’ del (OMISSIS) per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, pur non rivestendo il medesimo la carica formale di amministratore legale rappresentante della societa’ al momento della presentazione della dichiarazione fiscale, sulla base del rilievo che egli, nel periodo precedente, fosse l’autore della ideazione e della messa a punto del meccanismo delle false fatturazioni confluite della dichiarazioni dei redditi, ragione per la quale e’ comunque ravvisabile un suo concorso nel reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, con l’amministratore delegato della societa’ (OMISSIS), sottoscrittore delle dichiarazioni, pur mancando una contestazione in tal senso.
Osserva il Collegio che, secondo consolidato indirizzo di questa Corte, il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, e’ reato istantaneo che si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione infedele o fraudolenta.
Orbene, e’ pacifico ed incontestato che a far data dal 1.3.07 il ricorrente aveva cessato la carica di amministratore, cui era subentrato il (OMISSIS), a seguito dei mutamenti avvenuti nella compagine societaria della (OMISSIS); quindi firmatario delle dichiarazioni per i periodi di imposta 2006, presentata il 28.9.2007 e 2007, presentata il 11.11.2008, in cui, secondo l’imputazione, sono esposti elementi passivi fittizi derivanti dall’utilizzazione di fatture emesse per operazioni inesistenti, e’ (OMISSIS), subentrato all’imputato nella carica di amministratore della societa’.
Una sua responsabilita’ a titolo di concorso nel reato contestato potrebbe ravvisarsi solo con riferimento alla fase antecedente, prodromica, della predisposizione delle fatture per operazioni inesistenti da utilizzare nelle dichiarazioni fiscali. A tale riguardo, la responsabilita’ dell’imputato si evince, secondo i giudici di merito, nella condotta precedente dell’imputato, consistita nel ricevere, in accordo con l’emittente della fattura, la fattura stessa e nel provvedere ad annotarla nei registri IVA, cosi’ ponendo in essere tutti gli adempimenti occorrenti per la successiva annotazione nella dichiarazione fiscale, portando in tal modo a consumazione il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2.
Tuttavia una simile forma di partecipazione al reato e’ esclusa dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui non risponde del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, neppure a titolo di tentativo, l’amministratore di una societa’ il quale, dopo aver acquisito e registrato una fattura per operazione inesistente, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale per la cui redazione la medesima fattura sia stata poi utilizzata dal suo successore (Cass. sez. 3, 27.4.2012 n. 23229, rv 252999).
Poiche’ il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2) si consuma nel momento della presentazione della dichiarazione e non gia’ al momento in cui detti documenti vengono registrati in contabilita’, non ha rilievo il fatto che le fatture cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta risalgano tutte al 2006 e ai primi del 2007, periodo fino al quale l’imputato ha rivestito la carica di amministratore della societa’, in quanto cio’ che rileva e’ se tale carica fosse ricoperta al momento della presentazione della dichiarazione IVA, avvenuta in epoca successiva al marzo 2007, quando legale rappresentante era (OMISSIS), a lui subentrato, e sottoscrittore delle dichiarazioni.
La configurazione che ha assunto il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture, nella vigente disciplina introdotta dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, vede focalizzato il momento consumativo, rispetto alla precedente normativa, nella stretta condotta della presentazione della dichiarazione fiscale con il conseguente abbandono del modello prodromico in precedenza considerato dal legislatore; elemento indicatore di tale diversa configurazione e’ il dato testuale dell’articolo 2, cit. Decreto Legislativo, ove la condotta e’ espressamente contemplata in quella di “indicare in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, “elementi passivi fittizi”. In stretta connessione con cio’, il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 6, ha previsto che il reato in questione non sia punibile a titolo di tentativo e la espressa esclusione della punibilita’ come reato tentato e’ stata voluta, come si legge nella relazione ministeriale, proprio per “evitare che il trasparente intento del legislatore di evitare il modello prodromico risulti vanificato dalla previsione del tentativo, che potrebbe agevolmente ravvisarsi in tutta una serie di attivita’ che precedono l’utilizzo della fattura, quale la registrazione in contabilita’ delle fatture emesse per operazioni inesistenti, le sottofatturazioni scoperte nel periodo di imposta, idonee ad integrare atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere una successiva dichiarazione fraudolenta o infedele, come tali punibili ex se’ a titolo di tentativo”.
Dalla nuova struttura assunta dal reato in esame, deriva che solo con la condotta di presentazione della dichiarazione fiscale il reato puo’ considerarsi perfezionato, e che, a differenza della precedente disciplina di cui alla Legge n. 516 del 1992, articolo 4, lettera g (che puniva anche il semplice inserimento in contabilita’ di fatture per operazioni inesistenti indipendentemente dalla loro allegazione alla dichiarazione fiscale), le condotti, che precedono la presentazione della dichiarazioni Iva sono non hanno rilevanza penale.
Si richiamano in proposito i principi espressi da questa Corte “In tema di reati tributari, i delitti di dichiarazione fraudolenta previsti dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 2 e 3, si consumano nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, essendo penalmente irrilevanti tutti i comportamenti prodromici tenuti dall’agente, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi ovvero di false rappresentazioni con l’uso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva affermato la responsabilita’ dell’imputato in ordine al reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, per verificare se a seguito dell’annotazione contabile del fittizio acquisto di un immobile tali elementi fossero poi confluiti nella dichiarazione dei redditi).. (Sez. 3, Sentenza n. 52752 del 20/05/2014 Ud. (dep. 19/12/2014) Rv. 262358).
In definitiva, il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’inserimento di fatture per operazioni inesistenti si consuma al momento della presentazione della dichiarazione fiscale e non gia’ nel momento in cui detti documenti vengono registrati in contabilita’ (Cass. sez 1 5.3.09 n. 25483, rv 244155, sez 2, 17.9.010 n. 42111, rv 248499, sez 3, 21.11.08, n. 626 rv 242343).
Discende dai principi teste’ enunciati che le condotte riconducibili al (OMISSIS), poste in essere nel periodo in cui era amministratore della societa’, prodromiche rispetto al successivo impiego delle fatture nelle dichiarazioni fiscali, segnatamente l’acquisizione e registrazione delle fatture fittizie nella contabilita’ della societa’, non sono idonee ad integrare alcuna responsabilita’ dell’imputato per il reato di dichiarazione fraudolenta contestato, neppure sotto il profilo del concorso col successivo amministratore, a lui subentrato, sottoscrittore della dichiarazione fiscale indicando in essa le fatture emesse per operazioni inesistenti, concorso peraltro non contestato nel capo di imputazione.
Solo con la condotta di presentazione della dichiarazioni fiscale il reato si perfeziona, ragione per cui l’antefatto strumentale alla realizzazione dell’illecito rimane estraneo ai requisiti occorrenti per la configurabilita’ della condotta contestata. Di conseguenza la circostanza che il (OMISSIS), in qualita’ di amministratore della (OMISSIS), prima della cessazione di tale carica, abbia acquisito e registrato le fatture per operazioni inesistenti poi utilizzate nelle successive dichiarazioni fiscali non rileva ai fini di una sua responsabilita’ concorsuale. Si richiamano in proposito i principi enunciati da questa Corte secondo cui “non risponde del reato di cui all’articolo 2 Decreto Legislativo 74/2000 l’amministratore di societa’ il quale, dopo aver acquisito e registrato una fattura per operazione inesistente, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale per la cui realizzazione la medesima fattura venga poi utilizzata” (Cass. sez. 3, 27.4.012 n. 23229).
Si ribadisce in proposito che il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, non e’ stato contestato al (OMISSIS) in concorso col successivo amministratore (OMISSIS), che ha sottoscritto le dichiarazioni fiscali contenenti gli elementi passivi fittizi.
E’ invece infondato il motivo di gravame dedotto con riferimento all’altro reato contestato al (OMISSIS), quello di emissione di fatture per operazioni commerciali inesistenti al fine di consentire a terzi di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8).
Detto reato si perfezione con l’emissione della fattura in favore della societa’ che andra’ ad utilizzarla nella propria dichiarazione fiscale ai fine di dedurre elementi passivi.
La difesa, partendo dal presupposto che la fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, si deve considerare a struttura unitaria nel caso in cui l’agente realizzi diverse condotte omogenee, ancora il momento consumativo del reato alla data di emissione dell’ultima fattura, quella del 7.3.07, in cui (OMISSIS) non era piu’ amministratore della societa’, per sostenere la sua estraneita’ al reato, consumatosi in un momento successivo alla cessazione della sua carica.
La tesi non e’ condivisibile posto che la massima parte delle fatture ideologicamente false emesse dalla (OMISSIS) risalgono al periodo in cui (OMISSIS) era ancora amministratore della societa’, all’infuori della sola fattura emessa il 7.3.07, pochi giorni dopo la cessazione dalla carica di amministratore avvenuta il 1.3.07. Quanto all’individuazione del momento consumativo del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, esso e’ dato dall’emissione della singola fattura, ovvero, dall’ultima di esse nel caso di emissione di una pluralita’ di fatture nel medesimo periodo di imposta.
La tesi della struttura unitaria del reato previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, deve essere intesa limitatamente al periodo di imposta nel senso che, nel caso di rilascio di una molteplicita’ di fatture nel medesimo periodo di imposta, non si deve fare riferimento alla data di commissione di ciascun episodio ma all’ultimo di essi (Cass. sez 3 6.2.2013 n. 10558, rv 254759, n. 6264/010 rv 246193).
Deve pero’ trattarsi di rilascio di un molteplicita’ di fatture nel corso dello stesso periodo di imposta. Nel caso in esame, le fatture ideologicamente false sono state emesse in distinti periodi di imposta, e, per l’anno 2006, nel corso del quale il (OMISSIS) ha continuativamente svolto le funzioni di amministratore, legale rappresentante della (OMISSIS), non vi e’ dubbio che le fatture siano a lui riferibili, al pari delle prime emesse fino al primo marzo 2007, data di cessazione della carica.
3- Infondato e’ anche il terzo motivo del ricorso concernente la motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Va al riguardo rammentato che le statuizioni in ordine al riconoscimento o meno delle attenuanti generiche, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, rientrano nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalita’ del giudice, che sfugge al sindacato di legittimita’ qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretto da sufficiente motivazione. (Sez. U, Sentenza, del 25/02/2010 Ud. (dep. 18/03/2010) Rv. 245931, Sez. 2, Sentenza del 18/01/2011 Ud. (dep. 01/02/2011) Rv. 249163). Il relativo giudizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravita’ effettiva del reato ed alla personalita’ del reo.
Di conseguenza, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice puo’ limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche’ anche un solo elemento attinente alla personalita’ del colpevole o all’entita’ del reato ed alle modalita’ di esecuzione di esso puo’ essere sufficiente in tal senso, non essendo necessario che siano esaminati tutti i parametri di cui all’articolo 133 c.p.. (Cass. Sez. 2, Sentenza 18/01/2011 – 01/02/2011 rv. 249163, Sez. 1, Sentenza del 07/07/2010 – 13/09/2010 Rv. 247959).
Orbene, la sentenza impugnata ha fornito adeguata e congrua motivazione della scelta operata, fondata su un’attenta ponderazione della gravita’ della condotta, secondo i criteri direttivi di cui all’articolo 133 c.p. motivazione conforme ai principi espressi dalle richiamate pronunce della Suprema Corte, del tutte esente da censure di legittimita’, a nulla valendo il rilievo del mancato riferimento ai profili soggettivi della pericolosita’ sociale dell’imputato.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di cui al capo A).
I giudici di seconde cure, alla stregua dei principi enunciati da questa Suprema Corte sulla struttura del reato di dichiarazione fraudolenta Decreto Legislativo n. 74 del 2000, ex articolo 2, come sopra richiamati, dovranno spiegare le ragioni per le quali ritengono che tale reato sia ascrivibile al ricorrente (OMISSIS) indipendentemente dallo svolgimento delle attivita’ di predisposizione, acquisizione delle fatture ideologicamente false e di registrazione nella contabilita’ della societa’ dal medesimo amministrata, attivita’ che, secondo il costante orientamento di questa Corte sopra richiamato, sono prive di rilevanza penale quanto alla configurazione della condotta criminosa in esame. In definitiva i giudici di appello, in sede di rinvio, dovranno indicare gli elementi in base ai quali ritengono ravvisabile la responsabilita’ dell’imputato per la condotta di dichiarazione fraudolenta pur non essendo egli il sottoscrittore delle dichiarazioni fiscali, tenendo conto che tale condotta viene addebitata al (OMISSIS) non in concorso col successivo amministratore (OMISSIS).
Il ricorso deve invece essere rigettato con riguardo agli altri motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo a) dell’imputazione e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.
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