Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 5 maggio 2015, n. 8934
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente
Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17438/2008 proposto da:
(OMISSIS) C.F. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che lo rappresentano e difendono unitamente, giusta delega in atti;
- ricorrente –
contro
AZIENDA USL N. (OMISSIS) DI VIAREGGIO C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
- controricorrente –
avverso la sentenza n. 773/2007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 27/06/2007 R.G.N. 1794/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/2015 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca di rigetto della domanda di (OMISSIS), assunto con patto di prova a tempo indeterminato dalla AUSL (OMISSIS) Versilia come dirigente medico di dermatologia, di accertamento dell’illegittimita’ del recesso intimatogli dall’azienda sanitaria per mancato superamento della prova.
La Corte territoriale ha rilevato che il patto di prova di sei mesi era reso obbligatorio dalle norme collettive non solo per i dirigenti medici neo assunti, ma anche per i dirigenti medici “della stessa o altra azienda” che a seguito di concorso pubblico “cambiano area o disciplina di appartenenza”; che neppure il proficuo e lodevole servizio prestato presso la stessa azienda avrebbe potuto esonerare il ricorrente dal patto di prova; che la nullita’ del patto di prova non poteva affermarsi per avere il (OMISSIS) in precedenza intrattenuto rapporti di collaborazione professionale non essendo comparabili con il complesso degli obblighi facenti capo al dirigente inserito stabilmente e a tempo indeterminato con diversita’ di responsabilita’ e con funzione di coordinamento (in precedenza era un rapporto a termine di natura autonoma, non esclusivo, con impegno di 24 o 26 ore settimanali con compenso ragguagliato alle ore e possibilita’ di frequenza volontaria di singole unita’ operativa).
Accertata la sussistenza di una congrua motivazione del recesso per non essere il (OMISSIS) riuscito ad integrarsi positivamente e proficuamente nell’organizzazione aziendale ed a rapportarsi con i colleghi, affermata l’inapplicabilita’ dell’articolo 7 stat. Lav., ed escluso qualsiasi intento discriminatorio o vessatorio, la Corte territoriale ha, quindi, concluso per l’infondatezza dell’appello.
Avverso la sentenza ricorre il (OMISSIS) formulando due motivi ulteriormente illustrati con memoria ex articolo 378 c.p.c.. Resiste la l’Azienda USL n. (OMISSIS) di Viareggio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’articolo 1 preleggi; Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 2, comma 2; articolo 2096 c.c.; Legge n. 604 del 1966, articolo 10; articolo 14 del CCNL; articolo 155 c.p.c.; articolo 1418 c.c., articolo 1419 c.c., comma 2, articolo 1325 c.c., nonche’ vizio di motivazione.
Deduce che ai sensi dell’articolo 2096 c.c. e della Legge n. 604 del 1966, articolo 10, prevalenti sulle norme del CCNL, il rapporto era diventato a tempo indeterminato essendo stato il recesso comunicato oltre i sei mesi e che il CCNL qualora avesse inteso tenere conto del servizio effettivo si sarebbe espresso in termini di giorni in mancanza il recesso era illegittimo.
Afferma, inoltre, che, sempre per la prevalenza dell’articolo 2096 c.c., sulla contrattazione collettiva anche nel pubblico impiego, il patto di prova non era valido in quanto il lavoratore aveva gia’ svolto identica attivita’ per la stessa struttura sanitaria e che, inoltre, nel contratto non erano ben specificate le mansioni, ne’ erano determinabili per relationem.
2) Con il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 14, comma 5 CCNL, dell’articolo 2096 c.c., in relazione all’articolo 1175. Censura l’affermazione della Corte circa l’idoneita’ della motivazione del recesso. Deduce che nel contratto non era previsto che divenuto dirigente avrebbe dovuto svolgere un’attivita’ di squadra che imponesse un’intensa collaborazione con gli altri colleghi.
Le censure, congiuntamente esaminate in quanto connesse, sono infondate.
Circa le modalita’ di calcolo dei sei mesi di durata del patto di prova, cioe’ se di lavoro effettivo o di calendario e dell’eventuale violazione dell’articolo 155 c.p.c., deve rilevarsi che di tale questione non vi e’ traccia nella sentenza impugnata. Il ricorrente non denuncia, tuttavia, l’omessa pronuncia da parte della Corte territoriale , ma si limita ad argomentare che la motivazione e’ mancante o insufficiente o sulla violazione di legge. Costituisce giurisprudenza consolidata di questa Corte il principio secondo cui l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi d’appello, risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, integra un difetto di attivita’ del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex articolo 360 c.p.c., n. 3 o del vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c.. n. 5, in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice di merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo “error in procedendo” – ovverosia della violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4 – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimita’ – in tal caso anche giudice del fatto processuale – di effettuare l’esame altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, cosi’, anche dell’atto di appello. La mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedendo il riscontro ex actis dell’assunta omissione, rende, pertanto, inammissibile il motivo (cfr. Cass. n. 28716/2011, n. 1755/2006, n. 1196/2007).
Per quanto riguarda la legittimita’ del patto di prova avuto riguardo alle censure formulate dal ricorrente per avere in precedenza avuto contratti a tempo determinato con l’azienda sanitaria deve rilevarsi che secondo la giurisprudenza di questa Corte, la causa del patto di prova va individuata nella tutela dell’interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro, in quanto diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacita’ del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, valutando l’entita’ della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto (Cass. 29 luglio 2005 n. 15960; Cass. 30 luglio 2009 n. 17767). Questa Corte ha altresi’ precisato che il patto di prova in due contratti successivamente stipulati tra le parti e’ ammissibile, qualora risponda alle suddette finalita’, potendo intervenire nel tempo molteplici fattori, attinenti non soltanto alle capacita’, professionali, ma anche alle abitudini di vita o a problemi di salute (Cass. 18 febbraio 1995 n. 1741; Cass. n. 15960/05 cit.; Cass. n. 17767/09 cit.; Cass. 22 giugno 2012 n. 10440). In una fattispecie, sostanzialmente analoga alla presente, e’ stato affermato che in materia di rapporti di lavoro pubblico nel settore sanitario, disciplinati a seguito della privatizzazione dalla contrattazione collettiva nazionale, anche in deroga a previsioni di legge o regolamento, la previsione del CCNL del compatto sanita’ del primo settembre 1995, secondo cui il dipendente assunto a tempo indeterminato e’ soggetto ad un periodo di prova, consente l’esecuzione della prova anche nel caso di assunzione di un lavoratore che in precedenza aveva stipulato un contratto a termine, ancorche’ avesse superato la relativa prova, avendo le parti ritenuto utile e comunque funzionale all’interesse pubblico l’espletamento della prova in vista della costituzione di un rapporto a tempo indeterminato (Cass. 2 ottobre 2008 n. 24409, nonche’ da ultimo Cass. n. 23381/2014). Infine, e’ stato rimarcato che la valutazione circa l’opportunita’ e/o necessita’ della verifica delle qualita’ professionali e della personalita’ complessiva del lavoratore, gia’ accertata, dal datore di lavoro, costituisce un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimita’ ove congruamente motivato (v. Cass. n. 10440/12, n. 17767/09, n. 1741/95, sopra citate).
La Corte di merito ha fatto corretta applicazione di tali principi ed ha ampiamente motivato circa la legittimita’ del patto di prova sottolineando che “le obiettive caratteristiche di un rapporto professionale, di natura autonoma e non esclusiva, con impegno orario massimo di 24 o 26 ore settimanali, con compenso ragguagliato alle ore prestate, non risultano comparabili con il complesso degli obblighi che fanno capo ad un dirigente medico inserito stabilmente, a tempo pieno e indeterminato nella struttura dell’azienda”. La Corte d’appello ha, inoltre, evidenziato che il dirigente costituisce figura con un tipo di responsabilita’, di funzione di coordinamento e di carriera ben distinti da quella propria dei medici che instaurano con le USL brevi rapporti a termine di natura autonoma e con impegno orario limitato o che sono ammessi alla frequenza volontaria di singole unita’ operative. La Corte ha ulteriormente sottolineato che il periodo di prova era previsto dal CCNL dirigenza medica non solo per i dirigenti medici neo assunti, ma anche per i dirigenti medici “della stessa o altra azienda” che a seguito di concorso pubblico “cambiano area o disciplina di appartenenza” e che, dunque, lo stesso CCNL stabiliva il principio che neppure il proficuo e lodevole servizio prestato in posizione di subordinazione nella stessa azienda poteva talvolta esonerare il dirigente medico dal sottoporsi ad un nuovo periodo di prova.
Con riferimento alle censure sulla motivazione del recesso in periodo di prova deve richiamarsi l’ampia giurisprudenza di questa Corte in base alla quale anche in tema di rapporti di lavoro privatizzati alle dipendenze della P.A. il recesso del datore di lavoro nel corso del periodo di prova ha natura discrezionale e dispensa dall’onere di provarne la giustificazione……, fermo restando che l’esercizio del potere di recesso deve essere coerente con la causa del patto di prova, che consiste nel consentire alle parti del rapporto di lavoro di verificarne la reciproca convenienza (cfr. Cass. n. 21586 del 13/08/2008, n. 23321 del 17/11/2010, n. 16224 del 27/06/2013).
La Corte territoriale ha ritenuto che le motivazioni del recesso costituite, sostanzialmente, dall’incapacita’ del medico di inserirsi nella unita’ operativa di appartenenza ed a rapportarsi con i colleghi, non celavano alcun intento discriminatorio o estraneo alla finalita’ dell’istituto e che anzi al contrario il complessivo svolgersi della vicenda evidenziava semmai una serie di elementi che deponevano con certezza a favore della genuita’ e correttezza della condotta della USL. Le censure del ricorrente circa la mancata specificazione nel contratto che avrebbe dovuto svolgere un’attivita’ di squadra con un’intensa collaborazione con gli altri colleghi di lavoro non risultano certo idonee ad incidere sulla piena validita’ dell’espletamento della prova e del recesso considerato che la necessita’ di integrazione e collaborazione nell’ambito della struttura di assegnazione rappresenta un requisito che l’ASL ritiene ineludibile per il raggiungimento degli obiettivi.
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente a pagare le spese del presente giudizio liquidate come da notula depositata dalla contro ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio liquidate in euro 7.290,00, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
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