Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 30 aprile 2015, n. 8847
Osserva
La CTR di Bologna ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la sentenza n. 197/06/2007 della CTP di Forlì che aveva accolto il ricorso della parte contribuente D.A. – ed ha così annullato l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni afferente ad imposta registro, ipotecaria e catastale su atto di vendita di data 10.03.2004 di un immobile sito in Cesena da adibire a prima casa di abitazione, avviso fondato sulla revoca dell’agevolazione per essere stata rivenduta entro il quinquennio la casa acquistata con il predetto atto, sia pure con il riacquisto entro l’anno dalla anzidetta vendita di un nuovo immobile, quest’ultimo mai adibito ad abitazione principale.
La predetta CTR -dopo avere dato atto che il D. aveva rivenduto il 14.07.2004 l’immobile oggetto dell’atto di data 10.3.2004, acquistando in data 24.11.2004 un immobile sito in Gambettola, salvo rivenderlo in data 15.6.2005 per riacquistarne uno nuovo in data 22.6.2005, esso pure rivenduto in data 5.10.2006 con il successivo riacquisto di un ultimo in data 4.6.2007, pure sito in Gambettola, comune nel quale il D. aveva infine assunto la residenza, “entro diciotto mesi”, in data 4.6.2007- ha ritenuto che il contribuente “ha sempre richiestole agevolazioni prima casa: ha rispettato le condizioni previste dall’art.1 Tariffa parte prima allegata DPR 26/4/1986 n. 131”.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
La parte contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione del comma 4 della nota II bis all’art.1 della Tariffa parte prima allegata al DPR n. 131/1986) la parte ricorrente si duole che il giudicante, pur avendo correttamente ricostruito la cronologia, di cui si è detto, degli acquisti e delle rivendite degli immobili, abbia ritenuto che non si fosse maturata la decadenza della agevolazione goduta in relazione al primo di detti acquisti -nella sostanza- per il solo fatto che la parte contribuente abbia riacquistato, entro l’anno da ogni successiva rivendita, ulteriori immobili dichiarando di volerli adibire a propria abitazione principale, ma senza perfezionare detto intento con l’effettivo trasferimento della residenza in uno degli immobili successivamente acquistati, e soprattutto senza avere trasferito la residenza nel secondo immobile acquistato, siccome condizione imprescindibile per avere diritto a conservare l’agevolazione goduta per il primo acquisto (cioè del l’immobile rivenduto entro il quinquennio).
II motivo di impugnazione appare manifestamente infondato e da rigettarsi.
Conviene muovere dal testo della norma qui in considerazione, nella lettera vigente all’epoca del primo degli acquisti qui considerati:
“II-bis) 1. Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 3 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:
a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto;
b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero .. (omissis)
2. (omissis)
3. (omissis)
4. In caso di dichiarazione mendace, o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte. …omissis…. Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.
Ciò posto, va rilevato che viene qui in considerazione il tema dei plurimi atti di rivendita e riacquisto di immobili da adibire a prima casa di abitazione a seguito del godimento del beneficio in riferimento ad un acquisto originario, nell’ottica dell’integrazione dei requisiti necessari a conservare l’agevolazione originariamente goduta.
Sul punto, non sussistendo un pertinente precedente di legittimità, conviene riferire che la Suprema Corte ha insegnato (in fattispecie connessa) che:”In tema di agevolazioni tributarie per l’acquisto della “prima casa”, ai sensi del comma quarto, ultimo periodo, della nota II bis all’art.1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la relativa decadenza è evitata se il contribuente, pur avendo trasferito l’immobile acquistato con i detti benefici prima del decorso del termine di cinque anni dall’acquisto stesso, entro un anno dall’alienazione ne acquisti un altro, da adibire ad abitazione principale; ne deriva che il “dies a quo” della decorrenza del termine triennale di decadenza del potere dell’Ufficio di recuperare l’imposta nella misura ordinaria va individuato nel giorno di scadenza dell’anno successivo all’alienazione, perché solo allo spirare di tale termine senza avere effettuato un nuovo acquisto il contribuente perde, in via definitiva, il diritto all’agevolazione, provvisoriamente goduta sul primo acquisto” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3783 del 15/02/2013).
Se ne deve desumere che nell’interpretazione della Suprema Corte la condizione sufficiente per evitare la decadenza consiste nel semplice riacquisto infrannuale di un nuovo immobile in riferimento al quale sia dichiarata (in atto) l’intenzione di adibirlo a propria casa di abitazione, ciò che deve considerarsi (nella valutazione “a posteriori”) elemento di fatto idoneo a consentire al contribuente di conservare il beneficio fiscale (aliquota agevolata di tassazione) goduto in relazione all’originario atto di vendita.
Ma in tal modo, la questione non può ritenersi esaurita, poiché viene immediatamente in considerazione il rilievo che -dovendosi fare applicazione pedissequa della lettera della legge- mancherebbe una espressa previsione per l’ipotesi in cui il contribuente effettui, nel corso del quinquennio successivo al primo acquisto, una pluralità di rivendite e riacquisti, con il dubbio perciò (rilevante nella presente fattispecie) di quale sia il regime fiscale a cui sottoporre siffatta seriazione, da un canto per realizzare la ratio normativa (che è quella di agevolare l’interesse all’acquisto della casa di proprietà, anche a coloro i quali siano costretti a ripetuti trasferimenti di residenza, per le contingenti necessità della vita) e d’altro canto per evitare che ne possa derivare la realizzazione di intenti speculativi agevolati in virtù della semplice integrazione dei requisiti necessari a godere della agevolazione in riferimento al primo acquisto, di poi ripetibili ad libitum sulla scorta della semplice dichiarazione di intento.
Proprio per la dichiarata realizzazione di questa finalità antielusiva il legislatore ebbe a prevedere in un primo momento (con la disciplina introdotta dall’art.16 del Decreto-legge 22/05/1993 n. 155) la diversificazione dei presupposti qualificanti per il benefìcio a seconda che si tratti del primo acquisto ovvero dell’acquisto successivo a rivendita infraquinquennale, ed in un secondo momento (con l’art.3 della Legge 28/12/1995 n. 549) la fissazione di un termine perentorio (annuale, poi incrementato a mesi 18 per effetto della novella introdotta dall’art.33 della Legge 23/12/2000 n.388) entro il quale trasferire la propria residenza nel comune di ubicazione dell’immobile originariamente acquistato.
Non è chi non veda che queste successive interpolazioni hanno creato difficoltà espressive nel tessuto normativo, onde quest’ultimo necessità di un’attenta esegesi perché gli effetti che ne derivano siano coerenti con la “intendo legis”.
E, con riferimento alla specie di causa, non è chi non veda che la semplice dichiarazione (in atto) dell’intenzione di destinare l’immobile riacquistato a propria abitazione non può realizzare la finalità antielusiva tenuta in prioritaria considerazione dal legislatore nell’ipotesi di plurime rivendite infraquinquennali.
E pertanto, dovendosi escludere che il legislatore abbia inteso negare la conservazione degli originari benefici nell’ipotesi di plurime rivendite infraquinquennali, ciascuna effettuata a distanza non maggiore di un anno dalla precedente rivendita ed assistita dalla dichiarata intenzione di stabilire la residenza anagrafica nell’immobile ex novo acquistato, non resta che concludere che la regolazione fiscale della seriazione di atti di acquisto e rivendita è da intendersi disciplinata in termini tali che (salvi i benefici goduti in riferimento al primo originario acquisto) i benefici richiesti in relazione agli acquisti successivi resteranno acquisiti a condizione che si maturi (entro il termine di mesi diciotto dal primo atto di acquisto) la condizione imposta dalla legge in relazione ai successivi atti di acquisto, e cioè la fissazione della residenza anagrafica in uno qualunque degli immobili oggetto di riacquisto dopo la rivendita del precedente.
Ciò garantisce la realizzazione dell’intento antielusivo perseguito dal legislatore con la fissazione del termine (prima annuale e poi di diciotto mesi) per il trasferimento della residenza, termine che -in un’ottica di esegesi logicamente orientata- non può che riferirsi anche al perfezionamento della condizione prevista per i successivi riacquisti, poiché altrimenti ne deriverebbe un’ingiustificata discrasia a favore di coloro che provvedano a successivi riacquisti infraquinquennali; ma garantisce anche la realizzazione del genuino intento proprietario a coloro i quali, costretti alla mobilità dalle imperscrutabili ragioni dell’esistenza, sia dato un termine sufficiente per dare esecuzione al predetto intento mediante lo stabilimento della residenza anagrafica in uno degli immobili oggetto di successivo riacquisto.
Consegue da ciò, ai fini di causa, che correttamente il giudice del merito ha riconosciuto al D. la conservazione dei benefici di legge in riferimento al primo della serie di acquisti qui in rassegna (i requisiti originari per il quale – ed in specie quello della lettera a del comma 1 della nota Il/bis- non sono mai stati contestati) sulla scorta dell’accertamento dell’avvenuto riacquisto di un nuovo immobile entro l’anno successivo alla rivendita infraquinquennale e senza tenere in considerazione la circostanza del mancato trasferimento della residenza nell’immobile ex novo acquistato, circostanza che potrebbe essere semmai valorizzata ai fini della conservazione dei benefici fiscali eventualmente goduti in riferimento ai successivi atti di riacquisto.
Pertanto, si ritiene che la controversia possa essere decisa in camera di consiglio per manifesta infondatezza.
Roma, 15 febbraio 2014.
Ritenuto inoltre
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, ritiene di non poter condividere gli argomenti addotti dal relatore a sostegno della proposta di soluzione della lite, sicché ritiene che il ricorso vada -invece- accolto a che la lite possa poi trovare soluzione anche nel merito;
che i precedenti menzionati dal relatore a sostegno dei richiamati argomenti non appaiono aderenti alla fattispecie qui presa in considerazione, nel mentre si deve ritenere che anche nel testo della disciplina normativa qui applicabile “ratione temporis” il legislatore abbia inteso imporre -ai fini di concedere l’agevolazione correlata a consentire l’afflusso del risparmio individuale nell’acquisto della prima abitazione- che l’acquirente dell’immobile acquistato a seguita di rivendita infraquinquennale di quello acquistato in precedenza non debba semplicemente dichiarare “di volerlo adibire a propria abitazione”, ma lo debba invece effettivamente adibire a propria abitazione in conformità all’intento dichiarato. La lettera della legge, in altri termini, indica che il legislatore, in coerenza con le finalità perseguite, non ha inteso agevolare meri progetti di future (ed eventuali) sistemazioni abitative, ma attuali e concrete utilizzazioni degli immobili acquistati come abitazioni da parte di acquirenti che ne siano privi o ne siano rimasti privi a seguito di rivendita di altro in precedenza acquistato;
che deve pertanto confermarsi quanto questa Corte ha già avuto modo di affermare, sia pure in contesti non esattamente aderenti alla fattispecie di causa, e cioè che l’agevolazione prevista dalla norma di cui si tratta può essere mantenuta solo se l’acquisto sia seguito dalla effettiva realizzazione della destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione propria, anche in riferimento a ciascuno dei plurimi acquisti che il contribuente possa avere effettuato nell’arco del tempo previsto dalla legge dopo la rivendita dell’immobile originariamente acquistato, in termini tali che per ciascuno degli acquisti intermedi il contribuente sia onerato di dimostrare l’effettiva realizzazione dell’intento, in virtù del concreto trasferimento della propria residenza anagrafica nell’unità abitativa correlata. Ed invero, i benefici fiscali sono, per loro natura, subordinati al raggiungimento dello scopo per cui vengono concessi, sicché il raggiungimento dello scopo (abitativo) rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio, connaturato alla stessa ratio dell’istituto;
che il difetto testuale, nella previsione normativa più volte menzionata, di un apposito termine entro il quale il contribuente è tenuto a fare concreto adempimento dell’onere non è elemento impediente ai fini della coerenza della interpretazione qui condivisa, potendosi il giudicante determinare in ragione dell’applicazione di parametri di ragionevolezza e di buona fede (in considerazione delle circostanze del caso di specie, che possono giustificare la concessione di un congruo lasso di tempo) e dovendosi comunque fare applicazione della regola generale secondo la quale deve ritenersi che “il termine decadenziale dell’azione dell’ufficio inizi a decorrere dal momento in cui l’intento del contribuente sia rimasto definitivamente ineseguito, e quindi – giacché il termine a disposizione del contribuente non potrà essere giammai più ampio di quello in sé previsto per i controlli – al massimo dalla scadenza del triennio dalla registrazione dell’atto” (si confronti Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3608 del 12/03/200; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20066 del 17/10/2005; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20376 del 20/09/2006, sia pure dettate in materia di benefici fiscali per l’acquisto della “prima casa”, previsti dall’art. 1, sesto comma, della legge 22 aprile 1982, n. 168 e dall’art. 2, primo comma, del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12);
che nella specie di causa ha dunque certamente errato il giudice del merito a ritenere che il contribuente abbia rispettato le condizioni di legge per la conservazione del beneficio originariamente accordatogli con la semplice condotta della richiesta in atto della concessione delle “agevolazioni prima casa”, così tralasciando di considerare anche l’ulteriore condizione dell’effettiva realizzazione dell’intento dichiarato, e perciò dell’intento abitativo;
che, risultando pacifico in causa che il predetto intento non si è effettivamente realizzato almeno a riguardo del primo immobile acquistato dopo la rivendita, è senz’altro facoltà di questa Corte risolvere la controversia anche nel merito, con il rigetto dell’impugnazione del provvedimento impositivo, senza rinvio al giudice del merito, non manifestandosi esigenza di ulteriori accertamenti di fatto;
che le spese di lite vanno regolate secondo il criterio della compensazione, attesa la peculiarità della fattispecie, in considerazione dell’assenza di precedenti specifici.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Compensa tra le parti le spese di tutti i giudizi.
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