Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 11 marzo 2015, n. 10339
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo – Presidente
Dott. DI TOMASSI Maria Stefani – Consigliere
Dott. CAVALLO Aldo – rel. Consigliere
Dott. MAZZEI Antonella – Consigliere
Dott. BONI Monica – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso il decreto n. 2609/2014 GIUD. SORVEGLIANZA di UDINE, del 02/07/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lette le conclusioni del PG Dott. SALZANO Francesco il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Magistrato di sorveglianza di Udine, con decreto deliberato il 2 luglio 2014, dichiarava manifestamente inammissibile il reclamo proposto il 15 maggio 2014, ai sensi degli articoli 35 e 69 Ord. Pen., da (OMISSIS), detenuto presso la casa circondariale di (OMISSIS), relativo alla lesione di diritti soggettivi subiti per essere stato ristretto in una cella avente uno spazio complessivo inferiore agli 8 mq, con una sola finestra, con servizio igienico annesso privo di finestra e per essere stato associato con altri detenuti ed alla conseguente richiesta di indennizzo per le sofferenze patite (passate, presenti e future).
1.1 Il reclamo veniva dichiarato inammissibile, in base ad articolate argomentazioni (che si sviluppano in oltre due pagine) nelle quali si evidenziava, per quanto specificamente rileva in questa sede: per un verso, anche in base al contenuto di altra decisione adottata da quel giudice il 24 dicembre 2011 in merito ai ricorsi di altri cinquantasette detenuti che prospettavano delle questioni ritenute “analoghe”, la carenza di giurisdizione della magistratura di sorveglianza in materia di esclusiva competenza del giudice civile (richiesta di indennizzo per i danni asseritamente sofferti a causa del sovraffollamento); per altro verso, come, all’esito di attivita’ istruttoria espletata – “finalizzata all’accertamento delle reali e complessive condizioni di vita garantite dal regime detentivo e dalie condizioni dei locali occupati dal reclamante” (assegnato alla sezione di Alta sicurezza) e, quindi, “dell’oggettivo disagio derivante dalie condizioni di sovraffollamento nei periodi di condivisione delle celle” con altri due detenuti – doveva ritenersi, in estrema sintesi, l’assenza nel reclamo “di qualsivoglia indicazione su situazioni concrete e definite di effettive violazioni di diritti a causa del sovraffollamento e per l’assenza di attivita’ trattamentali, difettando pertanto, nel caso di specie, “il presupposto del grave ed attuale pregiudizio all’esercizio dei diritti dei detenuto di cui all’articolo 35 bis e articolo 69, comma 6, lettera b) dell’ordinamento penitenziario in vigore”.
2. Avverso il provvedimento indicato in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) personalmente, che ne chiede l’annullamento, evidenziando, per quanto specificamente rileva ai fini del decidere: per un verso, l’effettivita’ del danno subito a causa del sovraffollamento, contestando la fondatezza di alcuni dei dati forniti dalla direzione penitenziaria al magistrato di sorveglianza; per altro verso, che la decisione impugnata risulta in contrasto con le ” linee dettate dalla Corte Europea per i delitti dell’uomo”.
1.1 Il reclamo veniva dichiarato inammissibile, in base ad articolate argomentazioni (che si sviluppano in oltre due pagine) nelle quali si evidenziava, per quanto specificamente rileva in questa sede: per un verso, anche in base al contenuto di altra decisione adottata da quel giudice il 24 dicembre 2011 in merito ai ricorsi di altri cinquantasette detenuti che prospettavano delle questioni ritenute “analoghe”, la carenza di giurisdizione della magistratura di sorveglianza in materia di esclusiva competenza del giudice civile (richiesta di indennizzo per i danni asseritamente sofferti a causa del sovraffollamento); per altro verso, come, all’esito di attivita’ istruttoria espletata – “finalizzata all’accertamento delle reali e complessive condizioni di vita garantite dal regime detentivo e dalie condizioni dei locali occupati dal reclamante” (assegnato alla sezione di Alta sicurezza) e, quindi, “dell’oggettivo disagio derivante dalie condizioni di sovraffollamento nei periodi di condivisione delle celle” con altri due detenuti – doveva ritenersi, in estrema sintesi, l’assenza nel reclamo “di qualsivoglia indicazione su situazioni concrete e definite di effettive violazioni di diritti a causa del sovraffollamento e per l’assenza di attivita’ trattamentali, difettando pertanto, nel caso di specie, “il presupposto del grave ed attuale pregiudizio all’esercizio dei diritti dei detenuto di cui all’articolo 35 bis e articolo 69, comma 6, lettera b) dell’ordinamento penitenziario in vigore”.
2. Avverso il provvedimento indicato in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) personalmente, che ne chiede l’annullamento, evidenziando, per quanto specificamente rileva ai fini del decidere: per un verso, l’effettivita’ del danno subito a causa del sovraffollamento, contestando la fondatezza di alcuni dei dati forniti dalla direzione penitenziaria al magistrato di sorveglianza; per altro verso, che la decisione impugnata risulta in contrasto con le ” linee dettate dalla Corte Europea per i delitti dell’uomo”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il decreto impugnato deve essere annullato senza rinvio, sia pure per ragioni diverse da quelle prospettate dal ricorrente.
1.1 Preliminare ed assorbente e’ infatti il rilievo, in rito, della nullita’ dell’impugnato decreto, per violazione del contraddittorio.
Questa Corte ha infatti da tempo affermato il principio di diritto, secondo il quale il decreto di inammissibilita’ ex articolo 666 c.p.p., comma 2 (norma espressamente richiamata dall’articolo 35 bis Ord. Pen. introdotto con la Legge n. 10 del 2014, di conversione, con modifiche, del Decreto Legge n. 146 del 2013), puo’ essere emesso nelle ipotesi di manifesta infondatezza dell’istanza o di mera riproposizione di richiesta gia’ rigettata.
La manifesta infondatezza, in specie, deve riguardare il difetto delle condizioni di legge, intese, in senso restrittivo, come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, ma direttamente imposti dalla norma.
Dunque, la ratio del provvedimento “de plano”, in assenza di contraddittorio, consiste, proprio, nella rilevabilita’ “ictu oculi” di ragioni che rivelino alla semplice prospettazione, senza uno specifico approfondimento, la mancanza di fondamento dell’istanza.
Ne consegue che ogni qualvolta si pongano problemi di valutazione, imponenti l’uso di criteri interpretativi in relazione al “thema decidendum” ovvero al “thema probandum”, deve essere data all’istante la possibilita’ dell’instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto – sul modello di quello tipico ex articolo 127 c.p.p. – dall’articolo 666 c.p.p., commi 3/9 (in tal senso, Sez. 5, n. 2793 del 05/05/1998 – dep. 19/06/1998, Prato G, Rv. 210936).
Nel caso di specie il Magistrato di sorveglianza, a prescindere dalla legittimita’ del richiamo per relationem ad un proprio provvedimento del 2011 del quale non e’ certo che il (OMISSIS) avesse effettiva conoscenza e che affrontava il tema della carenza di giurisdizione o di competenza con riferimento ad un diverso quadro normativo, ha fatto comunque riferimento, nel provvedimento, ad attivita’ istruttoria i cui esiti erano, di fatto, sconosciuti ai reclamante.
Ne discende che il Magistrato di sorveglianza di Udine, non avrebbe dovuto dichiarare, con provvedimento emesso de plano, l’inammissibilita’ del ricorso con il quale si denunziavano dei comportamenti lesivi di diritti del detenuto tutelabili giurisdizionalmente e si richiedeva il ristoro dei danni asseritamente subiti a causa del sovraffollamento carcerario, ma decidere all’esito di fissazione dell’udienza in camera di consiglio.
1.1 Preliminare ed assorbente e’ infatti il rilievo, in rito, della nullita’ dell’impugnato decreto, per violazione del contraddittorio.
Questa Corte ha infatti da tempo affermato il principio di diritto, secondo il quale il decreto di inammissibilita’ ex articolo 666 c.p.p., comma 2 (norma espressamente richiamata dall’articolo 35 bis Ord. Pen. introdotto con la Legge n. 10 del 2014, di conversione, con modifiche, del Decreto Legge n. 146 del 2013), puo’ essere emesso nelle ipotesi di manifesta infondatezza dell’istanza o di mera riproposizione di richiesta gia’ rigettata.
La manifesta infondatezza, in specie, deve riguardare il difetto delle condizioni di legge, intese, in senso restrittivo, come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, ma direttamente imposti dalla norma.
Dunque, la ratio del provvedimento “de plano”, in assenza di contraddittorio, consiste, proprio, nella rilevabilita’ “ictu oculi” di ragioni che rivelino alla semplice prospettazione, senza uno specifico approfondimento, la mancanza di fondamento dell’istanza.
Ne consegue che ogni qualvolta si pongano problemi di valutazione, imponenti l’uso di criteri interpretativi in relazione al “thema decidendum” ovvero al “thema probandum”, deve essere data all’istante la possibilita’ dell’instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto – sul modello di quello tipico ex articolo 127 c.p.p. – dall’articolo 666 c.p.p., commi 3/9 (in tal senso, Sez. 5, n. 2793 del 05/05/1998 – dep. 19/06/1998, Prato G, Rv. 210936).
Nel caso di specie il Magistrato di sorveglianza, a prescindere dalla legittimita’ del richiamo per relationem ad un proprio provvedimento del 2011 del quale non e’ certo che il (OMISSIS) avesse effettiva conoscenza e che affrontava il tema della carenza di giurisdizione o di competenza con riferimento ad un diverso quadro normativo, ha fatto comunque riferimento, nel provvedimento, ad attivita’ istruttoria i cui esiti erano, di fatto, sconosciuti ai reclamante.
Ne discende che il Magistrato di sorveglianza di Udine, non avrebbe dovuto dichiarare, con provvedimento emesso de plano, l’inammissibilita’ del ricorso con il quale si denunziavano dei comportamenti lesivi di diritti del detenuto tutelabili giurisdizionalmente e si richiedeva il ristoro dei danni asseritamente subiti a causa del sovraffollamento carcerario, ma decidere all’esito di fissazione dell’udienza in camera di consiglio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Magistrato di sorveglianza di Udine
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