Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 25 febbraio 2015, n. 3852
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente
Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. GHINOY Paola – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29810/2011 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS);
– intimata –
Nonche’ da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega a margine del ricorso;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 707/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 29/06/2011 r.g.n. 229/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/2014 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente
Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. GHINOY Paola – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29810/2011 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS);
– intimata –
Nonche’ da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega a margine del ricorso;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 707/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 29/06/2011 r.g.n. 229/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/2014 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha ridotto a 5 mensilita’ l’entita’ del risarcimento dovuto dalla soc. (OMISSIS) a (OMISSIS) per il licenziamento illegittimo comminato per mancato superamento della prova.
La Corte ha confermato la decisione del Tribunale con riferimento alla mancata specificazione delle mansioni nella lettera di assunzione, requisito essenziale per la validita’ della prova, nonche’ in relazione alla genericita’ dell’indicazione contenuta nel contratto di “marketing executive (OMISSIS)”, non ulteriormente specificabile per relationem al CCNL.
Infine la Corte ha rilevato che la (OMISSIS) aveva trovato lavoro nel marzo 2008 e che, pertanto, il risarcimento doveva essere limitato a 5 mensilita’ con conseguente condanna a restituire le somme superiori percepite.
Avverso la sentenza ricorre (OMISSIS) con un unico motivo.
Resiste (OMISSIS) con controricorso e ricorso incidentale. La ricorrente deposita controricorso al ricorso incidentale.
La Corte ha confermato la decisione del Tribunale con riferimento alla mancata specificazione delle mansioni nella lettera di assunzione, requisito essenziale per la validita’ della prova, nonche’ in relazione alla genericita’ dell’indicazione contenuta nel contratto di “marketing executive (OMISSIS)”, non ulteriormente specificabile per relationem al CCNL.
Infine la Corte ha rilevato che la (OMISSIS) aveva trovato lavoro nel marzo 2008 e che, pertanto, il risarcimento doveva essere limitato a 5 mensilita’ con conseguente condanna a restituire le somme superiori percepite.
Avverso la sentenza ricorre (OMISSIS) con un unico motivo.
Resiste (OMISSIS) con controricorso e ricorso incidentale. La ricorrente deposita controricorso al ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente i ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza.
Con un unico motivo la ricorrente denuncia violazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori come modificato dalla Legge n. 108 del 1990, articolo 1, nonche’ omessa motivazione. Rileva che e’ necessario distinguere tra il periodo dal licenziamento alla sentenza e quello successivo all’ordine di reintegra cosi’ che mentre le somme dovute per il primo periodo con funzione essenzialmente risarcitoria possono essere ridotte dell’eventuale aliunde perceptum, quelle per il periodo dopo l’ordine di reintegra, stante la natura coercitiva e sanzionatoria dell’ordine di reintegra, devono essere sempre corrisposte anche nel caso di reperimento di altra occupazione da parte del lavoratore. Censura pertanto la sentenza che ha limitato il risarcimento nella sola misura di cinque mensilita’ ritenendo detraibile dalle somme maturate successivamente alla sentenza di primo grado quanto percepito per effetto della nuova occupazione nonostante l’inottemperanza della societa’ all’ordine di reintegra.
Con il primo motivo del ricorso incidentale la soc. (OMISSIS) denuncia vizio di motivazione e violazione dell’articolo 2096 c.c. Osserva che le mansioni che la lavoratrice avrebbe dovuto svolgere le erano state ampiamente rappresentate nella fase preassuntiva anche perche’ pubblicizzate su internet e che di fatto tali mansioni aveva svolto durante il periodo di prova.
Anche ammessa la presunta formale indeterminatezza dell’oggetto del patto di prova la sostanziale conoscenza di quest’ultimo da parte della lavoratrice lo rendeva idoneo allo scopo.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia vizio di motivazione con riferimento alla circostanza che le mansioni dovevano ritenersi specificate per relationem.
Osserva che nella lettera di assunzione era indicato: “inquadramento quadro, (fascia 30 della classificazione aziendale), cui corrispondeva la qualifica di marketing executive e che,dunque, pur se in modo sintetico, era specificata la mansione riconducibile a quella di funzionario esecutivo del marketing.
In ordine logico deve essere esaminato per prima il ricorso incidentale i cui motivi sono infondati.
Il patto di prova apposto al contratto di lavoro, oltre a dover risultare da atto scritto, deve contenere la specifica indicazione delle mansioni che ne costituiscono l’oggetto, in relazione alle quali il datore di lavoro dovra’ esprimere la propria valutazione sull’esito della prova.
Tale specificazione puo’ essere operata anche “per relationem” alla qualifica di assunzione, ove questa (come nella specie) corrisponda ad una declaratoria del contratto collettivo che definisca le mansioni comprese nella qualifica sempre che il richiamo sia sufficientemente specifico (cfr tra le tante Cass. n 1957/2011, n. 11722/2009).
Nella specie la Corte ha correttamente applicato i principi di cui sopra pervenendo ad affermare che la soc. (OMISSIS) non aveva assolto a tale obbligo di specificazione.
La Corte territoriale ha affermato, da un lato, che la conoscenza delle mansioni oggetto della prova acquisita “aliunde” (colloqui o siti internet) non poteva sostituire l’obbligo di specificazione scritta imposto dalla legge. Dall’altro lato la Corte ha fornito un’interpretazione della scrittura sottoposta alla lavoratrice che non e’ censurabile atteso che ha evidenziato che la qualifica di “marketing executive”, ammesso che fosse rinvenibile nel contratto collettivo aziendale, (non avendo la societa’ provveduto a depositare l’articolo 7 del contratto collettivo aziendale richiamato nella lettera di assunzione) era una definizione generica priva di concreti riferimenti alla funzione attribuibile alla (OMISSIS) e, dunque, le mansioni non erano specificabili neppure per relationem.
La societa’ ha riportato, al fine di dimostrare la possibilita’ della specificazione per relationem, l’articolo 8 e l’articolo 7 del contratto collettivo per i dipendenti dell’ (OMISSIS) precisando che l’articolo 7 era richiamato nella lettera di assunzione.
Dalle due declaratorie contrattuali e profili esemplificativi non risulta la figura del “marketing executive” e la riconducibilita’ di tale figura a quella prevista del vice-direttore del servizio marketing come preteso dalla societa’ non trova specifici riscontri. La Corte territoriale ha, anzi rilevato che solo in un estratto da Internet, relativo al sito della societa’, risultava indicata in lingua inglese la figura del marketing executive (OMISSIS) quale figura di supporto al marketing manager.
Esclusa la fondatezza del ricorso incidentale, deve essere, altresi’, rigettato il ricorso principale.
Non e’ contestato che la (OMISSIS) dopo quattro mesi dal licenziamento ha trovato altro stabile lavoro percependo una retribuzione anche superiore.
In tema di conseguenze patrimoniali del licenziamento illegittimo, l’importo pari a cinque mensilita’ della retribuzione globale di fatto previsto dall’articolo 18, quinto comma, della legge 30 maggio 1970, n. 300 (nella formulazione applicabile “ratione temporis”), rappresenta una parte irriducibile della obbligazione risarcitoria complessiva conseguente all’illegittimo licenziamento: detto importo minimo costituisce una presunzione “juris et de jure” del danno causato dal recesso (cfr Cass. n. 22050/2014, 24242/2010, 24655/2006) ed e’ dovuto anche nel caso di specie cosi’ come correttamente deciso dal giudice di merito.
Nessun importo ulteriore spetta alla lavoratrice a titolo risarcitorio per il periodo successivo alla sentenza, posto che dalla regola generale di effettivita’ e corrispettivita’ delle prestazioni nel rapporto di lavoro deriva che, al di fuori di espresse deroghe legali o contrattuali, la retribuzione spetta soltanto se la prestazione di lavoro venga di fatto eseguita, salvo che il datore di lavoro versi in una situazione di “mora accipiendi” nei confronti del dipendente (cfr., tra le altre, Cass. 21novembre 2006 n. 24655) e 3 luglio 2014 n. 15251.
Le spese del presente giudizio devono essere compensate atteso il rigetto di entrambi i ricorsi.
Con un unico motivo la ricorrente denuncia violazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori come modificato dalla Legge n. 108 del 1990, articolo 1, nonche’ omessa motivazione. Rileva che e’ necessario distinguere tra il periodo dal licenziamento alla sentenza e quello successivo all’ordine di reintegra cosi’ che mentre le somme dovute per il primo periodo con funzione essenzialmente risarcitoria possono essere ridotte dell’eventuale aliunde perceptum, quelle per il periodo dopo l’ordine di reintegra, stante la natura coercitiva e sanzionatoria dell’ordine di reintegra, devono essere sempre corrisposte anche nel caso di reperimento di altra occupazione da parte del lavoratore. Censura pertanto la sentenza che ha limitato il risarcimento nella sola misura di cinque mensilita’ ritenendo detraibile dalle somme maturate successivamente alla sentenza di primo grado quanto percepito per effetto della nuova occupazione nonostante l’inottemperanza della societa’ all’ordine di reintegra.
Con il primo motivo del ricorso incidentale la soc. (OMISSIS) denuncia vizio di motivazione e violazione dell’articolo 2096 c.c. Osserva che le mansioni che la lavoratrice avrebbe dovuto svolgere le erano state ampiamente rappresentate nella fase preassuntiva anche perche’ pubblicizzate su internet e che di fatto tali mansioni aveva svolto durante il periodo di prova.
Anche ammessa la presunta formale indeterminatezza dell’oggetto del patto di prova la sostanziale conoscenza di quest’ultimo da parte della lavoratrice lo rendeva idoneo allo scopo.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia vizio di motivazione con riferimento alla circostanza che le mansioni dovevano ritenersi specificate per relationem.
Osserva che nella lettera di assunzione era indicato: “inquadramento quadro, (fascia 30 della classificazione aziendale), cui corrispondeva la qualifica di marketing executive e che,dunque, pur se in modo sintetico, era specificata la mansione riconducibile a quella di funzionario esecutivo del marketing.
In ordine logico deve essere esaminato per prima il ricorso incidentale i cui motivi sono infondati.
Il patto di prova apposto al contratto di lavoro, oltre a dover risultare da atto scritto, deve contenere la specifica indicazione delle mansioni che ne costituiscono l’oggetto, in relazione alle quali il datore di lavoro dovra’ esprimere la propria valutazione sull’esito della prova.
Tale specificazione puo’ essere operata anche “per relationem” alla qualifica di assunzione, ove questa (come nella specie) corrisponda ad una declaratoria del contratto collettivo che definisca le mansioni comprese nella qualifica sempre che il richiamo sia sufficientemente specifico (cfr tra le tante Cass. n 1957/2011, n. 11722/2009).
Nella specie la Corte ha correttamente applicato i principi di cui sopra pervenendo ad affermare che la soc. (OMISSIS) non aveva assolto a tale obbligo di specificazione.
La Corte territoriale ha affermato, da un lato, che la conoscenza delle mansioni oggetto della prova acquisita “aliunde” (colloqui o siti internet) non poteva sostituire l’obbligo di specificazione scritta imposto dalla legge. Dall’altro lato la Corte ha fornito un’interpretazione della scrittura sottoposta alla lavoratrice che non e’ censurabile atteso che ha evidenziato che la qualifica di “marketing executive”, ammesso che fosse rinvenibile nel contratto collettivo aziendale, (non avendo la societa’ provveduto a depositare l’articolo 7 del contratto collettivo aziendale richiamato nella lettera di assunzione) era una definizione generica priva di concreti riferimenti alla funzione attribuibile alla (OMISSIS) e, dunque, le mansioni non erano specificabili neppure per relationem.
La societa’ ha riportato, al fine di dimostrare la possibilita’ della specificazione per relationem, l’articolo 8 e l’articolo 7 del contratto collettivo per i dipendenti dell’ (OMISSIS) precisando che l’articolo 7 era richiamato nella lettera di assunzione.
Dalle due declaratorie contrattuali e profili esemplificativi non risulta la figura del “marketing executive” e la riconducibilita’ di tale figura a quella prevista del vice-direttore del servizio marketing come preteso dalla societa’ non trova specifici riscontri. La Corte territoriale ha, anzi rilevato che solo in un estratto da Internet, relativo al sito della societa’, risultava indicata in lingua inglese la figura del marketing executive (OMISSIS) quale figura di supporto al marketing manager.
Esclusa la fondatezza del ricorso incidentale, deve essere, altresi’, rigettato il ricorso principale.
Non e’ contestato che la (OMISSIS) dopo quattro mesi dal licenziamento ha trovato altro stabile lavoro percependo una retribuzione anche superiore.
In tema di conseguenze patrimoniali del licenziamento illegittimo, l’importo pari a cinque mensilita’ della retribuzione globale di fatto previsto dall’articolo 18, quinto comma, della legge 30 maggio 1970, n. 300 (nella formulazione applicabile “ratione temporis”), rappresenta una parte irriducibile della obbligazione risarcitoria complessiva conseguente all’illegittimo licenziamento: detto importo minimo costituisce una presunzione “juris et de jure” del danno causato dal recesso (cfr Cass. n. 22050/2014, 24242/2010, 24655/2006) ed e’ dovuto anche nel caso di specie cosi’ come correttamente deciso dal giudice di merito.
Nessun importo ulteriore spetta alla lavoratrice a titolo risarcitorio per il periodo successivo alla sentenza, posto che dalla regola generale di effettivita’ e corrispettivita’ delle prestazioni nel rapporto di lavoro deriva che, al di fuori di espresse deroghe legali o contrattuali, la retribuzione spetta soltanto se la prestazione di lavoro venga di fatto eseguita, salvo che il datore di lavoro versi in una situazione di “mora accipiendi” nei confronti del dipendente (cfr., tra le altre, Cass. 21novembre 2006 n. 24655) e 3 luglio 2014 n. 15251.
Le spese del presente giudizio devono essere compensate atteso il rigetto di entrambi i ricorsi.
P.Q.M.
Rigetta entrambi i ricorsi, spese compensate
Leave a Reply