Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 17 febbraio 2015, n. 3118
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FORTE Fabrizio – Presidente
Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23885/2011 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del scorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), nella qualita’ di erede di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.R.L.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2501/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
uditi, per la ricorrente, gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) che si riportano;
uditi, per i controricorrenti, gli Avvocati (OMISSIS), con delega, e (OMISSIS), con delega, che si riportano;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Nel contraddittorio con le societa’ convenute e con (OMISSIS) che spiegava intervento adesivo, il Tribunale di Milano rigettava le domande.
Il gravame della (OMISSIS) spa e’ stato rigettato dalla Corte d’appello di Milano, con sentenza 8 settembre 2010.
La corte ha condiviso la valutazione del primo giudice che aveva qualificato il logo “V” dell’attrice come marchio forte, perche’ frutto di fantasia e in quanto tale dotato di una maggiore incisivita’ della tutela rispetto ai marchi deboli, ma aveva escluso ugualmente la confondibilita’ all’esito di una valutazione non analitica, come contestato dall’appellante, ma globale e sintetica delle caratteristiche grafiche e di forma dei due marchi, avuto riguardo ai loro nuclei espressivi e ideologici, in ragione delle differenze che li rendevano distinguibili. (OMISSIS) spa ricorre per cassazione sulla base di quattro motivi, cui si oppongono la (OMISSIS) e (OMISSIS), in qualita’ di erede di (OMISSIS). Le parti hanno presentato memorie.
Il secondo motivo denuncia la violazione del Regio Decreto n. 929 del 1942, articolo 1, comma 1, lettera b), (Decreto Legislativo n. 30 del 2005, articolo 20, comma 1, lettera b) per avere erroneamente valutato il rischio confusorio in concreto anziche’ in astratto, avuto riguardo alla somiglianza dei segni, entrambi di fantasia e utilizzati per contraddistinguere prodotti dello stesso genere merceologico, a prescindere dall’uso e dalla possibilita’ delle convenute di avvalersene, in un determinato momento storico, come segno identificativo delle iniziali (“G” e “V”) dello stilista (OMISSIS).
Nel terzo motivo e’ dedotto vizio di motivazione su un punto decisivo, per avere ritenuto erroneamente che il nucleo ideologico ed espressivo del marchio “(OMISSIS)” conservasse intatto il significato indicativo delle iniziali dello stilista (OMISSIS) e che non vi fosse rischio di confusione poiche’ il pubblico era in grado di decodificare i due segni riferiti entrambi a noti stilisti (il primo a (OMISSIS) e il secondo a (OMISSIS)). La corte del merito non avrebbe considerato che il nucleo espressivo e concettuale dei due marchi sarebbe unico e costituito dalla lettera “V” (iniziale di (OMISSIS)) disegnata in modo quasi identico in entrambi i segni, che vi sarebbe un enorme divario di notorieta’ tra i due stilisti, che non sarebbero stati indicati gli elementi dimostrativi della notorieta’ di (OMISSIS) e che il pubblico potrebbe essere indotto a credere che la lettera “V” inserita in una “G” indichi le iniziali di (OMISSIS).
I predetti motivi, inscindibilmente connessi e da esaminare congiuntamente, sono infondati.
L’apprezzamento sulla confondibilita’ tra segni distintivi similari e’ riservato al giudice di merito, le cui valutazioni si sottraggono al controllo di legittimita’ se adeguatamente motivate (v. Cass. n. 4405/2006, n. 13592/1999). La premessa logica di siffatto apprezzamento e’ la qualificazione – rilevante ai fini dell’intensita’ della tutela – del marchio anteriore come forte o debole.
Quello della (OMISSIS) spa, di cui e’ chiesta tutela, e’ stato qualificato dalla corte del merito come forte: tale qualificazione non e’ stata censurata e, quindi, non puo’ essere messa in dubbio; neppure e’ stata posta in dubbio la validita’ del medesimo marchio in quanto avente come contenuto la rappresentazione grafica di una lettera dell’alfabeto, alla luce del Regio Decreto n. 929 del 1942, articolo 16, (sostituito dal Decreto Legislativo 4 dicembre 1992, n. 480) e articolo 7 c.p.i. che includono le lettere tra i segni suscettibili di registrazione, purche’ idonei a svolgere una funzione distintiva dei prodotti e dei servizi di un’impresa (v. Cass. n. 14684/2007), com’e’ indiscusso nel caso del marchio dell’attrice.
E’ noto che per i marchi forti la contraffazione imputabile al marchio successivo e similare non viene meno non solo quando le varianti o modificazioni siano lievi, ma neppure quando siano consistenti e rilevanti, sempreche’ vi sia appropriazione dell’identita’ sostanziale ovvero del nucleo ideologico espressivo che caratterizza l’attitudine individualizzante di quello anteriore (v. Cass. n. 1906/2010, n. 14787/2007, n. 18920/2004). Cio’ significa che quando, per effetto delle varianti o modificazioni, il nucleo ideologico espressivo che e’ proprio del marchio anteriore resti impregiudicato e cioe’ non confondibile con il secondo, la tutela del primo si arresta, non essendo consentito ad un’impresa titolare di un marchio (anche se forte) di vietare ad un’altra l’uso di un marchio similare ma non confondibile, quando resti immutata la capacita’ distintiva dei suoi prodotti rispetto a quelli dell’altra impresa. E’ quanto accaduto nel caso in esame. La corte d’appello, con razionale e adeguato giudizio di fatto, ha accertato che il marchio registrato dalla (OMISSIS) era “caratterizzato da una diversa composizione che lo rende del tutto differente rispetto al logo della societa’ attrice” e, quindi, distinguibile “non solo in una valutazione analitica ma anche e soprattutto in una valutazione globale e sintetica”, avendo riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici e visivi e alla normale capacita’ percettiva di un consumatore medio del genere di prodotti di cui si tratta che, quando – come nella specie – di lusso, e’ una clientela verosimilmente selezionata e avveduta. Questo giudizio e’ coerente con le indicazioni della giurisprudenza (v. Cass. n. 4405/2006 sull’apprezzamento della confondibilita’ in via sintetica e globale) e con il principio secondo cui non e’ possibile presumere la confusione per il solo fatto dell’esistenza di un rischio di associazione tra i segni (v. Cass. n. 21086/2005).
La ricorrente, verosimilmente al fine di paralizzare la possibile obiezione secondo cui il titolare di un marchio consistente nella rappresentazione grafica di una o piu’ lettere dell’alfabeto non puo’ ottenere la protezione nei confronti dell’imprenditore concorrente che utilizzi le stesse lettere dell’alfabeto ove sussistano anche lievi modifiche o aggiunte (v. Cass. n. 9827/1994), ritiene che i giudici di merito avrebbero dato eccessivo peso all’origine del marchio posteriore come sigla dello stilista (OMISSIS). E’ questa una censura che richiederebbe un esame (impraticabile nel giudizio di legittimita’) del certificato di protezione del marchio e che e’ rivolta ad un giudizio di fatto adeguatamente motivato dai giudici di merito, i quali hanno escluso la confondibilita’ all’esito di una comparazione dei segni in via globale e astratta. Inoltre, il riferimento alle iniziali di (OMISSIS) come identificativo del marchio contestato era giustificato poiche’ la domanda da esaminare era stata proposta nei confronti della societa’ ( (OMISSIS) a (OMISSIS) srl) licenziataria di quel marchio in un giudizio in cui (OMISSIS) era intervenuto ad adiuvandum in proprio.
Il quarto motivo denuncia la violazione degli articoli 2598 c.c., articoli 112 e 115 c.p.c., e vizio di motivazione, per avere operato un confronto dei marchi per come descritti nei certificati di protezione, senza riferimenti a come essi appaiono sui rispettivi prodotti, esame che sarebbe stato essenziale per giudicare sull’autonoma domanda di concorrenza sleale che presupponeva l’esame del concreto impatto visivo dei marchi apposti sui prodotti.
Il motivo e’ infondato.
Avendo l’attrice proposto la domanda di concorrenza sleale in via “dipendente” da quella di violazione del marchio registrato, il giudizio della corte d’appello ritenuto assorbito l’ulteriore profilo di censura concernente la concorrenza sleale e’ una logica conseguenza del giudizio negativo sulla confondibilita’ tra i marchi.
In conclusione, il ricorso e’ rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
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