Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 5 febbraio 2015, n. 2070

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11631/2012 proposto da:
(OMISSIS) SRL (OMISSIS), in persona del Presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), (OMISSIS) SPA (OMISSIS);
– intimate –
Nonche’ da:
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona del suo Dirigente Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS) SRL (OMISSIS), in persona del Presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso principale;
– controricorrente all’incidentale –
e contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 76/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/03/2011 R.G.N. 2189/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2014 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso preliminarmente per la riunione dei ricorsi, rigetto del ricorso principale, inammissibilita’ del ricorso incidentale condizionato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
p.1. La s.r.l. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione contro la s.p.a. (OMISSIS) (gia’ Banca (OMISSIS) s.p.a.) e nei confronti della s.p.a. (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS) s.p.a.) avverso la sentenza del 16 marzo 2011, con la quale la Corte d’Appello di Venezia, in accoglimento dell’appello dell’ (OMISSIS) ha riformato la sentenza di primo grado resa il 10 maggio del 2008 dal Tribunale di Verona.
p.2. Il Tribunale scaligero era stato investito dalla ricorrente e dalla (OMISSIS) s.p.a. di una domanda di convalida di sfratto per finita locazione di un immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo, peraltro basata su un diniego di rinnovo alla scadenza del primo seiennio di durata. L’immobile oggetto della locazione era stato locato in data 2 gennaio 1998 (con scadenza al 1 gennaio 2004) dalla Fondazione (OMISSIS) s.p.a. alla (OMISSIS) s.p.a., divenuta poi Banca (OMISSIS) s.p.a. e, quindi, (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.r.l. Nel corso dello svolgimento del rapporto locativo la (OMISSIS) s.r.l. era subentrata nella posizione di locatrice in forza di contratto di leasing quale acquirente utilizzatrice dell’immobile a mezzo della (OMISSIS).
All’esito del passaggio della causa, per effetto dell’opposizione dell’intimata, alla trattazione con il rito locatizio a cognizione piena, il Tribunale dichiarava cessato il contratto locativo alla data del 2 gennaio 2004 nel presupposto della legittimita’ e fondatezza del diniego di rinnovo (che reputava tempestivamente esercitato) e, quindi, condannava l’allora Banca (OMISSIS) al rilascio dell’immobile, negando invece la legittimazione della (OMISSIS) s.p.a..
p.3. Con la sentenza qui impugnata la Corte lagunare ha invece ritenuto che il contratto si fosse rinnovato per un altro seiennio per la tardivita’ del diniego di rinnovo e ne ha dichiarato la cessazione alla scadenza del 2 gennaio 2010.
p.3.1. Per quello che si legge nella sentenza impugnata la s.p.a. Banca (OMISSIS) aveva con i primi due motivi di appello dedotto “l’errata applicazione dell’articolo 1335 c.c., nonche’ degli articoli 1717, 1228 e 2049 c.c., sostenendo la tardi vita della disdetta intimata dall’appellata” e rilevando al riguardo che la comunicazione di disdetta era pervenuta “oltre il termine del 2 gennaio 2003”. A sostegno di tale prospettazione l’appellante aveva dedotto che essendo la disdetta atto unilaterale recettizio “l’efficacia della comunicazione non poteva che decorrere dal momento in cui era stata ricevuta da essa destinataria” e che, essendo stata inviata la disdetta con raccomandata, la presunzione di conoscenza ai sensi dell’articolo 1335 c.c., doveva ritenersi coincidente “con il rilascio dell’avviso di giacenza, ovvero, poiche’ le raccomandate venivano ritirate per conto di Banca (OMISSIS) da societa’ all’uopo incaricata, con la consegna della lettera alla societa’ incaricata del ritiro”, mentre erroneamente il Tribunale aveva ritenuto che la presunzione di conoscenza della raccomandata contenente la disdetta, si fosse verificata il 31 dicembre 2002, data in cui essa era pervenuta presso l’Ufficio postale di (OMISSIS). Cio’, sul presupposto, a dire della Corte veneziana altrettanto erroneo che “alla Banca ex articoli 1717, 1228 e 2049 c.c.” fosse imputabile l’errore dell’ufficio postale che, per un disguido consistito nell’inserimento del numero identificativo della raccomandata nella distinta del recapito delle raccomandate dirette ad altro destinatario, aveva determinato il mancato ritiro da parte della societa’ incaricata del ritiro della corrispondenza presso la casella postale, avvenuto soltanto il 3 gennaio 2003, dopo la rettifica della distinta di recapito, e che dunque nessuna violazione fosse stata ascrivibile a detta societa’.
p.3.2. La Corte territoriale ha accolto le censure proposte con l’appello, cosi’ motivando:
“E’ incontroverso che il termine finale di scadenza del contratto di locazione stipulato dalle parti era il 2 gennaio 2004, con conseguente termine di preavviso per la disdetta 2 gennaio 2003. E’ parimenti non contestato che la raccomandata contenente la disdetta pervenne all’ufficio postale di (OMISSIS) in data 31.12.2002 e che per un disguido relativo all’inserimento del numero identificativo della distinta di recapito delle raccomandate dirette al destinatario (OMISSIS), la raccomandata rimase presso l’ufficio postale fino alla rettifica della distinta di recapito, con consegna materiale alla societa’ addetta al ritiro per conto della banca su menzionata il successivo 3 gennaio 2003. E’ inoltre risultato che la societa’ incaricata si recava giornalmente, compreso il periodo tra il 31.12.2002 e il 3.1.2003, a ritirare la corrispondenza diretta alla banca appellante presso l’Ufficio (OMISSIS) e che in data 2 gennaio 2003 la raccomandata in oggetto non era presente nella casella postale assegnata la Banca (OMISSIS). Orbene non puo’ ritenersi che, come affermato dal primo giudice, la presunzione di conoscenza di cui all’articolo 1335 c.c. coincida con la data dell’arrivo della raccomandata presso l’ufficio postale. Secondo il consolidato orientamento della S.C. affinche’ possa operare la presunzione di conoscenza stabilita dall’articolo 1335 c.c., occorre infatti la prova che l’atto sia stato recapitato all’indirizzo del destinatario, e cioe’, nel caso di corrispondenza, che questa sia stata consegnata presso detto indirizzo, o che, in caso di assenza del destinatario, sia stato rilasciato l’avviso di giacenza: solo da tale momento l’atto rientra nella sfera di dominio o di controllo del destinatario medesimo, si’ da consentirgli la ricezione dell’atto e la cognizione del relativo contenuto (Cass. 20 gennaio 2003 numero 773). Nella fattispecie in esame, considerate le modalita’ di ritiro della corrispondenza utilizzate da Banca (OMISSIS), titolare di casella postale presso l’ufficio postale (OMISSIS), la presunzione di conoscenza non puo’ che farsi coincidere con la data in cui la raccomandata fu consegnata alla societa’ incaricata per il ritiro e non anche nel momento, anteriore, in cui il plico, giunto presso l’ufficio postale, era evidentemente al di fuori della sfera di controllo del destinatario. In particolare dall’istruttoria espletata e’ risultato che la raccomandata, per un errore relativo all’inserimento del numero identificativo nelle distinte di recapito, divenne disponibile nella casella postale della destinataria e fu ritirata dalla societa’ incaricata solo in data 3 gennaio 2003 (cfr. al riguardo Cons. Stato, Sez. 5 , 21/11/2006, n. 6797, secondo cui la raccomandata puo’ ritenersi pervenuto al destinatario soltanto quando il plico entro’ nella disponibilita’ giuridica dello stesso e tale momento non puo’ che coincidere con l’effettivo ritiro della corrispondenza, presso l’ufficio postale, da parte del soggetto incaricato, che appone la firma sul foglio di distinta, posto che solo in questo momento la posta raccomandata puo’ considerarsi pervenuta nella disponibilita’ del destinatario). La documentazione in atti ha infatti confermato che la raccomandata di disdetta era presente nelle distinte per la consegna solo in data 3.1.2003, data in cui fu ritirata. Solo da tale momento pertanto puo’ far del si ricorre la presunzione di cui all’articolo 1335 c.c., mentre il disguido relativo all’errato inserimento del numero identificativo della raccomandata deve ritenersi unicamente imputabile all’Ufficio Postale e non anche alla societa’ incaricata del ritiro della corrispondenza. La scelta dell’appellante di utilizzare la casella postale, che non e’ evidentemente opponibile ai terzi, non puo’ quindi ritenersi eziologicamente rilevante in ordine alla data in cui la raccomandata entro’ nella sfera di disponibilita’ della banca, derivante invece dal ritardo con cui e’ stato inserita, per il gia’ menzionato disguido, nelle distinte di recapito preparate per la consegna. Da cio’ deriva la tardivita’ della diffida e, conseguentemente, il tacito rinnovo del rapporto locativo fino al 2.1.2010. L’accoglimento di tale motivo di gravame assorbe e rende irrilevante l’esame dell’ulteriore motivo relativo alla nullita’ del diniego del rinnovo Legge n. 392 del 1978, ex articolo 29”.
p.4. Al ricorso contro la sentenza della Corte veneziana ha resistito con controricorso la s.p.a. (OMISSIS), svolgendo in esso ricorso incidentale condizionato.
A tale ricorso ha resistito la ricorrente con controricorso.
p.5. Le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
p.1. Il ricorso incidentale dev’essere esaminato congiuntamente al principale, in seno al quale e’ stato proposto.
p.2. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’articolo 1335 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Vi si censura la sentenza impugnata perche’ avrebbe erroneamente applicato la presunzione di conoscenza di cui all’articolo 1335 c.c., senza considerare la peculiarita’ della fattispecie, cioe’ che “nel caso di apertura di caselle postali o piu’ in generale di domiciliazione della posta presso un Ufficio postale,….. esiste un preciso accordo fra il destinatario della raccomandata e l’Ufficio Postale, ignoto al mittente, affinche’ la raccomandata non sia consegnata al suo indirizzo, ma sia trattenuta presso l’Ufficio postale”, onde sarebbe “onere del destinatario recarsi presso l’Ufficio postale per ritirarla, per cui e’ sempre sufficiente ai fini della presunzione di conoscenza posta dall’articolo 1335 c.c., l’arrivo della raccomandata presso l’Ufficio postale”.
A sostegno di tale assunto si prospetta:
a) che nel caso di svolgimento dell’attivita’ di consegna in via normale di una raccomandata, qualora il plico non possa essere consegnato dall’ufficiale postale presso l’indirizzo del destinatario per la sua assenza, la presunzione ci conoscenza (viene citata Cass. n. 6527 del 2003) viene ritenuta operante dal momento dell’immissione da parte dell’ufficiale nella cassetta delle lettere dell’avviso di giacenza, essendo rimesso all’iniziativa del destinatario di recarsi presso l’ufficio di giacenza a ritirare il plico ed escludendosi che rilevi il momento della consegna a seguito di presentazione per il ritiro;
b) che “sarebbe del tutto irragionevole in caso di domiciliazione della posta presso gli Uffici postali o di utilizzo di caselle postali non ritenere la raccomandata conosciuta dal destinatario o non applicare la presunzione di conoscenza a partire dal momento di arrivo presso l’ufficio postale e/o di immissione nella casella postale, perche’ un effetto di decadenza per il locatore non puo’ discendere dal ritardo nel compimento di un’attivita’ riferibile non allo stesso, ma al conduttore destinatario dell’atto, il quale in tal modo si avvantaggerebbe della propria stessa inerzia”;
c) che erroneamente la sentenza impugnata avrebbe evocato Cons. Stato n. 6797 del 2006, senza considerare che il principio da detta decisione affermato: c1) non solo non riguardava fattispecie di casella postale (di cui al Decreto Ministeriale 9 aprile 2001, articolo 52, del Ministro delle Comunicazione e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 655 del 1982, articolo 47), bensi’ un’ipotesi di domiciliazione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 655 del 1982, articolo 36, cioe’ quella riguardante ex lege le corrispondenze dirette alle amministrazioni dello Stato e quelle dirette agli uffici pubblici, essendo invece la domiciliazione in generale (c.d. fermo posa) disciplinata dall’articolo 37, del citato Decreto Ministeriale, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 655 del 1982, articolo 37; c2) ma era stato anche disatteso da altre decisioni dello stesso Consiglio di Stato;
d) che in fine la recente Cass. n. 4261 del 2012 avrebbe riferito l’operare della presunzione di conoscenza al momento del pervenimento della corrispondenza alla casella postale.
p.3. Con il secondo motivo si denuncia “insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia ex articolo 360 c.p.c., n. 5, (se la raccomandata giunta presso l’Ufficio postale, ove e’ domiciliata la corrispondenza e ove sono aperte le caselle postali, rientra o si colloca fuori dalla sfera di controllo del destinatario)”.
Vi si sostiene che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe affetta da una contraddittorieta’, la’ dove ha ritenuto che l’atto, pur pervenuto presso l’ufficio postale, fosse fuori della sfera di controllo della destinataria, pur avendo affermato che la societa’ incaricata della resistente del ritiro della corrispondenza presso la casella postale si recava giornalmente, “compreso il periodo tra il 31.12.2002 e il 3.1.2003”, circostanza che implicava che la corrispondenza si venisse a trovare gia’ nella sfera di controllo dell’incaricata il giorno del pervenimento presso l’ufficio.
La motivazione sarebbe, altresi’, insufficiente perche’ non avrebbe spiegato per quale ragione l’indirizzo della destinataria non dovesse corrispondere al luogo scelto dalla stessa Banca (OMISSIS) per la domiciliazione della corrispondenza, cioe’ la casella.
p.4. Con il terzo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 29, e dell’articolo 1335 c.c., nonche’ dell’articolo 149 c.p.c., e della Legge 20 novembre 1982, n. 890, articolo 4, comma 3, secondo l’interpretazione data dalla Corte Costituzionale, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Vi si sostiene la tesi che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002 si sarebbe dovuto ritenere da parte della Corte lagunare che l’efficacia della comunicazione del diniego di rinnovo ex articolo 29 c.c., comma 3, in punto di tempestivita’ da parte del locatore sia da individuare nel momento della spedizione allorquando esso sia esercitato a mezzo del servizio postale. All’uopo si invoca la soluzione affermata da Cass. sez. un. n. 8830 del 201 a proposito dell’impugnazione del licenziamento ai sensi della Legge n. 604 del 1966, articolo 6.
p.5. Con il quarto motivo si prospetta “omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., n. 5)”.
Vi si sostiene che, al contrario di quanto affermato dalla Corte territoriale, non sarebbe stato affatto incontestata la circostanza che a causa di un disguido relativo all’inserimento del numero identificativo della raccomandata essa sarebbe rimasta presso l’Ufficio postale fino al 3 gennaio 2003. Il disguido sarebbe stato anzi smentito dall’istruzione, le cui risultanze vengono ampiamente esaminate.
In particolare si assume: aa) che il disguido non vi sarebbe stato, perche’ la raccomandata di cui trattasi era stata inserita in un elenco intestato al (OMISSIS) incorporato da Banca (OMISSIS) in non diversa guisa della (OMISSIS); bb) che non troverebbe riscontro l’affermazione che nel periodo fra il 31 dicembre 2002 e il 3 gennaio 2003 la raccomandata non era stata rinvenuta dalla societa’ incaricata del ritiro nella casella postale; cc) che il riferimento ad un errore relativo all’inserimento del numero identificativo nelle distinte di recapito, che aveva reso disponibile la raccomandata nella casella postale solo il 3 gennaio 2003, sarebbe stata smentito da quanto dichiarato nella lettera del direttore delle filiale (OMISSIS) Citta’ delle (OMISSIS), da cui dipendeva l’Ufficio Postale di (OMISSIS), acquisita ai sensi dell’articolo 213 c.p.c. nel giudizio di primo grado, posto che in essa si era evidenziato che la raccomandata era stata inserita nella distinta del 31 dicembre 2002 del (OMISSIS) e non in quello della (OMISSIS) e che erano stati gli addetti della societa’ incaricata del ritiro a chiedere la variazione della distinta, il che aveva comportato che la raccomandata fosse poi ritirata il 3 gennaio successivo, onde il mancato ritiro in data 31 dicembre 2002 era dipeso dalla richiesta degli addetti.
p.6. Con il quinto motivo si denuncia “insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi del giudizio (articolo 360 c.p.c. n. 5)”, sostenendosi: 1a) in primo luogo, sulla base dell’assunto che il 31 dicembre 2012 era stata la societa’ incaricata del ritiro a chiedere che si procedesse alla modifica della distinta, che, come aveva ritenuto il Tribunale, dovevano nella fattispecie trovare applicazione i principi di cui alle norme degli articoli 1717, 2049 e 1228 c.c., secondo le quali ricadono in capo a chi sceglie di avvalersi di soggetti diversi da se’ per il compimento di attivita’ giuridicamente rilevanti le conseguenze dell’operato del delegato o dell’incaricato, onde la motivazione della Corte d’Appello sarebbe del tutto insufficiente non avendo spiegato perche’ le conseguenze dell’operato della societa’ incaricata non sarebbero dovute ricadere sulla Banca (OMISSIS); 2a) e, in secondo luogo e subordinatamente che, se fosse stata configurabile una responsabilita’ delle (OMISSIS), comunque la motivazione non avrebbe spiegato perche’ sempre quelle norme non avrebbero dovuto giustificare la medesima conclusione.
p.7. Con il sesto motivo, erroneamente indicato come settimo, si denuncia “violazione e falsa applicazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 29, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”, e vi si sostiene che in dottrina sarebbe dubbia la soggezione del diniego di rinnovo alle norme degli articoli 1334 e 1135 c.c., a motivo che l’espressione usata dal citato articolo 29, comma 3, la’ dove dice che “la dichiarazione di diniego di rinnovo deve essere effettuata con lettera raccomandata almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza”, implicherebbe che il legislatore non richieda che entro lo stesso termine essa sia ricevuta dal conduttore.
p.8. Il Collegio rileva che risulterebbe logicamente preliminare l’esame del terzo e del sesto motivo del ricorso principale, atteso che con essi si pongono questioni che, incidendo sulla rilevanza della natura recettizia ai fini della produzione dell’efficacia della dichiarazione di diniego di rinnovo, se fossero fondate eliderebbero la rilevanza della questioni poste con gli altri motivi, perche’ tale fondatezza comporterebbe la sicura idoneita’ della comunicazione del diniego di rinnovo, in quanto pacificamene inviata dalla locatrice in 27 dicembre 2002, ad integrare l’effetto della idoneita’ alla determinazione della cessazione della locazione alla scadenza del primo seiennio. Infatti, secondo la prospettazione svolta nel terzo e sesto motivo a tal fine non sarebbe stato rilevante il momento di ricevimento della comunicazione da parte della conduttrice ma quello di invio della raccomandata.
p.8.1. Il Collegio, tuttavia, ritiene che non sia necessario esaminare le questioni oggetto di detti motivi, perche’ la soluzione da dare al primo ed al secondo motivo appare dirimente a prescindere dalla soluzione di quelle questioni.
p.9. Il primo motivo e’ fondato, perche’ si deve constatare che, una volta collocata la dichiarazione di diniego di rinnovo nell’ambito del sistema degli articoli 1334 e 1335 c.c., la Corte territoriale ha applicato comunque il principio di cui all’articolo 1335 c.c., in modo erroneo, la’ dove ha affermato che “Nella fattispecie in esame, considerate le modalita’ di ritiro della corrispondenza utilizzate da Banca (OMISSIS), titolare di casella postale presso l’ufficio postale (OMISSIS), la presunzione di conoscenza non puo’ che farsi coincidere con la data in cui la raccomandata fu consegnata alla societa’ incaricata per il ritiro e non anche nel momento, anteriore, in cui il plico, giunto presso l’ufficio postale, era evidentemente al di fuori della sfera di controllo del destinatario”.
L’errore si rinviene nel non aver considerato le implicazioni che, ai fini dell’individuazione – agli effetti della regola dell’articolo 1335 c.c., cioe’ della presunzione di conoscenza del diniego di rinnovo inviato dalla ricorrente – del momento in cui la relativa raccomandata si sarebbe potuta e dovuta ritenere giunta all’indirizzo della destinataria conduttrice, assumeva rilievo decisivo l’effetto da ricollegarsi alla pacifica pattuizione di un accordo di inserimento della corrispondenza ad essa indirizzata presso una casella postale, esistente fra le (OMISSIS) e la conduttrice.
p.9.1. Occorre all’uopo considerare che, quando taluno ricorre ad una simile forma di determinazione convenzionale delle modalita’ di ricezione della corrispondenza (la quale prevede in linea minimale, come nel caso di specie, che la corrispondenza indirizzata di un certo soggetto e pervenuta all’ufficio che nell’organizzazione delle (OMISSIS) debba smistarlo in relazione ad esso, venga, una volta ivi pervenuta, anziche’ essere recapitata, trattenuta presso l’ufficio di pervenimento o altro ufficio indicato nell’accordo, a disposizione del destinatario, con inserimento in una “casella” e, quindi, in un luogo riservato all’accesso del destinatario, che ha diritto, recandosi presso l’ufficio di persona o tramite incaricato, di ritirarla quotidianamente nei giorni feriali), o all’altra simile ma di minore effetto di c.d. fermo posta (che prevede solo che la corrispondenza sulla base dell’accordo venga genericamente trattenuta presso l’ufficio e che ivi il destinatario si rechi per chiedere se e’ pervenuta e ritirarla, con esclusione dunque dell’inserimento in una “casella”), per effetto dell’accordo intervenuto con le (OMISSIS) quello che e’ identificato come suo indirizzo nella corrispondenza a lui indirizzata che perviene all’ufficio del luogo dell’indirizzo stesso e che dovrebbe costituire il luogo di consegna della corrispondenza da parte di quell’ufficio viene ad essere sostituito, per effetto appunto dell’accordo contrattuale dall’ufficio in cui trovasi la casella, che cosi’ diventa il luogo in cui la consegna dovrebbe avvenire e, quindi, in forza della convenzione il luogo costituente l’indirizzo del destinatario.
Ne segue che, per effetto dell’accordo, agli effetti dell’individuazione del luogo costituente l’indirizzo del destinatario che rappresenta quello di pervenimento cui fa riferimento l’articolo 1335 c.c., assume rilievo e si identifica come “indirizzo” ai sensi di tale norma l’ufficio di allocazione della casella postale. Cio’, perche’ l’accordo ha determinato la sostituzione, nel normale procedimento di recapito della corrispondenza presso il luogo costituente l’indirizzo del destinatario, di un luogo che egli stesso ha individuato come da considerarsi suo indirizzo nella casella di sua pertinenza. Per effetto dell’accordo, il procedimento di recapito della corrispondenza di cui si e’ avvalso chi ha inviato l’atto all’indirizzo del destinatario risulta oggettivamente modificato, stabilendosi per decisione (preventiva) dello stesso destinatario che la consegna debba avvenire presso lo stesso ente postale. Quest’ultimo si impegna a trattenere la corrispondenza ed a tenerla a disposizione in forza del contratto presso la casella, che in tal modo diviene agli effetti della consegna a tutti gli effetti e segnatamente ai sensi dell’articolo 1335 c.c., l’indirizzo del destinatario.
Cio’, quando il destinatario non ha indicato a chi gli invia la corrispondenza l’indicazione come suo indirizzo proprio della casella postale (o abbia indicato il fermo posta), senza che il terzo che invia la corrispondenza ne abbia nozione, avviene naturalmente, del tutto legittimamente, all’insaputa del mittente, giacche’ accordarsi con l’ente (OMISSIS) affinche’ non recapiti la corrispondenza presso il luogo indicato in essa come indirizzo de destinatario, ma trattenga la corrispondenza, se e’ vero che realizza un’alterazione del procedimento di trasmissione della corrispondenza supposto dal mittente, lo fa determinando una modifica dell’indirizzo come luogo di pervenimento e, quindi, di consegna della corrispondenza, che concerne esclusivamente la sfera del destinatario e, dunque, cio’ di cui egli puo’ disporre (utilizzando le previsioni della regolamentazione normativa dell’ente postale: segnatamente del Decreto Ministeriale 9 aprile 2001, articolo 52, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 655 del 1982, articolo 47).
E’ il destinatario che, non volendo per sue ragioni ricevere la consegna della corrispondenza nel luogo costituente il proprio indirizzo si accorda per il trattenimento della stessa presso l’ente postale e per ivi provvedere al suo ritiro (nella casella o solo presso l’ufficio). Poiche’ l’effetto dell’accordo e’ di escludete che la corrispondenza venga consegnata presso l’indirizzo cui e’ inviata e di stabilire che venga consegnata presso lo stesso ente postale, e’ palese che l’ufficio di tale ente diventa l’indirizzo di pervenimento della corrispondenza. L’ente postale, infatti, per effetto dell’accordo esercita non piu’ un’attivita’ che e’ esplicazione del normale servizio del quale ha ricevuto incarico dal mittente, bensi’ di un servizio che rende, come apposita prestazione d’opera, a favore del destinatario, trattenendo la corrispondenza per conto suo presso di se’ e procedendo alla sua allocazione nella casella postale.
Poiche’ questo trattenimento della corrispondenza per effetto dell’accordo e’ un’attivita’ svolta nell’interesse del destinatario e, quindi, agendo per suo conto in adempimento della convenzione di casella (o di fermo), risulta evidente che la corrispondenza che l’ente postale rilevi indirizzata al destinatario titolare di casella postale, fin dal momento di tale rilevazione e, quindi, della sospensione della normale attivita’ connessa al servizio e dell’inizio dell’attivita’ convenzionale di allocazione nella casella, e’ un’attivita’ compiuta per conto del destinatario. Ne segue che, se in tale attivita’ il destinatario e’ rappresentato dall’ente postale, deve reputarsi che la corrispondenza sia pervenuta in un luogo che deve considerarsi come suo indirizzo, dato che la corrispondenza viene appresa e trattata dall’ente postale ormai per suo conto, in adempimento del rapporto contrattuale di pattuizione di casella (o di fermo posta).
Per effetto dell’accordo di trattenimento della corrispondenza presso la casella il destinatario di sua iniziativa, lo si ripete, sostituisce il proprio indirizzo con quello dell’ufficio postale nel quale la corrispondenza viene rilevata come a lui indirizzata e, previa sottrazione al procedimento di recapito normale, viene avviata presso la casella. A nulla rileva che questo luogo sia nello stesso ufficio ricevente la corrispondenza oppure un altro ufficio dello stesso ente poste presso il quale in base agli accordi e’ allocata la casella postale e dovra’ avvenire il ritiro della corrispondenza. Cio’ per la ragione che, a partire dal momento in cui l’ente postale del luogo di destinazione della corrispondenza percepisce che essa e’ da allocare ad una casella postale del destinatario e proceda in tal senso, il fatto stesso che egli agisca per conto del medesimo determina che la corrispondenza si deve intendere pervenuta in un luogo che si deve oggettivamente considerare indirizzo del destinatario.
Il principio di diritto che, in accoglimento del primo motivo (ed anche consequenzialmente del secondo) deve affermarsi e’ il seguente: “Ai fini dell’individuazione del luogo di pervenimento della corrispondenza all’indirizzo del destinatario agli effetti dell’articolo 1335 c.c., quando costui abbia stipulato con l’ente postale un contratto per il trattenimento della corrispondenza presso una casella postale, presso la quale possa ritirarla, l’ufficio del luogo di destinazione della corrispondenza presso il quale l’ente postale, una volta pervenutagli la corrispondenza, ne rileva la riferibilita’ al destinatario e da corso all’attivita’ diretta ad inserirla nella casella si identifica – anche se la casella sia allocata presso altro ufficio del medesimo luogo per il ritiro – come indirizzo di pervenimento del destinatario, giacche’ l’attivita’ a tanto diretta dell’ente postale e’ compiuta per conto del destinatario in forza della convenzione di ricezione tramite casella e come tale, essendo a quest’ultimo riferibile implica che la corrispondenza si debba considerare pervenuta in un luogo che e’ di sua pertinenza e che per sua scelta si identifica come suo indirizzo”.
In tal modo si esplicita il principio applicabile al regime della casella postale in relazione all’articolo 1335 c.c., la cui tematica e’ stata soltanto sfiorato da Cass. n. 4261 del 2012 e, in precedenza, da Cass. n. 10657 del 2005. Si rileva, inoltre, che con riferimento alla stessa fattispecie speciale di fermo posta di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 655 del 1982, articolo 36, per la p.a. la giurisprudenza del Consiglio di Stato piu’ recente si e’ inspirata ad un principio sostanzialmente analogo: si veda Cons. Stato 6 11.5.2010 n. 2835.
p.9.2. Quanto fin qui osservato rende irrilevante domandarsi se nella specie il 31 dicembre 2002 la raccomandata fosse pervenuta oppure no all’Ufficio di Milano (OMISSIS), circostanza, peraltro, che, in quanto affermata espressamente dalla sentenza impugnata, sarebbe stata da censurare da parte della resistente – che la assume non vera – con motivo revocatorio. Lo si osserva in disparte il rilievo che parte ricorrente ha anche evidenziato che dall’informazione resa dal direttore della Filiale di (OMISSIS) risulta invece che a quella data vi era stato il pervenimento della raccomandata (sebbene inserita nell’elenco riferito alla (OMISSIS)).
Invero, in forza dell’accordo inerente la tenuta della casella la raccomandata di diniego di rinnovo nella specie si dovrebbe comunque reputare pervenuta agli effetti dell’articolo 1335 c.c., all’indirizzo della resistente, convenzionalmente individuato dall’accordo nell’Ufficio di cui alla Filiale (OMISSIS) Citta’ delle (OMISSIS).
p.10. Le questioni esaminate dal quarto e quinto motivo che postulano una rilevanza della possibilita’ di ritiro della raccomandata restano inoltre del tutto ininfluenti, dato che sia tale possibilita’ sia la data di ritiro effettivo (cui ha fatto riferimento la sentenza impugnata), risultano del tutto prive di significato, perche’ ininfluenti sulla questione della individuazione del momento di efficacia ai sensi dell’articolo 1335 c.c., del diniego di rinnovo.
p.11. Il ricorso principale conclusivamente accolto per quanto di ragione quanto ai primi due motivi e la sentenza, assorbiti gli altri, dev’essere cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Venezia, comunque in diversa composizione, che decidera’ sull’oggetto devoluto con l’appello ritenendo che il diniego di rinnovo era stato tempestivo.
Non sussitono le condizioni per decidere nel merito della fondatezza del diniego di rinnovo, siccome e’ chiesto nel ricorso principale. A cio’ dovra’ provvedere la Corte di rinvio sulla base di quanto al riguardo le e’ stato devoluto con l’appello e che e’ rimasto assorbito dalla decisione qui cassata che ha erroneamente ritento tardivo il diniego.
Lo stesso giudice di rinvio esaminera’ le ragioni che parte resistente ha proposto (peraltro inutilmente) con il ricorso incidentale condizionato, dato che esse, inerendo alla infondatezza del diniego di rinnovo, erano rimaste assorbite dalla detta decisione e, a seguito della cassazione della sentenza, dovranno essere esaminate, postulando il completo esame dell’appello sul punto e delle risultanze probatorie acquisite, il che rende analogamente preclusa la possibilita’ che questa Corte possa decidere nel merito, siccome invocato corrispettivamente dalla resistente. La carenza di interesse del ricorso incidentale derivante dal non essersi pronunciato sulle dette questioni ne comporta il rilievo di inammissibilita’, dato che quelle questioni potranno riproporsi davanti al giudice del rinvio.
p.12. Al giudice di rinvio e’ rimesso di regolare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo ed il secondo motivo del ricorso principale. Dichiara assorbiti gli altri motivi. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia, comunque in diversa composizione.

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