Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza 4 febbraio 2015, n. 5317
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. OLDI Paolo – Presidente
Dott. DE MARZO Giusepp – Consigliere
Dott. POSITANO G. – rel. Consigliere
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere
Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo G – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2008/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 19/10/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/09/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, Dott. Gioacchino Izzo, conclude chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza, limitatamente alla condotta di dissipazione, e rigetto nel resto;
Per il ricorrente e’ presente l’Avvocato (OMISSIS) il quale chiede l’accoglimento del ricorso.
2. Con specifico riferimento alla condotta distrattiva, la Corte d’Appello ha richiamato la decisione di primo grado nella quale, sulla base dei dati contabili acquisiti dal curatore, era emerso un costo del venduto, pari alle rimanenze iniziali, piu’ gli acquisti, sottratte le rimanenze finali, di euro 2.927.000, superiore ai ricavi di esercizio, pari ad euro 2.743.000.
3. Avverso la decisione di primo grado aveva proposto appello la difesa rilevando, sul punto specifico, che l’andamento anomalo delle vendite avrebbe potuto trovare idonea giustificazione in una sopravvalutazione delle giacenze finali dell’esercizio precedente, espediente utilizzato dagli imputati per evitare di presentare un bilancio in perdita.
4. La Corte d’Appello ha ritenuto del tutto astratta e sganciata dalle emergenze processuali la censura, confermando l’affermazione di responsabilita’ sul punto ed escludendo la sussistenza dell’ulteriore contestazione relativa alla distrazione dell’intera azienda, nonche’ l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante entita’.
5. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la difesa degli imputati, lamentando:
– violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza della prova della condotta distrattiva contestata;
– violazione di legge e vizio di motivazione riguardo alla qualificazione della condotta degli imputati, come dissipativa.
2. Con il secondo motivo lamenta errata applicazione della legge penale e difetto di motivazione riguardo alla qualificazione della condotta degli imputati come dissipativa, dovendosi, al contrario, escludere che la vendita di merce sottocosto integri la fattispecie di bancarotta fraudolenta per dissipazione, non avendo rilevanza penale la condotta dell’imprenditore il quale, in un settore come quello dell’abbigliamento, al fine di evitare di trovarsi giacenze di magazzino difficilmente vendibili, decida di esitarle sul mercato ad un prezzo inferiore a quello di costo.
3. Preliminarmente va rilevato che, come correttamente dedotto con il secondo motivo di ricorso, la residua condotta descritta nel capo d’imputazione ed oggetto di impugnazione non e’ riferibile all’ipotesi della bancarotta fraudolenta per dissipazione, ma alla fattispecie della bancarotta per distrazione, poiche’ la prima richiede, sotto il profilo oggettivo, l’incoerenza assoluta, nella prospettiva delle esigenze dell’impresa, delle operazioni poste in essere e, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza dell’autore della condotta di diminuire il patrimonio della stessa per scopi del tutto estranei alla medesima (Sez. 5, Sentenza n. 47040 del 19/10/2011), profili entrambi non ricorrenti nella fattispecie in esame.
4. Nel caso di specie, la presunta condotta dissipativa degli imputati, consistente nella vendita di merce sottocosto, realizza scopi funzionali all’attivita’ della societa’ attraverso operazioni economiche, comunque, coerenti con l’attivita’ commerciale svolta dagli imputati nel settore dell’abbigliamento.
5. L’ipotesi di bancarotta per distrazione, pero’, richiede l’ulteriore elemento della sistematica e preordinata vendita sotto costo, o comunque in perdita, di beni aziendali. (Sez. 5, n. 2876 del 10/06/1998 – dep. 03/03/1999, Vichi W, Rv. 212608). Ma le considerazioni svolte nella sentenza non militano in tale direzione poiche’ la Corte territoriale non prende in esame il profilo della eventuale continuita’ e sistematicita’ della vendita sottocosto. Al contrario, il nucleo centrale della motivazione, muovendo dall’effettiva disponibilita’, da parte dell’imputato, dei beni costituiti dalle giacenze finali dell’esercizio precedente esclude, in concreto, l’esistenza di riscontri documentali al deprezzamento prospettato dalla difesa, riferito al bilancio di esercizio dell’anno 2003. Pertanto, a fronte della tesi della difesa, secondo cui l’andamento anomalo delle vendite operate nell’anno 2003, avrebbe potuto trovare spiegazione in una originaria sopravvalutazione delle giacenze finali dell’esercizio precedente, costituendo questo un espediente al quale gli imputati avrebbero potuto fare ricorso per evitare di presentare un bilancio in perdita, la Corte si limita a ritenere ad escludere tale ipotesi, senza prendere in esame l’ulteriore profilo della continuita’ e sistematicita’ della condotta. Sotto tale aspetto la Corte evidenzia che, una cosa e’ indicare in contabilita’ dati non corrispondenti al vero (ipotesi neppure prospettata, in secondo grado, dagli imputati), mentre cosa diversa e riferirsi ad una perdita di valore dei beni di magazzino (in tal senso interpretando la sibillina dichiarazione dell’amministratore: “il magazzino dell’esercizio 2003 ha perso una significativa parte del suo valore iniziale”). Tale valutazione non spiega e non individua la sussistenza di condotte caratterizzate da sistematica e preordinata vendita sotto-costo, o comunque in perdita, di beni aziendali con conseguente danno di gestione (con la necessaria precisazione che, secondo l’orientamento di questa Corte costituisce vendita in perdita anche quella al prezzo di costo, o meglio al prezzo, acquisto pagato dal rivenditore, per la mancata incorporazione in esso della corrispondente quota delle spese fisse di impresa, che devono essere calcolate per non operare in perdita). La questione risulta assorbente rispetto alle censure oggetto del secondo motivo di ricorso.
6. In conclusione la sentenza impugnata va annullata con rinvio per verificare e chiarire la eventuale sussistenza dei presupposti dell’ipotesi di bancarotta per distrazione, sotto, il profilo specifico della sistematica e preordinata vendita sotto-costo, o comunque in perdita, di beni aziendali.
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