SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III
SENTENZA 12 febbraio 2015, n. 2762
Ritenuto in fatto
Con atto di citazione del 27/8/2001, notificato in data 28/09/2001, la Locat S.p.A. conveniva in giudizio davanti il Tribunale di Milano la Sig.ra T.D. , il Sig. S.A. e il Sig. C.V. chiedendone la condanna, in solido tra loro, al pagamento della somma di Euro 417.707,00 (allora L. 808.794.178) dovuta in forza dei patti di riacquisto prestati a garanzia delle obbligazioni assunte dalla società Di.Seal. S.r.l., poi fallita, a favore della concedente con il contratto di leasing stipulato in data 19/3/1997 avente ad oggetto la locazione finanziaria di un capannone industriale sito nel Comune di (omissis). Si costituivano i convenuti eccependo preliminarmente l’incompetenza del Tribunale adito e la carenza di legittimazione attiva della Locat S.p.a., avendo sottoscritto i patti di riacquisto de quibus non con quest’ultima, ma con altro soggetto giuridico, la Credit Leasing Società per il Leasing Finanziario S.p.a.; deducendo nel merito l’infondatezza della domanda attorea chiedendone il rigetto, domandando in via riconvenzionale dichiararsi l’inesistenza e/o la nullità dei patti di riacquisto per indeterminatezza dell’oggetto negoziale e comunque l’inefficacia e/o invalidità dei medesimi e delle clausole vessatorie negli stessi contenute nonché l’estinzione dell’obbligo di riacquisto e la risoluzione del rapporto contrattuale per inadempimento della concedente. In esito al giudizio, il Tribunale adito accoglieva le domande attrici condannando i convenuti, in solido, al pagamento di Euro 417.787,00 oltre interessi e spese di lite. Avverso tale decisione proponevano appello la T. , il S. ed il C. ed in esito al giudizio, in cui si costituiva la Locat Spa, la Corte di Appello di Milano con sentenza depositata in data 29 giugno 2011, in riforma della sentenza, respingeva la domanda di pagamento proposta dalla Locat che condannava alla rifusione delle spese. Avverso la detta sentenza l’Unicredit Leasing Spa ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Resistono con controricorso T.D. , S.A. e C.V. . Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dei canoni legali di ermeneutica e degli artt. 1939, 1945 e 1952 cc nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello violato i canoni di ermeneutica che, se fossero stati correttamente applicati, avrebbero portato a qualificare i patti di riacquisto intercorsi tra le parti come garanzia autonoma.
E ciò, senza considerare che aveva omesso qualsiasi motivazione sul perché avesse ritenuto di qualificare il patto di riacquisto come fideiussione anziché come garanzia autonoma.
La doglianza in entrambi i profili merita attenzione. A riguardo, corre l’obbligo di sottolineare preliminarmente che, come ha già avuto modo di statuire questa Corte con un orientamento, cui questo Collegio intende aderire, ‘l’interpretazione del contratto, dal punto di vista strutturale, si collega anche alla sua qualificazione e la relativa complessa operazione ermeneutica si articola in tre distinte fasi: a) la prima consiste nella ricerca della comune volontà dei contraenti; b) la seconda risiede nella individuazione del modello della fattispecie legale; c) l’ultima è riconducibile al giudizio di rilevanza giuridica qualificante gli elementi di fatto concretamente accertati. Le ultime due fasi, che sono le sole che si risolvono nell’applicazione di norme di diritto, possono essere liberamente censurate in sede di legittimità, mentre la prima – che configura un tipo di accertamento che è riservato al giudice di merito, poiché si traduce in un’indagine di fatto a lui affidata in via esclusiva – è normalmente incensurabile nella suddetta sede, salvo che nelle ipotesi di motivazione inadeguata o di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, così come previsti negli artt. 1362 e seguenti cod. civ. (Cass. n. 27000/05).
Ciò premesso, torna utile richiamare l’attenzione sul rilievo che le ragioni della doglianza sono state articolate dalla ricorrente attraverso tre profili fondamentali, che, a suo avviso, escludevano l’accessorietà del contratto di garanzia rispetto al contratto di locazione finanziaria. Ed invero, la Corte – così scrive in sintesi la società ricorrente – aveva trascurato che nella specie il patto di riacquisto obbligava i garanti a) al pagamento anche ‘nell’eventualità di mancata conclusione del contratto’; b) a pagare ‘immediatamente’ al ricevimento della fattura, in deroga al disposto di cui all’art. 1952 e 1945 cc; c) a corrispondere l’importo dovuto persino ‘in caso di distruzione, perdita o irrecuperabilità dei beni’ oggetto del contratto di leasing.
Le argomentazioni riportate nella loro essenzialità meritano di essere condivise. In particolare, la prima delle considerazioni svolte coglie sicuramente nel segno ove si consideri che, come risulta dal testo dei patti di riacquisto, opportunamente trascritto dalla ricorrente nel rispetto del principio di autosufficienza dei ricorsi per cassazione, i garanti, dopo aver preso atto che tra la Credit Leasing e l’utilizzatrice Disc.al Srl era in corso di perfezionamento un contratto di locazione finanziaria, in relazione al quale la Credit sarebbe andata ad acquistare i beni oggetto della locazione, si obbligavano a riacquistare i beni ‘nell’eventualità di mancata conclusione del contratto o di risoluzione anticipata dello stesso per qualsiasi motivo’.
Ciò posto, mette conto di sottolineare che la causa concreta del contratto autonomo di garanzia è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no (v. Sez. Un. n. 3947/2010 in motivazione), assicurando comunque la soddisfazione dell’interesse economico del beneficiario compromesso dall’inadempimento (v. Cass. n. 2377/2008), ipotesi quest’ultima logicamente equiparabile a quella della mancata conclusione di un contratto. Infatti, in quest’ultima ipotesi, pur non risultando dovuto il pagamento in relazione al rapporto di base che non si è trasfuso in un contratto, il garante resta obbligato a soddisfare l’interesse economico della società di leasing, a prova dell’assoluta autonomia dei due rapporti.
Ed è appena il caso di osservare che la carenza dell’elemento dell’accessorietà, che costituisce la caratteristica fondamentale del contratto autonomo di garanzia, vale a distinguerlo da quello di fideiussione di cui agli artt. 1936 e ss cod. civ..
Analogamente, anche l’obbligo assunto dai garanti di pagare ‘immediatamente’, al ricevimento della fattura da parte della società di leasing, il prezzo di riacquisto dei beni costituisce indice di deroga alla normale accessorietà della garanzia fideiussoria, nella quale invece il garante ha l’onere di preavvisare il debitore principale della richiesta di pagamento del creditore, ai sensi dell’art. 1952, secondo comma, cod. civ., all’evidente scopo di porre il debitore in condizione di opporsi al pagamento, qualora esistano eccezioni da far valere nei confronti del creditore. Peraltro, come hanno già avuto modo di sottolineare le Sezioni Unite, nella citata sentenza n.3947/2010 in motivazione, la clausola ‘a prima richiesta e senza eccezioni’ dovrebbe di per sé orientare l’interprete verso l’approdo alla autonoma fattispecie del Garantievertrag.
Ugualmente, l’assunzione, da parte del garante, di corrispondere l’importo dovuto anche in caso di distruzione, perdita o irrecuperabilità dei beni, oggetto del contratto di leasing, costituisce ulteriore testimonianza dell’autonomia del rapporto di garanzia rispetto al rapporto base, contrariamente a quanto accade per la fideiussione, nella misura in cui i garanti, come risulta dal testo dei patti di riacquisto, non accennano in tale scrittura, neppure per implicito, alla facoltà di opporre eccezioni fondate sul rapporto di base, si impegnano a pagare indipendentemente da ogni responsabilità della beneficiarla riguardo al recupero dei beni, oggetto del contratto di leasing (‘nessuna responsabilità viene comunque da voi assunta circa il predetto recupero, restando in ogni caso come sopra determinato l’importo da noi a Voi dovuto, che vi sarà prontamente corrisposto al ricevimento della vostra fattura’) e soprattutto consentono la sopravvivenza della garanzia in oggetto anche nell’ipotesi in cui venga a mancare l’oggetto stesso del contratto di leasing, accettando di corrispondere prontamente il prezzo di riacquisto dei beni oggetto del contratto di locazione ‘anche in caso di distruzione, perdita o irrecuperabilità dei beni’.
Giova aggiungere che la sentenza della Corte di appello non spiega in modo esaustivo le ragioni per le quali ha ritenuto di qualificare il patto di riacquisto come fideiussione, anziché come contratto autonomo di garanzia, limitandosi ad affermare, sulla base di una giurisprudenza ormai risalente, che, perché si abbia il contratto atipico di garanzia autonoma, occorre che manchi l’elemento dell’accessorietà.
Pertanto, dovendosi ritenere sulla scorta delle precedenti considerazioni che nella fattispecie si verte in tema di contratto autonomo di garanzia, non può applicarsi la norma dell’art. 1957 cod. civ. sull’onere del creditore garantito di far valere tempestivamente le sue ragioni nei confronti del debitore principale, poiché tale disposizione, collegata al carattere accessorio della obbligazione fideiussoria, instaura un collegamento necessario e ineludibile tra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e quella dell’obbligazione principale, e come tale rientra tra quelle su cui si fonda l’accessorietà del vincolo fideiussorio, per ciò solo inapplicabile ad un’obbligazione di garanzia autonoma (v. Sez. Un. n. 3947/2010 in motivazione).
Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, la censura formulata merita di essere accolta, ritenendosi in essa assorbito il secondo motivo di impugnazione, fondato sulla considerazione che, anche se fosse vero che il patto di riacquisto fosse qualificabile alla stregua di garanzia fideiussoria in quanto accessorio al leasing, l’Unicredit leasing non sarebbe incorsa in nessuna decadenza, in virtù del compimento di vari atti efficaci per impedire la decadenza di cui all’art. 1957 del codice civile.
Ne consegue che il ricorso per cassazione, siccome fondato, deve essere accolto e che la sentenza impugnata, che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una regula iuris diversa, deve essere cassata. Con l’ulteriore conseguenza che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto dell’appello proposto avverso la sentenza di prime cure. Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese dell’intero giudizio in quanto l’orientamento giurisprudenziale riportato si è consolidato solo dopo l’introduzione della lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta l’appello proposto da T.D. , S.A. e C.V. . Compensa integralmente fra le parti le spese dell’intero giudizio
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