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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I PENALE

sentenza 8 gennaio 2015, n. 315

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIEFFI Severo – Presidente –

Dott. CAVALLO Aldo – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere –

Dott. CENTONZE Alessandr – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.P.S. N. IL (OMISSIS);

avverso il decreto n. 1286/2014 GIUD. SORVEGLIANZA di UDINE, del 31/03/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO CENTONZE;

lette le conclusioni del PG Dott. VIOLA Alfredo Pompeo che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con reclamo proposto al Magistrato di sorveglianza di Udine il 05/03/2014 L.P.S. premetteva di trovarsi ristretto presso la Casa circondariale di Tolmezzo in una cella singola di grandezza inferiore a 8 metri quadri, dotata di una sola finestra e con annesso servizio igienico privo di apertura esterna, in cui venivano periodicamente associati altri detenuti, nella quale trascorreva almeno quattro ore giornaliere, in luogo delle otto ore regolamentari.

Per queste ragioni, il L.P. chiedeva la condanna dell’Amministrazione penitenziaria e dello Stato italiano al risarcimento dei danni patiti per le condizioni di detenzione subite, che il reclamante riteneva di quantificare in 105.000,00 Euro.

A sostegno delle sue pretese il reclamante richiamava le previsioni degli artt. 1, 5, 6, 12 e 69 Ord. Pen., nonchè la violazione degli artt. 3, 34 e 41 Convenzione EDU, così come reinterpretati nella sentenza emessa il 16/07/2009 nel caso Sulemajnovic contro Italia del 2009 dalla Corte EDU. 2. Con ordinanza emessa il 31/03/2014 il Magistrato di sorveglianza di Udine dichiarava inammissibile il reclamo proposto, evidenziando che, tenuto conto delle condizioni di detenzione del reclamante all’interno della Casa circondariale di Tolmezzo, non era possibile compiere alcuna valutazione sull’effettività delle violazioni lamentate.

Nell’ordinanza si ricostruiva la cornice sistematica in cui si inseriva il reclamo, con particolare riferimento agli artt. 1, 5, 6, 12 e 69 Ord. Pen., artt. 3, 34 e 41 Convenzione EDU, precisandosi che la materia è attualmente disciplinata dall’art. 35 bis Ord. Pen., introdotto dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10, che consente ai detenuti di proporre reclami giurisdizionali.

Si prendeva, inoltre, atto delle iniziative adottate dalla direzione dell’istituto penitenziario dove si trovava recluso il L.P. per contrastare il sovraffollamento carcerario, che venivano valutate in senso contrario alle richieste del reclamante.

Tali ragioni inducevano il magistrato di sorveglianza a ritenere inammissibile il reclamo proposto.

3. Avverso tale ordinanza, ricorreva per cassazione, con atto depositato personalmente il 05/04/2014, L.P.S., ribadendo in ricorso la sussistenza di condizioni di detenzione che si ponevano in palese contrasto con le previsioni della Convenzione EDU richiamate nell’originario reclamo proposto al Magistrato di sorveglianza di Udine il 05/03/2014.

Si richiamavano, a conferma di tale ricostruzione, le specifiche condizioni detentive, con riferimento al numero di detenuti ubicati nella cella dove il L.P. era ristretto, allo spazio abitativo individuale e all’inadeguatezza delle condizioni igieniche della sua cella.

Per queste ragioni, si reiterava la richiesta di risarcimento del danno, fondata sulla violazione degli artt. 3, 34 e 41 Convenzione EDU, quantificata in 105.000,00 Euro.

Motivi della decisione

1. In via preliminare, deve rilevarsi che il ricorso proposto da Santo L.P. deve essere qualificato come reclamo.

Si consideri, in proposito, che l’originario reclamo veniva presentato dal L.P. ai sensi del D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, art. 35 bis, comma 4, che, in sede di conversione con la legge 21 febbraio 2014, n. 10, entrata in vigore il 23/02/2013, era stato modificato, con la previsione del reclamo al tribunale di sorveglianza e, dopo di esso, del ricorso per cassazione.

Nel caso di specie, il ricorso veniva presentato il 05/04/2014, dopo l’entrata in vigore della nuova formulazione del D.L. n. 146 del 2013, art. 35 bis, comma 4, con la conseguenza che, al momento del deposito, doveva applicarsi tale disposizione, che prevede l’intervento della corte di cassazione solo dopo il reclamo al tribunale di sorveglianza, previsto da tale disposizione, nel “termine di quindici giorni dalla notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito della decisione stessa”.

Ne discende che il L.P., prima di ricorrere a questa Corte, avrebbe dovuto proporre reclamo del D.L. n. 146 del 2013, ex art. 35 bis, comma 4 – nella sua nuova formulazione – al Tribunale di sorveglianza di Trieste e non già direttamente a questa Corte.

Una tale soluzione interpretativa si impone anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte che, da tempo, ha definito i confini del principio del tempus regit actum con riferimento alla materia esecutiva, affermando che le modifiche legislative che incidono sulle modalità di esecuzione della pena si applicano a tutti i rapporti non ancora definiti al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina. In conformità di tale principio, nel caso in esame, si doveva applicare del D.L. n. 146 del 2013, art. 35 bis, comma 4, nella sua nuova formulazione, costituente ius superveniens rispetto al diritto di reclamo dei detenuti, così come originariamente configurato (cfr. Sez. un., n. 24561 del 30/05/2006, dep. 17/07/2006, P.M. in proc. Aloi, Rv. 233976).

Da tali conclusioni, tuttavia, non deriva la caducazione del ricorso, in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nelle ipotesi in cui l’autorità giudiziaria sia stata investita erroneamente dell’impugnazione, questa potrà essere riqualificata ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5. In questo caso, quindi, occorrerà procedere alla riqualificazione del ricorso proposto dal L.P. sulla base del principio generale di conservazione degli atti processuali e del favor impugnationis (cfr. Sez. 6, n. 240529, 21/04/2008, dep. 23/06/2008, Montinaro, Rv. 240529).

Ne discende conclusivamente che, nel caso di specie, il ricorso, a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5, deve essere riqualificato come reclamo avverso l’ordinanza emessa dal Magistrato di sorveglianza di Udine nei confronti di L.P.S., con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Trieste, per la sua trattazione con le forme previste dall’art. 35 bis, comma 4, Ord. Pen.

P.Q.M.

Qualificato il ricorso come reclamo, ai sensi dell’art. 35 bis, comma 4, Ord. Pen., dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Trieste per quanto di competenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2015

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