Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 12 gennaio 2015, n. 846
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORTESE Arturo – Presidente
Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere
Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Consigliere
Dott. BONITO Francesco M.S. – Consigliere
Dott. LA POSTA Lucia – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI NAPOLI;
nei confronti di:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
inoltre:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 25/2012 CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI, del 22/05/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso per l’inammissibilita’ di entrambi i ricorsi;
Udito, per la parte civile, l’Avv. (OMISSIS) che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
2. Sulla base delle acquisizioni, il Giudice dell’Udienza Preliminare ha ricostruito i fatti criminosi nei termini che seguono.
2.1. Il 20 settembre 2010 era stato rinvenuto su una rampa di accesso al porto di Napoli, all’interno di un’autovettura, il corpo senza vita di (OMISSIS). Le indagini avevano consentito di individuare gli autori materiali del reato in (OMISSIS) e (OMISSIS), che avevano infine reso ampia confessione in relazione agli addebiti a ciascuno elevati.
2.2. L’omicidio della (OMISSIS) era stato programmato ed eseguito come ritorsione verso la donna che con le sue dichiarazioni aveva determinato la condanna di (OMISSIS) alla pena di 15 anni di reclusione per i reati di violenza sessuale continuata e aggravata commessa in danno di minori di eta’, tra cui la figlia della vittima. (OMISSIS), amico di lunga data della famiglia (OMISSIS), aveva accettato l’incarico di punire la vittima e aveva coinvolto (OMISSIS), a cui sarebbe andato un compenso di euro 10.000. Ad avviso del GUP, a sparare era stato (OMISSIS), come era emerso dalle sommarie informazioni testimoniali rese da (OMISSIS) che, presente sul luogo dell’omicidio, aveva richiesto l’intervento della polizia, riferendo di aver appreso da altro soggetto non identificato che a sparare era stato il trasportato sul sedile posteriore di un motoveicolo, cioe’ (OMISSIS).
2.3. (OMISSIS) si era assunto la responsabilita’ degli ulteriori reati contestatigli, relativi agli incendi. In particolare, quello di cui al capo C, aveva riguardato lo studio professionale dell’avvocato (OMISSIS), ritenuto responsabile di aver creato problemi a (OMISSIS) per alcuni abusi edilizi da questi realizzati sul terrazzo della sua abitazione: il legale in un procedimento penale aveva difeso il tenente (OMISSIS), denunciato da (OMISSIS) per violenza privata commessa nel contesto dell’accertamento dei reati edilizi.
2.4. In relazione al rigetto della domanda risarcitoria presentata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, il giudice osservava che la legittimazione dell’ordine professionale sussisteva solo quando fosse derivato un danno patrimoniale, proprio di detto Ordine, e non quando si trattasse di difendere gli interessi morali della categoria. I danni patrimoniali subiti dal singolo professionista, in conseguenza di incarichi professionali ricevuti, non si riverberavano sull’ordine professionale cui lo stesso era iscritto.
3. La sentenza di primo grado e’ stata impugnata dal Procuratore generale di Napoli, dalla Procura della Repubblica di Napoli nei confronti del solo (OMISSIS), dagli imputati e dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.
3.1. Le parti pubbliche hanno contestato sostanzialmente la concessione delle attenuanti generiche ed il quantum complessivo di pena inflitto. Anche i difensori degli imputati hanno proposto motivi analoghi. In particolare, il difensore di (OMISSIS) ha chiesto la rideterminazione della pena nei minimi edittali per il contributo processuale offerto.
3.2. Il difensore del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli ha chiesto la condanna degli imputati al risarcimento dei danni in proprio favore, evidenziando che l’avvocato (OMISSIS) era stato vittima dell’azione incendiaria a scopo intimidatorio, per impedirgli l’esercizio del diritto di difesa. L’Ordine, in quanto organismo giuridico pubblico rappresentante dell’insieme degli avvocati di uno stesso Foro, era titolare, unitamente al singolo, del diritto di difesa e la lesione o messa in pericolo di tale diritto legittimava l’azione risarcitoria.
4. Con l’impugnata sentenza la Corte di assise di appello di Napoli rigettava tutti i gravami ad eccezione di quello del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, in accoglimento del quale condannava (OMISSIS) al risarcimento dei danni in favore del predetto Ordine, da liquidarsi in separato giudizio. Riteneva in proposito che il Consiglio era legittimato all’azione civile in quanto danneggiato dal reato. La risarcibilita’ del danno non patrimoniale era ammessa anche nei casi in cui il fatto illecito vulnerasse diritti inviolabili costituzionalmente protetti, purche’ l’offesa arrecata al diritto fosse grave ed il pregiudizio serio. Il diritto all’esercizio della funzione difensiva andava riconosciuto anche all’Ordine di appartenenza in considerazione della natura pubblica dell’ente al quale il professionista era iscritto. Il comportamento illecito realizzato dall’imputato era stato diretto a limitare il diritto di difesa costituzionalmente riconosciuto ed aveva pertanto leso anche l’Ordine di appartenenza del soggetto passivo del reato.
5. Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale di Napoli e (OMISSIS) personalmente.
5.1. Il Procuratore generale ha dedotto che nel processo si era costituito il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, da ritenersi non legittimato in quanto la legittimazione all’esercizio dell’azione civile competeva all’Ordine professionale. Inoltre, in assenza di danno patrimoniale gli Ordini professionali non erano abilitati a costituirsi parte civile per la tutela di interessi morali della categoria.
5.2. (OMISSIS) chiede l’annullamento della sentenza per vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti e alla mancata riduzione della pena inflitta con la sentenza impugnata, nonche’ per violazione e/o erronea applicazione dell’articolo 195 c.p.p..
5.2.1. In relazione alla mancata dichiarazione di prevalenza, ad avviso della parte, la laconica motivazione offerta dal giudice di secondo grado, secondo cui il giudizio di comparazione effettuato dal primo giudice era “l’unico idoneo ad adeguare la pena alla gravita’ del fatto ed alla personalita’ degli imputati”, dava luogo ad una motivazione mancante e/o apparente non consentendo di individuare il percorso logico seguito. Il richiamo alla sentenza di primo grado non era idoneo ad integrare una motivazione per relationem, nei termini fatti propri dalla Corte di cassazione a Sezione Unite (Sentenza n. 17 del 2000).
5.2.2 La sentenza, che aveva negato la riduzione della pena inflitta sull’assunto che fosse stato (OMISSIS) ad esplodere i colpi di arma da fuoco, aveva erroneamente applicato l’articolo 195 del codice di rito, in quanto aveva utilizzato una dichiarazione de relato, senza il necessario approfondimento critico. Era mancato il controllo della fonte diretta e non era stato acquisito nessun elemento idoneo a riscontrare il racconto del teste. La Corte di secondo grado aveva affermato che (OMISSIS) era stato l’esecutore materiale del delitto sulla base di dati probatori non riscontrati (le dichiarazioni del teste indiretto) o inconferenti (essersi disfatto dei panni), omettendo l’esame delle censure difensive e rendendo motivazione inadeguata.
6. Il Procuratore generale nella sua articolata requisitoria orale ha chiesto che entrambi i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
Tale ipotesi ricorre nella fattispecie, atteso che il giudice dell’appello ha correttamente richiamato la motivazione della sentenza di primo grado che ha ritenuto ostativo al giudizio di prevalenza l’efferatezza del gesto omicidiario e la scientificita’ e la minuziosita’ della sua preparazione, la straordinaria intensita’ del dolo, la eccezionale insensibilita’ umana e morale manifestata. Tale valutazione, richiamata dal giudice di appello, appare assolutamente corretta e insindacabile in sede di legittimita’. Di talche’ le invero generiche censure del ricorrente circa pretese carenze motivazionali della sentenza impugnata in ordine ai punti suindicati risultano manifestamente infondate.
3. Nessuna illogicita’ o violazione di legge e’ poi rinvenibile nella motivazione dei giudici di merito laddove gli stessi hanno individuato in (OMISSIS) colui che materialmente aveva sparato, escludendo un suo ruolo minore ai fini della determinazione della pena (gia’ escluso dal giudice di primo grado che aveva messo in risalto il contributo prestato dai correi alla realizzazione del piano criminoso). Diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, gli elementi a carico di (OMISSIS) in relazione al ruolo assunto non dipendono soltanto dalle dichiarazioni del teste de relato, peraltro legittimamente utilizzate dai giudici di merito dal momento che la fonte primaria non era stata identificata, e quindi non poteva essere chiamata a deporre (la giurisprudenza di questa Corte ha in piu’ occasioni avuto modo di puntualizzare che, qualora il testimone riferisca di circostanze apprese da persone determinate, ancorche’ non identificate, non trova applicazione il divieto di deporre sulle voci correnti nel pubblico, sancito dall’articolo 194 c.p.p., comma 3, trattandosi in questo caso di notizie sulle quali e’ consentita la testimonianza, proprio perche’ non si tratta di un generico ed indistinto “si dice” (cfr., ad es. Sez. 6, 10 giugno 2008, n. 31721, Cornetto, Rv. 240985). Dalle due sentenze – trattandosi di c.d. “doppia conforme”, la motivazione della sentenza di appello si salda con quella di primo grado per formare un unico complesso corpo argomentativo” (Sez., 1, sent. n. 8868 del 26/6/2000; Cass., Sez. Un., 4.2.1992, Musumeci, rv. 191229) per cui, legittimamente puo’ farsi riferimento, quando necessario, al contenuto di quella di primo grado – si ricava che sul ruolo di (OMISSIS), come colui che aveva esploso i colpi, rese dichiarazioni (OMISSIS) e che esse furono riconosciute riscontrate sulla base di una pluralita’ di elementi altamente significativi, quali l’ammissione di (OMISSIS) di essere stato seduto sul sedile posteriore, di aver avuto la pistola sin dal giorno precedente, di averla estratta dal borsello ed impugnata (salvo poi inverosimilmente affermare che in quei concitati momenti (OMISSIS), che guidava, gliela avrebbe strappata di mano), di essersi cambiato gli abiti per far sparire una prova a carico.
4. Ne consegue l’inammissibilita’ del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonche’ al versamento in favore della cassa delle ammende, di una somma determinata, equamente, in euro 1000,00, tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”. (Corte Cost. 186/2000).
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