Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 7 gennaio 2015, n. 31
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario – Presidente
Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1365/2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) – SOCIETA’ COOPERATIVA A R.L. in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 49/4/2013 della Commissione Tributaria Regionale di VENEZIA – MESTRE del 14.5.2013, depositata il 16/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/11/2014 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE BOGNANNI;
udito per la ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta agli scritti;
udito per la controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso o in subordine il rinvio dello stesso alle Sezioni Unite.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario – Presidente
Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1365/2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) – SOCIETA’ COOPERATIVA A R.L. in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 49/4/2013 della Commissione Tributaria Regionale di VENEZIA – MESTRE del 14.5.2013, depositata il 16/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/11/2014 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE BOGNANNI;
udito per la ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta agli scritti;
udito per la controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso o in subordine il rinvio dello stesso alle Sezioni Unite.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale del Veneto n. 49/04/13, pubblicata il 16 maggio 2013, con la quale essa rigettava l’appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, sicche’ l’opposizione della (OMISSIS) soc. coop., relativa al silenzio-rifiuto di rimborso della maggiorazione inerente all’Irap per l’anno 2003, veniva accolta. In particolare la CTR osservava che la normativa della Legge Regionale n. 34 del 2002, che aveva aumentato di un punto percentuale l’aliquota del 4,25% per tale annualita’, non poteva trovare applicazione in virtu’ della sospensione prevista dalla Legge n. 289 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera b) e succ. modifiche, secondo cui la sanatoria operava solamente in ordine alle disposizioni riguardanti materie non disciplinate da quella generale, nella quale invece l’altra in argomento e’ ricompresa. La (OMISSIS) resiste con controricorso, ed ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Innanzitutto va esaminata l’eccezione, di carattere preliminare, proposta dalla controricorrente secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile perche’ si incentrerebbe sulla applicazione dell’aliquota del 4,75%, la cui questione era stata introdotta solo col ricorso in appello, e sulla quale la CTR non si pronunciava.
L’eccezione e’ infondata, posto che essa atteneva semmai ad una specificazione della piu’ ampia questione addotta con la difesa erariale sin dal primo grado, la quale comprendeva anzi uno scarto maggiore di aliquota da applicare, e di cui peraltro il giudice di appello ometteva chiaramente l’esame, disattendendola cosi’ per implicito.
3. Va pure esaminata “a priori” la questione di incostituzionalita’ del combinato disposto della Legge n. 289 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera a) e Legge Veneto n. 34 del 2002, articolo 2 e Legge Veneto n. 38 del 2003 a mente degli articoli 3, 23, 70, 97 e 101 Cost. e articolo 117 Cost., giacche’ la regione avrebbe violato i limiti ad essa spettanti in ordine al potere conferitole circa la determinazione dell’ammontare delle imposte in generale, per il quale nella specie avrebbe disatteso quanto stabilito dalla normativa nazionale, secondo cui l’aliquota massima prevista per l’annualita’ d’imposta in argomento non poteva essere “incrementata”.
Essa e’ inammissibile sotto il duplice profilo che e’ nuova, dal momento che non risulta mai dedotta nei gradi di merito; inoltre e’ stata proposta addirittura solamente con la memoria depositata in vista dell’odierna udienza di discussione del ricorso. Comunque – e cio’ viene rilevato solo “ad abundantiam” – essa destituita di fondamento. Infatti lo stesso Giudice delle leggi, in tema di imposte e tasse nei confronti di banche, enti e societa’ finanziarie, nonche’ imprese di assicurazione, non ha mancato di statuire che non sono fondate le questioni di legittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articolo 45, comma 2 (che introduce disposizioni transitorie in materia di aliquote IRAP, differenziandole per settori produttivi e per tipologie di soggetti passivi), quale modificato dalla Legge n. 488 del 1999, articolo 6, comma 17, lettera b), a suo tempo sollevate, in riferimento al combinato disposto degli articoli 2 e 3 Cost. e articolo 53 Cost., comma 1, quale espressione del principio di eguaglianza e di proporzionalita’ del prelievo alla capacita’ contributiva nonche’ di quello della generalita’ dell’obbligo contributivo sotto il profilo della non arbitrarieta’ e della non irragionevolezza. Per il primo profilo – riferito alla denunciata violazione del principio di eguaglianza e di proporzionalita’ del prelievo alla capacita’ contributiva – la previsione delle aliquote dell’IRAP differenziate per settori produttivi e per tipologie di soggetti passivi risulta sorretta da non irragionevoli motivi di politica economica e redistributiva, sia, a regime, poiche’ detta differenziazione trova la sua giustificazione, fisiologica e avulsa da esigenze intertemporali, nei diversi obiettivi di politica economica e redistributiva che le Regioni stesse intendano perseguire nell’ambito della loro autonomia finanziaria, sia, nella prima applicazione del tributo, poiche’ il carattere dell’IRAP di imposta sostitutiva di altre rende ragionevole l’intento del legislatore delegato di garantire, attraverso l’aumento provvisorio e calibrato delle aliquote per i settori bancario, finanziario e assicurativo, una certa continuita’ tra il precedente e il nuovo regime, soprattutto in termini redistributivi e di gettito. Per il secondo profilo, attinente alla denunciata violazione del principio della generalita’ dell’obbligo di concorrere alle spese pubbliche – la lettura di esso e’ erronea, perche’ non considera il necessario collegamento con la capacita’ contributiva postulato dallo stesso articolo 53 Cost., comma 1, e perche’, di conseguenza, impedirebbe ogni politica redistributiva del carico fiscale, ogni differenziazione di aliquote ed ogni agevolazione, pur se rispettose dei principi di eguaglianza, ragionevolezza e capacita’ contributiva. D’altro canto, l’erroneita’ di quanto presupposto dalla banca e’ dimostrata non solo dall’autonomia delle ragioni giustificatrici della differenziazione delle aliquote di ciascun settore (neutralizzazione sia del maggiore impatto del nuovo tributo sui settori agricolo e della piccola pesca, sia di quello minore sui settori bancario, finanziario ed assicurativo), ma anche dalla diversa durata dei periodi transitori previsti per i menzionati settori (sette periodi d’imposta a decorrere da quello in corso al 1 gennaio 1998 per i settori ad aliquota ridotta; cinque periodi d’imposta, con la stessa decorrenza, per i settori ad aliquota maggiorata (Cfr. anche C. Cost.le SENT. num. 0021 del 2005).
4. Tutto cio’ premesso, col motivo addotto a sostegno del ricorso la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articolo 54, comma 2 e Legge n. 289 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera a), giacche’ la CTR non considerava che la sospensiva si riferiva alla maggiorazione dell’aliquota sino al 2002, in attesa del riordino della normativa sul federalismo fiscale, e non dal 2003, giusta l’autonomia delle regioni, delle quali anzi il legislatore nazionale non intaccava la potesta’ normativa nelle materie di loro competenza, facendo tuttavia salva la diversa disciplina in temi attinenti a quelle delegate, giusta anche la sanatoria di cui alla Legge n. 350 del 2003, articolo 2, comma 22. Semmai i giudici di merito in subordine dovevano riconoscere l’aliquota piu’ ridotta del 4,75%, gia’ prevista sino al 2002.
La censura e’ fondata. Invero in tema di Irap, del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, articolo 16, comma 3, da facolta’ alle Regioni di incrementare la relativa aliquota fino ad un massimo di un punto percentuale. Esso deve essere interpretato coerentemente con l’intento del legislatore di perseguire obbiettivi di autonomia e di decentramento fiscale delle Regioni medesime. Nella stessa ottica va inteso anche il disposto della Legge 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 3, comma 1, lettera a), che, nel sospendere l’efficacia degli aumenti dell’aliquota Irap deliberati dalla Regione successivamente al 29 settembre 2002, in ragione della mancanza di una legge quadro sul federalismo fiscale, ha inteso comunque limitare l’effetto sospensivo a quelle maggiorazioni che determinassero, o nella misura in cui determinassero, il superamento delle aliquote in vigore nel 2002, come nella specie, sicche’ le Legge Regionale Veneto 22 novembre 2002, n. 34 e Legge Regionale Veneto 9 gennaio 2003, n. 38, che hanno portato l’aliquota applicabile agli istituti bancari al 5,25%, determinano soltanto la conferma – e la proroga – dell’aliquota del 4,75% disposta per l’anno 2002 dl Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articoli 16 e 45,. nella formulazione normativa all’epoca vigente (V. pure Cass. Ordinanza n. 17017 del 25/07/2014, Sent. n. 21327 del 2013).
Percio’ la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto su tali punti.
4. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione di tale decisione, senza rinvio, posto che la causa puo’ essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex articolo 384 c.p.c., comma 2 e rigetto di quello in opposizione della contribuente avverso il silenzio-rifiuto di rimborso dell’eccedenza compresa nei limiti dell’aliquota del 4,75%.
5. Quanto alle spese del doppio grado, sussistono giusti motivi per compensarle, avuto riguardo alla natura della controversia; alla particolare questione giuridica trattata, e all’esito del presente giudizio, mentre le altre del medesimo, tenuto conto dell’accoglimento della domanda subordinata, vengono compensate solo per un quarto, seguendo per il resto la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo. Non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
L’eccezione e’ infondata, posto che essa atteneva semmai ad una specificazione della piu’ ampia questione addotta con la difesa erariale sin dal primo grado, la quale comprendeva anzi uno scarto maggiore di aliquota da applicare, e di cui peraltro il giudice di appello ometteva chiaramente l’esame, disattendendola cosi’ per implicito.
3. Va pure esaminata “a priori” la questione di incostituzionalita’ del combinato disposto della Legge n. 289 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera a) e Legge Veneto n. 34 del 2002, articolo 2 e Legge Veneto n. 38 del 2003 a mente degli articoli 3, 23, 70, 97 e 101 Cost. e articolo 117 Cost., giacche’ la regione avrebbe violato i limiti ad essa spettanti in ordine al potere conferitole circa la determinazione dell’ammontare delle imposte in generale, per il quale nella specie avrebbe disatteso quanto stabilito dalla normativa nazionale, secondo cui l’aliquota massima prevista per l’annualita’ d’imposta in argomento non poteva essere “incrementata”.
Essa e’ inammissibile sotto il duplice profilo che e’ nuova, dal momento che non risulta mai dedotta nei gradi di merito; inoltre e’ stata proposta addirittura solamente con la memoria depositata in vista dell’odierna udienza di discussione del ricorso. Comunque – e cio’ viene rilevato solo “ad abundantiam” – essa destituita di fondamento. Infatti lo stesso Giudice delle leggi, in tema di imposte e tasse nei confronti di banche, enti e societa’ finanziarie, nonche’ imprese di assicurazione, non ha mancato di statuire che non sono fondate le questioni di legittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articolo 45, comma 2 (che introduce disposizioni transitorie in materia di aliquote IRAP, differenziandole per settori produttivi e per tipologie di soggetti passivi), quale modificato dalla Legge n. 488 del 1999, articolo 6, comma 17, lettera b), a suo tempo sollevate, in riferimento al combinato disposto degli articoli 2 e 3 Cost. e articolo 53 Cost., comma 1, quale espressione del principio di eguaglianza e di proporzionalita’ del prelievo alla capacita’ contributiva nonche’ di quello della generalita’ dell’obbligo contributivo sotto il profilo della non arbitrarieta’ e della non irragionevolezza. Per il primo profilo – riferito alla denunciata violazione del principio di eguaglianza e di proporzionalita’ del prelievo alla capacita’ contributiva – la previsione delle aliquote dell’IRAP differenziate per settori produttivi e per tipologie di soggetti passivi risulta sorretta da non irragionevoli motivi di politica economica e redistributiva, sia, a regime, poiche’ detta differenziazione trova la sua giustificazione, fisiologica e avulsa da esigenze intertemporali, nei diversi obiettivi di politica economica e redistributiva che le Regioni stesse intendano perseguire nell’ambito della loro autonomia finanziaria, sia, nella prima applicazione del tributo, poiche’ il carattere dell’IRAP di imposta sostitutiva di altre rende ragionevole l’intento del legislatore delegato di garantire, attraverso l’aumento provvisorio e calibrato delle aliquote per i settori bancario, finanziario e assicurativo, una certa continuita’ tra il precedente e il nuovo regime, soprattutto in termini redistributivi e di gettito. Per il secondo profilo, attinente alla denunciata violazione del principio della generalita’ dell’obbligo di concorrere alle spese pubbliche – la lettura di esso e’ erronea, perche’ non considera il necessario collegamento con la capacita’ contributiva postulato dallo stesso articolo 53 Cost., comma 1, e perche’, di conseguenza, impedirebbe ogni politica redistributiva del carico fiscale, ogni differenziazione di aliquote ed ogni agevolazione, pur se rispettose dei principi di eguaglianza, ragionevolezza e capacita’ contributiva. D’altro canto, l’erroneita’ di quanto presupposto dalla banca e’ dimostrata non solo dall’autonomia delle ragioni giustificatrici della differenziazione delle aliquote di ciascun settore (neutralizzazione sia del maggiore impatto del nuovo tributo sui settori agricolo e della piccola pesca, sia di quello minore sui settori bancario, finanziario ed assicurativo), ma anche dalla diversa durata dei periodi transitori previsti per i menzionati settori (sette periodi d’imposta a decorrere da quello in corso al 1 gennaio 1998 per i settori ad aliquota ridotta; cinque periodi d’imposta, con la stessa decorrenza, per i settori ad aliquota maggiorata (Cfr. anche C. Cost.le SENT. num. 0021 del 2005).
4. Tutto cio’ premesso, col motivo addotto a sostegno del ricorso la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articolo 54, comma 2 e Legge n. 289 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera a), giacche’ la CTR non considerava che la sospensiva si riferiva alla maggiorazione dell’aliquota sino al 2002, in attesa del riordino della normativa sul federalismo fiscale, e non dal 2003, giusta l’autonomia delle regioni, delle quali anzi il legislatore nazionale non intaccava la potesta’ normativa nelle materie di loro competenza, facendo tuttavia salva la diversa disciplina in temi attinenti a quelle delegate, giusta anche la sanatoria di cui alla Legge n. 350 del 2003, articolo 2, comma 22. Semmai i giudici di merito in subordine dovevano riconoscere l’aliquota piu’ ridotta del 4,75%, gia’ prevista sino al 2002.
La censura e’ fondata. Invero in tema di Irap, del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, articolo 16, comma 3, da facolta’ alle Regioni di incrementare la relativa aliquota fino ad un massimo di un punto percentuale. Esso deve essere interpretato coerentemente con l’intento del legislatore di perseguire obbiettivi di autonomia e di decentramento fiscale delle Regioni medesime. Nella stessa ottica va inteso anche il disposto della Legge 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 3, comma 1, lettera a), che, nel sospendere l’efficacia degli aumenti dell’aliquota Irap deliberati dalla Regione successivamente al 29 settembre 2002, in ragione della mancanza di una legge quadro sul federalismo fiscale, ha inteso comunque limitare l’effetto sospensivo a quelle maggiorazioni che determinassero, o nella misura in cui determinassero, il superamento delle aliquote in vigore nel 2002, come nella specie, sicche’ le Legge Regionale Veneto 22 novembre 2002, n. 34 e Legge Regionale Veneto 9 gennaio 2003, n. 38, che hanno portato l’aliquota applicabile agli istituti bancari al 5,25%, determinano soltanto la conferma – e la proroga – dell’aliquota del 4,75% disposta per l’anno 2002 dl Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articoli 16 e 45,. nella formulazione normativa all’epoca vigente (V. pure Cass. Ordinanza n. 17017 del 25/07/2014, Sent. n. 21327 del 2013).
Percio’ la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto su tali punti.
4. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione di tale decisione, senza rinvio, posto che la causa puo’ essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex articolo 384 c.p.c., comma 2 e rigetto di quello in opposizione della contribuente avverso il silenzio-rifiuto di rimborso dell’eccedenza compresa nei limiti dell’aliquota del 4,75%.
5. Quanto alle spese del doppio grado, sussistono giusti motivi per compensarle, avuto riguardo alla natura della controversia; alla particolare questione giuridica trattata, e all’esito del presente giudizio, mentre le altre del medesimo, tenuto conto dell’accoglimento della domanda subordinata, vengono compensate solo per un quarto, seguendo per il resto la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo. Non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
LA CORTE
Accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta quello introduttivo nei limiti compresi nell’aliquota del 4,75%; compensa le spese del doppio grado, nonche’ per un quarto quelle del presente giudizio, e condanna la controricorrente al rimborso delle rimanenti, che liquida in euro 6.000,00(seimila/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito.
Dichiara altresi’ che non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-bis e Legge n. 228 del 2012 m, articolo 1, comma 17.
Accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta quello introduttivo nei limiti compresi nell’aliquota del 4,75%; compensa le spese del doppio grado, nonche’ per un quarto quelle del presente giudizio, e condanna la controricorrente al rimborso delle rimanenti, che liquida in euro 6.000,00(seimila/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito.
Dichiara altresi’ che non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-bis e Legge n. 228 del 2012 m, articolo 1, comma 17.
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