Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 19 gennaio 2015, n. 2324
Considerato in fatto
1. Con sentenza del 5.7.2013 la Corte d’appello di Firenze ha confermato la condanna di Z.L. e C.M. per reato continuato ex artt. 336 e 337 cod. pen. e 4 legge 110/1975 (entrambi), nonché 56, 582, 583, 61 n. 2 cod. pen. (la sola Z. ; reati tutti indicati nell’originario capo A), fatti del 4.8.2005, come deliberata dal Tribunale di Prato il 7/12/2010. La vicenda, come descritta nelle sentenze di merito, vede l’intervento di due autopattuglie con quattro agenti della questura di Prato dopo l’intervento di un’ambulanza che doveva trasportare una donna ferita, “verosimilmente vittima di un’aggressione”. Secondo la ricostruzione dei Giudici del merito, la donna, in possesso di una roncola, avrebbe tentato di aggredire e colpire uno degli agenti, costretto, dal contesto di spazi e luoghi, all’uso dell’arma in dotazione, con cui la Z. , dopo inutile colpo sparato in aria, era stata colpita; l’uomo era in possesso di un coltellino, tuttavia non usato nel contesto. Si apprende altresì dalla stessa sentenza che il diverso procedimento a carico dell’agente era stato archiviato.
2. Nell’interesse dei due imputati il comune difensore ha proposto ricorso enunciando tre motivi:
– intervenuta prescrizione dei reati di resistenza e contravvenzionale prima della sentenza d’appello;
– inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 495.4 cod. proc.pen., mancata assunzione di prove testimoniali decisive, manifesta illogicità e contraddittorietà dell’ordinanza 19.10.10 di revoca dei testi a difesa (P. , A. , L.B. , Z. , B. , Q. , G. e B. ), già ammessi. Secondo il ricorrente, il Giudice di primo grado avrebbe argomentato la revoca sulla base di un presupposto in fatto errato (perché per quell’udienza era stata disposta la citazione dei soli testi indicati nella lista del pubblico ministero); la revoca dei testi a difesa (ulteriori rispetto a quelli esaminati perché pure indicati nella lista testi della parte pubblica) avrebbe nuociuto all’interesse essenziale della difesa alla verifica dell’attendibilità dei testi di polizia e della sussistenza per Z. e C. delle condizioni di fatto per l’applicazione degli artt. 52 cod. pen. o 393-bis cod. pen., dedotte nei motivi d’appello;
– vizi della motivazione in relazione alla mancata assunzione della prova decisiva costituita dalle richieste perizia medico-legale e balistica per accertare numero dei colpi sparati, distanza e loro direzione.
Ragioni della decisione
3. Può essere esaminato per primo il motivo relativo alla dedotta intervenuta prescrizione dei reati, perché per come prospettati il secondo ed il terzo motivo non sono idonei a dar conto con immediatezza di una situazione processuale tale da fondare, se accolti, una pronuncia ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen..
3.1 L’eccezione di prescrizione dei reati è fondata limitatamente alla contravvenzione, per entrambi gli imputati, ed al delitto di resistenza quanto al solo C. e nei termini che seguono.
Non risultando cause di sospensione e risalendo i fatti al 4.8.2005, la contravvenzione (per la quale non rileva la recidiva contestata e ritenuta) si è prescritta prima della sentenza d’appello.
3.2 Per i due delitti occorre confrontarsi con la recidiva contestata d entrambi gli imputati. Osserva la Corte che il capo di imputazione così si esprimeva sul punto: “con la recidiva reiterata e specifica per entrambi”. Ove tale fosse stata la recidiva per ciascuno dei due ritenuta in sentenza nessuno dei due delitti sarebbe prescritto per alcuno degli imputati.
Ma la sentenza di primo grado (del tutto imprecisa quando affronta i vari aspetti del trattamento sanzionatorio: p. 8), pur nulla avendo precisato nel dispositivo (che fa riferimento ai “reati loro ascritti”, senza precisazione o modifica alcuna), tuttavia in motivazione, quando va a determinare i passaggi logico giuridici attinenti al trattamento sanzionatorio, argomenta di un aumento per la recidiva che, specificamente, riferisce di una recidiva reiterata per la Z. e di una recidiva semplice per lo C. , modulando in conformità la porzione di aumento. Se è vero che tra la deliberazione risultante dal dispositivo (che nella fattispecie come avvertito pare riportarsi all’imputazione originaria nel suo complesso) e quella che è spiegata dalla motivazione nel caso di divergenza prevale tendenzialmente la prima, tuttavia nel caso concreto proprio la diversità degli aumenti operati induce a concludere che il dispositivo debba essere letto alla luce della motivazione (metodo, si avverte fin d’ora, che deve essere osservato in via generale nella fattispecie e che spiega perché questa Corte non possa ridurre in alcun modo la pena applicata alla Z. pur in presenza della rilevata prescrizione del reato contravvenzionale, come subito si dirà).
Il punto della recidiva non è stato oggetto dell’appello di alcuna delle parti, pubblica e privata, sicché la deliberazione del primo Giudice sul punto rimane preclusa a censure (ancorché dal suo fascicolo risulti un certificato penale di C. che se contiene un solo precedente, tuttavia indica un patteggiamento a pena in cui è stata valutata anche una pregressa recidiva, sicché bene il primo Giudice, o la parte pubblica in sede di eventuale impugnazione, avrebbero dovuto porsi il problema dell’eventuale incidenza delle eventuali plurime generalità dell’imputato, soggetto straniero, verificando ed incrociando precedenti dattiloscopia e corrispondenti certificati penali).
3.3 Orbene, poiché la recidiva semplice non rileva ad elevare i limiti edittali utili per il calcolo della prescrizione, anche il delitto di minaccia e resistenza a pubblico ufficiale risulta prescritto per il solo C. prima della sentenza d’appello.
Entrambi i reati per i quali C. è stato condannato risultano pertanto prescritti sono estinti per prescrizione, sicché la sentenza impugnata va annullata senza rinvio nei suoi confronti, come da dispositivo.
3.4 Non è così per la Z. . La recidiva reiterata determina un aumento della pena fino alla metà, il che incide immediatamente sulla determinazione dei tempi di prescrizione. Considerando tale aumento sulla pena edittale dei reati di minaccia e resistenza a pubblico ufficiale e tentate lesioni personali aggravate ai sensi degli artt. 61 n. 2 (e quindi 585 e 576, oltre che con l’uso di arma contestato in fatto, 585.1) nessuno dei due delitti ascritti alla Z. è ad oggi prescritto.
4. L’esame dei residui due motivi va pertanto operato sussistendo l’attuale pertinente interesse dell’imputata Z. . Essi possono essere trattati contestualmente, per la parzialmente comune ragione di infondatezza.
I fatti processuali non sono riferiti correttamente nel motivo di ricorso.
Assume invero la ricorrente che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuta ingiustificata la mancata citazione dei testi a difesa per l’udienza del 19.10.2010, in quanto per quella data sarebbe stata disposta la citazione dei soli testi introdotti dal pubblico ministero. In realtà (come del resto specificamente argomentato dal Tribunale nell’ordinanza resa sul punto all’udienza del 19.10.2010, con il cui contenuto la ricorrente non si confronta) risulta dai verbali di udienza che all’udienza del 23.3.2010 il primo Giudice aveva indicato le successive udienze del 21.9 e del 5.10 per l’esame dei testi introdotti dal pubblico ministero (e alcuni comuni alla difesa Z. ), indicando fin da quel momento per l’udienza del 19.10 ore 14 l’esame dei tesi della difesa, da citarsi all’uopo. All’udienza del 5.10, non essendo stati citati i testi della parte pubblica, il Tribunale così provvedeva: “rinvia alla già fissata udienza del 19.10.10 alle ore 14 per l’esaurimento della istruttoria e per la discussione salvo che i tempi dell’udienza lo permettano. Citazione dei testi a carico del PM”.
Il richiamo specifico preciso e insuscettibile di perplessità alcuna alla conclusione dell’istruttoria e alla discussione rende palese l’inconsistenza della tesi difensiva sulle ragioni della mancata citazione dei propri testi per quell’udienza, efficacemente argomentata dal Tribunale nella propria ordinanza. Oltretutto, poiché il Tribunale indicava la specifica volontà di sentire i testi, chiudere l’istruttoria dibattimentale e procedere alla discussione in unico contesto dell’udienza successiva (già fissata nel calendario preliminare per l’esame dei testi della difesa), ove la medesima difesa avesse avuto alcun dubbio in proposito avrebbe dovuto subito eccepire la illegittimità (ove esistente) della revoca dell’ammissione dei propri testi.
4.1 Corretta è pertanto la revoca dei testi della difesa per la loro omessa citazione in udienza programmata per il loro esame. In proposito va confermato l’insegnamento di Sez. 6 sentenza 24254 ud. 10.3.2009, dep. 11.6.2009, secondo cui quando sia stata indicata la data dell’udienza per l’esame dei testi, la loro omessa citazione ad opera della parte che li ha introdotti o ha interesse al loro esame comporta la decadenza dalla relativa prova. È opportuno sul punto osservare che il potere organizzativo della gestione delle udienze, quando la complessità del processo renda già dal suo inizio prevedibile l’impossibilità di concluderne la trattazione in giornata, non solo trova specifica fonte normativa negli artt. 468.2, 495 e 496 cod.proc.pen. ma risulta, sul piano sistematico, del tutto coerente sia al principio costituzionale della ragionevole durata del processo sia alle caratteristiche strutturali essenziali del processo di merito di primo grado • (oralità ed immediatezza dell’assunzione delle prove), che sarebbero del tutto vanificate se la concreta gestione di tale assunzione venisse lasciata al sostanziale ed insindacabile arbitrio delle parti del processo. Né l’attribuire conseguenze specifiche, e sistematicamente coerenti, all’omessa citazione per un’udienza tempestivamente indicata e concordata dei testi introdotti dalla parte potrebbe configurare alcuna incompatibilità con esigenze di tutela riconducibili ai principi del processo giusto (ex art. Ili Cost.) o equo (art. 6 Cedu).
4.2 Nel caso concreto, poi, il Tribunale ha nell’ordinanza del 19.10.10 comunque specificamente argomentato anche le ragioni della ritenuta superfluità dei temi probatori cui afferivano i testi non citati, con puntuale riferimento ai punti dedotti nell’originaria lista testimoniale: la dinamica relativa al ferimento della Z. diveniva infatti effettivamente irrilevante laddove, nella ricostruzione probatoria e nella stessa prospettazione difensiva, in concreto la fase della minaccia con la roncola era stata precedente l’uso dell’arma in dotazione (sicché, al fine del nostro processo, le tematiche delle modalità dei colpi, del loro numero, del loro indirizzo risultavano obiettivamente estranee, anche in relazione a possibili esimenti). Il che rileva anche per le negate perizie.
5. La pena applicata alla Z. non può essere modificata in esito alla rilevata prescrizione della contravvenzione ascrittale.
Nel ricordato contesto di imprecisione relativamente al punto della propria decisione sul trattamento sanzionatorio dei due imputati, il Tribunale ha infatti così quantificato la pena per la Z. (p.8): pena base per il delitto di tentate lesioni personali aggravate un anno due mesi di reclusione, aumento per il solo reato di resistenza a un anno quattro mesi e ulteriore aumento per la recidiva reiterata alla pena finale di due anni di reclusione. Nulla relativamente alla contravvenzione.
Anche questa specifica statuizione (l’assenza di un autonomo aumento per la contravvenzione, che non è ricavabile in alcun modo, pur solo implicitamente, dallo specifico calcolo) non è stata impugnata né dall’imputata né dalla parte pubblica, sicché il punto risulta precluso a successive modifiche.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla contravvenzione di cui all’art. 4 legge n. 110 del 1975 nei confronti di entrambi gli imputati nonché ai delitti di cui agli artt. 336 e 337 cod. pen. nei confronti del solo C. , perché estinti per prescrizione.
Rigetta nel resto il ricorso della Z. .
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