Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 12 dicembre 2014, n. 26223
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 31653-2007 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
FALLIMENTO DI (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 759/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 17/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale: a) ha escluso che la domanda avanzata imponesse l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei figli della coppia (OMISSIS), (OMISSIS); b) ha ribadito l’assoggettabilita’ a revocatoria dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, non costituente adempimento di un dovere giuridico, ma espressione di un fine di liberalita’; c) ha ritenuto che, nel caso di specie, la prossimita’ cronologica dell’atto di costituzione del fondo e della vendita di alcuni immobili in favore della (OMISSIS), il rapporto di coniugio tra quest’ultima e il (OMISSIS) e, infine, l’assenza di una seria giustificazione razionale per la costituzione del fondo dimostrassero la dolosa preordinazione di quest’ultima a ridurre le garanzie dei creditori.
Avverso tale sentenza la (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. La curatela del fallimento non ha svolto attivita’ difensiva.
Il motivo e’ inammissibile, per l’assorbente ragione che, come precisato da Cass., Sez. Un., 11 marzo 2002, n. 3257, seguita dalla costante giurisprudenza successiva (v., ad es., Cass. 15 maggio 2007, n. 11187), il potere di ricusazione costituisce un onere per la parte, la quale, se non lo esercita entro il termine all’uopo fissato dall’articolo 52 cod. proc. civ., non ha mezzi processuali per far valere il difetto di capacita’ del giudice; consegue che, in mancanza di ricusazione, la violazione da parte del giudice dell’obbligo di astenersi non puo’ essere fatta valere in sede di impugnazione come motivo di nullita’ della sentenza. Al riguardo, va rilevato che, ai sensi del menzionato articolo 52 c.p.c., comma 2, la proposizione della ricusazione deve intervenire due giorni prima dell’udienza, se al ricusante e’ noto il nome dei giudici che sono chiamati a trattare o a decidere la causa, e prima dell’inizio della trattazione o discussione di questa, in caso contrario.
Nel caso di specie, emerge dal verbale dell’udienza collegiale del 22 novembre 2006, destinata alla precisazione delle conclusioni del processo d’appello, che la dottoressa (OMISSIS) compariva come componente del collegio, talche’ la deduzione del ricorrente, di non avere conosciuto prima del deposito della sentenza il nominativo dei giudici chiamati ad assumere la decisione, e’ destituita di ogni fondamento.
2. Con il secondo motivo si lamentano violazione e falsa applicazione degli articoli 169 e 171 cod. civ. e dell’articolo 354 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale escluso che i figli della coppia (OMISSIS), (OMISSIS) fossero litisconsorti necessari. La doglianza e’ infondata, giacche’ la costituzione del fondo patrimoniale determina soltanto un vincolo di destinazione sui beni confluiti nel fondo, affinche’, con i loro frutti, sia assicurato il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, ma non incide sulla titolarita’ dei beni stessi, ne’ implica l’insorgere di una posizione di diritto soggettivo in favore dei singoli componenti del nucleo familiare, neppure con riguardo ai vincoli di disponibilita’. Deve pertanto escludersi che i figli minori del debitore siano litisconsorti necessari nel giudizio promosso dal creditore per sentire dichiarare l’inefficacia dell’atto con il quale il primo abbia costituito alcuni beni di sua proprieta’ in fondo patrimoniale (Cass. 15 maggio 2014, n. 10641).
3. Con il terzo motivo, si lamenta violazione o falsa applicazione dell’articolo 244 c.p.c. e segg., per non avere la Corte territoriale ammesso la prova per testi destinata a dimostrare la mancata conoscenza, da parte della (OMISSIS), dello stato di decozione del marito.
Poiche’ la sentenza impugnata ha giustificato la mancata ammissione della prova testimoniale richiesta con l’irrilevanza delle circostanze dedotte al fine di provare la inscientia decoctionis, la censura, sebbene denunci formalmente una violazione di legge, si traduce in sostanza nella prospettazione di un vizio motivazionale. Cio’ posto, va ribadito che la critica contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale e’ inammissibile se, come nella specie, il ricorrente non trascrive i capitoli di prova e non indica i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare (v., ad es. Cass., 23/04/2010, n. 9748).
4. Con il quarto motivo si lamenta violazione o falsa applicazione della L.F., articolo 67, criticando la sentenza impugnata per avere ritenuto sussistente la malafede della (OMISSIS), la quale, al contrario, se avesse voluto pregiudicare le ragioni dei creditori, avrebbe ceduto l’immobile a terzi.
Il finale quesito di diritto si traduce della richiesta di affermazione del principio per cui la creazione di un fondo patrimoniale in presenza di figli minori non e’ aggredirle con l’azione revocatoria.
La questione, in tali termini prospettata, non risulta formulata con l’atto di appello e comunque e’ manifestamente infondata, alla luce del costante, contrario orientamento espresso da questa Corte (v., di recente, Cass. 08/08/2013, n. 19029), secondo il quale la costituzione del fondo patrimoniale per fronteggiare i bisogni della famiglia, anche qualora effettuata da entrambi i coniugi, non integra, di per se’, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti, ed e’ pertanto suscettibile di revocatoria, a norma della L.F., articolo 64, salvo che si dimostri l’esistenza, in concreto, di una situazione tale da integrare, nella sua oggettivita’, gli estremi del dovere morale ed il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione.
5. Con il quinto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 90 cod. proc. civ., sottolineando che l’accoglimento dei motivi d’appello avrebbe dovuto comportare la soccombenza della curatela in ordine alle spese del processo.
La doglianza non contiene censure specificamente dirette contro la autonoma statuizione sulle spese, ma ripete il proprio fondamento dalla ritenuta fondatezza dei motivi di gravame. Essa, pertanto, e’ inammissibile.
6. In conclusione, il ricorso va respinto. Non vi e’ luogo a pronuncia sulle spese dal momento che l’intimata curatela non ha svolto attivita’ difensiva.
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