Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 12 novembre 2014, n. 24156

Rilevato che

1. Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 679/2011, ha dichiarato la separazione personale dei coniugi M.P. e A.B. con addebito della separazione al Palazzo. Ha stabilito l’affidamento condiviso dei figli e la loro residenza prevalente presso la madre í cui ha assegnato l’abitazione familiare. Ha posto a carico del Palazzo un assegno mensile a titolo di contributo al mantenimento dei figli di 3.600 euro (oltre al 100% delle spese di manutenzione della casa familiare, delle spese mediche e extrascolastiche straordinarie e al 50% per “colf” e baby sitter) e un assegno di mantenimento in favore della B. di 3.000 euro.
2. Ha proposto appello M.P. contestando la pronuncia di addebito della separazione in relazione alla ritenuta esistenza di una relazione extra-coniugale che l’appellante ha negato e in relazione alla mancata considerazione della preesistente insanabile rottura del legame affettivo fra i coniugi. Ha contestato poi la assegnazione della casa coniugale disposta non tanto nell’interesse dei figli1ma per garantire la riservatezza della B., senza considerare la possibilità di una divisione dell’immobile idonea a contemperare gli interessi in gioco, quali il diritto di proprietà dell’abitazione familiare. Ha contestato altresì le disposizioni relative agli assegni di mantenimento, che ha ritenuto eccessivi e non commisurati alla reale situazione economica delle parti.
3. La Corte di appello di Firenze, in parziale accoglimento dell’impugnazione, ha ridotto rispettivamente ad euro 2.500 e 3.000 mensili gli assegni di mantenimento da versare in favore della B. e dei figli.
4. Ricorre per cassazione M.P. affidandosi a tre motivi di ricorso illustrati con memoria difensiva ex art. 378 c.p.c. e con note di udienza sulle conclusioni del P.G.
5. Si difende con controricorso A.B.

Ritenuto che

6. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge (artt. 143, 151, 156 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c.) nonché omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo: l’esistenza di una relazione extraconiugale da parte di M.P.
7. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge (artt. 143, 151, 156 c.c., art. 116 c.p.c.) nonché illogicità e insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia e cioè la fine dell’affectio coniugalis già a partire dal 2001.
8. I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione logica e giuridica. Essi si rivelano inammissibili perché intesi a prospettare una diversa valutazione del materiale probatorio preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte di appello ha motivato esaurientemente circa l’esistenza, almeno dal 2006, di una relazione extra-coniugale da parte del Palazzo facendo riferimento a una ripetuta frequentazione con chiari indici di comportamento trascendenti un mero rapporto di amicizia. Ha ritenuto poi che gli elementi addotti dal Palazzo per avvalorare la preesistenza di una crisi del rapporto matrimoniale, tale da determinare la fine di una comunione affettiva e morale fra i coniugi, non assumessero una valenza univoca e significativa. Le difese del ricorrente intese a dimostrare la sopravvalutazione degli elementi di prova relativi alla esistenza di una relazione extra-coniugale e la sottovalutazione di quelli relativi alla pregressa manifestazione di una crisi matrimoniale, tale da far cessare la cd. affectio coniugalis, non riescono a superare, a giudizio di questa Corte, la valenza di asserzioni soggettive il cui rigetto o accoglimento comporterebbe, come si è detto, un nuovo giudizio di merito a fronte di una motivazione della Corte distrettuale che presenta una sufficiente coerenza logica e non trascura elementi significativi di valutazione prospettati con il ricorso e le successive difese.
9. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 155 quater c.c. nonché carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia: la mancata assegnazione di una parte della casa familiare.
10. Il motivo deve ritenersi infondato perché la Corte distrettuale è pervenuta alla decisione di rigettare sul punto l’appello del Palazzo considerando una serie di elementi necessari per verificare l’effettivo interesse dei minori a una diversa assegnazione della casa familiare giungendo ad escludere che la divisione dell’abitazione e l’assegnazione delle due porzioni ai genitori potesse ritenersi coerente all’interesse dei minori alla conservazione dell’habitat familiare e alla preservazione da situazioni confusive e foriere di conflittualità.
La valutazione della Corte di appello appare, adeguatamente motivata e coerente alla giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di separazione personale dei coniugi, il giudice può limitare l’assegnazione della casa familiare ad una porzione dell’immobile, di proprietà esclusiva del genitore non collocatario, anche nell’ipotesi di pregressa destinazione a casa familiare dell’intero fabbricato, ove tale soluzione, esperibile in relazione al lieve grado di conflittualità coniugale, agevoli in concreto la condivisione della genitorialità e la conservazione dell’habitat domestico dei figli minori (Cass. civ. sezione VI-1, n. 8580 dell’11 aprile 2014).
11. I1 ricorso va pertanto respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 4.700 euro, di cui 200 per spese, oltre spese forfetarie e accessori di legge. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.

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