Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 7 ottobre 2014, n. 41686
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2494/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del 31/05/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A. Policastro, che ha concluso per annullamento con rinvio;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) foro di (OMISSIS).
La Corte d’Appello ha motivato la sua decisione richiamando la certificazione della Camera di Commercio da cui risultava che la predetta societa’ partecipata era inattiva e sulla base di tale elemento ha ritenuto provata la sussistenza del reato fiscale, negando altresi’ l’applicazione della causa di non punibilita’ per incertezza sull’interpretazione di norme tributarie, prevista dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 15.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato denunziando tre motivi.
2.1. Col primo motivo denunzia ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e, l’inosservanza dell’articolo 87 TUIR nonche’ la carenza di motivazione sull’elemento oggettivo del reato. Secondo la tesi del ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe dovuto accertare in concreto, sulla base della documentazione in atti e non del solo certificato della CCIA se la societa’ partecipata risultasse attiva o meno e richiama ai riguardo il contenuto della Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 7/E/2013.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4, e ancora vizio di motivazione rilevando che la Corte ha omesso di motivare sul superamento della soglia di punibilita’. Richiama l’accertamento con adesione per un importo al di sotto di detta soglia e ritiene che la Corte di merito avrebbe dovuto spiegare perche’ riteneva veritiero il quantum di imposta inizialmente accertato.
2.3. Col terzo ed ultimo motivo si deduce infine il vizio di motivazione sulla causa di non punibilita’ di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 15, (incertezza interpretativa sulle norme tributarie) nonche’ sull’elemento psicologico del reato, richiamando a tal fine le Circolari delle Entrate n. 154/2000 e 50/2001. Osserva che non a caso l’Ufficio Finanziario in sede di accertamento con adesione, non ha fatto applicazione delle sanzioni pecuniarie proprio per la complessita’ della questione.
2. Gli altri motivi di ricorso sono invece fondati.
Il reato per il quale si procede e’ quello di dichiarazione infedele contemplato dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 4, che prevede che, fuori dei casi di dichiarazione fraudolenta di cui agli articoli 2 e 3, e’ punito (con la reclusione da uno a tre anni) chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, Indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi. La condotta quindi consiste nella dichiarazione non veritiera (id est: infedele) ed e’ penalmente rilevante quando vi sia il congiunto superamento delle soglie di punibilita’ previste dalle lettere a) e b).
Nella fattispecie che ci occupa, la Corte d’Appello – per giustificare lo stato di inattivita’ della Meta srl e, dunque, la mancanza della “commercialita’” della societa’ partecipata, (cioe’ di un requisito previsto dall’articolo 87, comma 1, lettera d, del TUIR per l’applicazione della partecipation exemption, regime invocato invece dalla difesa per negare l’esistenza in dichiarazione di elementi attivi di ammontare inferiore a quello effettivo) – ha dato rilievo unico e decisivo alle risultanze della Certificazione della Camera di Commercio omettendo di valutare criticamente i rilievi mossi con l’atto di impugnazione per dimostrare il contrario (e precisamente il fatto che la Meta srl si fosse occupata del fallimento del (OMISSIS) attraverso attivita’ di gestione della controllata spa (OMISSIS), a sua volta assuntrice del concordato fallimentare della societa’ fallita l’approdo spa). A fronte dello specifico rilievo, la Corte d’Appello, con una motivazione apodittica si e’ limitata a rilevare che la gestione di un fallimento attraverso un’altra societa’ controllata non puo’ ritenersi svolgimento in modo stabile e professionale di attivita’ commerciale, mentre invece avrebbe dovuto porsi il problema della commercialita’ attraverso un criterio sostanziale, finalizzato cioe’ ad accertare se vi fosse una struttura operativa idonea, anche potenzialmente, alla produzione e/o commercializzazione di beni o di servizi, come peraltro chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 7/E dei 29.3.2013 (Ulteriori chiarimenti in tema di partecipation exemption – articolo 87 del TUIR). A cio’ aggiungasi che la sentenza neppure precisa a quale periodo si riferisse la certificazione camerale posta a fondamento della decisione, laddove la cessione delle quote di partecipazione avvenne in data 11.11.2004, mentre l’articolo 87, comma 2, del TUIR dispone che “i requisiti di cui al comma 1, lettera c) e d), devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso” (c.d. Periodo di riferimento triennale ai fini del requisito della commercialita’).
Altra vistosa carenza motivazionale sta nell’avere fondato il diniego della causa di non punibilita’ ancora una volta sulla sola certificazione della Camera di Commercio in ordine allo stato di inattivita’ della Meta srl, senza considerare gli altri elementi che pure erano stati addotti nell’atto di appello, tra cui il dato documentale rappresentato dall’atto di adesione n. RA 4430200185/2010 ove, tra l’altro, l’Agenzia delle Entrate riconosceva la complessita’ dell’istituto della Partecipation Exemption e l’obiettiva condizione di Incertezza interpretativa, giustificando in tal modo la mancata applicazione di sanzioni.
Si rende necessario un riesame della vicenda che tenga conto degli elementi sopra indicati e pertanto la sentenza deve essere annullata con rinvio.
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