Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 3 settembre 2014, n. 36734
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. RAMACCI Luca – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Mar – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del Tribunale di Pistoia emessa il 28 gennaio 2014;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GENTILI Andrea;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CANEVELLI Paolo, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito, altresi’, l’avv. (OMISSIS), del foro di Pistoia, per il ricorrente.
Il Tribunale, ampiamente ricostruita la vicenda, sulla base degli elementi desumibili sia dalla richiesta di sequestro formulata dal Pm sia dal provvedimento cautelare emesso dal Gip, ritenuta la sussistenza del fumus commissi delicti, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo, provvedendo solo a limitare l’ammontare del valore vincolato, essendo stati rinvenuti beni riferibili al (OMISSIS) valutabili euro 220.000,00, sino ad un importo di euro 114.717,80, pari alla sommatoria delle imposte evase.
Ha presentato ricorso per cassazione il (OMISSIS), deducendo, in principalita’, la sostanziale assenza di motivazione del provvedimento impugnato.
Ha, altresi’, dedotto la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 9, in applicazione del quale, in deroga all’articolo 110 c.p., che emette fatture relative ad operazioni inesistenti non puo’ concorrere nel reato di falsa dichiarazione, cosi’ come chi si avvale di false fatture nella propria dichiarazione non puo’ concorrere nel reato di falsa fatturazione.
Con una successiva memoria pervenuta in data 27 maggio 2014, il ricorrente ha altresi’ invocato l’intervenuta sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2014, chiedendone l’applicazione nella presente fattispecie.
Come piu’ volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni unite e del resto in linea con la lettera della legge, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio e’ ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (ex multis: Corte di cassazione, Sezione 5 penale, 11 novembre 2009, n. 43068).
Quanto al contenuto della motivazione e’ fermo indirizzo del giudici di legittimita’ che in tema di sequestro preventivo, non e’ necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti e’ operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire la astratta sussumibilita’ in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (anche qui fra le molte decisione, di recente: Corte di cassazione, Sezione 2 penale 5 febbraio 2014, n. 5656).
Sempre in linea di principio osserva il Collegio che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte – anche in tema di sequestro afferente a reati di natura tributaria – la finalita’ della misura cautelare e’ di tipo sanzionatorio-ablatorio.
Attesa tale specifica finalita’ il sequestro per equivalente non richiede la dimostrazione dell’esistenza di specifiche esigenze cautelari, essendo sufficiente soltanto il fumus criminis e la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o il prezzo dell’ipotizzato reato tributario (cosi’: Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 5 maggio 2014, n. 18311).
Fatte queste premesse rileva la Corte che quanto al primo motivo di censura formulato dal ricorrente, esso si sostanzia nella lamentata carenza di motivazione dell’impugnato provvedimento tale doglianza e’ certamente eccentrica rispetto ai descritti limiti impugnatori, fissati dall’articolo 325 c.p.p., dovendosi fermamente escludere che la motivazione addotta dal Tribunale di Pistoia a sostegno della propria ordinanza (Ndr: testo originale non comprensibile) della richiesta di riesame formulata dall’attuale ricorrente sia solamente apparente, cioe’ tale da non esplicitare le ragioni della decisione assunta.
Quanto al secondo motivo, avente ad oggetto la assenza del fumus commissi delicti, stante, secondo la prospettazione del ricorrente, il disposto del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 9, in base al quale non e’ prevista la contestuale imputazione ai sensi sia dell’articolo 2 che ai sensi dell’articolo (Ndr: testo originale non comprensibile) provvedimento normativo citato, rileva la Corte che il vizio ipotizzato dal ricorrente e’ frutto di una errata lettura della ordinanza cautelare.
Come, infatti, e’ chiaro nella ordinanza in questione il Tribunale pistoiese ha tenuto ben presente la esistenza del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo (Ndr: testo originale non comprensibile) e della deroga all’articolo 110 c.p., in esso contenuto al giudice del riesame ha, infatti, precisato che laddove il (OMISSIS) sia mero (Ndr: testo originale non comprensibile) delle condotte, ipotizzate come illecite, del (OMISSIS), e consistenti appunto nella emissione di fatture di favore relative ad operazioni inesistenti, egli (Ndr: testo originale non comprensibile) a rispondere, in concorso con quello, ai sensi dell’articolo 8 del Decreto Legislativo citato; (Ndr: testo originale non comprensibile) invece, il (OMISSIS), in qualita’ di legale rappresentante delle imprese destinatarie della fatture relative ad operazioni fittizie, abbia utilizzato nelle relative dichiarazioni tributarie le fatture in questione, egli e’ chiamato a rispondere, evidentemente non in concorso col (OMISSIS), del reato di cui al del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2.
Nessuna violazione di legge, nella specie della previsione di cui all’articolo 9 Decreto Legislativo citato, e’ in tal senso riscontrabile nelle ragioni che e hanno portato il Tribunale di Pistoia al rigetto della istanza di riesame.
Riguardo, infine, all’argomento speso dalla difesa del (OMISSIS) nella memoria illustrativa depositata in data 27 maggio 20(Ndr: testo originale non comprensibile) avente ad oggetto la possibile ricaduta sul procedimento penale a carico del medesimo della sentenza n. 80 del 2014 della Corte costituzionale, si rileva che (Ndr: testo originale non comprensibile) non ha alcun fondamento, attesa l’evidente eterogeneita’ del decisum del giudice della legittimita’ delle leggi – avente ad oggetto esclusivamente la (Ndr: testo originale non comprensibile) della soglia di rilevanza penale dell’illecito di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter, – rispetto alle ipotesi criminose oggetto della contestazione provvisoria mossa al (OMISSIS).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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