Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 22 luglio 2014, n. 16657
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere
Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17289/2012 proposto da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
nonche’ da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 291/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 01/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/05/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta;
udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l’improcedibilita’ inammissibilita’, rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere
Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17289/2012 proposto da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
nonche’ da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 291/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 01/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/05/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta;
udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l’improcedibilita’ inammissibilita’, rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Brescia, con sentenza 1 marzo 2012, ha rigettato il gravame proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale della medesima citta’ che lo aveva condannato al pagamento di somme, anche a titolo risarcitorio, in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Dall’unione con la prima erano nati (nel (OMISSIS)) i predetti due figli che il convenuto non aveva riconosciuto e dei quali si era del tutto disinteressato, avendoli abbandonati e avendo fatto mancare loro l’assistenza morale e materiale; era stato quindi condannato a corrispondere a (OMISSIS) l’importo di euro 132.000,00 stimato all’attualita’, oltre interessi legali dalla domanda (8 marzo 2007), come rimborso delle spese sostenute per il loro mantenimento cui aveva fatto fronte con il suo modesto reddito di insegnante, e ai figli (OMISSIS) e (OMISSIS) l’importo, stimato all’attualita’, di euro 100.000,00 per ciascuno, oltre interessi dalla domanda, a titolo risarcitorio per la lesione del diritto fondamentale inerente la qualita’ di figli (utilizzando come parametro le tabelle del Tribunale di Milano del 2009 relative alla perdita del rapporto parentale e come base di calcolo l’importo mensile di euro 250,00 per un periodo di ventidue anni ritenuto necessario per il mantenimento di un figlio dalla nascita fino al raggiungimento dell’indipendenza economica). La corte ha inoltre rigettato il gravame incidentale con cui gli appellati avevano chiesto la condanna del (OMISSIS) al pagamento degli interessi sulle somme dovute a (OMISSIS) a decorrere dalla data della nascita dei figli; ha rigettato l’ulteriore motivo di gravame con cui (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano chiesto di determinare il danno risarcibile in un importo piu’ elevato.Avverso questa sentenza il (OMISSIS) ricorre per cassazione sulla base di tre motivi, cui resistono i (OMISSIS) che propongono ricorso incidentale sulla base di un motivo. Entrambe le parti hanno presentato memorie ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente esaminata e rigettata l’eccezione, sollevata dai controricorrenti nella memoria, di improcedibilita’ del ricorso per mancato deposito dell’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio del precedente grado di giudizio. Infatti il mancato deposito dell’istanza di trasmissione del predetto fascicolo (articolo 369 c.p.c., u.c.) nel termine fissato per il deposito del ricorso per cassazione, cioe’ entro venti giorni dalla notificazione, determina l’improcedibilita’ del ricorso stesso soltanto se l’esame di quel fascicolo risulti indispensabile ai fini della decisione del giudice di legittimita’ (v. Cass. n. 5108/2011), ma non e’ questo il caso.
Venendo all’esame del ricorso principale del (OMISSIS), nel primo motivo (per violazione dell’articolo 148 c.c., articolo 261 c.c., e articolo 115 c.p.c., comma 2, nonche’ per vizio di motivazione) egli censura la statuizione che ha confermato la misura dell’importo liquidato a (OMISSIS) a titolo di rimborso delle spese di mantenimento dei figli, deducendo la mancata prova da parte dell’interessate delle spese realmente sopportate, nonche’ l’errata valutazione della capacita’ reddituale della (OMISSIS) e propria, essendo egli un commesso di farmacia, avendo iniziato a lavorare solo nel 1977 e altri figli da mantenere.
Il motivo e’ infondato.
L’obbligazione di mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, essendo collegata allo status genitoriale, sorge con la nascita per il solo fatto di averli generati e persiste fino al momento del conseguimento della loro indipendenza economica, con la conseguenza che nell’ipotesi in cui, al momento della nascita, il figlio sia stato riconosciuto da uno solo dei genitori, il quale abbia assunto l’onere esclusivo del mantenimento anche per la parte dell’altro genitore, egli ha diritto di regresso nei confronti dell’altro per la corrispondente quota, sulla base delle regole dettate dagli articoli 148 e 261 c.c., (v. oggi l’articolo 316 bis c.c., introdotto dal Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154) da interpretarsi alla luce del regime delle obbligazioni solidali stabilito nell’articolo 1299 c.c. (v. Cass. n. 22506/2010, n. 5652/2012).
Questa corte ha anche precisato che il rimborso delle spese spettanti al genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, ancorche’ trovi titolo nell’obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all’altro genitore, ha natura in senso lato indennitaria, essendo diretto ad indennizzare il genitore, che ha riconosciuto il figlio, per gli esborsi sostenuti da solo per il mantenimento della prole; il giudice di merito puo’ utilizzare il criterio equitativo per determinare le somme dovute a titolo di rimborso poiche’ e’ principio generale (desumibile da varie norme, quali ad esempio l’articolo 379 c.c., comma 2, articoli 2054 e 2047 c.c.) che l’equita’ costituisca criterio di valutazione del pregiudizio non solo in ipotesi di responsabilita’ extracontrattuale ma anche con riguardo ad indennizzi o indennita’ previste in genere dalla legge (v. Cass. n. 10861/1999, n. 11351/2004).
Pertanto, la corte del merito legittimamente ha fatto ricorso al criterio equitativo per determinare l’importo, non altrimenti quantificabile nel suo preciso ammontare, dovuto a titolo di rimborso in favore di (OMISSIS), la quale ha provveduto al mantenimento dei figli fin dalla nascita. La determinazione di quell’importo costituisce oggetto di un apprezzamento discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimita’ se, come nella specie, congruamente motivato, con riguardo agli esborsi presumibilmente sostenuti in concreto, alle specifiche e molteplici esigenze dei figli soddisfatte o da soddisfare nel periodo in considerazione e alle sostanze e ai redditi di ciascun genitore quali risultanti, anche in via presuntiva, dalle risultanze processuali. Il giudice di merito ha valutato in concreto la capacita’ reddituale modesta della (OMISSIS) (insegnante) e quella dell’obbligato (OMISSIS), il quale e’ commesso di una farmacia di famiglia e, quindi, presumibilmente percettore di proventi in misura non inferiore a quelli di un farmacista dipendente, anche tenuto conto che egli aveva omesso di depositare le dichiarazioni fiscali, e che quella di iniziare a lavorare e, quindi, di conseguire un reddito autonomo solo all’eta’ di ventinove anni, nel (OMISSIS), benche’ avesse ampie potenzialita’ lavorative, era stata una sua scelta le cui conseguenze, in quanto tale, egli non poteva riservare sui figli.
Nel secondo motivo (per violazione degli articoli 2043 e 2059 c.c., e vizio di motivazione) il (OMISSIS) censura l’accoglimento della domanda di risarcimento in favore dei figli per la violazione del dovere di assistenza morale e materiale gravante sul genitore. Si tratterebbe – ad avviso del ricorrente – di un danno esistenziale che la corte avrebbe valutato in re ipsa, in difetto di prova e senza considerare che i figli non avevano subito alcuna apprezzabile patologia o alterazione psicologica ne’ mostrato disturbi comportamentali a causa della lontananza del padre; inoltre la corte non avrebbe considerato che non esiste un obbligo giuridico di riconoscere i figli naturali la cui violazione possa causare un danno ingiusto e che l’azione proposta oltre trenta anni dopo la nascita dimostrerebbe il loro disinteresse nei confronti della figura paterna e il carattere strumentale dall’azione dei (OMISSIS); infine mancherebbero i presupposti per l’utilizzazione delle tabelle di Milano relative alla perdita del rapporto parentale.
Il motivo e’ infondato.
La corte del merito ha ritenuto il (OMISSIS) responsabile della violazione degli obblighi nascenti dal rapporto di filiazione, per avere privato i figli dell’affettivita’ paterna, per avere dimostrato totale insensibilita’ nei loro confronti, come dimostrato dal rifiuto di corrispondere i mezzi di sussistenza e negato loro ogni aiuto, non solo economico, con conseguente violazione di diritti di primaria rilevanza costituzionale.
Questa corte ha avuto occasione di precisare che la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole, a causa del disinteresse mostrato nei confronti dei figli per lunghi anni, ben puo’ integrare gli estremi dell’illecito civile, cagionando la lesione di diritti costituzionalmente protetti, e dar luogo ad un’autonoma azione dei medesimi figli volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’articolo 2059 c.c. (v. Cass. n. 5652/2012, n. 20137/2013). E’ un comportamento rilevatore di responsabilita’ genitoriale l’avere deprivato i figli della figura genitoriale paterna, che costituisce un fondamentale punto di riferimento soprattutto nella fase della crescita, e idoneo ad integrare un fatto generatore di responsabilita’ aquiliana.
Infondata e’ l’obiezione sollevata dal ricorrente secondo cui i giudici del merito avrebbero in tal modo riconosciuto una forma di danno in re ipsa sconosciuta nel nostro ordinamento, in mancanza di prova di danni concreti subiti dai figli.
Premesso che la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che la prova dei lamentati pregiudizi puo’ essere (ed e’ stata nella specie) offerta “sulla base anche di soli elementi presuntivi” e, puo’ aggiungersi, secondo nozioni di comune esperienza, la cui valutazione e’ riservata evidentemente ai giudici del merito, si deve considerare la particolare tipologia danno non patrimoniale in questione, consistente nella integrale perdita del rapporto parentale che ogni figlio ha diritto di realizzare con il proprio genitore e che deve essere risarcita per il fatto in se’ della lesione (cfr. Cass. n. 7713/2000).
Inoltre, ad avviso del ricorrente, non sarebbe stato adeguatamente valutato il profilo opportunistico o strumentale dell’azione risarcitoria proposta dai (OMISSIS), i quali per anni avrebbero mostrato disinteresse nei confronti del padre. In tale modo il ricorrente implicitamente invoca il concorso del fatto colposo del creditore ex articolo 1227 c.c., quantomeno ai fini della riduzione del quantum risarcibile. Questa corte, tuttavia, ha escluso il concorso nella produzione e patrimoniale, del danno non patrimoniale ai sensi dell’articolo 2059 c.c., in ipotesi di inerzia dei figli in ordine al momento prescelto per l’iniziativa giudiziale, in quanto liberamente e legittimamente determinabile da parte dei titolari del diritto, oltre che del tutto ininfluente rispetto alla configurazione e determinazione del danno non patrimoniale riconosciuto (v. Cass. n. 26205/2013).
Infine il ricorrente infondatamente obietta che erroneamente i giudici del merito avevano richiamato, per la determinazione del danno non patrimoniale, le tabelle utilizzate dal Tribunale di Milano, in quanto formulate sulla base di parametri non pertinenti, che valutavano l’ipotesi del decesso della vittima e la particolarita’ della relazione con i danneggiati (come la convivenza, l’eta’, ecc.). In effetti, le predette tabelle hanno ad oggetto i criteri di quantificazione del cd. danno da lesione del rapporto parentale nelle ipotesi in cui una persona sia vittima (o subisca gravi lesioni a causa) della condotta illecita di un terzo che per questo sia chiamato a rispondere delle conseguenze dannose nei confronti di coloro che erano legati alla vittima da relazioni parentali di varia natura e intensita’. Diverso e’ il caso del genitore che, non riconoscendo il figlio, disinteressandosene per molti anni e facendogli mancare i mezzi di sussistenza, rifiuti il ruolo genitoriale e deliberatamente impedisca il sorgere in concreto del rapporto parentale che deriva dalla procreazione. E tuttavia, quelle tabelle rimangono utilizzabili come parametro di valutazione, con gli opportuni adattamenti che sono stati in concreto operanti dalla corte bresciana che, con valutazione equitativa incensurabile in questa sede, ha tenuto conto della particolarita’ della fattispecie.
Il terzo motivo e’ inammissibile. Esso ha ad oggetto una questione che non e’ stata riproposta in appello e non puo’ quindi essere introdotta nel giudizio di legittimita’; quella della competenza territoriale dei giudici di Brescia, contestata a favore del Tribunale di Pescara, con riguardo alla domanda proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS).
Oggetto del ricorso incidentale di (OMISSIS) (per violazione degli articoli 148, 1299 e 2031 c.c., e vizio di motivazione) e’ la statuizione concernente la decorrenza degli interessi legali sull’importo riconosciuto in suo favore con decorrenza dalla data della domanda giudiziale (8 marzo 2007) anziche’ dalla nascita dei figli nel (OMISSIS).
Il motivo e’ infondato. La domanda della (OMISSIS) di pagamento delle somme corrisposte per il mantenimento dei figli in epoca precedente all’introduzione della causa in luogo dell’altro genitore e’ assimilabile ad un’azione di ripetizione dell’indebito, di cui all’articolo 2033 c.c., (v. Cass. n. 3916/2011), e quindi correttamente gli interessi sono stati fatti decorrere dalla domanda giudiziale, in mancanza di un precedente atto stragiudiziale di costituzione in mora.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio, in considerazione della reciproca soccombenza.
Venendo all’esame del ricorso principale del (OMISSIS), nel primo motivo (per violazione dell’articolo 148 c.c., articolo 261 c.c., e articolo 115 c.p.c., comma 2, nonche’ per vizio di motivazione) egli censura la statuizione che ha confermato la misura dell’importo liquidato a (OMISSIS) a titolo di rimborso delle spese di mantenimento dei figli, deducendo la mancata prova da parte dell’interessate delle spese realmente sopportate, nonche’ l’errata valutazione della capacita’ reddituale della (OMISSIS) e propria, essendo egli un commesso di farmacia, avendo iniziato a lavorare solo nel 1977 e altri figli da mantenere.
Il motivo e’ infondato.
L’obbligazione di mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, essendo collegata allo status genitoriale, sorge con la nascita per il solo fatto di averli generati e persiste fino al momento del conseguimento della loro indipendenza economica, con la conseguenza che nell’ipotesi in cui, al momento della nascita, il figlio sia stato riconosciuto da uno solo dei genitori, il quale abbia assunto l’onere esclusivo del mantenimento anche per la parte dell’altro genitore, egli ha diritto di regresso nei confronti dell’altro per la corrispondente quota, sulla base delle regole dettate dagli articoli 148 e 261 c.c., (v. oggi l’articolo 316 bis c.c., introdotto dal Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154) da interpretarsi alla luce del regime delle obbligazioni solidali stabilito nell’articolo 1299 c.c. (v. Cass. n. 22506/2010, n. 5652/2012).
Questa corte ha anche precisato che il rimborso delle spese spettanti al genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, ancorche’ trovi titolo nell’obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all’altro genitore, ha natura in senso lato indennitaria, essendo diretto ad indennizzare il genitore, che ha riconosciuto il figlio, per gli esborsi sostenuti da solo per il mantenimento della prole; il giudice di merito puo’ utilizzare il criterio equitativo per determinare le somme dovute a titolo di rimborso poiche’ e’ principio generale (desumibile da varie norme, quali ad esempio l’articolo 379 c.c., comma 2, articoli 2054 e 2047 c.c.) che l’equita’ costituisca criterio di valutazione del pregiudizio non solo in ipotesi di responsabilita’ extracontrattuale ma anche con riguardo ad indennizzi o indennita’ previste in genere dalla legge (v. Cass. n. 10861/1999, n. 11351/2004).
Pertanto, la corte del merito legittimamente ha fatto ricorso al criterio equitativo per determinare l’importo, non altrimenti quantificabile nel suo preciso ammontare, dovuto a titolo di rimborso in favore di (OMISSIS), la quale ha provveduto al mantenimento dei figli fin dalla nascita. La determinazione di quell’importo costituisce oggetto di un apprezzamento discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimita’ se, come nella specie, congruamente motivato, con riguardo agli esborsi presumibilmente sostenuti in concreto, alle specifiche e molteplici esigenze dei figli soddisfatte o da soddisfare nel periodo in considerazione e alle sostanze e ai redditi di ciascun genitore quali risultanti, anche in via presuntiva, dalle risultanze processuali. Il giudice di merito ha valutato in concreto la capacita’ reddituale modesta della (OMISSIS) (insegnante) e quella dell’obbligato (OMISSIS), il quale e’ commesso di una farmacia di famiglia e, quindi, presumibilmente percettore di proventi in misura non inferiore a quelli di un farmacista dipendente, anche tenuto conto che egli aveva omesso di depositare le dichiarazioni fiscali, e che quella di iniziare a lavorare e, quindi, di conseguire un reddito autonomo solo all’eta’ di ventinove anni, nel (OMISSIS), benche’ avesse ampie potenzialita’ lavorative, era stata una sua scelta le cui conseguenze, in quanto tale, egli non poteva riservare sui figli.
Nel secondo motivo (per violazione degli articoli 2043 e 2059 c.c., e vizio di motivazione) il (OMISSIS) censura l’accoglimento della domanda di risarcimento in favore dei figli per la violazione del dovere di assistenza morale e materiale gravante sul genitore. Si tratterebbe – ad avviso del ricorrente – di un danno esistenziale che la corte avrebbe valutato in re ipsa, in difetto di prova e senza considerare che i figli non avevano subito alcuna apprezzabile patologia o alterazione psicologica ne’ mostrato disturbi comportamentali a causa della lontananza del padre; inoltre la corte non avrebbe considerato che non esiste un obbligo giuridico di riconoscere i figli naturali la cui violazione possa causare un danno ingiusto e che l’azione proposta oltre trenta anni dopo la nascita dimostrerebbe il loro disinteresse nei confronti della figura paterna e il carattere strumentale dall’azione dei (OMISSIS); infine mancherebbero i presupposti per l’utilizzazione delle tabelle di Milano relative alla perdita del rapporto parentale.
Il motivo e’ infondato.
La corte del merito ha ritenuto il (OMISSIS) responsabile della violazione degli obblighi nascenti dal rapporto di filiazione, per avere privato i figli dell’affettivita’ paterna, per avere dimostrato totale insensibilita’ nei loro confronti, come dimostrato dal rifiuto di corrispondere i mezzi di sussistenza e negato loro ogni aiuto, non solo economico, con conseguente violazione di diritti di primaria rilevanza costituzionale.
Questa corte ha avuto occasione di precisare che la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole, a causa del disinteresse mostrato nei confronti dei figli per lunghi anni, ben puo’ integrare gli estremi dell’illecito civile, cagionando la lesione di diritti costituzionalmente protetti, e dar luogo ad un’autonoma azione dei medesimi figli volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’articolo 2059 c.c. (v. Cass. n. 5652/2012, n. 20137/2013). E’ un comportamento rilevatore di responsabilita’ genitoriale l’avere deprivato i figli della figura genitoriale paterna, che costituisce un fondamentale punto di riferimento soprattutto nella fase della crescita, e idoneo ad integrare un fatto generatore di responsabilita’ aquiliana.
Infondata e’ l’obiezione sollevata dal ricorrente secondo cui i giudici del merito avrebbero in tal modo riconosciuto una forma di danno in re ipsa sconosciuta nel nostro ordinamento, in mancanza di prova di danni concreti subiti dai figli.
Premesso che la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che la prova dei lamentati pregiudizi puo’ essere (ed e’ stata nella specie) offerta “sulla base anche di soli elementi presuntivi” e, puo’ aggiungersi, secondo nozioni di comune esperienza, la cui valutazione e’ riservata evidentemente ai giudici del merito, si deve considerare la particolare tipologia danno non patrimoniale in questione, consistente nella integrale perdita del rapporto parentale che ogni figlio ha diritto di realizzare con il proprio genitore e che deve essere risarcita per il fatto in se’ della lesione (cfr. Cass. n. 7713/2000).
Inoltre, ad avviso del ricorrente, non sarebbe stato adeguatamente valutato il profilo opportunistico o strumentale dell’azione risarcitoria proposta dai (OMISSIS), i quali per anni avrebbero mostrato disinteresse nei confronti del padre. In tale modo il ricorrente implicitamente invoca il concorso del fatto colposo del creditore ex articolo 1227 c.c., quantomeno ai fini della riduzione del quantum risarcibile. Questa corte, tuttavia, ha escluso il concorso nella produzione e patrimoniale, del danno non patrimoniale ai sensi dell’articolo 2059 c.c., in ipotesi di inerzia dei figli in ordine al momento prescelto per l’iniziativa giudiziale, in quanto liberamente e legittimamente determinabile da parte dei titolari del diritto, oltre che del tutto ininfluente rispetto alla configurazione e determinazione del danno non patrimoniale riconosciuto (v. Cass. n. 26205/2013).
Infine il ricorrente infondatamente obietta che erroneamente i giudici del merito avevano richiamato, per la determinazione del danno non patrimoniale, le tabelle utilizzate dal Tribunale di Milano, in quanto formulate sulla base di parametri non pertinenti, che valutavano l’ipotesi del decesso della vittima e la particolarita’ della relazione con i danneggiati (come la convivenza, l’eta’, ecc.). In effetti, le predette tabelle hanno ad oggetto i criteri di quantificazione del cd. danno da lesione del rapporto parentale nelle ipotesi in cui una persona sia vittima (o subisca gravi lesioni a causa) della condotta illecita di un terzo che per questo sia chiamato a rispondere delle conseguenze dannose nei confronti di coloro che erano legati alla vittima da relazioni parentali di varia natura e intensita’. Diverso e’ il caso del genitore che, non riconoscendo il figlio, disinteressandosene per molti anni e facendogli mancare i mezzi di sussistenza, rifiuti il ruolo genitoriale e deliberatamente impedisca il sorgere in concreto del rapporto parentale che deriva dalla procreazione. E tuttavia, quelle tabelle rimangono utilizzabili come parametro di valutazione, con gli opportuni adattamenti che sono stati in concreto operanti dalla corte bresciana che, con valutazione equitativa incensurabile in questa sede, ha tenuto conto della particolarita’ della fattispecie.
Il terzo motivo e’ inammissibile. Esso ha ad oggetto una questione che non e’ stata riproposta in appello e non puo’ quindi essere introdotta nel giudizio di legittimita’; quella della competenza territoriale dei giudici di Brescia, contestata a favore del Tribunale di Pescara, con riguardo alla domanda proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS).
Oggetto del ricorso incidentale di (OMISSIS) (per violazione degli articoli 148, 1299 e 2031 c.c., e vizio di motivazione) e’ la statuizione concernente la decorrenza degli interessi legali sull’importo riconosciuto in suo favore con decorrenza dalla data della domanda giudiziale (8 marzo 2007) anziche’ dalla nascita dei figli nel (OMISSIS).
Il motivo e’ infondato. La domanda della (OMISSIS) di pagamento delle somme corrisposte per il mantenimento dei figli in epoca precedente all’introduzione della causa in luogo dell’altro genitore e’ assimilabile ad un’azione di ripetizione dell’indebito, di cui all’articolo 2033 c.c., (v. Cass. n. 3916/2011), e quindi correttamente gli interessi sono stati fatti decorrere dalla domanda giudiziale, in mancanza di un precedente atto stragiudiziale di costituzione in mora.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio, in considerazione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La corte rigetta i ricorsi; compensa le spese del giudizio.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi.
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