Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza  25 novembre 2013, n. 26353

Svolgimento del processo

La società Coop Lombardia a r.l. convenne, davanti al tribunale di Milano, le società Mondial Milano spa e Mondial Service srl (già Mondial Transport srl) chiedendone la condanna, in via solidale od alternativa, al risarcimento dei danni subiti per due furti verificatisi nei giorni 18.5.1997 e 7.6.1997 presso i supermercati Coop di Sesto San Giovanni e presso il centro commerciale di Lodi, mediante prelievo dalla cassaforte (o cassa continua), di cui ciascun punto vendita era dotato, dell’incasso giornaliero.
Ciò, previo accertamento dell’inadempimento delle obbligazioni assunte con il contratto del 22.12.1986, avente ad oggetto il servizio di prelievo e relativa custodia degli incassi giornalieri di alcuni supermercati di sua proprietà, fra i quali quelli in oggetto; incassi da trasportarsi presso istituto bancario convenzionato. Con la precisazione che le casseforti in cui era immesso il denaro erano dotate di chiavi e combinazioni conosciute unicamente da personale di Mondialpol e che, in entrambi i casi, esse non presentavano, dopo il furto, alcun segno di scasso o di effrazione.
Le società convenute, costituitesi, resistettero alla domanda.
In particolare, la Mondialpol Service srl eccepì la propria carenza di legittimazione passiva, mentre la Mondial Milano spa contestò la sussistenza dell’inadempimento contrattuale e chiese di essere autorizzata a chiamare in causa il proprio assicuratore Fondiaria Assicurazioni spa a scopo di manleva.
Quest’ultima, costituitasi, fece proprie le difese di merito della propria assicurata.
Il tribunale, con sentenza del 24.4.2004, dichiarò la carenza di legittimazione passiva in capo a Mondialpol Service srl e, ritenuta sussistere la violazione dell’obbligo di custodia da parte di Mondialpol Milano, la condannò al risarcimento dei danni in favore dell’attrice, accogliendo, nel contempo, la domanda di manleva proposta dalla convenuta nei confronti della terza chiamata.
A diversa conclusione pervenne la Corte di appello che, investita dell’appello proposto da Fondiaria Assicurazioni spa, con sentenza del 9.1.2009, rigettò la domanda proposta dalla società Coop Lombardia a rl.
Quest’ultima ha proposto ricorso principale per cassazione affidato a sei motivi illustrati da memoria.
Resistono con controricorso Fondiaria – SAI spa, Mondialpol Service spa e Mondialpol Milano spa, che ha anche proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo.
Con ordinanza del 22.3.2013, la Corte ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Mondialpol Milano.
Eseguita nei termini, è stata quindi fissata l’odierna udienza di discussione.
Cooperativa Lombardia a r.l. e Fondiaria Sai spa hanno presentato ulteriori memorie.

Motivi della decisione

Preliminarmente va disattesa la questione posta in memoria da Fondiaria Sai spa sull’ammissibilità del ricorso di Coop Lombardia.
1/ordinanza è chiara sul punto della inscindibilità delle cause, per le quali ha ordinato l’integrazione del contraddittorio, ben conoscendo la propria giurisprudenza in tema di chiamata in garanzia impropria, ma evidenziando che, nel caso in esame, la contestazione, anche nel merito, della pretesa di Coop Lombardia da parte della Fondiaria – SAI spa, aveva reso le cause inscindibili, con l’evidente necessità di integrazione del contraddittorio.
Né è pertinente il richiamo a S.U. 12.3.2013 nn. 6070. 6071 e 6072 che riguardano altra fattispecie, relativa alla cancellazione della società dal registro delle imprese.
I ricorsi sono stati proposti per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo I.
Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso devono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, n. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass. 18.7.2007 n. 16002).
Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. S.U. 11.3.2008 n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo).
La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass.7.4.2009 n. 8463; v, anche S.U. ord. 27.3.2009 n. 7433).
Inoltre, l’art. 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta – ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso -, una diversa valutazione, da parte del giudice di legittimità, a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4 dell’art. 360, primo comma, c.p.c., ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa disposizione.
Nel primo caso ciascuna censura – come già detto – deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto, ovvero a dieta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza.
Nell’ipotesi, invece, in cui venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c. p.c.c. (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso (c.d. momento di sintesi) – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (v. da ultimo Cass. 25.2.2009 n. 4556; v. anche Cass. 18.11.2011 n. 24255).
Ricorso principale.
Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione del disposto dell’art. 1766 c.c. – errata esclusione del contratto atipico “di prelievo valori da casseforti, di scorta e trasporto valori” dell’obbligo di custodia del contenuto delle casseforti sulle quali l’appaltatore abbia l’esclusivo potere di fatto irrilevanza dell’accessorietà dell’obbligo di deposito ai fini dell’applicazione dell’art. 1766 e ss. c.c. – in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c..
Con il secondo motivo si denuncia contraddittoria motivazione della decisione in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c. affermazione dell’obbligo di custodia delle casseforti in capo a Mondialpol in contrasto con l’omessa inversione dell’onere della prova in punto modalità e motivi dell’apertura delle stesse.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del disposto dell’art. 1176 c.c. – mancato esame del comportamento del debitore in rapporto al generale onere di diligenza incombente sui contraenti nell’adempimento delle proprie obbligazioni diligenza da commisurare con riferimento specifico alla natura dell’attività contrattualmente pattuita – in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c..
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1780 e 22 77 cod.civ. – mancata valutazione dell’onere di diligenza del contraente nella custodia delle chiavi e della combinazione delle casseforti – in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c..
Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del disposto dell’art. 2729 c.c. – erronea presunzione dell’esistenza di modalità di apertura delle casseforti che non comportino l’utilizzo degli originali delle chiavi o delle combinazioni o di copie delle stesse ottenute mediante l’osservanza degli utenti – in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c..
Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del disposto dell’art. 1218 c.c. – mancata inversione dell’onere della prova a carico del debitore che si assume inadempiente – in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c..
I motivi, che attengono, sotto diversi profili, al tema della responsabilità di Mondialpol Milano spa (ora Mondialpol Service spa) sono esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati per le ragioni e nei termini che seguono.
La Corte di merito ha fondato la sua decisione sull’assunto che l’attuale Mondialpol Service non avesse assunto alcun obbligo di custodia del denaro contenuto nelle casseforti, prima del suo prelievo e che il solo fatto che Mondialpol possedesse, in via esclusiva, chiavi e combinazioni di apertura non fosse idoneo a far sorgere alcuna responsabilità a suo carico per l’apertura delle casseforti stessa da parte di terzi.
In particolare, la Corte di merito ha esaminato il contenuto del contratto concluso fra le parti ritenendo che le obbligazioni gravanti su Mondialpol fossero limitate a: “a) dotazione del furgone blindato messo a disposizione della s.r.l. Mondialpol Transport con equipaggio di tre guardie giurate armate dipendenti della Mondialpol XXXXXX…. ; a1) prelievo valori presso i punti di vendita della Coop Lombardia indicati nell’allegato A – con la specificazione che presso i punti provvisti di cassaforte di tipo antirapina, di marca LIPS VAGO di proprietà della Coop Lombardia e da questa assicurata l’operazione di ritiro dei valori consisterà nell’estrazione di un contenitore chiuso e sigillato e contestuale sostituzione con un contenitore vuoto; a2) versamento dei valori raccolti presso gli istituti di credito indicati nell’allegato A, col sistema mano a mano; per modo da circoscrivere chiaramente il connesso obbligo di custodia ad un momento successivo al prelievo”.
Ed ha aggiunto: “E se è pur vero che la dotazione in via esclusiva delle chiavi di apertura della cassaforte e la conoscenza, pure esclusiva, della combinazione di apertura, necessariamente implicava l’obbligo della relativa custodia, nondimeno è incontestabile che, trattandosi di un’obbligazione di carattere accessorio rispetto all’obbligazione dedotta in contratto, per il suo adempimento avrebbe dovuto aversi riguardo alle regole stabilite per l’adempimento delle obbligazioni in generale (art. 1177 c.c.) e non a quelle proprie del contratto di deposito, per ciò che in particolare concerne la ripartizione degli oneri probatori”.
Ed, una volta esclusa l’applicabilità dell’art. 1780 c.c. – e, con essa, la presunzione di responsabilità a carico del depositario – per la natura “meramente accessoria” dell’obbligo di custodia -, la Corte di merito ha affermato che fosse onere della danneggiata dimostrare che il furto si era reso possibile in conseguenza dello smarrimento e/o della duplicazione delle chiavi di apertura, di cui l’odierna appellante aveva il possesso esclusivo, conoscendo altresì, in via esclusiva, la combinazione, ma che “tale circostanza non appare idonea a sorreggere, con il rigore richiesto per la valida formazione della prova presuntiva, la conclusione trattane dal Tribunale, difettando del requisito dell’univocità, esclusa dal fatto stesso di essere l’apertura della cassaforte compatibile con altre ipotesi, quali quelle prospettate dagli appellanti con riferimento alle risultanze degli accertamenti compiuti dalle forze dell’ordine per episodi analoghi, nei termini riportati nelle prodotte notizie di stampa, oltre che sulla base delle plausibili considerazioni svolte nella relazione tecnica allegata”.
Il percorso argomentativo adottato e le conclusioni raggiunte dalla Corte di merito non possono essere condivise. Principio dal quale conviene partire è quello per cui l’obbligazione di custodire non è esclusiva del deposito, ma può derivare anche da altre fonti, contrattuali e non, e presentarsi come obbligo autonomo o in collegamento accessorio o strumentale ad altri obblighi.
Ciò che caratterizza il deposito è che l’obbligazione di custodire si inserisce nella causa del contratto e ne costituisce l’unica prestazione qualificatrice (Cass. 23.1.1988, n. 430).
Il che vuoi dire che nel deposito la custodia è essa stessa la prestazione principale, a differenza delle ipotesi, nelle quali accede necessariamente a tale prestazione.
Si è peraltro affermato che, tanto nell’ipotesi in cui l’obbligo di custodia ha natura accessoria e strumentale rispetto all’esecuzione dell’obbligazione principale, quanto nell’ipotesi in cui è l’effetto tipico del contratto (art. 1766 c.c.) la diligenza da prestare è sempre quella del buon padre di famiglia.
Il relativo modello non è fisso, ma variabile in rapporto alle concrete modalità di custodia riferite alla natura dell’attività esercitata dal custode, alla qualità della cosa ed alle specifiche circostanze (v. anche Cass. 10.3.2009 n. 5736; Cass. 24.5.2007 n. 12089; Cass. 6.7.2006 n. 15364; Cass. 12.4.2006 n. 8629; Cass. 1.7.2005 n. 14092; Cass. 19.7.2004 n. 13359).
Ed è in questa ottica che va esaminata la fattispecie concreta oggetto del presente giudizio.
Il contratto concluso fra le parti è un contratto di trasporto e custodia valori.
Ma a questo contratto accede altra obbligazione – quella della custodia delle chiavi – che si fonda sulla causa del deposito e che, partecipando della natura reale del contratto di deposito, si perfeziona con la traditio appunto delle chiavi di apertura delle casseforti al depositario che le detiene – circostanza questa pacifica – in via esclusiva, unitamente ai codici di apertura delle casseforti.
In questo senso è interessante ricordare che la giurisprudenza di legittimità si è già pronunciata in una fattispecie che presenta punti di contatto con la vicenda in oggetto affermando che, nell’ipotesi in cui un cliente consegni le chiavi di un autoveicolo al vetturiere dell’albergo dove alloggia, con tale atto, che integra l’affidamento del veicolo e non la presa in consegna delle chiavi e dell’autoveicolo a titolo di cortesia, si perfeziona un ordinario contratto di deposito, dal quale scaturiscono le relative obbligazioni a carico delle parti del rapporto.
Le chiavi costituiscono, infatti, soltanto il mezzo attraverso il quale si è concretizzata la consegna dell’autovettura, e non l’oggetto principale del contratto di deposito.
Ed è da tale consegna che è scaturito, appunto, l’obbligo di custodia del veicolo (e delle stesse chiavi) (Cass. 12.3.2010 n. 6048).
Nel caso in esame, da un lato, vi è l’obbligazione tipica di custodia dei valori da parte di Mondialpol dal momento di apertura delle casseforti e per tutta la durata del trasporto, ma dall’altro vi è un obbligo di custodia delle chiavi e delle combinazioni di apertura delle casseforti che nasce dal momento della consegna delle stesse a Mondialpol che le detiene in via esclusiva: obbligo, però, che si estende – proprio per le concrete modalità di custodia (con dotazione in via esclusiva delle chiavi di apertura delle casseforti, conoscenza anch’essa esclusiva delle combinazioni di apertura che potevano essere variate discrezionalmente da Mondialpol) – ai valori, una volta immessi nelle casseforti.
Ed allora è evidente l’applicabilità dell’art. 1780 c.c. che, per il caso della sottrazione della cosa depositata, ripete la regola stabilita dall’art. 1218 c.c..
Per ottenere la liberazione il depositario è tenuto a fornire la prova che l’inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile.
La prova liberatoria verte non tanto sulla diligenza quanto sul fatto che ha causato l’evento; la prova sulla diligenza può rilevare sotto il profilo dell’evitabilità del fatto mediante lo sforzo diligente esigibile secondo il modello del buon padre di famiglia.
Pertanto, il depositario non si libera della responsabilità provando di avere usato nella custodia della cosa la diligenza del buon padre di famiglia, ma deve, a questo fine, provare che l’inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile (fra le varie Cass. 10.3.2009 n. 5736).
Le cause di non imputabilità vanno individuate in base alla valutazione della diligenza usata dal depositario nell’adempimento della prestazione di custodia.
La giurisprudenza ha richiamato in proposito i concetti di inevitabilità ed adeguatezza, affermando la responsabilità quando il depositario non dimostri di avere adottato tutte le misure di protezione richieste dal caso.
Tra i fatti non imputabili rientrano quelli che risultino evitabili solo con costi umani o economici talmente elevati da non potere essere richiesti ad un debitore che sia tenuto a comportarsi con la diligenza del buon padre di famiglia.
È alla luce di questi principii e delle particolari circostanze caratterizzanti il caso concreto, che dovrà essere condotto il nuovo esame da parte del giudice del rinvio che dovrà tenere conto dei diversi e qualificati oneri probatori gravanti sulle parti contrattuali.
L’esame degli ulteriori profili di censura resta assorbito.
Ricorso incidentale.
Il ricorso incidentale che, indipendentemente dalla sua formulazione, riguarda i rapporti con Fondiaria Sai spa, dalla quale Mondialpol Milano spa chiede di essere manlevata in forza della polizza assicurativa indicata, resta assorbito, dovendo la questione essere riproposta, anche ai fini dell’esistenza di un giudicato sul punto, al giudice del rinvio.
Conclusivamente è accolto il ricorso principale nei sensi di cui in motivazione ed è dichiarato assorbito l’incidentale.
La sentenza è cassata in relazione e la causa è rinviata alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.
Le spese sono rimesse al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale nei sensi di cui in motivazione. Dichiara assorbito l’incidentale. Cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

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