Il testo integrale
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 15 luglio 2013 n. 30346[1]
Il giudice di merito ha correttamente qualificato la condotta posta in essere dall’imputato sussumendola nella categoria delle attività di collusione per l’imprenditore entrato in un rapporto sinallagmatico di cointeressenza con la cosca mafiosa, tale da produrre vantaggi (ingiusti in quanto garantiti dall’apparato strumentale mafioso) per entrambi i contraenti e tale da consentire, in particolare, al primo di imporsi sul territorio in posizione dominante grazie all’ausilio del sodalizio, il cui apparato intimidatorio si è reso disponibile a sostenerne l’espansione degli affari, in cambio della sua disponibilità a fornire risorse, servizi o comunque utilità al sodalizio medesimo.
Si tratta, dunque, di una situazione che l’impugnata pronunzia ha ritenuto ragionevolmente indicativa della sussistenza di una condotta di concorso esterno, e non di partecipazione all’associazione mafiosa, poiché il soggetto – privo dell’affectio societatis e non essendo inserito nella struttura organizzativa dell’ente – si è limitato ad agire dall’esterno con la consapevolezza e la volontà di fornire un contributo causale alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione, nonché alla realizzazione, anche parziale, del suo programma criminoso
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