La transazione intervenuta tra medico e danneggiato e la domanda risarcitoria nei confronti della struttura coobbligata in solido

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 maggio 2024| n. 15216.

La transazione intervenuta tra medico e danneggiato e la domanda risarcitoria nei confronti della struttura coobbligata in solido

In tema di responsabilità da attività medico-chirurgica, la transazione intervenuta tra medico e danneggiato non preclude a quest’ultimo di introdurre e coltivare la domanda risarcitoria nei confronti della struttura coobbligata in solido, incidendo unicamente in termini di riduzione del quantum debeatur, da determinarsi alla stregua dei criteri di cui alla sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione, n. 30174 del 2011.

 

Ordinanza|30 maggio 2024| n. 15216. La transazione intervenuta tra medico e danneggiato e la domanda risarcitoria nei confronti della struttura coobbligata in solido

Data udienza 6 marzo 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Obbligazioni in genere – Solidarieta’ – Transazione transazione tra medico e danneggiato – Effetti sulla domanda svolta nei confronti della struttura ospedaliera per fatto del medico – Preclusione all’esercizio dell’azione risarcitoria – Esclusione – Conseguenze – Riduzione del quantum debeatur – Criteri.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. RUBINO Lina – Consigliere – Rel.

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3318/2021 R.G. proposto da:

OBE INSURANCE (EUROPE) LIMITED, (…) NATIONAL INSURANCE COMPANY (EUROPE) LIMITED, in persona dei rispettivi rappresentanti in atti indicate, elettivamente domiciliati in ROMA VIA (…), presso lo studio dell’avvocato DA.MO. (Omissis), che li rappresenta e difende

– ricorrenti –

contro

Fa.Sa., Ro.Vi., domiciliati ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati IG.MA. (Omissis), RO.BO.’ (Omissis)

– controricorrenti –

nonché contro

ARNAS AZIENDA OSPEDALIERA DI RILIEVO NAZIONALE E DI ALTA SPECIALIZZAZIONE (…), in persona del rappresentante in atti indicato, elettivamente domiciliata in ROMA VIA (…),

presso lo studio dell’avvocato AN.LO. (Omissis), che lo rappresenta e difende

– controricorrente –

nonché contro

Fu.Fr., Ab.Ma., (…) ASSICURAZIONI Spa, (…) ASSICURAZIONI Spa,

– intimati –

avverso SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1914/2020 depositata il 10/11/2020;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/03/2024 dal Consigliere LINA RUBINO.

La transazione intervenuta tra medico e danneggiato e la domanda risarcitoria nei confronti della struttura coobbligata in solido

FATTI DI CAUSA

1. – La QBE Insurance (Europe) Limited e la (…) National Insurance Company (Europe) Limited propongono ricorso per cassazione, articolato in due motivi, nei confronti di ARNAS Azienda Ospedaliera di Rilievo nazionale e di Alta Specializzazione, di Fa.Sa., Ro.Vi., Fu.Fr., Ab.Ma., (…) Ass.ni Spa e (…) Ass.ni Spa (le ultime due soltanto intimate ai fini della Utis denuntiatio), per la cassazione della sentenza n. 1914/2020 pronunciata dalla Corte d’appello di Catania, pubblicata il 10 novembre 2020, notificata il 19 novembre 2020 e regolarmente prodotta in copia notificata.

2. – Resistono con distinti controricorsi i signori Fa.Sa. e Ro.Vi. e la ARNAS.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Le società ricorrenti e l’azienda ospedaliera controricorrente hanno depositato memoria.

3. – Questa la vicenda, per quanto ancora di rilievo in questa sede:

– Fa.Sa., anche quale esercente la responsabilità genitoriale sul minore Fa.Gi., conveniva in giudizio l’ARNAS, la ginecologa Ab.Ma. e l’ostetrica Fu.Fr., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali riportati dal figlio in occasione del parto avvenuto presso il nosocomio catanese ove, non avendo la ginecologa valutato correttamente i tracciati e avendo omesso di disporre tempestivamente il parto con taglio cesareo d’urgenza, aveva determinato lo stato di asfissia, causa del grave danno cerebrale riportato dal bambino;

– interveniva in giudizio anche la madre del bambino, Ro.Vi., chiedendo a sua volta il risarcimento dei danni subiti sia in proprio che quale esercente la responsabilità genitoriale sul minore;

– gli attori concludevano una transazione con (…) e con la dottoressa Ab.Ma. percependo l’importo di euro 387.342,68.

4. – La sentenza di primo grado dichiarava la cessazione della materia del contendere tra la parte attrice, l’Ab.Ma. e la (…) e rigettava la domanda nei confronti della ostetrica Fu.Fr.; condannava l’ARNAS al pagamento, in favore di entrambi i danneggiati, della somma complessiva di euro 1.370.727,35 a titolo di risarcimento danni; accoglieva altresì la domanda di garanzia avanzata dalla Azienda ospedaliera nei confronti della QBE, condannando quest’ultima a tenere indenne l’Arnas da quanto la stessa era condannata a pagare dedotta la franchigia.

5. – La QBE proponeva appello, l’ARNAS proponeva appello incidentale sia con riguardo all’accoglimento della domanda attorea e alla quantificazione del danno sia relativamente all’accoglimento solo parziale della domanda di manleva nei confronti di QBE. Interveniva in giudizio la (…) National Insurance Company Europe Limited, quale successore a titolo particolare di QBE Insurance, in forza della cessione di un portafoglio di responsabilità

medica riguardante varie polizze, tra le quali quella dedotta in giudizio.

6. – La Corte d’appello di Catania, con la sentenza qui impugnata, rigettava l’appello principale della compagnia di assicurazioni e, in accoglimento dell’appello incidentale dell’azienda ospedaliera ed in parziale riforma della sentenza impugnata, rigettava l’eccezione formulata dalla QBE di operatività della franchigia. La sentenza:

– dava atto del passaggio in giudicato del rigetto della domanda nei confronti dell’ostetrica e della dichiarazione di intervenuta cessazione della materia del contendere nei rapporti tra gli attori e Ab.Ma. e (…);

– riteneva che la clausola claims made invocata dalla compagnia di assicurazione nei confronti della azienda ospedaliera forse invalida per carenza di causa in concreto, alterando l’assetto sinallagmatico del contratto;

– riteneva ammissibile l’intervento proposto da Ro.Vi., richiamando l’orientamento di legittimità che ritiene ammissibile l’intervento volontario del terzo anche dopo lo spirare dei termini ex articolo 183 c.p.c.;

– rigettava l’eccezione di prescrizione e confermava la condanna della azienda ospedaliera in relazione alla negligente condotta professionale tenuta dalla dott.ssa Ab.Ma., medico ospedaliero, che non aveva proceduto come avrebbe dovuto a un parto cesareo d’urgenza. Accoglieva l’appello incidentale dell’ARNAS, accertando che già fosse intervenuta l’erosione della franchigia. Rigettava per il resto l’appello incidentale della azienda ospedaliera, volto a contestare la quantificazione del danno.

Riteneva che l’azienda non potesse avvalersi della transazione parziale intervenuta tra gli originari attori, la Ab.Ma. e il suo

assicuratore, confermando la condanna dell’ARNAS a corrispondere l’intera somma liquidata in favore dei danneggiati.

7. – La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale, all’esito della quale il Collegio ha riservato il deposito della decisione nei successivi sessanta giorni.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo le ricorrenti società di (…) e (…) denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1322, 1325,1343, 1880 e 1917 c.c. ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., in quanto la Corte d’appello, in contraddizione con altra sentenza resa da altro giudice di merito tra le parti e passata in giudicato sul punto, ha accertato la carenza di causa concreta della clausola claims made inserita nel contratto di assicurazione per la responsabilità civile sottoscritto dalla struttura sanitaria, senza considerare l’effettivo assetto sinallagmatico del contratto e sostituendo la sua valutazione alla regolamentazione contrattuale sulla base di una considerazione di adeguatezza della garanzia assicurativa effettuata avendo riguardo non al momento della stipula del contratto, ma, a valle, al momento della stima del sinistro da parte dell’assicuratore.

Le ricorrenti puntualizzano che, ai sensi della clausola claims made menzionata, la garanzia assicurativa era destinata ad essere operativa, sotto il profilo temporale: a) se la prima richiesta di risarcimento del danneggiato fosse intervenuta nel periodo di assicurazione triennale, tra il 7 maggio 2005 il 7 maggio 2008, e purché: b) il fatto dannoso si fosse verificato tra il 7 maggio 2002 e il 7 maggio 2008. Quindi, essa copriva anche gli illeciti verificatisi nel triennio precedente alla conclusione del contratto, purché denunciati nel triennio di operatività della garanzia (e purché l’assicurato non fosse già a conoscenza dell’esistenza di queste richieste di risarcimento in arrivo nel momento in cui aveva stipulato l’assicurazione). Nel caso di specie, il fatto lesivo si era verificato il 1° dicembre del 2007, quindi era soddisfatta la condizione sub a), ma la prima richiesta risarcitoria era pervenuta solo il 12 ottobre 2009, scaduto l’ambito di operatività della copertura assicurativa. Per cui, ove fosse valida la clausola claims made inserita nel contratto, l’assicurata non godrebbe di copertura assicurativa in relazione all’evento dannoso oggetto di causa.

2. – Con il secondo motivo le società di assicurazioni denunciano la violazione degli articoli 1292, 1298, 1304, 2049 e 2055 c.c. ai sensi dell’articolo 360, primo comma numero 3 c.p.c., in quanto il giudice d’appello non ha tenuto conto degli effetti della transazione effettuata da un condebitore solidale sul presunto debito dell’azienda assicurata e in particolare dello scioglimento del vincolo di solidarietà e della conseguente riduzione del debito in proporzione alla quota transatta.

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A questo proposito, le ricorrenti puntualizzano che l’azienda ospedaliera è stata condannata solo a titolo di responsabilità indiretta per il fatto illecito della propria dipendente, la ginecologa dottoressa Ab.Ma., quindi ex articolo 2049 c.c. e in applicazione del principio di solidarietà di cui all’articolo 2055 c.c. La Corte di merito ha escluso, alle pagine 16 e 17 della sentenza impugnata, che la transazione conclusa dalla Ab.Ma. con le parti danneggiate possa avere riflessi sulla domanda risarcitoria spiegata nei confronti dell’azienda ospedaliera perché il primo comma dell’articolo 1304 c.c., nel prevedere che il condebitore in solido che non abbia partecipato alla stipulazione tra creditore e uno dei debitori solidali se ne possa avvalere, si riferisce soltanto alla transazione che ha ad oggetto l’intero debito e non -come nel caso

di specie- anche alla transazione parziale (come affermato da Cass. n. 19541 del 2015).

3. – Il primo motivo è fondato.

Come chiarito da Cass. S.U. 22437 del 2018, ai cui principi, già ripresi e sviluppati da numerose pronunce a sezioni semplici successive (basti citare Cass. n. 12981 del 2022, Cass. n. 6490 del 2024), va data continuità, il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole ori claims made basis, quale deroga convenzionale all’art. 1917, comma 1, c.c., consentita dall’art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell’art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale.

Si è altresì chiarito che l’indagine di conformità del contratto concluso dalle parti al tipo negoziale indicato riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto – sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti – e non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l’osservanza, da parte dell’impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle claims made) e quella dell’attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale on claims made basis vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall’assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati.

La giurisprudenza di legittimità ha indicato quindi, in relazione alle clausole claims made, che si è fuori dal giudizio di meritevolezza, che attiene alla sfera dei contratti atipici, mentre il giudizio verte su un complesso ed articolato apprezzamento della causa in concreto, con idonea considerazione, alla luce del generale modello legale, di ogni suo aspetto rilevante.

3.1. – La Corte territoriale, nella fattispecie in esame, premette una corretta affermazione teorica, in linea di principio, là dove afferma che si è fuori dell’ambito del giudizio di meritevolezza, relativo ai contratti atipici, dovendosi invece verificare la causa concreta di un contratto tipico, essendo il contratto in questione riconducibile alla tipologia del contratto di assicurazione contro i danni.

A pagg. 12 e 13 la sentenza impugnata riporta la clausola oggetto di contestazione, quindi passa alla valutazione di essa ed afferma, con motivazione molto sintetica a pag. 13, che il contratto sia carente di causa in concreto, in quanto esso da un lato formalmente prevede che nel suo ambito di operatività siano ricompresi anche eventi di danno verificatisi nei tre anni precedenti al periodo di vigenza (che va dal 7.5.2005 al 7.5.2008), ma poi ne esclude ampie categorie, cosicché la copertura per il periodo precedente risulta di fatto svuotata di contenuto, non essendo peraltro coperti i sinistri verificatisi nel periodo di vigenza le cui richieste di risarcimento pervengano, come è normale, dopo il termine di esso (nel caso di specie, la denuncia di sinistro è arrivata all’assicurazione dopo il periodo di vigenza della polizza, quindi se la clausola claims made fosse valida, l’evento non sarebbe coperto).

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3.2. – L’esame compiuto dalla corte d’appello sulla validità della clausola in discussione non appare rispondente a diritto sotto due distinti profili.

3.3. – In primo luogo, l’accertamento compiuto, sebbene formalmente qualificato come teso alla verifica della causa in concreto, appare più improntato ai caratteri del giudizio cri meritevolezza di un contratto atipico.

Il giudice di merito avrebbe dovuto, invece, valutare se il contratto presentava una assenza di corrispettività tra pagamento del premio e assunzione del rischio assicurato, quindi accertare in concreto la presenza o meno di un sostanziale disequilibrio sinallagmatico, nei termini rigorosi indicati dalle Sezioni Unite, che solo avrebbe potuto costituire sintomo di carenza della causa in concreto e quindi di inadeguatezza del contratto rispetto agli interessi che con esso le parti intendevano tutelare. L’esame condotto ai fini della verifica della causa in concreto non appare rispondente alla complessità di parametri indicati da S.U. n. 22437 del 2018, poi ripresi dalle pronunce successive (v. Cass. n. 12981 del 2022), che impongono di prendere in idonea considerazione, alla luce del generale modello legale, tutti gli aspetti del rapporto, la negoziazione informata, la convenienza del premio e la copertura di fatti pregressi, ovvero accaduti prima del periodo di validità della copertura decorrente dalla stipula, potendo proprio in ciò – ossia nella prospettiva di evitare “buchi” o “vuoti” di copertura – consistere l’utilità dell’accordo per l’assicurato.

L’esame della clausola, sbrigativamente motivato a pag. 13 della sentenza impugnata, si limita a porre in rilievo due dati, le stringenti previsioni che concernono i tre anni precedenti la vigenza del rapporto, volte a limitare (ma non ad escludere) una effettiva risarcibilità degli eventi precedenti, e la mancanza della considerazione di richieste di sinistri pervenuti dopo il periodo di vigenza. La motivazione non prende in considerazione, però, se, pur alla luce delle indicate limitazioni, dall’esame del complessivo assetto di interessi residui una sinallagmaticità delle prestazioni idonea a giustificare il rapporto sotto il profilo causale, ovvero se il contratto sia comunque in grado di esplicare la propria funzione tipica.

3.4. – Ma, soprattutto, la sentenza impugnata non si preoccupa affatto di prendere in considerazione le conseguenze della declaratoria di nullità della causa in concreto della clausola contrattuale, che vanno invece gestite dal giudice stesso che dichiara la nullità della singola clausola, cui spetta l’indicazione della norma imperativa con la quale sostituire la clausola dichiarata nulla, ai fini di lasciare alle parti una regolamentazione depurata della clausola nulla e tuttavia utilizzabile, perché regolamentata da regole certe. È, infatti, principio consolidato che il giudice che dichiara la nullità di una clausola del contratto ai sensi dell’art. 1419, comma 2, c.c. deve indicare la norma imperativa con la quale sostituire la predetta clausola dichiarata nulla (in questo senso, in tema di clausola claims made apposta ad un contratto di assicurazione per la responsabilità civile, Cass. n. 9616 del 2023). La corte d’appello, in sede di rinvio, qualora confermi la sua valutazione di nullità della clausola, dovrà procedere alla individuazione della norma di riferimento alla stregua della quale regolamentare i profili svuotati di contenuto dalla declaratoria di nullità e, benché solo nel caso in cui non rinvenga la norma di riferimento che il capoverso dell’articolo 1419 c.c. esige, dovrà dedurne la nullità dell’intero contratto. Come ricordato da Cass. n. 6490 del 2024, peraltro, mette conto sottolineare che la pronuncia n. 22437/2018 a Sezioni Unite ha agevolato il compito del giudicante, che risulta in un certo senso guidato nella ricerca della clausola sostitutiva e non più lasciato a cimentarsi in avventate operazioni di ortopedia ermeneutica allo scopo di salvare il contratto; nei settori in cui il legislatore è intervenuto per disciplinare le polizze claims made il giudice dispone di un serbatoio di riferimento che risponde a “scelte precise del legislatore sui criteri di opportunità, efficienza e giustizia” nell’ambito della distribuzione del rischio; quel serbatoio rappresenta una sorta di limite invalicabile, “fin dove reso possibile dall’operare coerente del meccanismo della nullità parziale ex art. 1419 c.c., comma 2” per le polizze stipulande e un parametro funzionale allo svolgimento dell’indagine sull’adeguatezza delle polizze già stipulate da parte del giudice che, ritenuta inadeguata la clausola claims made pattizia, è investito del compito non solo di rilevarne la nullità, ma anche di sostituirla.

4. – Il secondo motivo è invece infondato, per le ragioni che seguono.

La corte d’appello ha correttamente escluso che la transazione conclusa dalla dott.ssa Ab.Ma., ginecologa dipendente dall’Azienda sanitaria assicurata, con i danneggiati, potesse essere invocata dall’azienda o dai suoi assicuratori, in relazione alla domanda risarcitoria nei confronti della stessa proposta dai danneggiati, ovvero, essa ha correttamente escluso che la struttura sanitaria (e per essa la ricorrente impresa assicuratrice) possa pretendere, pur non avendo partecipato all’accordo transattivo, di avvalersene, al fine di vedere ridotto il proprio debito a quanto concordato tra le parti della transazione alla quale è rimasta estranea.

La transazione intervenuta tra medico e danneggiato e la domanda risarcitoria nei confronti della struttura coobbligata in solido

Va a tal proposito precisato che:

la responsabilità della struttura sanitaria per il fatto degli ausiliari, di cui all’art. 1228 c.c., è una responsabilità per fatto proprio, non per fatto altrui (come già stabilito, con ampia motivazione, da Sez. 3 -, Sentenza n. 28987 del 11/11/2019, Rv. 655790 – 01);

chi assume l’obbligazione di prestare al paziente assistenza e cura è l’ospedale, e l’eventuale errore commesso dal medico che di

quell’ospedale sia ausiliario costituisce ipso facto inadempimento delle proprie obbligazioni da parte dell’ospedale.

L’errore del medico-persona fisica costituisce dunque un mero presupposto di fatto per il sorgere della responsabilità dell’ospedale:

e come tutti i presupposti di fatto potrà essere accertato dal giudice incidenter tantum, senza efficacia di giudicato nei confronti del medico (e, come precisato da Cass. n. 26118 del 2021, senza necessità che quest’ultimo partecipi al giudizio). Di conseguenza, la circostanza che il medico abbia transatto la lite col paziente, venendo liberato dalla propria obbligazione, non impedisce al paziente né di introdurre, né di coltivare la domanda di risarcimento nei confronti dell’ospedale; ed ha per sola conseguenza la riduzione del quantum debeatur, da determinarsi coi criteri stabiliti da Sez. U, Sentenza n. 30174 del 30/12/2011, Rv. 620066 – 01.

A ciò si aggiunga che l’ospedale e il medico rispondono in solido nei confronti del paziente: e al creditore di una obbligazione solidale è sempre consentito transigere la lite con uno dei coobbligati, con l’effetto di sciogliere il vincolo solidale rispetto al transigente e riservare i propri diritti nei confronti degli altri (Sez. U, Sentenza n. 30174 del 30/12/2011, Rv. 620066-01).

La liberazione d’uno dei coobbligati, pertanto, non impedisce affatto di accertare la responsabilità di quest’ultimo nel diverso rapporto tra il danneggiato e i restanti coobbligati, ma comporta unicamente che, nel compiere tale accertamento, il giudice indagherà incidenter tantum sulla esistenza o meno di una condotta colposa da parte del medico. Diversamente opinando, si perverrebbe al risultato per cui qualsiasi transazione stipulata dal danneggiato con l’autore materiale del danno libererebbe ipso facto anche “l’ausiliato”, di cui all’art. 1228 c.c. Come osservato da Cass. n. 26118 del 2021, per tal via la solidarietà, istituita dall’ordinamento a maggior garanzia del danneggiato, si trasformerebbe in un istituto addirittura dannoso per quest’ultimo, in quanto lo costringerebbe a rifiutare transazioni anche vantaggiose per evitare di perdere il diritto a conseguire il danno differenziale dal preponente.

Né è pertinente il richiamo al disposto dell’art. 1304 primo comma c.c. operato dalle ricorrenti, atteso che tale norma consente,

eccezionalmente, che la transazione spieghi i propri effetti anche nei confronti di un soggetto che non ha partecipato al contratto e dichiari di volerne profittare, in favore del condebitore solidale solo se essa ha avuto ad oggetto l’intero credito, cioè se, in sede di transazione, il creditore ha ritenuto di convenire che il proprio intero credito risarcitorio venisse soddisfatto con il più ridotto ammontare in quella sede concordato con uno dei condebitori in solido. La circostanza che il medico abbia transatto la lite coi pazienti, venendo liberato dalla propria obbligazione, da un lato non impedisce dunque in alcun modo ai pazienti né di introdurre, né di coltivare la domanda di risarcimento nei confronti dell’ospedale, dall’altro non è priva di ricadute pratiche, nel senso che ne consegue la riduzione del quantum debeatur, che andrà determinato coi criteri stabiliti da Sez. U, Sentenza n. 30174 del 30/12/2011, Rv. 620066-01. La transazione con la dottoressa Ab.Ma. non incide, quindi, sul fatto che i signori Fa.Sa. e Ro.Vi. hanno diritto a pretendere, a soddisfazione del loro credito, tutto il risarcimento liquidato dal giudice d’appello, la cui misura non è più oggetto di contestazione. Essi non potranno legittimamente pretendere, peraltro, null’altro che la somma liquidata. Pertanto, ove il loro credito sia stato in parte soddisfatto mediante il pagamento eseguito dalla Ab.Ma. in esecuzione della transazione, essi non potranno pretendere che anche quell’importo sia loro corrisposto dalla struttura sanitaria. 5. – Il primo motivo è accolto, il secondo è rigettato. La sentenza è cassata e la causa è rinviata alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che provvederà a liquidare le spese del giudizio di legittimità e valuterà se il complesso delle pattuizioni contrattuali, commisurate alla durata del contratto, e tenuto conto del rapporto rischio assicurato – premi, soddisfi la causa concreta del contratto di assicurazione per i danni sottoscritto dalle

parti, indicando, ove ritenga la nullità della clausola claims pmacle inserita nel contratto quali siano le conseguenze da essa derivanti. Va disposto che, ai sensi dell’art. 52, D.Lgs. n. 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi dei controricorrenti persone fisiche e del loro figliuolo, vittima del sinistro.

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P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Dispone che, ai sensi dell’art. 52 D.Lgs. 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi generalità ed altri dati identificativi dei controricorrenti persone fisiche e di loro figlio.

Così deciso il 6 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 30 maggio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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