L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|29 maggio 2024| n. 15043.

L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

L’erede che sia anche legittimario può provare la simulazione per testi o per presunzioni, in deroga al limite di cui all’art. 1417 c.c., quando la relativa domanda venga proposta sulla premessa dell’avvenuta lesione della propria quota di legittima. Egli, pertanto, va considerato terzo anche quando l’accertamento della simulazione sia preordinato solamente all’inclusione del bene, oggetto della donazione dissimulata, nella massa di calcolo della legittima e, così, a determinare l’eventuale riduzione delle porzioni dei coeredi concorrenti nella successione “ab intestato”, in conformità a quanto dispone l’art. 553 c.c..

Ordinanza|29 maggio 2024| n. 15043. L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

Data udienza 26 marzo 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Donazione – Vendita fatta dal de cuius – Simulazione – Art. 2941, n. 1, cc – Prescrizione – Legittimario – Prova nella veste di terzo – Prova per testimoni e presunzioni

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FALASCHI Milena – Presidente

Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere

Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere-Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 37599/2019 R.G. proposto da:

Ge.Ma., rappresentato e difeso dall’avvocato PI.GI. (Omissis) ed elettivamente domiciliato all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;

-ricorrente-

contro

Kr.Da., rappresentata e difesa dall’avvocato TR.AN. (Omissis) ed elettivamente domiciliato all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;

-controricorrente-

contro

Fe.Ma., rappresentata e difesa dell’avvocato TR.AN. (Omissis) ed elettivamente domiciliato all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;

-controricorrente-

nonché

Ca.Fe.

-intimato-

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1962/2018 depositata il 23/10/2018 .

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal Consigliere ANTONIO MONDINI.

L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

Premesso che

1. Con atto pubblico del 6 aprile 1998, An.Ge. e Tu.Ma. vendevano alla nuora, Fe.Ma., moglie di Ge.Ma., un immobile. Il 26 settembre 2002 Fe.Ma. vendeva l’immobile a Ca.Fe. e questi il 6 luglio 2005 vendeva l’immobile a Kr.Da.

Il 5 giugno 2009, Ge.Ma., che nel frattempo, con sentenza del Tribunale di Lanciano dello stesso anno, si era separato dalla moglie, chiedeva a quel Tribunale di dichiarare simulato il primo contratto di vendita e nulla la dissimulata donazione “perché sprovvista di causa non sussistendo l’animus donandi in capo ai cedenti”, essendo stata tale donazione posta in essere perché la donataria era moglie dell’attore e perché “ella, contrariamente al marito, non era titolare di attività imprenditoriale e perciò non era esposta al rischio di impresa”, e per l’effetto dichiarare nulle le ulteriori vendite “perché prive di causa lecita”, di condannare gli acquirenti alla “restituzione, anche per equivalente fino alla totale soddisfazione dei suoi diritti di erede necessario” o, in subordine, di disporre “la riduzione della donazione dissimulata fino ad integrazione per equivalente della quota di legittima”.

Il Tribunale rigettava tutte le domande ritenendo prescritta l’azione di simulazione rispetto al primo contratto di compravendita.

In virtù di gravame interposto dal An.Ge., la Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza n. 1962 del 2018, pur dichiarando che l’azione di simulazione non era prescritta in quanto ai sensi dell’art. 2941 n.1 c.c. la prescrizione doveva ritenersi sospesa tra i coniugi, ha rigettato l’appello di Ge.Ma. affermando che:

-le domande attoree dovevano essere interpretate e qualificate non come domanda di accertamento del carattere assolutamente simulato della prima vendita e come domanda, subordinata, di accertamento del carattere relativamente simulato della vendita dissimulante la donazione a sua volta nulla, bensì come domanda di simulazione relativa del primo contratto, preordinata all’azione di riduzione. E ciò perché, ha argomentato la Corte di Appello, l’attore aveva chiesto, non in linea gradata ma “contemporaneamente”, la dichiarazione di simulazione assoluta del contratto stipulato dai propri genitori e la dichiarazione di nullità della donazione asseritamente dissimulata poiché sprovvista di causa e comunque poiché utilizzata per sottrarre il bene alla possibile aggressione dei creditori dell’attore non essendo la Fe.Ma. titolare dell’impresa di famiglia, il tutto in funzione della richiesta finale di “restituzione del bene fino a totale soddisfazione dei propri diritti di erede necessario legittimario interamente pretermesso”. Ad avviso della Corte di Appello, l’apparente contraddittorietà tra due contemporanee domande di simulazione assoluta e relativa doveva essere sciolta logicamente tenendo conto del fatto che, “nel momento in cui viene chiesta la dichiarazione di simulazione di una vendita in funzione dell’azione di restituzione o/e di riduzione mirante a ricostituire la quota di legittima, l’azione proposta non può che essere di accertamento e dichiarazione della simulazione relativa” della vendita; l’attore appellante non aveva dimostrato la gratuità della cessione. Per di più l’appellante aveva “espressamente dedotto che al momento della stipula dell’atto pubblico del 1989 nei coniugi Tu.Ma. e An.Ge. vi era carenza di animus donandi”; al contrario di quanto sostenuto dall’appellante, non poteva essere ritenuta causa di nullità delle vendite il fatto che le stesse fossero state concluse per sottrarre l’immobile ad azioni dei creditori del medesimo appellante o dei vari acquirenti successivi.

Infine, il terzo motivo di appello con cui An.Ge. “ha chiesto l’accoglimento delle istanze istruttorie” non accolte in primo grado, non era ammissibile in quanto nell’atto di appello le istanze non erano state riprodotte e in applicazione del principio posto dalla giurisprudenza di legittimità con sentenza 5812 del 2016 e la prospettata finalità degli originari alienanti di sottrarre il bene ad una eventuale azioni dei creditori del loro figlio non era causa di nullità del contratto;

3. avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila, Ge.Ma. ricorre con otto motivi, illustrati anche con memoria. Fe.Ma. e Da.Kr. resistono con separati controricorsi, difese illustrate anche con memorie. Ca.Fe. è rimasto intimato. Con provvedimento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati de L’Aquila in data 4 marzo del 2020 Fe.Ma. è stata ammessa in via provvisoria al patrocinio a spese dello Stato.

L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso viene denunciata “violazione dell’artt. 342, 346 e 359 c.p.c., in relazione all’art.360, primo comma, n.3 c.p.c.”.

1.1. Deduce il ricorrente che la Corte di Appello ha errato nel dichiarare inammissibile il motivo di appello con cui era stata chiesta l’ammissione delle prove non disposte in primo grado.

1.2. La Corte di Appello ha fondato la dichiarazione di inammissibilità sul rilievo per cui le istanze istruttorie non erano state “articolate nell’atto di appello” e sul richiamo alla sentenza di questa Corte di legittimità n. 5812 del 2016.

1.3. Il ricorrente evidenzia di avere, nell’atto di appello, indicato sia il mezzo di prova richiesto -l’interrogatorio formale delle controparti-sia l’atto – l’originaria citazione- nel quale la richiesta era stata formulata. Sottolinea la potenziale decisività del mezzo richiesto rispetto al fondamento della domanda di simulazione;

2. con il secondo motivo di ricorso viene denunciata “violazione dell’art. 115 c.p.c. Violazione degli artt. 1362, 1363, 1336 c.c. e degli artt. 24 e 111 della Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c.”. Viene dedotto che la domanda originaria era una domanda di simulazione assoluta di ogni contratto di vendita;

3. con il terzo motivo di ricorso viene lamentata “violazione degli artt. 1418, 1421 c.c. e dell’art. 48 della l.89 del 16 febbraio 1913, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c.”.

E’ dedotto che la Corte di Appello avrebbe dovuto rilevare d’ufficio la nullità della prima compravendita in quanto posta in essere per “timore di una futura ed eventuale aggressione del (bene compravenduto) da parte dei creditori” del ricorrente. Sull’assunto per cui tutte le compravendite avrebbero dissimulato donazioni il ricorrente sostiene che quest’ultime siano nulle perché i relativi atti notarili non farebbero menzione della presenza di due testimoni richiesta dall’art. 48 della l. notarile;

4. con il quarto motivo di ricorso viene denunciata “violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c.”. Deduce il ricorrente che “ove si dovesse ritenere che la domanda di nullità per mancanza di testimoni delle dissimulate donazioni … fosse stata proposta nell’ambito della nullità introdotta dall’attore, sarà configurabile, in via gradata, il vizio di omessa pronuncia”;

5. con il quinto motivo di ricorso viene lamentata la “violazione degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c. per difetto di motivazione”. Sostiene il ricorrente che la Corte di appello non avrebbe motivato sulla “nullità delle vendite dissimulanti donazioni … per difetto di causa nelle donazioni per mancanza dell’animus donandi, per causa illecita e per mancato esborso delle somme”;

6. il sesto motivo di ricorso è rubricato “violazione degli artt. 1417, 2729 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c.”.

L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

Viene premesso che al ricorrente doveva essere consentito di “provare la simulazione” dei contratti di vendita “anche mediante presunzioni”. Viene affermato che “nel caso di specie non vi è riferimento alla prova presuntiva”;

7. con il settimo motivo di ricorso è denunciata “violazione dell’art. 133 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c. per vizio di motivazione”. Viene dedotto che la Corte di Appello, nell’evidenziare che l’appellante aveva “espressamente dedotto che al momento della stipula dell’atto pubblico del 1989 nei coniugi Tu.Ma. e An.Ge. vi era carenza di animus donandi”, avrebbe finito con l’attribuire un valore “in qualche modo confessorio” a tale deduzione per trarne la conclusione che la prima vendita era stata effettiva e non aveva dissimulato una donazione laddove invece trattavasi di deduzione finalizzata a sostanziare la domanda di simulazione della vendita;

8. con l’ottavo motivo di ricorso è denunciata “violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c. per omesso esame di fatti storici”. Viene dedotto che la Corte di Appello avrebbe omesso di tener conto di alcuni elementi – quali: solo due mesi prima della prima vendita l’odierno ricorrente e la moglie Fe.Ma. avevano mutato il regime patrimoniale; in tutti gli atti di vendita i venditori avevano dato atto di aver già ricevuto il pagamento del prezzo; nel secondo e nel terzo atto di vendita veniva fatta menzione di formalità gravanti sull’immobile; Kr.Da. era all’epoca del suo acquisto “casalinga”; Fe.Ma. era residente nell’immobile al tempo della notifica dell’atto introduttivo del processo – che, se valutati, avrebbero condotto la Corte di Appello ad “accogliere sicuramente al domanda” di simulazione delle vendite.

L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

9. per ordine logico deve essere esaminato in via prioritaria il secondo motivo di ricorso.

9.1. Si tratta di motivo inammissibile in quanto censura unicamente la qualificazione della domanda originaria da parte della Corte di Appello quale domanda di simulazione relativa del primo contratto di vendita e di quelli successivi, opposta alla qualificazione data alla domanda stessa, e motivatamente, dallo stesso attore, come domanda di simulazione assoluta.

La qualificazione della domanda è attività rimessa al giudice del merito ed è opinabile solo nei limiti precisati da questa Corte, di recente con ordinanza n. 11103 del 10/06/2020, secondo cui “La rilevazione ed interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito ed è sindacabile: a) ove ridondi in un vizio di nullità processuale, nel qual caso è la difformità dell’attività del giudice dal paradigma della norma processuale violata che deve essere dedotto come vizio di legittimità ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; b) qualora comporti un vizio del ragionamento logico decisorio, eventualità in cui, se la inesatta rilevazione del contenuto della domanda determina un vizio attinente alla individuazione del “petitum”, potrà aversi una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che dovrà essere prospettato come vizio di nullità processuale ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; c) quando si traduca in un errore che coinvolge la “qualificazione giuridica” dei fatti allegati nell’atto introduttivo, ovvero la omessa rilevazione ai un “fatto allegato e non contestato da ritenere decisivo”, ipotesi nella quale la censura va proposta rispettivamente, in relazione al vizio di “error in iudicando”, in base all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., o al vizio di “error facti”, nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.”. La questione che si pone nel caso in esame attiene al significato da attribuire alla esposizione delle vicende, come riportate nella domanda introduttiva e incontestatamente rilevate, venendo in rilievo pertanto l’interpretazione della domanda che è operazione riservata al giudice del merito, il cui risultato è censurabile in sede di legittimità solo quando ne risulti alterato il senso letterale o il contenuto sostanziale dell’atto, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire (Cass. n. 2148 del 05/02/2004), e dunque risulti “travisato” il contenuto della domanda proposta con l’atto introduttivo del giudizio con conseguente errato convincimento che il suo successivo sviluppo costituisca domanda nuova (cfr. Cass. n. 11755 del 24/06/2004; Cass. n. 12909 del 13/07/2004).

Invero il Giudice deve procedere, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, indipendentemente dalle espressioni adoperate dalla parte, ad accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non solo dal tenore letterale degli atti, ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla parte nonché dal provvedimento concreto dalla stessa richiesto (cfr. Cass. n. 27428 del 13/12/2005), soccorrendo a tal fine esclusivamente il criterio ermeneutico volto ad indagare il contenuto che emerge dal testo dell’atto, secondo il significato fatto palese dalle parole in base alla loro connessione logica, ed evincibile dalla complessiva lettura del contenuto dell’atto, avuto riguardo anche alla situazione dedotta in giudizio ed allo scopo pratico perseguito dall’istante con il ricorso all’autorità giudiziaria (cfr. Cass., Sez. Un., n. 10840 del 10/07/2003; Cass., Sez. Un., n. 3041 del 13/02/2007), restando esclusi – evidentemente – i criteri ermeneutici – soggettivi e oggettivi – previsti per gli atti negoziali, che implicano la ricerca della comune intenzione delle parti (cfr. Cass. n. 4754 09/03/2004; Cass. n. 24847 del 24/11/2011; Cass. n. 25853 del 09/12/2014).

Tanto premesso, nella specie il motivo di ricorso integra una mera contrapposizione alla qualificazione del giudice del merito, fondata su puntuali circostanze, dedotte dalle stesse difese del ricorrente, quali la conclusione dell’atto pubblico di vendita dell’immobile da parte dei genitori del An.Ge. con la Fe.Ma. nel timore di una futura ed eventuale aggressione del bene dai creditori del figlio e l’assenza di “animus donandi” da parte dei venditori, giudizio risultante dall’esame complessivo degli elementi considerati a sostegno della simulazione, tenuto conto anche della concreta situazione nella quale la vicenda è maturata, che non è sindacabile nel giudizio di legittimità. La critica che il ricorrente muove a tale motivazione – che appare logica e coerente – si mostra in effetti diretta a sostenere una diversa interpretazione rispetto alla valutazione dei fatti e all’interpretazione dei negozi effettuata dal giudice di merito, e come tale è inammissibile, essendo estraneo al controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità il riesame nel merito delle valutazioni espresse nella sentenza impugnata;

L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

10. Il primo motivo di appello è fondato.

10.1 Ai fini del rispetto del principio di specificità del motivo di appello (art. 342 e 345 c.p.c.) con cui si contesti la mancata ammissione di prove orali da parte del primo giudice, in ragione dell’effetto devolutivo dell’appello, occorre reiterarle nell’atto introduttivo del gravame, ma è sufficiente l’indicazione del mezzo richiesto e dell’atto in cui il mezzo è stato richiesto, non essendo necessario che nel motivo di appello sia riprodotto l’intero capitolato di prova così come articolato in primo grado (v. Cass. 10767 del 2022).

10.2. Il richiamo, da parte della corte ai Appello, alla sentenza n. 5812 del 2016 è inappropriato.

Con tale stata sentenza è stato espresso il seguente principio: “In osservanza del principio di specificità dei motivi di appello, anche la riproposizione delle istanze istruttorie, non accolte dal giudice di primo grado, deve essere specifica, sicché è inammissibile il mero rinvio agli atti del giudizio di primo grado”.

In base a tale principio è stata confermata la sentenza di appello con cui era stata dichiarata inammissibile la istanza della parte che -vincitrice in primo grado e quindi impossibilitata, per carenza di interesse, a proporre appello avverso la mancata ammissione dei mezzi di prova dedotti e onerata però di riproporre i mezzi di prova non ammessi dal primo giudice – aveva riprodotto “solo genericamente i mezzi di prova dedotti in primo grado, senza indicare di quali mezzi di prova si trattasse e dove fossero stati dedotti e, per di più, senza includere la reiterazione dell’istanza di ammissione nelle proprie conclusioni”.

L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

L’odierno ricorrente, nel proprio atto di appello, aveva indicato il mezzo di prova – l’interrogatorio formale delle controparti – e l’atto -la citazione – con cui il mezzo era stato dedotto.

10.3. Né, si aggiunge, sull’ammissibilità della prova per interrogatorio formale articolata dal ricorrente – terzo rispetto ai contratti della cui simulazione si tratta – possono esservi dubbi: ciò che rileva ai fini della concessione delle agevolazioni probatorie, non è necessariamente l’esercizio contestuale dell’azione di riduzione, quanto invece l’allegazione a giustificazione della domanda di simulazione della qualità di legittimario e della necessità di addivenire all’accertamento della effettiva natura degli atti simulati, onde garantire il rispetto della quota di legittima, la cui tutela è sicuramente offerta dall’azione di riduzione, anche se non costituisce l’unico strumento che il legislatore accorda al legittimario in vista della tutela delle sue aspettative successorie. Ne consegue che affinché l’erede che sia però anche legittimario possa provare la simulazione per testi o per presunzioni, in deroga al limite dell’art. 1417 c.c. (e ciò anche quando l’esito dell’accertamento della simulazione sia la verifica della nullità della donazione dissimulata in quanto l’atto simulato non è stato predisposto con i requisiti formali prescritti per le donazioni), è necessario che la relativa domanda sia stata proposta sulla premessa dell’avvenuta lesione della propria quota di legittima. Infatti, in tale situazione la lesione assurge a “causa petendi” accanto al fatto della simulazione ed il legittimario, benché successore del defunto, non può, pertanto, essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall’art. 1417 c.c., non rilevando la circostanza che egli, quale erede legittimo, benefici non solo dell’effetto di reintegrazione della summenzionata quota, ma pure del recupero del bene al patrimonio ereditario per intero, poiché il regime probatorio non può subire differenziazioni a seconda del risultato finale cui conduca l’accoglimento della domanda (così Cass. n. 10933 del 2022; Cass. n. 15510 del 2018; Cass. n. 8215 del 2013). Si è del resto affermato che il legittimario che agisca a tutela della legittima, è ammesso a provare la simulazione anche per testi o presunzioni: “Il legittimario è ammesso a provare, nella veste di terzo, la simulazione di una vendita fatta dal “de cuius” per testimoni e presunzioni, senza soggiacere ai limiti fissati dagli artt. 2721 e 2729 c.c., a condizione che la simulazione sia fatta valere per un’esigenza coordinata con la tutela della quota di riserva tramite la riunione fittizia; egli, pertanto, va considerato terzo anche quando l’accertamento della simulazione sia preordinato solamente all’inclusione del bene, oggetto della donazione dissimulata, nella massa di calcolo della legittima e, così, a determinare l’eventuale riduzione delle porzioni dei coeredi concorrenti nella successione “ab intestato”, in conformità a quanto dispone l’art. 553 c.c. (Cass. n. 1231/ del 2019); ancora, “in tema di prova della simulazione, l’erede che agisce per l’accertamento della simulazione della donazione può giovarsi del più favorevole regime probatorio previsto dall’art. 1417 c.c., a condizione che la relativa azione sia strumentale e finalizzata alla tutela della quota di riserva, non essendo all’uopo necessario l’esercizio contestuale dell’azione di riduzione della donazione dissimulata” (Cass. n. 11659 del 04/05/2023).

L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

Di converso, nella specie, la corte di merito ha negato al legittimario attore la veste di terzo pur riconoscendo che aveva speso la relativa qualità, ed ha quindi negato l’ammissibilità della prova per presunzioni con riferimento alla simulazione relativa della vendita stipulata dai de cuius e l’ex coniuge nel 1989 e in sede di rinvio il giudice di merito dovrà riesaminare la prova articolata dall’originario attore attenendosi al principio secondo cui “Il legittimario è ammesso a provare la simulazione di una vendita fatta del de cuius nella veste di terzo, senza soggiacere ai limiti fissati dagli artt. 2721 e 2729 c.c., a condizione che la simulazione sia fatta valere per una esigenza coordinata con la tutela della quota di riserva tramite la riunione fittizia. In questo senso il legittimario deve essere considerato terzo anche quando l’accertamento della simulazione sia preordinato solamente all’inclusione del bene, oggetto della donazione dissimulata, nella massa di calcolo della legittima, in conformità a quanto dispone l’art. 553 c.c.”.

11. I motivi dal terzo all’ottavo restano assorbiti dall’accoglimento del primo mezzo essendo ad essi sotteso l’accertamento del carattere simulato delle vendite in ordine al quale l’attore ha articolato prova deferendo l’interrogatorio formale.

12. In conclusione, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, rigettato il secondo motivo, assorbiti i restanti; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di Appello di L’Aquila, in diversa composizione, che provvederà al riesame della vicenda previa valutazione ed eventuale ammissione della prova articolata dal ricorrente.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

L’erede che sia anche legittimario e la prova della simulazione

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, assorbiti i restanti motivi;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di L’Aquila, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 26 marzo 2024 – riconvocata il 3 aprile 2024.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2024.

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